È nato in una sala d’attesa di uno studio medico un progetto pedagogico che sta avendo tra le diverse ricadute positive proprio quella di rendere sempre più vuote le sale d’attesa dei medici tedeschi. Era il 1990 quando Petra Jaeger, maestra di una scuola statale convenzionale, sfogliando una rivista, si imbatte nello Skovbørnehave (asilo nel bosco) di Ella Flatau, una mamma danese che nel 1950 aveva deciso di educare i propri figli e quelli del vicinato nel bosco. Petra si incuriosisce e comincia ad esplorare. Scopre che da Ella in poi questo approccio pedagogico si è diffuso molto in tutta la penisola scandinava e decide di partire per vedere dal vivo con gli occhi ma soprattutto col cuore questa scuola senza pareti immersa nella natura. Parte da Flensburg, la sua città natale, che si trova proprio al confine con la Danimarca e appena giunta all’asilo nel bosco si innamora. Si innamora dello sguardo vispo dei bambini e delle bambine, delle loro abilità corporee ma soprattutto della loro felicità. Torna in Germania portando nella valigia un sogno, creare anche nella sua terra questa esperienza meravigliosa.
Comincia a parlarne con le colleghe, illustra il progetto alle istituzioni e la prendono per matta. Capita spesso a chi decide di iniziare un profondo cambiamento sociale e culturale, Petra lo sa e da inguaribile sognatrice persiste ostinatamente. Nel 1993 il sogno si fa realtà e il suo Waldkindergarden (asilo nel bosco) il primo in Germania apre le porte del bosco a un gruppo di famiglie temerarie che decidono di sperimentare per i propri figli e figlie questo nuovo approccio all’educazione. Il governo del suo Land e quello tedesco supportano il progetto fornendo ai genitori lo stesso identico supporto economico destinato a chi decide di percorrere sentieri educativi tradizionali o altri modelli pedagogici riconosciuti come le Freischule (scuole libere), le scuole Waldorf e quelle di ispirazione montessoriana. Questo approccio dello stato volto a promuovere il liberalismo educativo senza imporre un modello unico sarà fondamentale per la crescita dei Waldindergarden che sono oggi più di duemila sparsi per tutta la Germania.
Ovviamente alla base di questa continua e costante crescita ci sono le virtù pedagogiche di questo approccio che sembra rispondere al meglio ai bisogni dei bambini e delle bambine. Innanzitutto al bisogno di movimento ed esplorazione corporea il quale ha una ricaduta positiva non solo sull’aspetto motorio ma anche su quello cognitivo ed emotivo. I bambini e le bambine del bosco rispetto ad una scuola tradizionale hanno uno spazio enorme dove poter costruire la propria identità, proprio attraverso le esperienze motorie e sociali, dove conoscere il mondo senza la mediazione di un libro didattico e attraverso l’esperienza diretta e questo incide significativamente sul benessere dei piccoli abitanti del bosco. Secondo una ricerca del 2002 condotta da Peter Hafner, docente all’Università di Heidelberg, i bambini e le bambine che frequentano l’asilo nel bosco sono molto creativi e curiosi, prestano una maggiore attenzione e si concentrano di più, rispettano le regole e risolvono i conflitti in modo pacifico, si esprimono in maniera più precisa e argomentano meglio le proprie opinioni.
