Nel silenzio pressoché generale e con la scarsa attenzione dei media, il 2 aprile scorso nell’aula del Parlamento europeo si è discusso di un preoccupante quanto fuor di ogni ragionevole approccio al pacifico ruolo dell’Unione europea, della “Mobilità militare” nell’UE. Obiettivo, garantire il trasferimento senza ostacoli di truppe e dei loro mezzi di trasporto (si intendono quelli di 25 Stati membri dell’Unione che agiscono nell’ambito di una cooperazione rafforzata PESCO in materia di difesa).
I deputati europei hanno discusso (solo discusso perché nessuna risoluzione era prevista) dell’adeguatezza delle infrastrutture di trasporto transfrontaliere dell’UE, alla luce della minaccia rappresentata dalla Russia impegnata nella guerra contro l’Ucraina. Bum!
Gli ostacoli amministrativi delle infrastrutture preoccupano l’Europa
Mica tanto, perché il Governo italiano a questa discussione sembra fare riferimento per accelerare le sue procedure in relazione allo stato del cammino verso la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. Obiettivo, in applicazione di questa operazione di ammodernamento delle reti infrastrutturali, evitare le verifiche di impatto ambientale europee.
Con la precedente adozione della riforma delle norme sulla rete transeuropea dei trasporti (TEN) nel 2024, i deputati europei avevano già chiesto ai governi dell’UE di tenere conto delle esigenze militari (quali il peso o le dimensioni dei trasporti militari) “nella costruzione o nell’ammodernamento delle infrastrutture di trasporto che si sovrappongono alle reti militari, per garantire il trasferimento senza ostacoli di truppe ed equipaggiamenti” come dice un comunicato dello stesso Parlamento europeo.
C’è infatti preoccupazione, lo dice questo comunicato dal contenuto sorprendente quanto inquietante, “per gli ostacoli amministrativi che complicano il movimento delle truppe attraverso le frontiere e per la mancanza di finanziamenti adeguati a migliorare strade, ponti, tunnel e ferrovie affinché possano garantire il doppio utilizzo” (dual use). A far le pulci, in questo caso amministrative (sic!), è addirittura intervenuta la Corte dei Conti dell’Unione europea che ha segnalato un deficit di finanziamenti in questo settore.
La mobilità militare nel Libro bianco sulla difesa
Già, perché questa previsione di progettualità e vecchia di alcuni anni e, sottolinea la Corte dei Conti europea, negli ultimi tre esercizi finanziari non sono stati stanziati finanziamenti adeguati.
Che dire? Siamo avanti con i lavori (è il caso di dirlo!) della più ampia proposta del Re-Arm Europe evidentemente. Non solo si pensa ad avere più armi ma si pensa (in realtà si pensava da almeno tre anni) a garantire la movimentazione sul territorio europeo di apparecchiature militari (tanks, camion, altri mezzi).
Queste proposte sono tornate a galla nel dibattito sul cosiddetto Libro Bianco sulla difesa europea. È in questo documento che la Commissione parla della mobilità militare come un elemento essenziale per la sicurezza e la difesa europea. Proposte concrete saranno presentate entro la fine del 2025.
È un paradosso, che sfiora il ridicolo, che il Governo italiano si appelli a queste proposte per “accelerare” le procedure per la costruzione del Ponte, cercando di evitare ulteriori controlli sull’impatto ambientale. Cosa faranno, allargheranno le corsie stradali e ferroviarie previste nel progetto, aumenteranno la segnaletica, specialmente quella sui “carichi pesanti”?
Allarmi eccessivi e sconvolgimento delle infrastrutture
Altrettanto paradossale il fatto che si cerchino briciole di finanziamenti (tali sarebbero comunque quelli destinati a questo tipo di modifiche infrastrutturali) a fronte di un finanziamento complessivo ultramiliardario (si partirebbe da 15 miliardi e non si riesce proprio ad immaginare a quanti ne servirebbero effettivamente).
Ma torniamo all’Europa. Scava, scava e dietro il volto della signora Ursula von der Leyen riappare quello, esperto, dell’ex-ministro della difesa tedesca. E che da quella posizione era già ben attenta ai molteplici aspetti della gestione militare.
Ora non si vuole lanciare allarmi che potrebbero apparire eccessivi, ma è evidente che la postura di questa Commissione, le sue scelte in una materia tanto delicata appaiono davvero preoccupanti.
Se si pretende di inserire in un Libro bianco destinato alla politica di difesa, che prepara il lituano Andrius Kubilius, anche specifiche modalità che se davvero fossero applicate comporterebbero uno sconvolgimento delle infrastrutture europee orientate alla “mobilità militare”, è chiaro che si contribuisce al cambiamento degli orientamenti pacifici dell’Unione europea.
Ma il Ponte non aveva scopi civili?
Utilizzare ad ogni occasione i pericoli che verrebbero dalla Russia suona solo conferma di una politica che ormai da alcuni anni ha rinunciato al negoziato e alla ricerca, certo faticosa, di cooperazione.
È troppo pensare che questo approccio “guerrafondaio” è destinato ad aumentare le tensioni con i nostri vicini?
È sensato che il Governo italiano per realizzare una infrastruttura con cui, si dice, si tenta di intensificare il turismo e il trasporto civile faccia ricorso anche alle briciole di una complessa iniziativa detta di “mobilità militare”, mischiando il sacro con il profano?
Bruno Marasà
Testo e foto originali: https://www.strisciarossa.it/come-si-fa-a-fare-il-ponte-di-messina-bypassando-limpatto-ambientale-grazie-alla-mobilita-militare/
Fonte secondaria: https://www.labottegadelbarbieri.org/come-si-fa-a-fare-il-ponte-di-messina/
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