"Venere" di Franco Farina
Franco Farina
“Afrodite”
C’era una volta una Dea dal nome “Afrodite” così chiamata nei tempi antichi, questa Dea si occupava dell’amore delle arti e della bellezza. I Romani la chiamarono “Venere” ma sempre lei era.
Ella scendeva nei templi ed ispirava gli artisti creatori e questi creavano le opere delle più belle.
Ispirava i pittori e questi creavano i dipinti più incantevoli.
Sussurrava i pensieri agli scrittori che narravano le novelle più sublimi.
Quei tempi oramai se ne erano andati.
Come inghiottiti da un vortice del mare i tempi eran trascorsi.
Varie vicissitudini si erano svolte e l’uomo era divenuto sempre più materialista e aveva perso la capacità di porgere l’orecchio e poter ascoltare gli Dei.
E’ vero che a volte gli uomini invocano Dio; ma guarda caso lo invocano sempre nei momenti più brutti. In occasioni di malattie e disgrazie. Mai invocano Dio per un buon stipendio ricevuto o per aver trovato l’amore che cercavano.
Invocano Dio quando ormai la lor vita è rovinata da loro stessi.
E poi quando le tenebre sono scese sui lor giorni invocano Dio implorandolo di cancellare quel giorno funesto.
Pensano che Dio sia qualcuno sempre pronto ai loro desideri, quando han combinato qualche misfatto da cui non riescono a trarsi d’impiccio.
Non han mai pensato che l’uomo stesso possa essere in quanto spirito un essere dalle qualità divine?
Afrodite pensava e considerava sulla razza umana.
Pensava alle botteghe dove pittori artisti ed artigiani riuniti creavano delle bellissime opere d’arte.
Pensava alle corti dei mecenati che sostenevano l’arte, e anche ricordava quando sussurrava nella mente del pittore le bellezze da lui svolte effettivamente.
Sembrava apparisse un sorriso sul suo volto fatto di luce trasparente.
Gli Dei e le Dee non si sentono e non si vedono ma non è sempre così. Possono mostrarsi o possono essere sentiti quando la persona si considera egli stessa entità spirituale ed allora si eleva ad una condizione più simile ad essere in una condizione divina.
Quindi gli Dei e le Dee possono esser visti e percepiti. E di sicuro i grandi filosofi e i grandi artisti avevano per così dire quella qualità di comunicare con gli Dei ed essere loro stessi in una condizione quasi simile a loro.
Quel giorno Afrodite avendo visto la Biennale era triste.
Dopo tutti questi anni di supporto che aveva dato all’arte si sentiva avvilita nell’ aver visto quello che alcuni potevano considerare arte.
Sembrava che l’uomo non avesse più questo legame con la sua condizione divina. O per meglio dire erano rare le persone che avevano quella qualità. E quello che era addirittura successo era che l’arte si era tramutata in creazioni degradate.
La capacità creativa dell’uomo in alcuni casi era svanita, in altri era ben viva e presente nell’artista e creava opere eccelse, ma l’opinione pubblica veniva accecata da falsi profeti chiamati critici d’arte o giornalisti. Questi in qualità di artisti falliti essendo incapaci di creare si erano messi in cattedra e avevano iniziato a dettar legge su chi era il più eccelso e chi doveva essere pagato di più.
In quell’occasione Afrodite aveva notato dei bellissimi quadri fatti da pittori eccelsi accantonati e cose stupide come mucchi di pietre chiamate installazioni elevate ad opere d’arte; oppure opere macabre come cadaveri stesi ed eletti anch’essi a opere d’arte. Tele che sembrano imbrattate da chi pulisce il pennello sporco elette dalla stampa e dalla critica alle più trend del momento.
E con parolone che stordiscono anche il più erudito vengon decantate le opere eccelse quelle eseguite nel momento di agonia dell’artista durante il suo ultimo festino e sbornia di alcool e cocaina prima di morire negli spasmi dell’incoscienza.
Questo fa notizia! Sangue, morte, sesso, droga ed incoscienza, e tanti soldi per il commerciante d’arte che ha saputo sfruttare fino alla morte il suo povero artista che era riuscito a imbrigliare nella sua tela.
Afrodite si arrovellava vedendo a che punto poteva finire la cosidetta arte che in sé a quel punto di arte ne era rimasta ben poca.
Girava nei padiglioni della biennale, le persone non la vedevano né la sentivano.
A volte qualcuno la attraversava camminadovi attraverso e lei sentiva le sue emozioni scorrere nel suo essere.
Afrodite guardava le opere esposte.
Ve ne erano anche di belle e sublimi ma la maggior parte sembravano uscire da incubi. Ed alcune non sapevano assolutamente di arte erano oggetti rotti che si potevano trovare in qualsiasi discarica.
“Ma l’arte sta morendo?
L’uomo sta morendo?
O meglio la sua qualità in quanto entità spirituale sta morendo?”
E assorbita da questi pensieri camminava nei padiglioni e sembrava non guardare più neanche ciò che vi era esposto.
Lo sguardo era vuoto, si sentiva triste e stanca.
“Le scuole con i loro 'professori' forse avevano ucciso l’arte?
La cultura materialistica e del facile guadagno avevano ucciso l’arte? I falsi profeti l’avevano pervertita?"
Afrodite si stava accasciando su di se e lacrime per così dire lacrime di luce scendevano dai suoi occhi.
“In quale labirinto siam finiti.”
Si chiedeva in cosa aveva sbagliato.
Cadde in un torpore e sentì una musica sublime.
Qualcuno era entrato e si era messo a suonare arpe e salteri e una voce incantevole cantava.
Si svegliò dai suoi pensieri lugubri, riprese a guardarsi attorno e vide che le persone man mano affluivano ad ascoltare questa melodia.
Quella musica così sublime e le persone come globi di luce uscivano dai loro corpi si elevavano al di sopra dei loro corpi sembravano danzare ondeggiando al suon di musica.
Afrodite sorrise si accorse della vita che si era risvegliata e l’arte non era morta. Qualcuno sapeva ancor comunicare in un modo eccelso che era al di fuori del tempo.
La bellezza è una qualità divina che ogni essere sveglio e creativo ha ed è capace di infondere nelle cose dandogli vita. Qualità che in se è divina. E’ la capacità di dar vita.
Forse gli uomini si erano un po’ smarriti ma non avevano perso la luce della ragione e della bellezza. Magari se dessero meno ascolto ai falsi profeti si potrebbero illuminare e riacquisire quella condizione divina tipica della loro vera essenza.
Afrodite si mise a danzare nell’aria nel vasto spazio del palazzo e a cantare seguendo la musica sublime. Le persone si misero a guardare in alto e sembrava che la seguissero con il loro sguardo, sembrava quasi che la vedessero. Lei sorrideva, capì che l’uomo elevandolo un poco può sentire e percepire e riprendere la sua condizione divina.
Le persone nella loro condizione di essere esteriori al proprio corpo ripresero a camminare tra i padiglioni ma la cosa particolare è che questi “uomini” ora smisero di dare attenzione a cose brutte o macabre o banali prive di effettiva comunicazione ed invece presero ad apprezzare il bello e la vita che l’artista era stato capace di infondere nell’opera d’arte. Qualità che sembrava persa ma che in quella nuova condizione si era riabilitata marcatamente.
Afrodite felice si ritirò sul monte olimpo dove trovò Zeus e le chiese come era andata la giornata tra gli umani e lei sorridendo disse. “Stan riguadagnando la loro essenza spirituale è l’inizio di una nuova era”.
Franco Farina
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