Sono più curiosi perché in natura lo stupore l’emozione che alimenta la curiosità è una compagna di viaggio sempre presente e perché la bellezza ci spinge sempre a cercarne altra e di bellezza in un bosco ce n’è veramente molta. Sono creativi perché in natura i materiali non sono strutturati e creano le condizioni affinché l’enorme potenziale immaginativo di cui tutti i bambini e le bambine sono dotate possa esprimersi. La socialità ricca dipende dal fatto che le persone felici non amano la guerra e sono costruttrici di pace e i piccoli e le piccole nel bosco sono felici perché trovano risposta alle proprie esigenze e ai propri desideri. Si esprimono in maniera più precisa e argomentano a dovere le proprie opinioni perché la vita nel bosco anche con le sue difficoltà stimola la cooperazione e il cerchio con cui iniziano tutte le giornate nei Waldindergarden è un’occasione preziosa per essere ascoltati e per esprimere le proprie idee e i propri bisogni. Nel 2012 abbiamo anche capito il perché essi riescono a concentrarsi meglio e lo dobbiamo alla scoperta dell’irisina (Guillen, 2017), un neurotrasmettitore che facilita la funzione esecutiva della nostra corteccia prefrontale in particolar modo proprio la capacità di concentrazione e che produciamo naturalmente solo attraverso il movimento corporeo.
Petra considera la scuola un luogo di cultura e di socialità aperto a tutti e allora non si limita a lavorare solo con i pargoli ma coinvolge attivamente le famiglie nel progetto. Va a casa di ognuna di loro, spiegando le sue idee e invitandole a partecipare alla crescita del progetto dando vita così ad una comunità solida che si sostiene e sostiene il progetto. Una volta consolidato il suo asilo comincia a sostenere gli altri progetti tedeschi e a girare il mondo per raccontare la sua storia e la sua visione della scuola che sembra proprio essere una panacea per alcune problematiche dell’infanzia tipiche della nostra epoca. Nel 2006 infatti compare per la prima volta grazie a Richard Louv – consigliere del National Scientific Council, fondatore del Children and Nature Network, editorialista del New York Times e del Christian Science Monitor (Louv, 2006) – il concetto di “Nature deficit desorder“ che dimostra la correlazione tra alcuni disturbi tipici dell’infanzia come quello dell’apprendimento o l’iperattività e la lontananza dei bambini e delle bambine occidentali dalla natura. Passa per la Corea, la Cina e diversi paesi europei e nel 2013 arriva in Italia invitata dal nostro asilo nel bosco di Ostia Antica (Manes, 2016). L’incontro con Petra ci ha dato molta energia e coraggio, anche noi come lei venivamo presi un po’ per pazzi, anche noi ci confrontavamo con la paura delle persone di fronte al cambiamento, anche noi dovevamo convincere le famiglie su quello che per la scienza era ormai acclarato e cioè che la vita in natura non faceva ammalare di più anzi.
Con Petra abbiamo fondato una rete internazionale “Fkif”, forrest kindergarten international federation, e da allora, insieme a Katia Hueso, fondatrice di “Saltamontes” la prima bosquescuela spagnola, e al maestro gallese Darren Lewis che ha dato vita alla prima esperienza educativa in natura nel suo paese, stiamo lavorando alla diffusione di questo metodo. Dopo le prime conferenze internazionali svoltosi ad Ostia nel luglio del 2017 e a giugno del 2018, a maggio 2019 saremo tutti insieme a Zurigo insieme a tantissimi esponenti della pedagogia in natura provenienti da tutto il mondo. Gli asili nel bosco sono presenti infatti ormai in ogni angolo del pianeta e la loro ricchezza più grande è che non si presentano come scuole di metodo che seguono modelli educativi rigidi ma come progetti educativi aperti alle pedagogie del passato e del presente che hanno come orizzonte quello di seguire i bisogni dei bambini e delle bambine del tempo e del luogo che si vive.Tutti gli asili nel bosco svolgono le proprie attività in natura, tutti hanno un rapporto educatore /bambino/a che è al massimo uno a dieci e non uno a venticinque come nelle altre scuole italiane o tedesche, per il resto ciascun progetto percorre sentieri autonomi partendo dalle idee del gruppo educativo ma soprattutto dai bisogni specifici di chi questi progetti li frequenta quotidianamente. Nel nostro per esempio sono centrali l’educazione emozionale a alla felicità e la didattica è costruita partendo dalle più recenti scoperte delle neuroscienze in tema di apprendimento. Da noi che nel frattempo oltre al nido e alla scuola dell’infanzia abbiamo attivato anche la primaria e le medie, l’apprendimento passa attraverso esperienze dirette significative per i bambini e le bambine che le compiono, si fonda sul piacere e la passione nel fare, sulla cooperazione e i lavori di gruppo, su percorsi di crescita individuali per ogni membro della comunità scolastica e sulla centralità delle diverse espressioni artistiche.
