martedì 25 marzo 2025

Caraglio (Cn). Sementi al suolo!



Carissimi appassionati di semi, custodi del suolo e della vita.  A grande richiesta di continuare a proporre qui in provincia uno scambio di semi, ci siamo organizzati e con immensa gioia vi invitiamo a SEMENTI AL SUOLO nella su 4° edizione, un evento che nasce dalla passione condivisa per la biodiversità e l'autoproduzione.

Dopo la calorosa partecipazione nelle edizioni passate, siamo entusiasti di riproporre questo incontro, reso possibile grazie alla collaborazione di tanti amici e associazioni : il Papavero Il Papavero Rosso , ARI Associazione Rurale Italiana e Via La Via Campesina e A.Di.P.A. Sezione Piemonte con il presidente Massimo Panero.

La ricerca di un luogo accogliente è stata lunga e impegnativa, ma la nostra perseveranza è stata premiata. Un ringraziamento speciale va a Vilma Pellegrino, che ha aperto le porte della Casa di Pinu, un luogo ideale per ospitare questo annuale raduno di custodi di semi.

Quando? Domenica 13 Aprile 2025, dalle 10:00 alle 18:00
Dove? Via Matteotti 10, Caraglio (CN)  (parcheggio in Piazza Cornelio) 
La casa di Pinu

L’evento SEMENTI AL SUOLO nasce alla Milpa a Piasco con l'obiettivo di diffondere la libertà di salvare, coltivare e autoprodurre semi. si è evoluto in un'iniziativa itinerante.
Siamo felici di continuare creare un'occasione per condividere, conoscenze e passioni, sperimentare e studiare insieme. Crediamo fermamente nell'importanza dell'autosufficienza, della selezione partecipata e dell'adattamento delle sementi ai territori locali.

Il nostro impegno è rivolto alla sensibilizzazione, all’urgenza di fare rete perché vogliamo garantire la libera circolazione e la diffusione di semi diversificata e decentralizzata.

Caraglio si è dimostrata una terra fertile per le nostre iniziative, grazie anche alla generosità di persone come Giovanni Faggio, custode di un miscuglio di antiche varietà di grano, e di tutti coloro che hanno contribuito alla crescita del MAIS EVOLUTIVO nei campo del Il Papavero Rosso

Durante l'evento, avremo il piacere di assaggiare la polenta preparata con questo mais speciale, frutto di un lavoro collettivo e di una passione condivisa. 

PROGRAMMA:
Scambio di biodiversità: dalle 9 alle 18
Portate le vostre piante, talee, marze, bulbi, semi e scambiateli con altri appassionati. 
(Portate un tavolino e una sedia per esporre).
Incontri e saperi durante al giornata 

Ore 11:00: Nonno Remo ci parlerà della produzione di semi in purezza e non.

Ore 13:00, assaggeremo la polenta preparata con il mais evolutivo de "La Milpa" e Il Papavero Rosso.
Portate qualcosa di buono da condividere e non dimenticate piatti, posate e bicchiere 

Ore 15:00: Elisa Mascetti dell'associazione ARI (Associazione Rurale Italiana) delegato della La Via Campesina ci parlerà di Sementi autoctone e popoli indigeni: il caso Palestina.

Ore 16:00: Presentazione del Libro: Semi un'avventura da cominciare a cura di A.Di.P.A. Sezione Piemonte

Ore 17:00: a conclusione della giornata Darwin Tirado Leon condurrà questa cerimonia rituale andina di oltre 3000 anni il cui significato è messaggio o offerta alla madre terra agli spiriti delle montagne e delle acque. La cerimonia ci permette di entrare in armonia con le energie e le forze creatrici della natura e di ricevere di conseguenza tutta l'abbondanza e l'energia di cui abbiamo bisogno. 

Partecipa portando con te un fiore o un seme per il despacho

Perché partecipare?

