L'impero della conoscenza
Attraverso l’ascolto
possiamo conoscere il mondo che il sapere cognitivo nega. Non lo fa
apposta. Secondo gli scienziati la corteccia cerebrale è la sede dei
nostri elaborati, dei pensieri e della strutturazione delle idee.
Sempre loro, dicono che la corteccia cerebrale non è in grado di
prendere in considerazione più oggetti
contemporaneamente. Non le resta perciò che fare
le cose una alla volta nel rispetto della legge universale
chiodo scaccia
chiodo.
L’ascolto è invece una
conoscenza attraverso il corpo tutto. Il suo stato – puro o impuro,
sano o malato, pulito o intossicato da forme-pensiero, cibo, ambiente
e ambiti – la agevola o la ostacola.
La conoscenza attraverso
l’ascolto o il corpo – a questo punto sinonimi – tende a
traguardare il mondo attraverso le nebbie delle convinzioni
personali, le convenzioni culturali, i dogmi storici, le fedi
ideologiche. Si costituiscono a densi banchi in modo direttamente
proporzionale al nostro gradiente di identificazione con il nostro io
storico. Viceversa, nebbie e foschie tendono a diradarsi tanto più
ci emancipiamo da quell’io che credevamo di essere.
Conoscenza sottile
I due estremi dello
spettro umano sono rappresentabili dal lei non
sa chi sono io, ovvero dall’irrinunciabilità
del proprio orgoglio, e dalle scelte del mistico, per esempio San
Francesco, che senza pena rinuncia agli attaccamenti al prestigio e
ai beni. Ovvero alle nebbie in quanto riconosciute come obnubilanti
il percorso della via del guerriero come direbbe la tradizione
tolteca. Il frate non a caso dialoga con gli altri esseri senzienti
fuori dall’ambito della conoscenza scientifica e del linguaggio
logico. È la condizione dello stato di
grazia. Sebbene sia una formula ultimamente
impiegata solo in ambito sportivo e artistico, la sua origine e il
suo contenuto sono da riferire alle dimensioni sottili dell’uomo.
Conoscere attraverso
l’ascolto è una prospettiva che, sebbene torturata a morte dalla
concezione materialistica del mondo e perciò dalla conoscenza
logico-cognitivo-analitica – quella per esempio che separa il mondo
in parti (vedi mente e corpo; materia e spirito) – rimane viva e
insopprimibile, per quanto soggetta al gradiente di talento
individuale e allenabile
secondo motivazione. La madre infatti non
ha bisogno di parlare col bambino per conoscere la sua intima
condizione. È solo un facile esempio di come tutti noi in tante
occasioni conosciamo attraverso il corpo.
Maghi di noi stessi
Prendere coscienza di
quelle occasioni, e parimenti di quelle che castriamo in nome di
qualche sempre latente e inappellabile buon senso, è un passo utile
per evolvere verso un noi stessi che non corrisponde più soltanto
l’io storico. Ma contemporaneamente è anche un passo in svariate
altre direzioni evolutive, verso la consapevolezza dell’esistenza
di dinamiche e forze universali, ben superiori a quelle storiche,
sebbene da queste ultime espresse.
Chi si avvia a seguire
certe piste occultate agli uomini dall’incantesimo della forma e
dell’apparenza, giunge a riconoscere il senso e il linguaggio
esoterico e simbolico delle conoscenze sapienziali tradizionali.
Arriva a ri-creare quanto queste affermano da millenni. Una di queste
verità, riguarda il ciclo delle rinascite, il senso del dolore, il
significato dell’accettazione e dell’amore. Quattro aspetti tra
loro simbiotici.
Ma in realtà tutto è
coniugato. Tutte le forme dei nostri oggetti d’attenzione sono
soltanto nostre creazioni, realizzate nel necessario rispetto della
nostra biografia. Un bue resterà bue finché non immaginerà di
poter addentare una pecora. La sua biografia, come la nostra, crea e
ricrea in modo ridondante la propria esistenza.
Nel tutto coniugato, chi
si addentra verso se stesso, avrà a disposizione una realtà nuova.
Avrà a disposizione la possibilità di riconoscere che siamo noi a
crearla.
Comprimere
l’infinito o spicchio di realtà
Rimanendo
nel campo del dialogo logico e perciò costringendo il discorso
cosmico – per sua natura non duale ma circolare, non assoggettabile
a misure e titoli – alle regole del linguaggio verbale, si può
limitare il discorso a un ambito circoscritto, per esempio prendendo
in attenzione il dolore.
Esso rappresenta la
condizione umana raccontata anche dalla leggenda del peccato
originale. Da una condizione di perfezione, il morso della mela ci ha
fatto precipitare in quella di imperfezione. Il dolore e la malattia
ben rappresentano quindi un elemento insopprimibile della condizione
umana.
La conoscenza analitica a
questo proposito si è adoperata per sopprimerlo. Un gesto legittimo
a causa della sua concezione dell’uomo, come già detto, esaurita
nella sola dimensione storica.
Attraverso altre modalità
di conoscenza, il dolore non è prioritariamente da sopprimere.
Piuttosto è una informazione. Non solo di dove lo sentiamo, ma di
dove possiamo cercare aspetti di noi stessi che non conosciamo e che
l’hanno creato. Esso indica la via. Che resta segreta finché non
ci si mette in discussione l’intera struttura entro la quale –
senza neppure vederla – ci muoviamo.
Alambicchi di noi
stessi
È solo per la scienza
meccanicista che una malattia può colpire chiunque. Mentre è
proprio della scienza alchemica riconoscere che ogni nostra
condizione è dovuta a noi stessi. La prima pone rimedio attraverso
azioni sopprimenti il sintomo ed esogene. La seconda non ha
prioritaria ragione di sopprimere il dolore. e le sue indicazioni
sono di carattere endogeno, affinché ognuno possa trasformare il suo
sé, da galenico ad aureo.
Riconoscendo il
dolore/malattia come forme, espressioni di personali zone oscure a
noi stessi, avviamo un processo di rallentamento o riduzione della
malattia stessa, a seconda dello stadio e della determinazione del
nostro intervento.
Malattia
e dolore tendono quindi ad essere eluse in
funzione della nostra purezza o santità. È una osservazione che
ognuno può compiere nel corso della sua personale ricerca.
È qui opportuno ricordare
che le nostre esplorazioni speleo-umane non giovano solo a noi stessi. Tanto più queste sono ripulite dalla vanità, tanto più coinvolgono le persone dei nostri ambiti di vita privata e sociale e si riflettono nella dimensione cosmica. Che, a differenza di quanto ci dice l’astronomia, non è uno spazio parzialmente occupato da materia e disponibile a misurazioni, ma piuttosto un ambito a sua volta, una mente intesa come campo di forze. Sentirle e seguirle permette di avvicinarsi all’armonia con se stessi e il mondo. Tornare all’origine. Nella salute e nella bellezza. Per una percentuale crescente e sotto controllo.
Lorenzo Merlo - force@victoryproject.net
Nessun commento:
Posta un commento