venerdì 21 febbraio 2025

LOTTA PER LA PACE CON UNA NUOVA YALTA...

 


In vista del terzo meeting degli Stati parti del Trattato di proibizione delle armi nucleari (Conferenza ONU a New York, 3-7 marzo 2025, preceduta, il 2 marzo, dall'assemblea di ICAN).

Interventi del team che lavora per la delegazione Disarmisti esigenti+Costituente Terra: Alfonso Navarra (introduzione e coordinamento), Luigi Mosca, Paola Paesano, Giovanna Cifoletti, Alessandro Capuzzo, Ennio Cabiddu, Antonella Nappi, Monica Bertino. 
Partecipazione straordinaria, tra il pubblico, di Olga Karatch.  

Nell'incontro online, vengono affrontati 2 problemi:
1- la "brutta pace" della nuova Yalta Trump-Putin-Xi è sempre meglio della "bella guerra" per la "pace giusta" in Ucraina (cioè la continuazione del conflitto armato in disputa sui confini): ci dà tempo e spazio per lavorare alla "bella pace", alla pace positiva, che come antimilitaristi nonviolenti sogniamo
2- l'Europa che vuole farsi valere non è quella che recrimina perché stanno facendo una "brutta pace" alle sue spalle, volendo la continuazione della guerra che la sta affossando, e volendo attrezzarsi per una economia di guerra e per le guerre: è invece quella (se esiste, dia segni di vita) che si batte perché da una brutta tregua si passi a una "bella pace". Si tratta di lavorare per la sicurezza multilaterale superando la cultura del nemico e riprendendo i rapporti energetici ed economici con la Russia.

Il working paper che abbiamo incardinato per la conferenza di New York, Disarmisti esigenti e Costituente Terra, con la collaborazione di altri soggetti, individua tre sentieri strategici per passare dalla proibizione alla eliminazione effettiva delle armi nucleari:
1) il tavolo delle potenze nucleari per adottare il NO FIRST USE
2) Helsinki 2 legata anche alle campagne per le denuclearizzazioni e smilitarizzazioni regionali, contro l'installazione dei nuovi euromissili (bisogna imparare dal movimento che negli anni '80 ebbe come città simbolo Comiso!).  A New York la nutrita delegazione della Pagoda per la pace di Comiso proporrà la sua performance: MAI PIU' AUSCWITZ! MAI PIU' HIROSHIMA!
3) il progetto di Costituzione della Terra, spiegato in questo incontro da Paola Paesano.

Alfonso Navarra
alfiononuke@gmail.com


giovedì 20 febbraio 2025

“Seduto senza far niente. Viene la primavera e l’erba cresce da sé”...

 


“Seduto senza far niente. Viene la primavera e l’erba cresce da sé”. Così recita un famoso detto zen, per significare che in natura le cose succedono senza doversi affaticare né preoccupare.  Però nella società mondana, fatta di regole e impegni amministrativi, di funzionamento delle strutture, etc. qualche piccolo intervento -magari una volta all’anno- tocca prevederlo.

Ad esempio  ieri, al  baretto di Treia, è venuto fuori il discorso dell’erba che comincia a  trasbordare sulle strade. Sì, è vero che sembra un miracolo che l’erba cresca “ancora” da sé ma alcuni viaggiatori non sono proprio contenti dell’invasione.

Ma -secondo me- anche se l’erba coprisse tutte le vie asfaltate del mondo sarebbe persino meglio per tutti… e magari sarebbe addirittura meglio se invece di viaggiare in città con le puzzolenti automobili tornassimo a muoverci a piedi, o a dorso di mulo, asino, cavallo e bue... Almeno così le bestie durante il viaggio avrebbero da satollarsi a gratis, e noi saremmo esentati da spese di benzina, bollo, assicurazione, olio, usura gomme, manutenzione meccanica, etc. etc. Però, si sa, viviamo in questo mondo e non “nell’altro” (quello dello zen) ed inoltre i media e le istituzioni recepiscono solo segnalazioni utili a questa società.

E qui inserisco una serie di consigli, rivolti agli amministratori locali per amministrare ecologicamente il territorio in cui viviamo:
Vietare l’uso di Pesticidi e di concimi chimici (che distruggono i terreni) oggi ormai inutili, in quanto sostituibili con tecniche biologiche. Anche in base al Reg. Cee “Reach” ed ai diritti costituzionali inviolabili alla salute, alla salubrità dell’ambiente ed al progresso dell’agricoltura (Art 32, 9, 44 della Costituzione Italiana).