Per riscoprire l'importanza dei semi contadini e della biodiversità.
Per imparare tecniche di autoproduzione e selezione dei semi.
Per sostenere un modello di agricoltura sostenibile e rispettoso dell'ambiente.
Per conoscere persone con la tua stessa passione.

Informazioni e conferme:

Per confermare la tua presenza, partecipare con un banco come espositore contatta:

Dulce: 3477341953
Vilma: 3394713909
Massimo: 3342535442

Vi aspettiamo numerosi per celebrare insieme la biodiversità e la ricchezza dei nostri semi!
Partecipa e diffondi l’iniziativa.

A presto Dulce.



domenica 23 marzo 2025

Chi difende il pianeta viene punito!

 


Alla sagra del rumore perpetuo... in silenzio!

 


Parola d’ordine: divertirsi.

Per il risultato vai alla voce: guarda come va il mondo, “potrai vincere fantastici premi”, disse la radio. “Meraviglioso! Spettacolo! Top!, concluse il dj.


Rumore perpetuo, l’esatto opposto del necessario al raccoglimento che permette uno scandaglio nel torbido della mondanità e che porta alla saggezza. Sorveglianza permanente – l’esatto opposto della messinscena della praivasi – da parte di uno stato che dovrebbe essere dei cittadini e che invece appartiene alle istituzioni. Se stanno lavorando per noi è solo perché la merce siamo noi.

Rumore permanente di pubblicità, di notiziari, di jingle, di tv e radio, di dibattiti, quiz, gossip e canzonacce, di messaggi telefonici e sorveglianza di telecamere, di Ip, di algoritmi per ogni click.

Rumore come dipendenza e sorveglianza come sicurezza sono frese contro le quali non c’è difesa. Chi non saprà ciò che ha detto il web, chi non avrà il telefono, sarà perseguito a norma di legge. Sarà un criminale e per questo condannato. La democrazia lo impone, ce lo aveva già detto il presidente farfugliatore canuto e ingobbito – uno della moltitudine no-vergogna – a reti unificate, vaccinarsi è un dovere morale e civile.

E se si pensa che ritirarsi a una vita appartata in centri dal carattere monastico possa essere un’idea per difendersi e sottrarsi al controllo mimetizzato nella normalità e al vomito mondano, sia quello elitario che quello popolare, bisogna tenere presente che la disciplinata filosofia di fondo presente nelle piccole comunità, man mano che queste si ampliano, si annacqua fino a liquefarsi disperdendosi senza più valore nel grande mare della mota uniformante.

Non si tratta di chiaroveggenza esclusiva, chiunque può unire i puntini sparsi nella realtà e, così facendo, comporre la parabola che porta all’evidenza di cosa voglia dire inneggiare al progresso, alla tecnologia, al digitale e alla sua computante – niente di più, si badi – intelligenza.

È invece l’applicazione all’ipotesi monastica di salvezza di quanto abbiamo tutti osservato accadere alle comunità e società del tempo analogico, della comunicazione non pervasiva, della sorveglianza circoscritta alle case circondariali.

I cambiamenti repentini ai quali siamo obbligati – peraltro da entità e potentati sostanzialmente privati, ontologicamente fuori dall’ellisse della democrazia – a causa della digitalizzazione del sistema sociale hanno un passo assolutamente estraneo alla misura umana. Anche per coloro che al momento stanno cavalcando l’onda e più o meno deridono i vecchi, a questo punto detti anche esuberi, più precisamente scarti. Ovvero, anche per gli inconsapevoli o entusiasti dell’azione della tecnologia come valore, del virtuale come normalità, del digitale come servizio, verrà il momento di prendere coscienza di aver compiuto scelte di vita di tipo cloud, appoggiate su niente.

La bellezza, il potere e il sangue presenti nella dimensione tutta umanistica dello stato analogico, sono andati perduti, anzi, gettati via come retrogradi, nel solo silenzio possibile: quello degli intellettuali e soprattutto della classe prezzolata dei giornalisti, salvo eccezioni.

