Stiamo assistendo al declino di tutti i modelli di società che dal dopoguerra ad oggi hanno cercato di governare il mondo. Con la caduta del muro di Berlino abbiamo assistito alla fine del modello comunista ed oggi avvertiamo la fine del capitalismo. Sono sotto gli occhi di tutti le evidenti le crepe che stanno per far crollare tutta l’impalcatura costruita di una società che ha puntato fortemente sul profitto di pochi a danno dei tanti e sulla rapina e la distruzione della natura.
Ma che possibilità abbiamo noi oggi di costruire società più giuste e efficienti rispetto quelle del passato? I mussulmani ci propongono in alternativa modelli di società oscure, rimaste ancorate alla “preistoria”dell’uomo, vedi la rinascita del califfato in Medio Oriente. Ma allora su quale modello futuro di società, degna di un’umanità evoluta e più responsabile, possiamo puntare?
La società su cui noi tutti dobbiamo guardare è quella fondata sugli equilibri tra uomo e uomo, verso il superamento di ideologie medioevali, verso il superamento del profitto a tutti i costi e del consumismo sfrenato e, infine, verso il rispetto degli equilibri tra uomo e natura.
Esiste oggi una società del genere? Ancora no, ma le sfide del futuro legate all’aumento della temperatura terrestre, alla distruzione di gran parte degli habitat del pianeta, all’esplosione demografica e all’aumento della fame nel mondo, ci impongono di cercare al più presto soluzioni capaci di far superare all’umanità questa profonda crisi.
Sul “mercato delle idee” oggi esistono varie proposte per società alternative all’attuale, legate tutti dallo slogan coniato a Rio de Janeiro nel 1992 sullo sviluppo sostenibile. Molte di queste proposte però sono surreali ed altre improponibili per vari motivi oggettivi. Al momento economisti pentiti, filosofi, antropologi e ambientalisti stanno adocchiato società che facciano dell’ambiente il cardine portante.
Analizzeremo quindi alcune delle cosiddette società “Green” per valutare se possono essere candidate a rappresentare l’alternativa.
Si sente parlare da qualche anno di Blue Economy e di Green Economy, ma questi due modelli di sviluppo sono la stessa cosa? La gente comune conosce il significato di queste nuove formule di sviluppo sociale?
Non proprio, oggi si fa confusione tra i due concetti, si tiene ancora a sottolineare maggiormente l’importanza della Green Economy, ci si riempie la bocca nel parlare di Green Economy mentre si ignora cosa realmente vuol dire Blue Economy. Tanto per iniziare i due concetti sono diversi, anche se partono delle stesse fondamenta; prendiamo ad esempio la questione delle emissioni di gas serra in atmosfera: la Green Economy prevede una riduzione della CO2 graduale e comunque fino a giungere ad un livello accettabile per il pianeta, la Blue Economy invece è più drastica, prevede di giungere entro un decennio ad emissioni zero della CO2 e di altri gas serra.
Green Economy (economia verde) significa un’economia il cui impatto ambientale sia contenuto entro limiti accettabili. Qui la tecnologia e la conoscenza scientifica svolgono un ruolo di primaria importanza. La Green Economy non prevede di cancellare del tutto le fonti di energia fossile, prevede di affiancarle e solo in alcuni casi sostituirle con energie alternative o rinnovabili. La Blue Economy invece prevede nel tempo di abbandonare completamente lo sfruttamento dei giacimenti di combustibile fossile.
La Blue Economy rappresenta quindi la fase successiva, il superamento e il perfezionamento della filosofia di base della Green Economy. La Blue Economy infatti non si limita al mero aspetto economico, ma entra nel merito dei bisogni culturale ed esistenziali delle società e dell’individuo. Pur partendo dall’aspetto economico, la Blue Economy intende creare un nuovo modello di sviluppo sociale considerando tutte le filiere produttive: dalla agroindustria, al manifatturiero fino al turismo.
Anche la Blue Economy come la Green Economy nasce dal concetto di sviluppo sostenibile, ma va oltre, sviluppandosi verso quattro specifiche direttrici di sostenibilità: economica, sociale, ambientale e culturale.