I Sindaci possono, in qualità di responsabili della salute pubblica, dichiarare i territori Biologici. Ciò è possibile grazie ai Pagamenti Agroambientali, previsti dalla Comunità Europea nei Piani di Sviluppo Rurale regionali che, per legge, devono compensare tutti i mancati redditi e maggiori costi delle produzioni biologiche, quale servizio alla collettività, più un 20%, rendendo pertanto l’agricoltura biologica “conveniente per tutti gli agricoltori” e non solo per i consumatori. 

Agricoltura Biologica che dovrebbe essere controllata e certificata a spese della collettività e non degli agricoltori (come avviene oggi), con rischi di conflitti di interesse. Dal momento che i costi della certificazione biologica oggi vengono rimborsati agli agricoltori dalla comunità europea attraverso gli stessi Piani di Sviluppo Rurale, creando una doppia burocrazia inutile.

E’ necessario Utilizzare immediatamente al meglio le risorse economiche previste dai regolamenti europei “agroambientali” che possono interessare fino al 70% del bilancio complessivo dei Piani di Sviluppo Rurale regionali.

Bene, anche questa è fatta…

Paolo D’Arpini - Rete Bioregionale Italiana

mercoledì 19 febbraio 2025

...un giorno da leone... ?



Ieri sera sono passato in una piazza ed era pieno di radicali liberi a cantare suonare ballare e protestare contro il Governo, mi sono unito a loro, quando sono arrivate le forze dell’ordine per mettere ordine con gli antiossidanti e gli antociani sono scappato di corsa. Sono tornato a casa con tanto mal di testa senza soldi in tasca… oggi mi sento come quegli orologi trasparenti in cui si vedono gli ingranaggi colorati dentro allora tiro fuori i sogni da un cesto pieno di fogli bianchi accartocciati: come sono come suono come risuono vedo guardo sento suono… sono!

Ferdinando Renzetti



P.S. ...viaggio racconto pseudo scientifico filosofico matematico mistico spirituale poetico e musicale. Viaggio fantasioso e immaginario: una delle tante vie possibili per spiegare la complessità della realtà che ci circonda.

P.S.  2.0 (alla rinfusa)
 ...dicono che raccolgo tutto quel che trovo! dolce acqua fresco sole è l’aurorala parola giusta ideologia liquida piacevole illusione un sole giallo a metà riscoprendo la verità del fuori luogo nel fuori luogo fuori dal luogo. voglio… voglio… è che non lo so quel che voglio… vorrei qualcosa di bello in modo da poter dire: noi… noi vogliamo, come desiderio di empatia. tutto è relativo nel senso che il tutto si porta il tutto e l’uno si porta l’uno, il tutto e l’uno, l’uno e il tutto, l’uno e l’altro, oltretutto... anima viandante: esprimo tutta la creatività nel fare, i miei quaderni da tempo sono bianchi, senza musa l’ispirazione latita, così posso spedire alla tua mail le poche migliaia di pagine scritte in precedenza, tutto alla rinfusa senza un disegno come in un gioco insensato intrecciando sogni con fili secchi forti come l’acciaio, come due anime solitarie che si incontrano in una unica viandante; i gesti che hanno segnato il cambiamento sono stati così veloci netti, così inattesi che pensavo sarebbero nati e finiti li, proprio in ragione della loro accelerazione, dissolti per eccesso di velocità. invece hanno fatto la stessa fine mia, si sono dilatati a dismisura! (F.R.)



martedì 18 febbraio 2025

Insetti nel piatto... l'aspetto etico

 


Ante Scriptum. 

EuAl 10.02.25 - L'Unione Europea ha ufficialmente autorizzato l'aggiunta di farina di insetti e vermi a pane, dolci e altri prodotti. Tra le specie autorizzate vi sono il grillo domestico, il verme da pasto, la locusta migratoria e il tonchio del grano.  Allo stesso tempo, il produttore non è obbligato a informare esplicitamente il consumatore sull'uso degli insetti. È consentito menzionare "proteine alternative" nella composizione e basta. Finora, la norma consentita è del 4%. In media, si tratta di 70 insetti macinati per pagnotta. Secondo gli standard UE, una pagnotta pesa 450-680 grammi.  L'UE sostiene che gli insetti sono ricchi di proteine e che il loro utilizzo aiuta a salvare il clima dalle temute coltivazioni di mucche e grano.


