Marco D’Eramo è un sociologo e giornalista che ha studiato il turismo nel libro “Il selfie del mondo” (Fetrinelli). Non tutto il libro è di pari interesse, ma la prima parte per chi come noi vive ai margini di questo mondo, anche in opposizione, ma comunque dentro, va riflettuta. In particolare c’è un argomento che volevo portarvi come spunto. Quello che secondo D’Eramo decreta la morte di città e territori: questo verdetto rilasciato dall’Unesco è il “Patrimonio dell’Umanità” o World Heritage. Molti pensano sia un grande riconoscimento, che aiuta a salvare città, territori e beni materiali e immateriali. Ma in realtà, come spiega bene D’Eramo, ne certifica la morte, trasformando un luogo vivo, in evoluzione, una città abitata da gente vera, in una disneyland per turisti. O meglio, quasi sempre il processo è già avvenuto, l’Unesco ne prende solo atto. Le città e i paesi (pensiamo a Firenze, Venezia o a San Gimignano) si trasformano, gli abitanti storici se ne vanno, per lasciar posto a b&b, affittacamere, airbnb. I negozi “veri”, che vendono beni di prima necessità, si trasformano prima i negozi di prodotti tipici, e poi in negozi di souvenir standard uguali in tutto il mondo.
Avete mai fatto un giro per il bel paese medievale di San Gimignano? Chi ha camminato sulla Francigena lo conosce. Gli abitanti non possono più vivere nel centro storico: prezzi alti, non c’è più un negozio vero (non si vive di soli pinocchietti di legno!) ma solo negozi di souvenir uno accanto all’altro, le strade piene di gente, insomma se ne sono andati tutti in periferia. E a proposito di pinocchietti, quando arrivano loro, si può decretare la disneylandizzazione di un luogo! Fateci caso.
“È paradossale che l’unintended consequence del voler mantenere l’unicità, l’irripetibilità di un sito, produca in realtà un “non luogo” sempre uguale a se stesso in tutti i siti heritage della terra. Come per trovare i veri sangimignanesi devi uscire e allontanarti dalle mura medievali, così per trovare dove vivono davvero i laotiani di Luang Prabang bisogna pedalare in bicicletta per un paio di chilometri su Photisalath Road per raggiungere la città vivente”.
Il turismo è l’industria più pesante, più importante e più impattante del XXI secolo, tanto che ormai si parla dell’Età del turismo riferendosi alla nostra era. Ovviamente l’etichetta Unesco non è causa del turismo, ma ne è certificato di garanzia, e copertura ideologica (istituzione “a fin di bene”).
“L’etichetta Unesco ha aperto all’industria turistica una nuova, meravigliosa, sconfinata terra di conquista: perché costruire nuove Disneyland quando disponiamo di una caterva di città viventi e di territori che aspettano (anzi chiedono disperatamente) di diventare parchi a tema, col semplice mummificarsi, e quindi svuotarsi?”. E ovviamente poi si paga il biglietto, perché stupirsi se sui sentieri delle Cinque Terre o delle Gole di Samaria da anni, a Venezia o in altri luoghi a seguire pian piano, si pagherà il biglietto per entrare?
(Il Cammino)
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