Perché chiamarla Blue Economy? Perché inizialmente questa nuova filosofia di sviluppo è partita dall’ assunto che la nostra Terra è costituita per i ¾ dall’acqua ( oceani, acque interne e ghiaccio ), per cui nessun programma di sviluppo futuro delle società umane può ignorare questa realtà. I mari, i laghi e i fiumi debbono essere in primis protetti e salvaguardati dall’inquinamento e, soprattutto, da azioni predatorie dell’uomo nei confronti della sua biodiversità. Partendo dall’elemento acquatico, come milioni di anni fa fecero le prime forme di vita animale, la Blue Economy è emersa dai mari ed ha iniziato a spaziare in tutti i settori legati allo sviluppo delle società umane.
La Blue Economy è figlia di una teoria dell’economista belga Gunter Pauli, fondatore di Zero Emissions Research Initiative e autore del libro Blue Economy – 10 anni, 100 invenzioni, 100 milioni di posti di lavoro. Una teoria che partendo dagli oceani si è poi ampliata in ciò che può rappresentare il cammino dell’uomo verso una società in equilibrio con le risorse reali del pianeta. Per Gunter Paoli, la Blue Economy significa compiere un cambiamento radicale, considerare le scelte migliori per il pianeta e le persone che lo abitano. Creare un ecosistema globale sostenibile grazie alla trasformazione di sostanze precedentemente sprecate in merce redditizia e a volte voluttuaria. La blue economy si basa sull’imitazione dei sistemi naturali, riutilizza continuamente le risorse e produce zero rifiuti e zero sprechi. Diversamente dalla green economy, secondo Gunter Pauli, non richiede alle aziende di “investire di più” per salvare l’ambiente. Anzi, con minore impiego di capitali è in grado di creare maggiori flussi di reddito e di costruire al tempo stesso capitale sociale. I risultati ci sono, e in tutto il mondo laboratori di ricerca, aziende e innovatori hanno adottato questi principi per aumentare la loro competitività dando nuova forma e impulso alle nostre economie.
L’attuale modello di sviluppo è ormai giunto al capolinea e ciò si desume da molti dati allarmanti, in primis dal numero di disoccupati in Europa, in particolare in Grecia, Italia e Spagna, che oscilla tra il 40 e il 50% e poi dall’atteggiamento dei nostri leader politici e finanziari che osano considerare la prossima generazione inutile, o ancor peggio, considerare i giovani e gli svantaggiati come problemi fastidiosi. È evidente che in questo sistema in netto declino, rappresentato da una società profondamente in crisi, senza capacità di rigenerarsi, poi esplodano fenomeni sempre più allarmanti di violenza, criminalità e terrorismo.
Se saremo capaci di applicare i concetti della blue economy, laddove le decisioni della base, di milioni e milioni di cittadini si anteporranno al dirigismo dei moderni “Zar”, ossia dei pochi operatori di mercato, imprese monopolistiche o controlli statali, allora la società umana potrà sperare nel domani e intraprendere una strada per fondare una nuova struttura economica e sociale. La chiave vincente per voltare pagina è relegare per sempre nel soffitto della storia questa società, fondata esclusivamente sui valori economici, sostituendola con l’impegno e la partecipazione diretta dei cittadini, attraverso una grande e globale rivoluzione culturale. Ciò potrebbe cambiare le regole del gioco e indirizzare l’umanità verso un vero mutamento. Sarà però molto difficile riuscirci visto che gli “Zar” del pianeta difenderanno i loro previlegi con le unghie e con i denti e, avendo a disposizione risorse finanziarie ed economiche ingenti, inventeranno situazioni strategiche globali per distruggere ogni anelito di riscatto verso una umanità che non vorrà più appartenere alla logica dell’Avere, ma finalmente a quella dell’Essere.
Sarà dura, lo ammettiamo, ma non per questo dobbiamo demordere, la Blue Economy è solo il primo passo per il grande cambiamento. Se sapremo resistere ai sussulti e ai rantoli di questa società morente, allora, forse, potremmo sperare di fermare l’umanità verso il tunnel oscuro che la sta portando inesorabilmente verso l’ecocatastrofe.
Gabriele La Malfa (Accademia Kronos)
ciao. Volevo proporti di pubblicare i tuoi articoli anche sul nuovo sito www.riusami.net. Se mi scrivi ti spiego meglio di che si tratta. Ciao luciano riusami@riusami.net
RispondiElimina