domenica 31 ottobre 2021

Variazioni climatiche... ed è tutta un'altra atmosfera! - Contributo per la COP 26 di Glasgow

 


"Il filosofo inglese Timothy Morton definisce il riscaldamento globale un "iperoggetto", ossia un oggetto che sfugge alla nostra reale percezione, ma in cui trascorriamo la nostra vita. Anzi, il riscaldamento globale è l'iperoggetto per eccellenza. Un iperoggetto di cui non comprendiamo la valenza e la gravità. Quindi ci comportiamo come se non esistesse. Riguarda tutti gli esseri umani da vicino, è connesso a tutte le nostre attività e agli oggetti con cui abbiamo a che fare, eppure è percepito come lontanissimo." (Ennio La Malfa)

I cambiamenti climatici rappresentano un evento planetario a cui purtroppo si sta finendo per dare un carattere di ineluttabilità che finisce per smorzare le azioni di contrasto e soprattutto la forza con cui dovrebbero tali azioni essere condotte. Eppure si tratta di un evento che sta segnando profondamente la nostra vita, e non solo per gli aspetti ambientali, ovviamente prioritari; è paragonabile forse alla rivoluzione industriale  o a quella telematica o perché no?, anche al Rinascimento o alla nascita delle Confederazioni Internazionali. Per comprendere queste ultime affermazioni vorrei riflettere con voi su due ricadute positive di un evento tanto drammatico come è quello del cambiamento climatico. 

Al pari di quanto è successo con lemergenza pandemica, che stiamo. vivendo, la scienza si è trovata unita superando divisioni culturali, di scuola, clientelari o egemoniche, convinta che solo dall' analitico intreccio fra tutte le discipline possano arrivare risposte adeguate. Intorno ai grandi temi la Scienza si riscopre unica, coesa ed unita. C'è poi l'aspetto sociale: i cambiamenti climatici hanno fatto capire come siamo tutti passeggeri dell'astronave terra" e che più restiamo uniti più possibilità abbiamo di sopravvivere; la sicurezza climatica non ha confini o barriere: è garantita a tutti soltanto se rispettata ovunque. Da qui una rivalutazione degli accordi internazionali, del supporto ai Paesi più poveri da parte dei più ricchi, del concetto di solidarietà, sentimenti e sensazioni  che tutti insieme arricchiscono la vita di ognuno di noi.

Valida quindi questa raccolta articoli sul problema dei cambiamenti climatici perché non solo affronta le tematiche scientifiche, ma spazia sugli effetti che tale situazione produce sulla salute umana, sulla società in genere e sulle economie delle nazioni.

Sono diversi per i docenti gli spunti proposti sul tema cambiamenti climatici capaci di aprire discussioni e riflessioni tra gli studenti.

Prof. Luigi Campanella - Dipartimento di Chimica Università “La Sapienza”, Roma


Prefazione al dossier,  curato da Ennio La Malfa di Accademia Kronos,  quale contributo per la COP 26 di Glasgow.


mercoledì 27 ottobre 2021

"Convenzione di Aarhus" per proteggere chi protegge l'ambiente

 


Una decisione che istituisce un meccanismo di risposta rapida per la protezione dei difensori dell’ambiente è stata adottata dalla riunione delle parti della Convenzione sull’accesso all’informazione, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (Convenzione di Aarhus) alla sua settima sessione a Ginevra, lo scorso 21 ottobre 2021.

Questo è il primo meccanismo di questo tipo che salvaguarda specificamente i difensori dell’ambiente, ad essere istituito all’interno di un quadro giuridicamente vincolante sia nell’ambito del sistema delle Nazioni Unite che in un’altra struttura intergovernativa. La decisione segna un passo importante per il progresso della democrazia ambientale, contribuendo a sostenere il diritto universale a un ambiente pulito, sano e sostenibile, come riconosciuto dal Consiglio per i diritti umani all’inizio di ottobre.

46 paesi della regione paneuropea e dell’Unione europea che sono parti della Convenzione hanno concordato di istituire un meccanismo sotto forma di un relatore speciale sui difensori ambientali ai sensi della Convenzione di Aarhus per fornire una risposta rapida alle presunte violazioni. Il ruolo del relatore è quello di adottare misure per proteggere qualsiasi persona che subisca o sia minacciata imminentemente di penalizzazione, persecuzione o molestie per aver cercato di esercitare i propri diritti ai sensi della Convenzione di Aarhus.