La semiotica di quel gesto, che getta l’eredità di sempre a favore del nuovo bon-bon tecno-digitale, si traduce nella piangente considerazione che niente è più a misura d’uomo, a partire dai programmi scolastici per arrivare su, alle leggi ideologiche.

È una fresatura che passa su tutti i contesti e li equalizza. Il rumore frenetico, molteplice, senza melodia, senza lirica e denso di corsa, di rabbia e lamento inascoltato vibra fino nel nostro profondo. Tanto che anche entusiasmi e infatuazioni si contraggono e cronicizzano in espressioni di tipo infantile, come quando tutto è nuovo e una scoperta, ma la velocità e la frammentazione sono così elevate da impedire la crescita e imporre dipendenza e alienazione. Filmati amatoriali di durata via via decrescente. Il messaggio non ha bisogno di tempo, spiegazioni e comprensioni. Per passare dal banconista a noi, correndo impercettibile su ponti emozionali, richiede subliminali istanti.

Per non restare soli, come senza sigarette o bicchiere, ripeteremo il ciclo ossessivo di consultazioni di telefono e portatile, di ascolto di musiche ed esperti, scambi di messaggi e di autoscatti. Alla fine della giornata, della vita e dell’epoca, riempiti soltanto dall’effimero, che come un bianco assomma le miriadi di colori che abbiamo inseguito, non ci resta che la noia che ormai, come un carapace, non indossiamo per volontà, ma ci costituisce. Una nebbia grigia che non annuncia schiarite bensì addensamenti la cui natura è il nero.

Il digitale esponenzializza l'economia finanziaria e tende al vuoto comune, cuginastro nefasto del bene comune. Se questo implicava il senso di un’identità e di una direzione di vita, base di solidità psicologica, quello ne ossida i tondini fino alla demolizione programmata, offrendo perciò in cambio instabilità, paura, incertezza, mancanza di scopo e di energia, in una parola, nichilismo.

Ma non è ancora finita, l’orbita digitale attraversa regioni della cosmogonia umana mai sospettati. La solitudine ora impedisce di cercare in sé stessi, nel proprio divanismo edonista, le cause della propria condizione sofferente. Più di prima si rivolge all’esterno cercando di esorcizzarsi alzando il livello della presenza fino alla coincidenza tra apparire ed esistere, tra esserci e autostima, tra presenza e ragione di vita.

Il repentino cangiare dell’appartenenza e dell’apparire trascina con sé l’identità che da plinto piantato e cassaforte di riferimenti guida, diviene moscone volubile e imprevedibile che, scambiando libertà con liberismo ammette d’essere ogni identità in qualunque momento, secondo qualsivoglia capriccio individualista.

La persistenza in noi della realtà virtuale – oltre a divertire e a rappresentare un futuro migliore del passato come nel pensiero della maggioranza, giovane in particolare – in quanto tale, non ci appartiene, quindi, come è già avvenuto, può sparire da sotto i piedi con tempi e modalità da uccidere un eroe.

Le dipendenze proprie della virtualizzazione della realtà, dell’identità, della comunità hanno un potere superiore a quelle biologiche riducibili, male che vada, con l’atroce terapia del cold turkey, così Burroughs nel suo Pasto nudo (1), ha chiamato la disintossicazione coatta dall’eroina.

La dipendenza dalla tecnologia vestita con abiti social urla la mortificazione di una vita, di una creatività, di un amore, di una bellezza, primo destino umano emancipato dalle ideologie strutturate e occasionali.

“Dal momento che la società con la sua complessa organizzazione esercita un potere senza precedenti sull’Uomo, la dipendenza dell’Uomo da essa è giunta a tal punto che egli ha quasi cessato dall’avere un’esistenza intellettuale autonoma [...]. Con un atto di volontà collettivo, la libertà di pensiero è stata messa fuori gioco, perché molti rinunciano a pensare come liberi individui, per lasciarsi guidare dal collettivo al quale appartengono [...]. la nostra vita intellettuale ed emozionale è scardinata. L’iperorganizzazione delle nostre attività pubbliche culmina nell’organizzazione dell’irresponsabilità”. (2)

E le ripercussioni fisiche non mancheranno di tatuare di sofferenza le biografie che ne saranno preda.