Nella nostra scuola alcune famiglie contribuiscono economicamente, tutte si danno da fare per quelle mansioni che non rientrano in quelle strettamente pedagogiche. Ci sono diverse mamme che si occupano della segreteria, altre della pulizia, la manutenzione interna ed esterna è curata sempre dalle famiglie, c’è il papà falegname, una mamma sarta, un gruppo che si occupa dei bandi, un altro del gruppo d’acquisto biologico e molti si dedicano ad attività e feste gratuite che apriamo a tutto il territorio con l’intento di creare legami diffusi. Ci siamo strutturati come associazione perché crediamo nella partecipazione e nella democrazia diretta per questo il nostro consiglio direttivo, composto da nove famiglie e nove maestre, si chiama Giunta del Buon Governo, come nelle comunità autonome zapatiste del Chiapas in Messico dove da anni si lavora sulla democrazia diretta esercitata da tutti i membri della comunità. Da noi i bambini e le bambine crescono felicemente e con loro le famiglie che stanno assaggiando la bellezza di relazioni basate sulla fiducia e sulla solidarietà di contro ad una società che sempre di più si nutre di diffidenza e competizione.
Da quattro anni ormai lavoriamo in tutta Italia per diffondere i principi base del nostro approccio all’educazione alla vita e dalle oltre cinquemila persone che si sono formate con noi sono nati quasi tutti i cento asili nel bosco esistenti in Italia. Da un paio d’anni anche le Università stanno lavorando alacremente per formare studenti e studentesse e nel 2017 è nato il primo corso universitario sull’outdoor education curato da Michela Schenetti dell’Alma Mater di Bologna (Schenetti Salvaterra Rossini, 2015), Monica Guerra della Bicocca di Milano (Guerra, 2015), Fabrizio Bertolino dell’Università della Valle d’Aosta (Bertolino Piccinelli Perazzone, 2012) e Maja Antonietti dell’Università di Modena e Reggio Emilia (Antonietti, 2017). Insomma gli incontri, le relazioni, la cooperazione sono stati i motori di questo nuova paradigma educativo mondiale che ci auguriamo insegni a tutte le generazioni future l’importanza della solidarietà, dell’altruismo e dell’amore per la natura.
Paolo Mai
Bibliografia e sitografia
Guillen Jesus, 2017, Neuroeducacion en el aula, Createspace Independent Publishing Platform
Louv Richard, 2006, L’ultimo bambino dei boschi, Feltrinelli, Milano
Schenetti Michela, Salvaterra Irene, Rossini Benedetta, 2015, La scuola nel bosco, Erikson, Trento
Guerra Monica, 2015, Fuori, Franco Angeli, Milano
Bertolino Fabrizio, Piccinelli Annamaria, Perazzone Anna, 2012, Extraterrestri in campagna, Negretto, Mantova
Antonietti Maja, 2017, A tutta natura, Junior
Manes Emilio, 2016, L’asilo nel bosco, Tlon, Roma (con dvd)
Asilo nel bosco di Ostia, www.asilonelbosco.com
*Tra i fondatori della prima scuola primaria italiana che si ispira ai principi pedagogici delle scuole nel bosco, la scuola di campagna di Ostia (Roma) nata dopo l’asilo nel bosco. Cura il blog lavitaebela.it. Altri suoi articoli sono leggibili qui. Con l’asilo di Ostia ha aderito alle diverse campagne di sostegno di Comune
Questo articolo è stato pubblicato nel Rapporto sui Diritti Globali 2018 (Ediesse), con il titolo completo L’asilo nel bosco, un nuovo paradima educativo.
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