Che si tratti di gruppi che protestano contro la costruzione di una diga pericolosa o di individui che denunciano pratiche agricole dannose nella loro comunità locale, i difensori dell’ambiente sono vitali per la conservazione dell’ambiente in tutto il mondo. Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 8, della Convenzione di Aarhus, le Parti garantiscono che le persone che esercitano i propri diritti in conformità delle disposizioni della Convenzione non siano penalizzate, perseguitate o vessate in alcun modo per il loro coinvolgimento. È fondamentale che i difensori dell’ambiente possano esercitare i loro diritti ai sensi della Convenzione senza timori. Sfortunatamente, i partiti, le organizzazioni non governative (ONG) e altre parti interessate hanno segnalato casi scioccanti in cui i difensori ambientali vengono licenziati dal loro lavoro, sorvegliati, puniti con multe salate, minacciati e intimiditi, criminalizzati, detenuti, fatti oggetto di violenza e persino uccisi per il loro impegno ambientale.

Gli episodi di molestie e violenze contro i difensori dell’ambiente sono tutt’altro che rari. Un rapporto al Consiglio per i diritti umani del Relatore speciale sulla situazione dei difensori dei diritti umani, Mary Lawlor, ha rilevato che un difensore dei diritti umani su due ucciso nel 2019 aveva lavorato con le comunità su questioni relative alla terra, all’ambiente, all’impatto delle attività commerciali, povertà e diritti delle popolazioni indigene, afrodiscendenti e altre minoranze.

Tra le Parti della Convenzione di Aarhus, dal gennaio 2017 sono stati segnalati episodi di persecuzione, penalizzazione e vessazione di difensori dell’ambiente in 16 paesi. Ad esempio, nel 2020, dopo essersi pronunciati contro un progetto petrolifero, due difensori dell’ambiente in Francia hanno subito vessazioni da parte delle autorità, comprese le detenzioni aeroportuali e le perquisizioni domiciliari. In Bosnia-Erzegovina, nel 2019, manifestanti pacifiche hanno subito atti di polizia e accuse di reato, oltre alla negazione di cure mediche adeguate, per il loro attivismo ambientale e per i diritti umani. Ciò non solo ha violato i loro diritti ai sensi della Convenzione di Aarhus e ha minacciato la loro sicurezza, ma probabilmente ha anche avuto l’effetto di dissuadere altri dall’esercitare i propri diritti ambientali.

Un rapporto di un rappresentante della società civile in Ucraina ha affermato che “almeno 55 attivisti sono stati attaccati in totale dall’inizio del 2017 e più di 40 negli ultimi 12 mesi“. Nel 2019 due guardie forestali sono state uccise per aver cercato di contrastare il disboscamento illegale nelle foreste in Romania e molti altri sono stati danneggiati o molestati. Global Witness ha registrato che 1.539 difensori ambientali sono stati uccisi tra il 2012 e il 2020 in tutto il mondo, e questo è ampiamente considerato come una grave sottostima.

Contrariamente alle attuali iniziative esistenti sui difensori dell’ambiente, che agiscono principalmente creando pressione politica attraverso comunicati stampa e dichiarazioni dei media, il meccanismo di risposta rapida della Convenzione di Aarhus si basa su un quadro giuridico vincolante e non richiede che i rimedi nazionali disponibili siano prima esauriti.
Qualsiasi membro del pubblico, Parte della Convenzione di Aarhus, o il segretariato può presentare un reclamo al Relatore Speciale. Tenendo conto che il tempo è essenziale quando si tratta della precaria sicurezza dei difensori dell’ambiente, i denuncianti possono sporgere denuncia anche se le vie di ricorso interne (lunghi processi giudiziari, ecc.) non sono ancora stati esauriti e possono mantenere la riservatezza quando forniscono informazioni sulle violazioni dell’articolo 3, paragrafo 8, della Convenzione.

Il Relatore Speciale dispone di vari strumenti per risolvere i reclami e proteggere i difensori dell’ambiente in modo rapido ed efficace, che possono includere l’adozione di misure di protezione immediate e continue, l’utilizzo di canali diplomatici, il rilascio di dichiarazioni pubbliche o il portare la questione all’attenzione di altri organi competenti per i diritti umani, e dei Governi e dei Capi di Stato interessati. Le misure di protezione saranno adattate in ogni situazione; ciò potrebbe significare che elencherà diverse azioni che la Parte interessata sarà chiamata a intraprendere per garantire che i difensori dell’ambiente non siano soggetti a ulteriori persecuzioni, penalizzazioni e molestie.