In un mondo di situazioni (Guy Debord) forniteci gratuitamente in continuazione dai dispositivi tradizionali e recenti, tanto in contesto privato che pubblico, ora più che mai, si potrebbe dire definitivamente – almeno prima delle nanoparticelle sottopelle ed endovena – che passiamo da una situazione alla successiva, con crescente facilità, disinvoltura, esigenza, inconsapevolezza, ridancianità, malata frugalità ossessiva-compulsiva. Telecomandi e mouse, che hanno sostituito cucchiaino e accendino, ci somministrano dosi a go-go, con le quali crediamo soltanto di intrattenerci, di divertirci, di informarci, di conoscere. Ma che di fatto ci impigliano, vittime di una rete da 80 consultazioni all’ora del telefono.

Come il giullare, che nella sua maglia circense acchiappava il re e la sua corte, per mostrare loro i mali di cui erano stati capaci e i difetti a loro stessi ignoti, anche la satira, che denuncia, ridicolizza (si può dire o la parola è diventata istigazione al bullismo?) e sbeffeggia (si può dire o la parola è diventata istigazione alla violenza?), ha come suo primo e subliminale effetto quello di essere una specie di digestivo zuccherato, capace di esorcizzare il peggior veleno politico e di cauterizzare di risate le peggiori indignazioni. Come spiegare diversamente il successo dei giullari di adesso, soverchiati di consensi e di applausi, lenitivi medicamenti alla propria pusillanime ignavia e candeggina mnemonica, attraverso cui potersi credere assolti (De André)?

Così come Hollywood, che prima si limitava a vendere latte, elettrodomestici, sigarette, alcolici, modelli e stili, che aveva fatto degli americani il popolo giusto, e dei nativi quello selvaggio e brutale, ora può permettersi di criticare se stessa, gli Stati Uniti, di denunciare le politiche belliche e le torture come metodo ordinario d’indagine.

A vederne il ventaglio di titoli, sembra giusto e democratico, perfino dalla parte dei reietti. Ma non è così. Più degli altri, ovvero di tutti noi che non abbiamo tempo di riflettere e osservare, che non riusciamo a evitare di farci distrarre dalle dosi assuefacenti di zapping, ha piena consapevolezza che la masnada fluida di stimoli che emette con i suoi film, oltre a non permettere soste a chi sta sotto la cascata, lascia invece che ogni goccia faccia spessore stalagmitico in noi, entusiasti e plaudenti, nella pentola insieme alla rana.

Se prima avevamo a che fare con un’opulenza analogica, quindi finita, limitata allo spazio fisico prima o poi riempito di oggetti senza più valore, neppure affettivo, ora, in campo digitale, il limite se c’è non è più a misura d’uomo, quindi da questo è concepibile come infinito. Una dimensione di per sé umanamente inaccessibile, dai tratti della malattia grave che in sé ha il potere di creare nichilismo, a sua volta un tipo di morte per disorientamento, immobilità e inerzia. Una lunga, sottile decadenza dell’energia vitale. Un’agonia indistinguibile a causa degli ultimi colpi di coda per l’ultimo video “virale”. Pasticche elargite a gratis dai padroni della comunicazione, pagati con apparenti innocui click, a mezzo dei quali crediamo di essere ancora vivi, mentre la fresa, silenziosa, continua a girare.

