In questo momento storico, il ritorno al nucleare viene promosso dal governo Meloni come inevitabile, efficiente e moderno: il “Nucleare di nuova generazione” (in particolare gli Small Modular Reactors SMR) una tecnologia che sarà pronta tra il 2035 e il 2045, con investimenti di miliardi, costi incerti, tempi lunghissimi, insomma incapace di contribuire nel cruciale periodo della crisi geopolitica.
Di contro, ogni reattore è un potenziale bersaglio in un mondo dove i conflitti ibridi, i droni kamikaze ei cyberattacchi sono ormai strumenti ordinari di pressione geopolitica, con rischio potenziale di contaminazione radioattiva permanente dell'aria, del suolo, dell'acqua. Anche i reattori più “avanzati” non eliminano il problema delle scorie radiotossiche per decine di migliaia di anni: ancor più voluminose e più reattive sul piano chimico e fisico, con implicazioni serie per lo stoccaggio e il confinamento.
Infine, si instaura anche una dipendenza geopolitica nessun Paese europeo è autosufficiente nell'estrazione o nella lavorazione dell'uranio. Inoltre, i Paesi fornitori, come Russia, Kazakistan, Niger, Algeria, non offrono garanzie di stabilità. Spostano semplicemente la dipendenza dal gas a un'altra fonte instabile… e la chiamano “indipendenza”.
Rete Ambientalista
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