Inoltre, il relatore assumerà un ruolo proattivo nella sensibilizzazione sui diritti dei difensori dell’ambiente ai sensi della Convenzione di Aarhus e coopererà con altri organismi e organizzazioni competenti per i diritti umani.

Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha dichiarato: “Rimango profondamente preoccupato per il targeting degli attivisti ambientali. Accolgo con favore i vostri sforzi per stabilire un meccanismo di risposta rapida per proteggere i difensori dell’ambiente. Questo è un contributo importante per aiutare a far avanzare la mia Call to Action per i diritti umani”. Ha ricordato che “Vent’anni fa, la Convenzione di Aarhus è entrata in vigore, colmando il divario tra diritti umani e ambientali. Oggi, mentre gli effetti devastanti del cambiamento climatico continuano a devastare il mondo, lo scopo principale della Convenzione – consentire alle persone di proteggere il proprio benessere e quello delle generazioni future – non è mai stato più critico“.

Il segretario esecutivo dell’UNECE Olga Algayerova ha accolto con favore la creazione del meccanismo di risposta rapida affermando: “Questa decisione storica è un chiaro segnale per i difensori dell’ambiente che non saranno lasciati senza protezione. Dimostra un nuovo livello di impegno nel sostenere i diritti del pubblico ai sensi della Convenzione di Aarhus, nonché la volontà delle parti di rispondere efficacemente alle sfide gravi e in tempo reale viste nell’attuazione della Convenzione sul campo“.

L’Austria e l’Irlanda hanno annunciato il loro impegno a co-guidare il meccanismo di risposta rapida e le parti hanno concordato di tenere una sessione straordinaria della riunione delle parti nel 2022 per eleggere il relatore speciale.




Fonte: https://unece.org/climate-change/press/rapid-response-mechanism-protect-environmental-defenders-established-under

martedì 26 ottobre 2021

Per una macrobiotica bioregionale


Nella medicina cinese, collegata all'I Ching, ogni stagione ha il suo cibo. Una breve premessa è però necessaria, per spiegare cosa sia la cucina macrobiotica. Saranno così più chiari i benefici che si possono ottenere, seguendo questo tipo di alimentazione, per il corpo e per la mente.

Makros e bios sono due termini che significano letteralmente vita lunga, vita piena, vita “sana”. Questa “filosofia alimentare” è stata introdotta in occidente da un medico e filosofo, Nyioti Sakurazawa, più noto con il nome di George Ohsawa. Egli ha dedicato molti anni di studio e svolto molte ricerche scientifiche per dimostrarne i benefici.

Il modello sul quale ha basato le sue ricerche è il regime alimentare che seguivano i monaci buddisti e taoisti in Cina. Secondo l’antica filosofia cinese, è indispensabile l’equilibrio perchè ci sia benessere, quindi le più frequenti patologie insorgono quando c’è uno squilibrio nel flusso energetico e la macrobiotica sconsiglia di nutrirsi con alimenti che presentano un’eccessiva energia yin oppure un’eccessiva energia yang.

Si possono infatti, seguendo questo principio energetico, suddividere gli alimenti in base all’energia di cui sono portatori. I cibi che posseggono energia yin sono quelli acidi, come il latte o lo yougurt, la frutta e le spezie; i cibi alcalini sono invece portatori di energia yang, come il sale e le uova.

L’equilibrio di un piatto macrobiotico nasce dalla capacità di bilanciare le energie presenti nel pasto, che sarà così suddiviso: 50% in cereali integrali, (si suggeriscono il riso, l’orzo, l’avena, il miglio, il grano saraceno e il mais) 25% in proteine, di cui il 20% di origine vegetale (le alghe sono comunemente usate perchè contengono sali minerali e vitamine, come l’Iziki), e il 5% di origine animale, (al contrario di quello che si potrebbe pensare, la macrobiotica non è una dieta prettamente vegetariana, sebbene sia sconsigliato il consumo della carne e privilegiato invece il consumo di pesce...) e il restante 25% del pasto in verdure (sia cotte che crude) e frutta.