Fanno corpo in questo sistema i giornali, per lo più giornalacci, più scandalosi di quanto non fossero stati quelli cosiddetti pornografici comprati di nascosto. Giornali che si preoccupano del video e senza remora lo affiancano alla borsa di Gucci, alle cosce della modella, al drink che fa festa. Senza poi mostrare alcunché di sconvolgente o alcunché del tutto, se non la pietosa brama di un click in più. Giornali che si vantano di proteggere l’infanzia cancellando gli occhi dei minori, per poi sbatterci in faccia qualunque deformazione in nome di qualche ideologia progressista e quindi corretta, come se non potessero essere scioccanti corpi contundenti scagliati contro la sensibilità di molti. Giornali che dopo aver cercato di arginare l’informazione d’altra origine, bollando come bufala il resto del mondo e come esclusivamente autentiche le loro pagine, ora pubblicano e ottengono le visite indispensabili alla loro sopravvivenza da video creati da beoni privati.

Così, invece che piangere, ingurgitiamo informazioni e immagini di ogni tipo, come in un all you can eat inderogabile, per credere di essere semplicemente aggiornati o, peggio, intelligenti.

Democrazia dell’assuefazione, dunque, non è una risultante voluta dal caso, ma l’esito di un progetto, voluto dall’oligarchia della comunicazione. Il controllo tradizionale a sfondo fisico coercitivo non poteva più sortire buoni esiti. La moltiplicazione delle persone, l’insufficienza delle strutture, la diffusa consapevolezza dei diritti fondamentali, l’impagliatura dell’ideologia democratica, non permettevano più quei modi rozzi, ormai archeologici, peraltro ancora validi in piccoli e micro contesti, vedi Abu Ghraib e Guantánamo in cima a una lista infinita. Serviva un’azione vestita di comprensione e accondiscendenza, se non di compassione. Ed eccoci al bailamme di distrazioni che – come un camion a presunto impatto zero, che scarica plastica fintamente riciclabile – ci ricoprono e ci fresano secondo un intarsio di cui non siamo gli autori.

Lorenzo Merlo



Note

1. William Burroughs, Il pasto nudo, Milano, Sugarco, 1976, p. 22.

2. Erich Fromm, Avere o essere?, p. 209, da Giancarlo Arnao, Droga e potere, Roma, Savelli, 1979, p. 87.


venerdì 21 marzo 2025

Maremma maiala! Le pale eoliche distruggono l'ambiente...

 


Previste 11 pale eoliche alte 200 metri e un cavidotto di 45 km, nei comuni di Scansano e Magliano. Ma tutta la Maremma è assediata, in arrivo 9 impianti con 96 aerogeneratori

Sulle colline tra Scansano e Magliano, in provincia di Grosseto, dove si alternano prati, pascoli, vigneti, uliveti, frutteti, aree coltivate a seminativo e habitat forestali naturali, è prevista la realizzazione di un enorme impianto eolico, composto da 11 aerogeneratori, ognuno con una potenza pari a 7,2 MW e distribuiti in modo lineare da Sud-Est a Nord-Ovest lungo una linea di circa 11 km. Gli aerogeneratori saranno collegati tramite un cavidotto di circa 45 km alla nuova sottostazione, posta a Sud-Ovest. Le dimensioni sono impressionanti: le turbine eoliche presenteranno una lunghezza della pala di 84 mun’altezza al mozzo pari a 114 m ed un’altezza al top della pala pari a 200 m.



Il progetto proposto da Gruppo Visconti Scansano Srl di Milano è attualmente in fase di Valutazione d’Impatto Ambientale presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. È da poco scaduto il termine per la trasmissione dei contributi dal pubblico e sono più di 150 le osservazioni presentate da associazioni, enti locali, aziende agricole e proprietari.

Le associazioni degli agricoltori e le istituzioni contestano il progetto

Il territorio ha cominciato a mobilitarsi alla comparsa delle prime notizie sulla trasformazione, creando da subito un fronte comune tra cittadini, agricoltori, sindaci e Regione Toscana.

Coldiretti è stata la prima associazione a denunciare i rischi per l’agricoltura e il paesaggio. Secondo Simone Castelli, presidente di Coldiretti Grosseto, “il Parco eolico di Scansano, se dovesse essere autorizzato, sorgerebbe in una della aree a più alta densità di agriturismi d’Italia (sono 120 quelle nate in questi anni, nei due comuni) e densamente agricola dove operano 1.500 aziende. Questo progetto, così come gli altri, rischiano di riportare all’anno zero il turismo rurale. Siamo pronti a scendere in piazza per far sentire la voce della campagna” (comunicato Coldiretti del 27 gennaio scorso).