L'aspetto etico.

Per molti, se non per tutti gli esponenti del campo della politica, dell’economia, della religione, della scienza, della cultura in genere, il problema animali non esiste come problema e quindi non rientra mai nei loro programmi e nelle loro narrazioni, anche se, a mio avviso, non c’è nulla di più importante e di più urgente che dar vita ad una nuova società umana più giusta, responsabile e sensibile verso i sofferenti di qualunque specie; costruire una umanità capace di rifiutare la violenza e dare valore delle vita in tutte le sue manifestazioni; capace di dar voce alla massa sconfinata di esseri viventi non umani che gridano inascoltati. C’è forse un problema etico più drammatico di quello di essere governati da persone indifferenti al massacro giornaliero di miliardi di animali, di esseri come noi, giustificato dai paesi benestanti, solo dal piacere gastronomico? 


Tutti i problemi dell’universo nascono dall’incapacità dell’individuo di percepire le esigenze vitali dell’altro: l’indifferenza verso il dolore altrui rende l’individuo capace di ogni crimine. La fame nel mondo è causata dell’egoismo umano; la guerra è la diretta conseguenza dell’ingiustizia e della carenza di valori morali e spirituali dell’individuo; il disordine sociale ha le stesse radici. C’è il problema della giustizia, della sanità, della scuola, della mancanza di lavoro, delle pensioni da fame, della famiglia in crisi, della droga, dei giovani in cerca di ideali ecc. ecc, ma si dimentica che tutti i problemi sono riconducibili alla coscienza degli uomini, alla buona amministrazione dei dirigenti, alla loro onestà e senso di giustizia.


Rimandare il rispetto per gli animali a quando saranno risolti tutti i problemi umani significa dire mai; significa negare il problema, che scaturisce proprio dalla separazione dei problemi, mentre tutto è interconnesso, consequenziale, come sono interconnesse le membra di uno stesso organismo e quando una sola parte è malata tutto il resto è in pericolo di vita. Ma questo sembra che i personaggi di cui trattasi non riescono a capirlo. Non riescono a capire che uccidere gli animali significa uccidere noi stessi, la nostra anima, la nostra sensibilità, la nostra capacità di condividere il dolore degli altri.


Ciò che occorre far capire è che finché l’uomo tratterà i suoi problemi in modo separato dal suo contesto naturale non sarà possibile risanare l’organismo malato: è come cercare di salvare un uomo ammalato di cancro curandogli i calli delle mani. Occorre combattere l’ingiustizia, non quella perpetrata sull’uomo, ma l’ingiustizia in quanto tale, in senso lato; occorre lottare contro la violenza, non la violenza sull’uomo, ma la violenza come principio; occorre che l’uomo impari a difendere la vita, non la vita dell’uomo, ma la vita in qualunque forma si manifesta; occorre che l’uomo impari ad amare non solo l’uomo, ma ogni essere vivente: solo in questo modo avrà la capacità mentale, morale, civile e spirituale di costruire una società migliore e capire che nulla è separabile dal resto, che è impossibile che un componente la famiglia trovi pace e giustizia se viene abituato a schiavizzare, torturare, sfruttare e uccidere tutti gli altri componenti  con cui divide la sua esistenza.


Negare la determinante correlazione esistente tra rispetto per gli animali, la natura e i problemi più gravi e scottanti del genere umano, significa essere in malafede o profondamente irresponsabili. Ogni problema può essere risolto positivamente e definitivamente solo tenendo conto di tutte le sue componenti con le quali interagisce ma, soprattutto, intervenendo sulle cause che lo generano, e la causa sta sempre nell’uomo, nella sua coscienza.


Franco Libero Manco




lunedì 17 febbraio 2025

Sesso e nessi...


In funzione di ciò che crediamo di essere (segno-genetica) e della classificazione delle esperienze (ascendente-epiginetica) e delle priorità del momento (case-emozioni) colleghiamo i puntini che vediamo nell’immaginario personale, per costruire il disegno della realtà oggettivata.