I consigli più importanti per seguire una corretta dieta macrobiotica sono però le seguenti regole, da rispettare scrupolosamente:

1- Consumare frutta e verdura di stagione, cresciuta nel luogo in cui si vive, evitare dunque il consumo di verdure surgelate o frutti esotici
2- Usare solo sale marino integrale (allo stato naturale) ed astenersi dal consumo di zucchero, caramelle, e dolci in eccesso
3- Evitare pomodori, patate, melanzane e carne (eccesso yin per i primi tre elementi, eccesso yang nella carne)
4- Fare un uso moderato di latte e latticini e uova
5- Evitare il caffè e sostituirlo con il thè, oppure caffè d’orzo
6- Mangiare la frutta lontano dai pasti principali
7- Masticare il cibo con calma
8- Per la cottura usare teglie in terracotta e mestoli di legno (no alluminio)

Un piccolo promemoria: se volete, potete fare in casa il gomasio, da usare per insaporire le pietanze. Si procede così: fate arrostire semi di sesamo ( circa 15-20 cucchiai) in padella finchè non scoppiettano. Metterli poi in un mortaio con del sale marino integrale (1 cucchiaio) e ridurre tutto in polvere. Potete conservarlo in un barattolo chiuso per 15 giorni e usarlo soprattutto con il riso integrale bollito, ma va bene anche per le verdure. Il gomasio è molto energetico, oltre ad avere proprietà fortificanti sul sistema nervoso.

Ed ora una ricetta autunnale: 

Risotto di zucca

Gli ingredienti sono: 1 tazza di riso integrale; 2 tazze di zucca
tagliata a dadini; 3 tazze d’acqua; 1 cipolla; 2 cucchiai di tofu; 2
cucchiai di salsa di soia e un pizzico di sale (marino!)

Mettete nel fondo di una padella la cipolla affettata e sopra sdraiate
la zucca tagliata a dadini e in seguito, il riso. Coprite tutto con 3
tazze di acqua fredda e lasciate cuocere tutto (possibilmente usando
lo spargifiamma) a pentola coperta per circa 45 minuti. Aggiungere il
tofu (precedentemente sbollentato) a metà cottura. Insaporire a fine
cottura con la soia e se piace aggiungere un po' di prezzemolo.

Angela Braghin



domenica 24 ottobre 2021

Veneto e Piemonte impestati da Pfas



Stiamo insistendo con successo  nell’allargare l’informazione sulle vicende Pfas di Veneto e Piemonte. Con titoli anche significativi, “Pfas Piemonte: la ribellione di Alessandria contro il polo industriale”, come quello di “Osservatorio Diritti”: una testata online indipendente specializzata in inchieste, analisi e approfondimenti sul tema dei diritti umani in Italia e nel mondo. Si tratta di contributi giornalistici apprezzati (clicca qui) anche quando, ci dispiace,  peccano di omissioni ed errori: evitabili con una più attenta lettura del nostro Dossier “Pfas. Basta!” (sempre disponibile a chi ne fa richiesta).

Questa attenzione mediatica preoccupa molto Solvay di Spinetta Marengo. Non solo questa. Infatti la partecipazione di Greenpeace (clicca qui) alle due serate del recente “processo popolare” ad Alessandria ha messo in agitazione i vertici della multinazionale belga. Il sospetto che si sono posti a Bruxelles è stato: Greenpeace non può essersi scomodata solo per un convegno. Deve esserci  sotto qualcosa di più grosso.  Il ricordo è andato agli effetti mediatici dei due spettacolari blitz del 1992 contro il “buco dell’’ozono”: la scalata alle ciminiere e l’incatenamento alle autobotti.

Dati questi precedenti, è comprensibile lo stato di allarme dello stabilimento di Spinetta Marengo. Non bastano certo le guardie giurate interne. Questa volta Solvay, per la vigilanza delle mura dell’immenso perimetro aziendale, si avvale addirittura dei Rangers dell’azienda leader in Italia nel settore della sicurezza. Ma, e nel caso di  blocco del gigantesco scarico reflui in Bormida?  Per quanto potenziati, basterebbero i Rangers  a neutralizzare una organizzazione come Greenpeace famosa in tutto il mondo per le sue clamorose azioni dirette e non violente? Il messaggio nazionale  e internazionale che oggi può trasmettere Greenpeace è importante come quello del 1992: ieri “Basta CFC”, oggi “Basta PFAS”. 