Si dichiarano contrarie anche Confagricoltura e la Confederazione Italiana Agricoltori. Attilio Tocchi, presidente di Confagricoltura Grosseto, sottolinea il danno economico che subirebbero le realtà del territorio: “Le attività economiche occupano ora circa 4.700 lavoratori, tra stagionali e fissi, per un totale di oltre 111mila ore lavorative. La ricaduta occupazionale di minimo 15 dipendenti, che impone il bando del Pnrr –PNniec – è ben poca cosa rispetto a mettere a rischio l’intero comparto agricolo che vale 4.700 lavoratori e con retribuzioni per 18 milioni di euro. Ergo, il gioco non vale davvero la candela”. Tocchi aggiunge: “Sono aree in cui manca il vento necessario al massimo rendimento degli aerogeneratori. Il calcolo della produzione annua di energia elettrica ipotizzato da chi vuole realizzare il parco è del tutto irreale”.

Bernardo Guicciardini Calamai, presidente del Consorzio del Morellino di Scansano, fa notare che verrebbero coinvolti vigneti, vecchi e nuovi. “La creazione di infrastrutture e un impianto elettrico di 45 chilometri, attraverserebbe il cuore della denominazione tagliandola in due, da Orbetello a Grosseto. A questo va aggiunto che intaccherebbe il valore fondiario delle aziende stesse, che per via degli impianti delle pale eoliche verrebbe quasi azzerato. In più sarebbero previsti degli espropri con un rimborso bassissimo”.

Il sindaco di Grosseto, Antonfrancesco Vivarelli Colonnaha avviato un percorso di confronto con il Ministero dell’Ambiente, incontrando il 4 febbraio a Roma il sottosegretario Claudio Barbaro.

Nell’ambito della conferenza stampa dell’8 febbraio, a cui erano presenti i sindaci dei comuni coinvolti e le associazioni agricole, è stata ribadita con forza la contrarietà degli enti locali. Vivarelli Colonna afferma: “Non si può fare energia verde, pulita, andando a distruggere l’ambiente. L’impianto è così imponente che potrebbe avere ripercussioni sull’operato di tradizioni e attività che, da anni, hanno reso il territorio noto a livello internazionale”.

Mi fa piacere non essere sola in questa battaglia – ha ricordato Maria Bice Ginesi, sindaco di Scansano – Il progetto è carente di molti aspetti, ad esempio l’impatto acustico è stato registrato in maniera grossolana. Noi abbiamo già un parco eolico che produce più del doppio dell’energia che consumiamo, direi che abbiamo dato” (si riferisce al Parco eolico dei Poggi Alti, già costruito nei pressi dell’abitato di Murci).

Il sindaco di Magliano, Gabriele Fusini, ha commentato: “A oggi manca il parere del Ministero, che può allinearsi con i territori e dire no oppure può dare la concessione. Nel secondo caso avremmo l’appoggio della Regione per ricorso al Tar e Consiglio di Stato”.

Si schiera anche Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana: “Ho rassicurato i sindaci su una posizione netta e forte della regione Toscana di contrarietà ai progetti di pale eoliche in questa area della Maremma. Andrò personalmente dal ministro Pichetto Fratin, per esprimere e consegnare il nostro parere estremamente negativo”.