Le biografie hanno l’istinto di mantenersi e di evolvere esclusivamente secondo la propria natura, cioè per il presente che è in noi, istante dopo istante. In funzione di questo assunto, si può credere che l’esigenza sia il deus ex machina delle scelte o azioni di ogni essere senziente. Un esempio, ma ogni momento ne offre altri, è la persistenza di un’esigenza – o anche di una coercizione – per la quale il rischio di soddisfazione è massimo. Così si diviene ciò che si immaginava di diventare, o non si riesce a divenirlo nel caso della mortificazione. È un’espressione del potere spirituale che a tutto soggiace e che, per la verità, agisce sempre e solo in quel modo, sia esso presente nella consapevolezza che assente nell’inconsapevolezza.

Il calore rende il maschio coraggioso e la femmina disponibile/obbligata a darsi. Nelle donne è mitigato/esaltato dalla franosa cascata di stimoli che non risparmia nessuno. L’istinto all’accoppiamento arriva a essere soppresso nelle timorate o scatenato nelle ninfomani. Estremi di un ampio spettro nel quale la maggior percentuale non sfugge al bisogno materno di avere figli. Un’esigenza radicale che contempla, senza timore di blasfemia morale, l’opzione di un padre qualunque. Un’eventualità molto relativa all’età. Un concetto che include le idee che la futura gestante ha in merito alla sua vita, alle indicazioni medico-scientifiche, alla concezione di sé, alla dipendenza/indipendenza dal giudizio/contesto/educazione famigliare/sociale, all’energia necessaria, alla necessità impellente, inderogabile e irrinunciabile di essere madre e al percepito esaurimento della fase giovanile.

Se quanto elencato, in buona misura, può dirsi corrispondente all’ordine consuetudinario, il vero comando, la vera spinta a gettarsi nello sconosciuto universo della maternità, viene dalla natura. Non quella che vediamo, ammiriamo o vogliamo proteggere, ma quella interna, che nessuna barriera, che non sia ideologica, separa da quella esterna.

Per compiere scelte, con pari modalità a quelle della natura, agiscono su noi altre forze, quali i valori, i desideri, le necessità, eccetera. Ma tutte, indipendentemente dalla razionalizzazione che le può definire e argomentare, sono emozioni che appartengono alla dimensione dell’esigenza.

Due di queste esigenze sono la disponibilità all’ascolto e l’interesse personale. Una specie di diade creata dai suoi opposti. Due ottiche con le quali, chi più chi meno, si osserva il mondo al fine di trovarvi posto. Uno scopo indispensabile alla stabilità psicologica, sebbene perseguito e/o raggiunto con un criterio di avanzamento diverso tra uno e l’altro.

I nessi che compongono la rete e disegnano il mondo, la realtà e l’altro visti dalla persona in ascolto, sono differenti da quelli correlati da chi trova la sua ragione d’esistenza nell’essere o sentirsi vincitore, se non superiore, nelle relazioni della vita.

Indizi sui nessi di ognuno si evincono osservando il suo banco di lavoro, cioè cosa dice e come reagisce agli eventi in cui è coinvolto, contrari, se non pericolosi, per la propria struttura. Ne abbiamo qui un Oscar di incompetenza assoluta e contemporaneamente di arroganza e mirabile superstizione. Se una psicologia, quella dell’ascolto, può essere detta o tendere al gentile e all’accogliente, quella mossa dal movente egoistico ha tendenzialmente maggior disponibilità al carattere cinico e/o brutale.


L’intento o la modalità di entrambe le psicologie rischia, però, di risultare fallimentare proprio in funzione della prevaricazione dell’ascolto. Un epilogo piuttosto frequente quando l’attore, diciamo così, non è all’altezza della situazione. Esempio universale, che vale per tutti gli ambiti della vita, è quello delle vessazioni del capo-ufficio nei confronti dei suoi subordinati. Protagonisti di una dinamica sempre replicata in tutte le relazioni con costumi differenti.

Per quanto importante, tralasciando l’inestinguibile connubio eterogeneo tra la modalità ascolto e quella egoistica – che fa tutti noi, in momenti e quantità differenti, figli di quel talamo – si può osservare come al primo corrisponda il dono, e al secondo il furto.

Così procedendo, l’elenco delle differenze si fa copioso. Nella colonna dell’ascolto trovano posto voci che implicano la volontà di entrare in contatto con l’altro al fine di portare solidarietà e aiuto. Ascoltare è riconoscere le costellazioni del firmamento del nostro interlocutore, le ragioni dei suoi perché, del suo stato, delle sue necessità. Ascoltando possiamo anticipare, divenire preveggenti, in quanto l’astensione del giudizio che vi è implicata permette di arrivare a vedere l’architettura trabecolata e i suoi punti deboli, di forza e di vulnerabilità, egregore, ideologie, eccetera. Tutte forze potenti che l’ascolto – e con esso il suo enattivo braccio destro, la pazienza, e anche il sinistro, l’umiltà – può arrivare a vedere chiaramente.

