Dipinto di Franco Farina
Accanto alla morale religiosa, e cristiana in particolare (che limita la sua sfera d’azione alla sola specie umana), va affermandosi sempre più la morale del Movimento Universalista (del quale sono parte viva e palpitante i vegetariani e gli animalisti) che estende i principi di rispetto e di giustizia dall’uomo ad ogni essere senziente: una rivoluzione etica, culturale, sociale ed esistenziale pari solo, a mio avviso, al superamento della cultura schiavista.
Come risponde la chiesa cattolica a questa stupenda realtà che emerge dalle nuove generazioni, che fa onore alla coscienza umana, alla civiltà, al progresso civile, morale e spirituale, che si apre anche alle necessità di coloro che non appartengono alla specie umana, con una capacità di condivisione più vasta?
La morale dei vegetariani e degli animalisti non solo non viene accolta e valorizzata ma spesso vi è un palese rigetto, una totale chiusura ed un’esplicita accusa di sperperare energie e risorse che dovrebbero essere impiegate esclusivamente a beneficio della specie umana: come se gli esseri umani non potessero interessarsi dell’una e dell’altra realtà.
Avete mai sentito dire, da parte del clero, ”dopo che vi siete interessati dell’uomo preoccupatevi del benessere degli animali”?
Nonostante gli animalisti in ogni parte del mondo siano una realtà in crescita esponenziale per la Chiesa il problema degli animali, semplicemente, non esiste, un problema che nemmeno la sfiora.
Come è possibile che siano i laici (che magari non fanno riferimento alla Patristica, alla Scolastica, né ai Testi Sacri ma semplicemente alla loro coscienza) a chiedere amore e rispetto per le creature più deboli e indifese, vittime del nostro egoismo e della nostra ingordigia? Non dovrebbe forse essere il clero, che per definizione incarna quei principi di non violenza e di amore, sostenere questa nuova ed edificante apertura morale? La Chiesa cattolica non dovrebbe apprezzare ed agevolare ogni espressione umana che tende a rendere l’uomo migliore?
Anche se non è nelle sue priorità assistenziali interessarsi del benessere degli animali non dovrebbe condannare l’indifferenza, lo sfruttamento e l’uccisione degli animali come ciò che incide negativamente sulla coscienza, sulla spiritualità dell’individuo, sull’economia, sull’ambiente, sulla fame nel mondo?
Come può un prete lasciarsi superare in compassione, in sensibilità
ed in senso di giustizia da un uomo qualunque che non ha per istituzione questa missione? L’indifferenza verso la sofferenza altrui non è il vero cancro della coscienza che i preti sono chiamati a curare? Il disprezzo della vita non si oppone al piano del Creatore? Non è forse la misericordia il fulcro della dottrina cristiana? E può la misericordia essere data all’uomo e negata all’animale? Quale amore è quello limitato ad un solo membro della famiglia mentre si è crudeli con gli altri componenti? Come possono i religiosi negare l’evidenza che la nostra visione del mondo e della vita sia più vicina alla dimensione paradisiaca e quindi al progetto stesso di Dio?
Perché la vita e la sofferenza dell’uomo hanno valore proprio mentre la vita e la sofferenza dell’animale sono privi di valore?
Che differenza c’è tra l’angoscia di un animale braccato e quella di un uomo in preda allo stesso terrore? Che differenza c’è tra il pianto di una mucca a cui è stato strappato il vitello per essere fatto a pezzi e mangiato e quello di una madre a cui un criminale ha sottratto un bambino?
La Chiesa cattolica risponderà mai alle nostre domande o continuerà ad ignorare le nostre istanze chiudendosi, come è sempre successo in passato, di fronte alle nuove esigenze dell’animo umano? Quanto sangue dovrà essere ancora versato prima che la Chiesa e gli educatori religiosi si accorgano che sono anacronisticamente chiusi nella loro torre d’avorio, sordi al pianto delle loro vittime innocenti?
Franco Libero Manco
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