I danni all’ambiente e alle aziende, gli espropri e i rischi per la salute preoccupano i cittadini

Anche i cittadini si sono organizzati, con la trasmissione delle osservazioni nel procedimento amministrativo, l’invio di una lettera al Ministero, l’organizzazione di incontri pubblici e una raccolta firme on line. “Se la realizzazione del parco eolico Scansano dovesse procedere seguirebbero degli espropri e noi saremmo coinvolti”, hanno affermato alcuni cittadini presentando la lettera al Mase. “La Maremma attira sempre più visitatori, che ne apprezzano proprio l’aspetto naturale, la tranquillità, i silenzi, i panorami, i prodotti agricoli di eccellenza, e la frequentano, specialmente nelle campagne, nei tanti agriturismi che ormai la costellano. Inoltre gli aerogeneratori producono vibrazioni e rumorosità accentuate causando disturbi relativi al sonno, stress, e problematiche psicologiche”.

In questi giorni alcune associazioni ambientaliste (Wwf, Tess Transizione energetica senza speculazione, Italia Nostra, Amici della Terra e Maremma Viva) hanno sollevato dubbi sulla credibilità del Gruppo Visconti Scansano Srlinvitando le istituzioni ad indagare maggiormente sulla società proponente; questa infatti ha presentato enormi e costosi progetti in Toscana, nonostante abbia un capitale sociale di poche migliaia di euro.  

Tutta la Maremma assediata da nuovi impianti e il rischio della Legge Regionale aree idonee

Intanto tutta la Maremma è assediata dai parchi eolici. Sono state chieste concessioni per nove impianti, per un totale di 96 aerogeneratori, nei comuni di Orbetello, Pitigliano, Manciano e Sorano.

E a preoccupare è anche il testo di Legge Regionale sulle aree idonee per le fonti rinnovabili, approvato dalla Giunta il 2 dicembre 2024. Secondo l’avvocato Aldo Lorenzo Peronaci, di Italia Nostra “Se verrà approvata così come proposta, la Legge decreterà la trasformazione paesaggistica e ambientale dell’intera Maremma grossetana in distese di “parchi” eolici e agrivoltaici. Il testo prevede infatti che quest’area contribuisca con 146,3 km2 al fabbisogno regionale di rinnovabili. Sarebbe una resa incondizionata alla speculazione delle rinnovabili”.

Maria Cariota



giovedì 20 marzo 2025

E' giunto il tempo del risveglio...

 


Destati, oh uomo, dall’illusione della superficialità e della separazione. Riconosci la tua appartenenza inscindibile alla vita. Nel tuo viaggio di ritorno a casa hai dimenticato chi sei, inebriandoti nella vanità del possesso materiale. Hai avuto paura di nuotare, di galleggiare,  nel grande flusso della vita e ti sei fermato sulle  sponde duali dell’istinto e della ragione.  

Scopri orsù l’Ulisse indomito che è in te, oh uomo, non arrenderti alle sirene dell’oblio.  Perché  ti limiti a vagare nelle nebbie oscure,  seguendo tracce in tondo in tondo,  ignorando l’intuizione dell’intelligenza/coscienza? 

Scopri ora il segreto della tua vera identità, non manipolare i segnali chiari della conoscenza interiore, assicurati che il loro significato ti sia comprensibile, osserva vigile…   

Guarda, hai creato religioni e dottrine, ti sei abbagliato nelle ideologie, hai imprigionato la tua mente rendendola serva della limitazione e dell’inferiorità. 

Hai creduto ottusamente nella scienza legittimando così la sola dimensione materiale. Hai sostituito la consapevolezza innata  del sé con la sterile informazione sul divenire. La tua cultura è accumulazione. 

La tua sperimentazione si è arresa passivamente alla dialettica, ti sei lasciato abbindolare, ubriaco di nozioni sterili, e vaghi untuosamente  pregno di niente, tronfio e senza  discernimento preda d’inganno e  truffa auto-indotta.  In  balia di stimoli malsani, oh mio buon uomo,  hai serrato la porta alla verità  cedendo all’orgia sfrenata della finzione e -nella tua ignoranza-  l’hai definita “successo”.   

Uomo, dimmi dunque, perché hai rinunciato all’amore per prostituirti in un contratto? Perché hai reso funzionale il ruolo dello Yin e dello Yang impedendone l’incontro?  