Movimento di lotta per la salute Maccacaro


Per saperne di più: clicca qui stralci da “Ambiente Delitto Perfetto” di Barbara Tartaglione e Lino Balza prefazione di Giorgio Nebbia, e da “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza”. Il “buco dell’ozono” nella stratosfera, causa dei tumori maligni melanoma, era originato dai clorofluorocarburi CFC, i gas contenuti nei frigoriferi e nelle bombolette spray. Lino Balza fu in prima linea nella vittoriosa campagna per eliminare i CFC, malgrado lavorasse nella fabbrica che li produceva: Montefluos-Ausimont di Spinetta Marengo (oggi Solvay) e subisse rappresaglie (fino al licenziamento) sanzionate dalla Magistratura. Con quella battaglia noi segnammo una crescita della coscienza ecologica su scala mondiale. Grazie a quella battaglia, i CFC furono sostituiti con gli HFC, anche essi però non perfettamente eco-compatibili, in quanto la loro liberazione in atmosfera contribuisce ad aumentare l’effetto di surriscaldamento della Terra. Nel 2016 è stato concluso a Kigali un accordo definito storico: quasi 200 Stati si sono impegnati alla riduzione graduale degli HFC.


Macerata. Da centro culturale delle Marche a città fantasma...

 

Macerata. Progetto di mega centro commerciale di Piediripa - Foto: Il Resto del Carlino

In questi giorni a Treia l'amministrazione comunale cerca attraverso varie iniziative di -in qualche modo- rivitalizzare il centro storico, ad esempio con manifestazioni culturali, convegni sul turismo soft o con piccole fiere campionarie dell'artigianto e agricoltura locali, tutto ciò mentre nel confinante Capoluogo di Provincia, Macerata, si prepara l'evacuazione dell'abitato e lo spostamento delle attività di pubblico interesse in zone periferiche. L'ultimo esempio di questa desertificazione della città antica viene dalla annunciata costruzione di un megacomplesso commerciale in località Piediripa.

Il sindaco maceratese Sandro Parcaroli dice che il progetto è una scomoda eredità della precedente Giunta, sconfitta alle ultime elezioni comunali, che però segna l'indirizzo amministrativo della città anche nel presente e quindi nel futuro. Costruire in periferia un nuovo megastore/centro commerciale, con annessi servizi, significa consumo del suolo, degrado ambientale, incentivo ad ulteriormente urbanizzare il territorio e soprattutto abbandono del centro cittadino in favore di uno sviluppo che non giova alla città, anzi crea un punto d'attrazione/distrazione rivolto alle comunità circostanti e quindi un segnale di virtualizzazione nell'abitare nei centri storici.

Le Marche sono famose per le loro antiche città, costruite su alture e circondate da solide mura, Macerata ne è un esempio. Per secoli il centro della città è stata il fulcro di ogni attività, addirittura rappresentando per lungo tempo il centro culturale e politico di tutte le Marche, mentre ora si prepara a diventare una città fantasma, un deserto.

Nelle locande antiche ci si andava per “un bicchiere ed una passera”, un detto che sta a significare come la tendenza di vita urbana fosse centrata sul godere delle facilitazioni cittadine. Una volta che l'attenzione si sposta verso il consumismo di massa, anonimo e privo di coinvolgimenti emotivi, un bicchiere ed una passera si trasformano in una sveltina mordi e fuggi in una ambientazione amorfa e priva di socialità.

Consiglio al sindaco Parcaroli di Macerata di operare in chiave bioregionale, come gli suggerii l'indomani della sua vittoria, ovvero: ...alleggerire il tasso d’inquinamento automobilistico ed incentivare nel cuore della città professioni fantasiose, artigiani, artisti, sarti, operatori culturali, contadini urbani, ecc. insomma tutte attività qualificanti per lo sviluppo di Macerata, città d’arte e cultura!

