Intervento
presso la Talea – Festa dei Precursori – 26 aprile 2015. In
occasione della presentazione del libro di Paolo D’Arpini: “Treia:
storie di vita bioregionale”
Ringrazio
Paolo per l’invito e saluto tutti i presenti. Gli incontri che
Paolo organizza sono sempre molto interessanti sia per i temi
trattati, sia per le riflessioni e gli stimoli che i dibattiti
propongono. Per questo e per l’amicizia che mi lega a Paolo ormai
da anni partecipo volentieri e accolgo con piacere i suoi inviti,
tanto che a volte ho paura che non arrivino, ma questo è un rischio
che non c’è mai perché l’invito è esteso sempre non più tardi
dell’estate dell’anno precedente a quello dell’incontro.
Stasera poi vi è anche un briciolo di curiosità perché viene
presentato un suo libro di cui si parla da tempo, ma che l’autore
ha tenuto blindato fino a stasera. Lo ringrazio anche per aver voluto
inserire nell’appendice del libro i miei interventi che ho fatto
nelle ultime tre feste dei precursori.
Poco fa, finalmente vedendo il
libro, ho avuto la possibilità di accertarmene.
Il libro che
stasera viene presentato ha un titolo significativo: “Treia: storie
di vita bioregionale”. Mi permetto di apportare un lieve
cambiamento al titolo: “Treia: storie di vita bio-locale”,
restringendo un po’ il campo. Questo perché desidero parlare di
una storia recente, tutta treiese, che ha visto protagonisti me
stesso e l’amico Paolo. E’ una storia bioregionale.
Vedete, io e
Paolo non abbiamo niente in comune, ma proprio niente! Abbiamo
concezioni e stili di vita opposti e idee diverse un po’ su tutto:
lui è convinto vegetariano e io poco convinto; dal punto di vista
religioso io sono cattolico, lui non si capisce bene cos’è, adora
la madre terra e le sue erbe, parla di spiritualità laica; sul piano
politico io sono un ex democristiano, oggi renziano, lui proprio, ma
proprio no, e anche in tale settore non si capisce come la pensa,
nonostante gli sforzi che gli amici fanno per cogliere qualche
elemento chiarificatore nelle cose che scrive su facebook; io non
disdegno di mostrarmi con giacca e cravatta, lui non conosce questi
due capi d’abbigliamento e si lascia accompagnare da un fedelissimo
tascapane che somiglia ad una scarsella medievale; io come il
campione treiese Carlo Didimi, cantato dal Leopardi, ancora posso
dire di essere “bello e aitante nella persona”, lui… è un po’
così. E mi fermo qui!
Ho insistito
su questo, scherzando ovviamente, per dimostrare e testimoniare che
la vera amicizia non tiene conto delle diversità, vere o presunte,
anzi se essa è vera “davvero”, le trasforma in ricchezza per chi
ne è coinvolto. Dunque, io e lui, due persone molto diverse, ma che
quando si ritrovano sono capaci di assaporare tutto il piacere di
stare insieme.
Solitamente questo accade due volte la settimana,
nella mattinata del martedì e del sabato, quando un terzo amico
tiene aperta la bottega facendo finta di lavorare. Quell’oretta
dedicata a chiacchiere di politica che non portano mai a qualcosa di
concreto, a confidenze personali dettate quasi sempre col freno a
mano tirato, a scambio di consigli difficilmente applicabili, alla
colazione nel baretto di Giovanna, alla fine quasi sempre offerta dal
terzo … da un po’ di tempo, credetemi, quell’oretta così
strutturata, se non avviene, se non si materializza, finisce per
mancarmi, lasciandomi l’amaro in bocca per tutta la giornata.
Io e Paolo
ci siamo conosciuti casualmente grazie ad una questione che, invece,
in quel caso entrambi condividevamo: la salvaguardia a Treia del
paesaggio e della natura in un momento in cui c’era un’invasione
di impianti fotovoltaici a terra. Da allora molto uniti, pur nella
diversità, e io sempre presente nelle feste dei precursori nelle
quali…ecco il punto, d’accordo con Paolo e su sua richiesta, ho
cercato di far conoscere agli ospiti la storia di Treia e della
nostra comunità, ma facendolo attraverso riscontri e agganci,
ripescati nel passato della nostra zona, con le tematiche che nelle
feste venivano trattate.
E così
nella festa del 2012, quando si parlava di “Cultura e coltura e
antichi mestieri connessi all’agricoltura e all’alimentazione”,
feci un intervento sui “Mestieri legati al cibo negli statuti
comunali cinquecenteschi di Treia”. Gli statuti sono lo specchio
della società e io avevo pubblicato da poco tempo il libro sugli
statuti comunali di Treia. Nell’intervento cercai di dimostrare
che, come altrove, anche a Treia la terra era considerata il più
valido strumento di approvvigionamento alimentare e di profitto e che
fu così fino all’affacciarsi dell’industrializzazione. Mostrai
che i principali mestieri erano quelli atti a soddisfare i bisogni
primari della popolazione, vale a dire i produttori e fornitori di
generi alimentari di base: pane, vino, verdure, frutta e legumi.