E’ tempo buono ora che tu veda quel che hai costruito dentro e fuori di te, guarda attentamente quel che hai fatto al tuo cibo, come hai avvelenato la tua acqua la tua aria, come hai manipolato il tuo corpo e la tua mente. Questo è solo il retroscena della tua caparbia illusione… 

Tu hai sostituito il sacro con il rito, hai chiamato la guerra giustizia, hai accettato la sudditanza definendola libertà,  hai diffuso  la dipendenza e l’insolvenza stabilendo l’economia.   Ora scopri il risultato: paura rabbia frustrazione repressione odio stupidità. 

Oh uomo è  il tempo giusto per te di risvegliarti, oh uomo benedetto.

Paolo D'Arpini - Rete Bioregionale Italiana



mercoledì 19 marzo 2025

20 e 21 aprile 2025 - Agnello di Dio...



 In tutta Italia i cristiani si stanno preparando a festeggiare la resurrezione di Gesù. Ma ho notato che ancora moltissime persone  si predispongono a celebrarla   con la morte. Ad esempio,  a Treia ho assistito ad una conversazione fra una signora ed un pastore durante la quale la donna, ordinando un capo,  si raccomandava sul giusto modo in cui l'agnello doveva essere macellato e tagliato per la cucinatura. 

Non so se questa usanza di mangiare l'agnello a Pasqua sia veramente una consuetudine cristiana, forse appartiene più alla tradizione giudea e musulmana, anche perché Gesù viene definito "agnello di Dio" e dopo il suo sacrificio sulla croce non sono richiesti altri sacrifici di altri innocenti...  

Perciò interrompiamo la cattiva abitudine di festeggiare la Pasqua uccidendo agnelli, capretti ed altri animali. Questa preghiera  è rivolta a tutti gli uomini di buon cuore, religiosi e non, che intendono contribuire alla santificazione della Pasqua con nobiltà d’animo e morigeratezza. 

Per santificare la memoria dell'"agnus Dei", invece di servirlo in tavola,  il nostro invito  è quello di salvarlo. Chi dispone di un terreno potrà  acquistare un agnello per tenerlo in vita, allevandolo come animale da compagnia. Infatti l’agnello si affeziona facilmente e da grande può essere utile a tener pulito il prato producendo inoltre dell’ottimo concime naturale...

Paolo D'Arpini




Integrazione:

 “...siamo diventati troppi ed abituati ad avere troppo e questo si ripercuote sul pianeta.  Se dedicassimo più tempo al silenzio tutti diventeremmo un po' più vegetariani. Mangiare agnello a Pasqua potrebbe essere utile essendo un sistema per togliere i maschi di troppo ma è anche diventata una moda e uno spreco. Abbiamo dimenticato come nutrire il corpo con  energie sottili , crediamo nella scienza e dimentichiamo che siamo un unico essere...” (F.D'A.)

"Alza la posta" di Peter Berg - Recensione

 



Il libro "Alza la posta" contiene dodici brani che, nelle intenzioni del curatore Giuseppe Moretti, ben rappresentano il percorso di Peter Berg nell’articolazione e nella diffusione del concetto bioregionale.

 Dopo i primi due testi che hanno la funzione di manifesto del bioregionalismo, i successivi ne svelano progressivamente il significato, rimanendo comunque sempre ben ancorati ai luoghi e ai fatti: è il caso, per esempio, del contributo intitolato “Ri-abitare la California”, in cui viene definito il concetto di bioregione, partendo proprio dalla realtà statunitense. 

La finalità del pensiero bioregionale è quella di considerare l’umanità da un punto di vista storico-antropologico e di tracciare le linee guida per un post-ambientalismo che abbia come obiettivo quello di avanzare proposte per lo sviluppo di politiche localmente appropriate nel cui ambito anche le grandi città, in cui vive gran parte della popolazione mondiale, possano diventare luoghi sempre più verdi e integrati con l’ambiente circostante. 

Chiude il volume un’intervista con Richard Evanoff che costituisce la sintesi degli argomenti trattati da Peter Berg.