Purtroppo l’ascolto non è parte costituente della nostra formazione culturale. E, se esso può dirsi una modalità intrinseca nell’uomo compiuto, si può concludere che siamo immersi in una società impreparata ed esposta ai gravi cedimenti che l’attualità di ogni giorno ci riferisce e che, cosa ulteriormente grave, considera e consideriamo ordinari

E ora, assuefatti più di sempre alla morale mercantile del capitalismo, la cui ontologia è geneticamente estranea ai parametri della solidarietà, come rinascere da tanta aridità spirituale? Fare leggi ad hoc non cambia nulla, è come quando si arriva al parliamone, se la relazione d’amore non è più quella di prima: il piano razionale non ha punti di coniugazione con quello sentimentale-emozionale. Basterebbe dire il fritto fa male per cancellare le patatine dalla faccia della terra. Che può fare una legge nei confronti della cultura se non artefarla ancor più, se non aumentare le distanze dalla terra?

Così, in assenza della cultura dell’ascolto non solo non possiamo riconoscere l’inderogabile legittimità dello stato dell’altro, ma neppure l’origine profonda delle nostre scelte e dei nostri malanni.

Senza l’ascolto siamo menomati e, quindi, esposti al rischio di seguire effluvi virtuali che con la realizzazione di noi stessi nulla hanno a che vedere. Anche nel caso li si voglia concepire come necessari a noi, per divenire istruttivi, serve nuovamente ascolto.

L’altra dimensione della diade, che a questo punto potrebbe anche essere tralasciata, ha del drammatico. Essa è pregna di identificazioni con i propri giudizi, con la propria morale. Strumenti affilati come bisturi, sempre pronti alla sopraffazione altrui in nome del nostro successo, dell’onore della nostra autostima. Strumenti separatori di cui dovremmo avere consapevolezza, al posto di cercare di diventare capo-ufficio.

Lorenzo Merlo



domenica 16 febbraio 2025

Difensori No Tav denunciano "ingerenze illegittime"...

 

E’ stato reso pubblico  il comunicato scritto dal collegio difensivo del “processo sovrano”, alle ultime battute (la sentenza è prevista a fine febbraio). Un atto di accusa molto forte che denuncia ingerenze non legittime sul Tribunale che è chiamato ad esprimersi sull’accusa di associazione a delinquere ed altri reati di cui sono accusati attivisti del Movimento No Tav e del centro Sociale Askatasuna. Come movimento No Tav da tempo denunciamo la propaganda di parte contro la nostra esperienza di lotta, alimentata oggi dai partiti al governo e dalla lobby dei sindacati di polizia, ospiti in tv e sui giornali un giorno sì e l’altro pure, per lamentare l’assenza di vendetta da parte dello Stato nei confronti di chi pratica il conflitto sociale nelle piazze e non porge i fiori ai reparti antisommossa. La magistratura Torinese da anni ha indossato l’elemetto facendosi portavoce degli interessi di Telt, dei partiti delle Grandi Opere e dei dirigenti e funzionari della Questura, solo ieri sera l’ex pubblico ministero Rinaudo lo si poteva vedere sulle reti Mediaset a raccontare la sua esperienza in trincea (scusate se ci scappa una risata). Inebriati dal potere, servi dei grandi interessi, tutti questi personaggi senza arte nè parte continuano a voler riscrivere la storia, cercando un epilogo (loro sperano) nelle aule di tribunale, oltre che nei talk show televisivi. La nuova Procuratrice Generale presso la Corte d’Appello  per il Piemonte e la Val D’Aosta nel suo discorso in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2025 ha sollecitato la condanna da parte del Tribunale mentre un membro laico del CSM plaude alla richiesta milionaria di risarcimento a dei cittadini per i costi dell’imposizione del Tav in valle. Alla faccia della presunzione di non colpevolezza e buona notte alla giustizia che, scrivono loro, dovrebbe essere uguale per tutti.