Questi erano i principali prodotti che sia i ricchi che i poveri
mangiavano, naturalmente con differenze tra le classi sociali nella
quantità e nella qualità. La carne non mancava, ma la sua
produzione non avveniva su larga scala, ma legata all’autoconsumo
familiare. Nel Medioevo e anche nei primi secoli dell’Età moderna
a Treia e nei paesi della zona non esisteva un commercio di viveri
con terre lontane, non c’erano cibi esotici. Ogni comunità si
manteneva con quanto produceva il proprio territorio. In questo
stando in perfetta sintonia con il sistema alimentare bioregionale.
Nel libro
trovate il mio intervento che feci nella festa del 2013, quando il
tema riguardava l’uso delle acque. Parlai delle tradizioni
contadine a Treia, ma anche di quelle cittadine, in riferimento
all’uso delle acque e sottolineai che nel passato della nostra
comunità locale città e campagna sono state sempre in stretta
connessione. Il centro urbano di Treia dipendeva molto dalla campagna
circostante soprattutto per quanto concerneva i prodotti alimentari e
anche per l’uso delle acque. Treia centro, per orografia e
consistenza del suolo, non ha mai potuto contare sulla presenza di
fonti sorgive e, dunque, l’uso dell’acqua è stato sempre
riservato solo all’alimentazione e all’igiene privata e pubblica.
A fatica l’acqua veniva trasportata nel centro urbano e conservata
in cisterne e recipienti domestici. Questo da sempre e fino al 1886
quando venne inaugurato l’acquedotto, dopo 31 anni dall’inizio
dei lavori. Diversa la situazione per la zona di Passo di Treia dove
scorre il fiume Potenza e dove l’acqua ha visto un uso per mulini e
irrigazioni per coltivazioni. Analoga situazione per la zona di
Chiesanuova contrassegnata da terreno alluvionale con numerose
sorgenti e pozzi. Parlai delle 40 fonti circa, distribuite nel
territorio di Treia, documentate dal 1389 al 1808, con nomi legati ai
santi, ai proprietari dei suoli, ma anche a comunità come quella
degli ebrei, a volte detta dei giudei, o a quelle dei frati e delle
monache. Parlai anche delle coltivazioni particolari nel territorio
che potevano e dovevano usufruire dell’acqua e feci qualche
riferimento alle modalità di consumo della stessa per l’igiene
personale e pubblica.
Lo scorso
anno il tema riguardava “L’economia alternativa ed agricola e
società solidale”. Feci qualche cenno all’economia
silvo-pastorale che caratterizzò queste zone nell’Alto Medioevo,
basata su risorse naturali come caccia, pesca, allevamento brado e
raccolta di frutti spontanei. Accennai ai nuovi mestieri del Basso
Medioevo, soprattutto riguardanti l’artigianato, ma sempre legati
ai prodotti della terra. Epoche quelle, compresa la successiva Età
moderna, nelle quali in queste nostre zone continuava a sopravvivere
quella concezione della vita basata sul reciproco aiuto,
sull’assistenza e sulla solidarietà, nonostante l’affacciarsi e
il dilagare poi del Capitalismo. Cercai di fornire esempi
significativi, riguardanti l’economia alternativa, legati alla
tradizione contadina e artigianale tipica delle nostre zone.
Se volete
rileggete quegli interventi che, comunque, sono un po’ più ricchi
della estrema sintesi che oggi vi ho proposto.
Ecco, per
concludere, mi piace ancora una volta rimarcare che il mio ruolo è
stato quello di far conoscere Treia e il suo territorio attraverso il
recupero di storia, memorie e tradizioni legate alle tematiche di cui
il Circolo di volta in volta si è occupato. La cosa mi è piaciuta e
mi piace e, se Paolo vorrà, anche in seguito continuerò a dare il
mio modesto contributo in tal senso. Però devo dire con dispiacere
che quest’anno Paolo non mi ha invitato, infatti ieri non ero
presente e il dispiacere è aumentato quando ho visto che nel
programma era presente Alberto Pompili con l’ “ottava rima
poetica”, cosa che ha procurato stupore e sconcerto in me, in tanti
amici e in buona parte della popolazione treiese. Ho saputo anche che
il Pompili, attraverso un esperimento, è stato indotto in trance per
pochi secondi, poi è tornato tra i viventi. Ma l’amico Paolo che,
in verità, mi aveva accennato in precedenza a questa possibilità,
non ha mantenuta la promessa di far tenere il Pompili in trance almeno
per un mesetto.
Naturalmente
scherzo! Paolo mi ha invitato e come, ma non potevo essere presente,
per motivi familiari. Siamo tutti amici che si vogliono bene, tanto
che proprio con Alberto Pompili l’altro ieri sono stato ad Apiro
per un convegno sulla letteratura italiana dell’Ottocento, nel
quale ho trovato modo anche in quella sede di parlare di Treia. E
dunque, consapevole della grande amicizia che regna tra tutti noi,
stasera, senza timore alcuno, mi sono permesso, ora e anche
all’inizio, di fare delle battute, proprio perché qui so di essere
tra amici, pronti al sorriso e, se ce ne fosse bisogno, anche al
perdono. Devo dire che il clima che si crea in questi incontri mi fa
star bene e procura piacere e serenità.
Anche per
questo vi ringrazio.
Alberto Meriggi
Album fotografico completo del 26 aprile 2015:
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