La Terra non è a misura dell’uomo. A meno che tu non appartenga al più candido e fervido culto creazionista e ti sia convinto che la Terra e l’Universo intero siano lì per te e solo per te, questo te lo devi ficcare bene in testa.
Alla Terra non gliene frega niente di averti sul suo groppone, non lo sa e non è nella sua natura di venirlo a sapere. La Terra non segue le leggi e le esigenze umane che formulano quelle leggi, non è né protettiva né nemica, né ragionevole né irragionevole; non è destinata a nulla, se non a far parte della catena gravitazionale che lega il sistema solare a cui appartiene, quello alla galassia, e la galassia all’Universo misurabile, e quello a un ultra, o multiplo Universo che non è ancora certo cosa sia, se non rilevabile prima o poi in certe complesse equazioni di improbabile soluzione.
Abbiamo colonizzato la Terra, ne siamo una delle specie dominanti, appena al di sotto dei virus come capacità di adattamento, ma non per questo ne siamo padroni, non per questo possiamo esercitare su di lei un controllo che non sia di assoluta superficialità. Possiamo arrecare molti danni alla Terra, e ci stiamo applicando con zelo a questo, ma la Terra ha energie tali che l’esistenza della nostra specie è appesa al filo dell’assoluta casualità.
No, la Terra non è a nostra disposizione, e noi viviamo nella stupida illusione di esserne i padroni.
C’è una qualche morale da ricavare da tutto ciò? No, come non c’è alcun rimedio né alcuna alternativa. C’è solo, volendo, da rendere più vivo, per chi lo possiede, e cercare di inculcarlo in chi non ce l’ha, il senso delle proporzioni. E, dotati di un più solido senso delle proporzioni, noi umani potremo coltivare con più spirito la pietà per noi stessi. Volerci più bene, se non sembri un’espressione troppo banale, nudi come siamo al cospetto del mondo, incapaci di difenderci dalla nostra stessa stupidità.
E riuscire ad arrivare all’appuntamento con il grande Big One, che un giorno o l’altro, tra cento o mille generazioni, si presenterà, con un po’ di decoro; senza troppi, e insignificanti, atti di dolore da recitare al cospetto della Fine. Che sarà solo la fine di quel che siamo, non quella dell’Universo, che non ci contempla nelle sue priorità.
Maurizio Maggiani
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