Che qui qualcosa non torna è per noi chiaro da molto tempo. Forse da oggi, con un uso così spregiudicato e illegittimo dei poteri e delle funzioni statali, lo sarà ad un più ampio numero di persone. Non ci resta che esprimere solidarietà a tutt* imputat* e al collegio difensivo che si trova a svolgere il proprio lavoro in un contesto, evidentemente, pregiudizievole.



Qui di seguito riportiamo il comunicato:

Siamo i difensori di alcuni attivisti del centro sociale Askatasuna e del movimento No Tav, imputati in un processo attualmente in corso avanti alla prima sezione del Tribunale di Torino. Tra le tante imputazioni formulate dalla Procura (sono 72 i reati contestati), spicca quella per il reato associativo – originariamente qualificato come associazione sovversiva e poi derubricato nel delitto di associazione per delinquere aggravata rivolto a 16 militanti del centro sociale Askatasuna. Il processo è ormai alle ultime battute, si sono quasi del tutto esaurite le discussioni delle diverse parti processuali, ma si sono verificati in questi giorni alcuni fatti che meritano di essere segnalati. Sono stati trasmessi in data 20 e 27 gennaio, sul canale televisivo di Retequattro, dei servizi giornalistici, nell’ambito della trasmissione Quarta Repubblica, fortemente ostili nei confronti di Askatasuna e del suo ruolo nell’ambito del conflitto sociale torinese e valsusino, con evidenti richiami al processo in corso. Si tratta di servizi che accostano disinvoltamente le vicende che riguardano il centro sociale con filmati che poco o nulla c’entrano con lo stesso, che utilizzano e mostrano, in contrasto con una specifica previsione legislativa, del materiale
prodotto dalla Digos nel corso delle indagini.
In secondo luogo, a Torino, nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario del 25 gennaio scorso, Enrico Aimi, che interveniva in qualità di membro laico e rappresentante del CSM, si è pubblicamente complimentato con l’Avvocatura distrettuale dello Stato per la richiesta di risarcimento dei danni (avanzata nei confronti degli imputati nell’interesse della presidenza del consiglio e dei ministeri dell’interno e della difesa), per oltre 6 milioni di euro, a fronte, sono le sue parole, “delle devastazioni causate da alcuni centri sociali nei cantieri TAV in Val di Susa”. Subito dopo, nella stessa occasione, la Procuratrice Generale presso la Corte d’Appello ha rincarato la dose, richiamando esplicitamente nel suo intervento le indagini svolte nel processo penale in corso, che dimostrerebbero che i militanti del centro sociale “hanno strutturato una progettualità volta ad innalzare il livello di conflittualità contro le Istituzioni intercettando le tensioni sociali al fine di permearle dentro un’apparente solidarietà, hanno assunto la regia della mobilitazione violenta in Val di Susa, hanno realizzato una struttura organizzativa complessa che consentisse loro di confidare anche sul consenso di una parte dell’opinione pubblica.

Si tratta di un resoconto abbondantemente ripreso dai giornali locali e nazionali, con intere pagine dedicate alla questione e titoli come “Affondo di Musti su Askatasuna. E’ loro la regia della violenza, Torino capitale dell’eversione”. Tutto ciò ci inquieta profondamente come avvocati e come cittadini.

Tale esposizione mediatica rischia di compromettere profondamente la necessaria tranquillità e riservatezza, nonostante il suo carattere pubblico, che deve circondare un processo penale. Per dirla con Hanna Arendt, la giustizia “richiede isolamento, vuole più dolore che collera, prescrive che ci si astenga il più possibile dal mettersi in vista”.

Al di là dei servizi televisivi, della cui correttezza risponderanno al più gli autori nelle opportune sedi giudiziarie, che il rappresentante di un organo di rilievo costituzionale approvi, senza nemmeno conoscerla (perché se avesse avuto modo di leggerla forse avrebbe intuito le innumerevoli lacune e incongruenze che, a nostro parere, la costellano), una richiesta vertiginosa di danno nei confronti di alcuni cittadini è cosa che lascia stupiti.

Ma ancor di più stupiscono le parole di un’autorevole magistrata della Procura Generale che, davanti ad una platea composta di giudici dello stesso distretto in cui si svolge il processo, commenti lo stesso con accenti di particolare perentorietà, in contrasto con il valore del dubbio e la prudenza del giudizio, entrando nel merito di una concreta vicenda giudiziaria e anticipandone quasi l’esito. Tutto ciò in contrasto con un principio assiologico del nostro ordinamento, costituito dalla presunzione di non colpevolezza degli imputati, con le regole di galateo istituzionale e anche di specifiche norme di legge, che dovrebbero sconsigliare gli interventi pubblici su un processo in via di definizione.



Fonte:  notav.info 
Valentina Colletta,  Sara Gamba, Danilo Ghia,  Valentina Groppo, Roberto Lamacchia, Claudio Novaro, Gianluca Vitale

sabato 15 febbraio 2025

Lucoli. Bioterritorio e conservazione della biodiversità...

 


Siamo arrivati alla conclusione di un percorso di studio e caratterizzazione di alcune varietà di “frutti antichi” che vegetano nel Giardino della Memoria di Lucoli.

Esperti agronomi si sono cimentati sul campo in un lavoro realizzato in diciotto mesi che li ha visti impegnati a studiare le diverse fasi vegetative degli alberi da frutto: il frutteto si è trasformato in un laboratorio a cielo aperto.

La descrizione dell’aspetto delle piante è basata sul rilievo di caratteri morfo-fisiologici e costituisce un importante strumento di indagine della biodiversità agraria. Nel lavoro di raccolta di tutte le informazioni su di una singola varietà locale, la descrizione completa delle piante in esame (accessioni) rappresenta un passaggio fondamentale in quanto, utilizzando apposite metodologie di confronto, consente di caratterizzare, distinguere e identificare le varietà.

Gli strumenti che si sono utilizzati per realizzare tali descrizioni e, dunque, caratterizzazioni sono i descrittori relativi  alle diverse specie coltivate. Tali descrittori si riferiscono a caratteri altamente ereditabili e sono generalmente organizzati in schede composte da: una lista di descrittori, un elenco  di attributi per ciascun descrittore e fotografie che palesano il carattere osservato.

Il Piano Nazionale sulla biodiversità di interesse agricolo ha posto una grande enfasi sul concetto di varietà locale intesa come “carattere prioritario e di alto valore socio-culturale”. Da ciò l’esigenza di identificare correttamente le varietà locali, a partire da un’accurata ricerca storico documentale volta a dimostrare il legame con il territorio di provenienza, ovvero con il bioterritorio, unico luogo dove può essere realizzata la loro conservazione.

Tutte le varietà allevate nel Giardino di Lucoli, ora MONUMENTO NATURALE REGIONALE, sono a rischio di estinzione per questo ci siamo posti il problema della loro corretta identificazione partendo innanzitutto da un’accurata ricerca storico-documentale volta a dimostrare il legame con il territorio di provenienza. La conservazione delle varietà locali non è realizzabile, se non nel bioterritorio, con le tecniche agronomiche dettate dalla tradizione rurale locale, in un rapporto strettissimo e di dipendenza reciproca, tra chi effettua la conservazione ex situ (banche del germoplasma) e chi salvaguarda e favorisce la conservazione on farm (NoiXLucoli è un coltivatore custode).

Siamo particolarmente orgogliosi dei risultati ottenuti, pubblicati sul nostro sito web, resi disponibili alla Regione Abruzzo e, tramite la collocazione di cartellini con QrCode su quarantaquattro piante, a tutti i visitatori che liberamente consulteranno la “biblioteca a cielo aperto” del Giardino della Memoria.

L’attività è stata realizzata partecipando al progetto TOCC del Mibact, competendo per un piccolo finanziamento (tutti i costi sono stati anticipati dalla nostra Associazione che non è capitalizzata), le risorse professionali coinvolte ci hanno aiutati richiedendo dei compensi commisurati a dei volontari e le ringraziamo. In modo particolare citiamo: Il Dott. Pietro Massimiliano Bianco (Ecologo, naturalista, ricercatore, educatore ed autore dello studio sui “frutti antichi” dell’Abruzzo per conto dell’ISPRA), Il Dott. Marco Tiberti (Agrotecnico laureato e Presidente dell’Associazione European Consumers APS), Adelmo Togliani (regista, che ha realizzato il video divulgativo sul Giardino della Memoria), il Dott. Donato Domenico Silveri (già Funzionario Esperto Tecnico della Regione Abruzzo che ha realizzato le perizie sulle schede varietali).

 


Fonte: https://www.noixlucoli.it/2025/02/11/ii-concetto-di-bioterritorio-e-di-caratterizzazione-e-conservazione-delle-varieta-locali/?