Il problema della qualità della vita nelle comunità urbane è molto sentito da noi bioregionalisti, ma la soluzione non sta nell’aumento da traffico automobilistico da e per la periferia. Soprattutto in tempi di epidemie e di malattie respiratorie un ritorno alla natura può essere d’aiuto. Non dico con ciò che Macerata debba essere sigillata, tutt’altro, ma occorre trovare sistemi ecologici per vivere la città in modo pulito…

Paolo D’Arpini – Rete Bioregionale Italiana




venerdì 22 ottobre 2021

PETIZIONE CONTRO INTRODUZIONE DEL NUCLEARE IN ITALIA

 


Al Presidente del Consiglio Mario Draghi

Al Ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani

Al Ministro degli Esteri Luigi Di Maio

 

Noi elettrici ed elettori che abbiamo votato NO al nucleare nel referendum popolare del 2011 il cui risultato ha bloccato per la seconda volta - dopo quello del 1987 - il tentativo di costruire centrali nucleari in Italia per produrre elettricità non abbiamo dimenticato né i disastri di Three Miles Island, né di Chernobyl, né di Fukushima per la salute delle persone e per l’ambiente. Per questo chiediamo al Governo Draghi di respingere con nettezza in sede europea il tentativo di 10 paesi guidati dalla Francia di fare passare - nella tassonomia europea - il nucleare come energia verde e rinnovabile.

Le energie rinnovabili non sconvolgono i cicli naturali, non modificano la struttura delle cose. Si limitano ad usare forze naturali come sole, vento, calore naturale della terra, forza delle acque per produrre energia elettrica.

Questa è l’unica strada per affrontare lo stravolgimento in atto del clima a causa dell’uso dei combustibili fossili che producono CO2 e delle emissioni di metano che da decenni viene disperso nell’atmosfera.

L’allarme sullo stravolgimento climatico (da ultimo il rapporto IPCC dell’ONU) è sacrosanto e le iniziative per rimediare debbono essere forti e tempestive per bloccare l’innalzamento della temperatura della terra entro un grado e mezzo, mentre il rischio è che si arrivi al doppio.

10 paesi europei, capofila la Francia, invece propongono un trucco linguistico per parificare il nucleare alle energie rinnovabili, per evitare di prendere impegni per ridurre effettivamente al loro interno l’uso dei combustibili fossili per rispettare gli impegni dell’accordo di Parigi.

Il tempo stringe e nel poco tempo che ci resta il nucleare oggi possibile è quello della generazione “III+”, che l’Italia ha evitato con il referendum, e che ha accumulato ritardi ultra decennali sia in Francia (Flamanville) che in Finlandia (Olkiluoto) con una quintuplicazione dei costi e che comunque non potrebbe contribuire a raggiungere entro il 2030 il risultato di ridurre almeno del 55% le emissioni climalteranti, CO2 in testa. Per di più nessuno scenario UE attuale contempla nuove installazioni nucleari finalizzate all’obiettivo del 55% di emissioni in meno.

Verniciare il nucleare di verde è pura propaganda ed è contro gli impegni di Parigi per il clima. Se l’Unione Europea dovesse accettare la pretesa della Francia e degli altri paesi l’unico risultato sarebbe consentire l’uso dei fondi del Next Generation EU per finanziare l’industria di stato francese (Areva); per prolungare oltre i 40 anni la vita dei vecchi reattori russi (VVER) siti in R. Ceca, Slovacchia, Ungheria, Bulgaria; per finanziare l’installazione in Polonia di centrali EPR francese e ABWR americana; per le enormi spese necessarie per lo smantellamento del sovra dimensionato nucleare civile francese che, altrimenti, ricadrebbero sui contribuenti nazionali.

Sono noti i rischi del nucleare non solo in caso di catastrofe globale già prevista dalla IAEA, che fu costretta ad introdurre questo tipo di rischio nella scala INES prima di Fukushima ma per incidenti gravi e per la diffusione della contaminazione radioattiva a causa del normale funzionamento delle centrali e allo smaltimento delle scorie, radioattive anche per tempi lunghissimi dopo la fine dell’esercizio.

Per alcuni Paesi il nucleare civile è base necessaria per un armamento atomico, come la “force de frappe” della Francia. Occorre impedire che parte dei finanziamenti europei per le energie rinnovabili finisca per sostenere una scelta strategico-militare al di fuori delle scelte europee e ancora di più degli obiettivi del Next Generation EU.

Per questo chiediamo al Governo italiano di impegnarsi a bloccare il tentativo in sede europea di equiparare il nucleare alle energie rinnovabili, se necessario ricorrendo al veto dell’Italia.

OSSERVATORIO PER LA TRANSIZIONE ECOLOGICA – PNRR



Il presente testo della lettera aperta sul nucleare  si  è trasformato in una petizione che troverete su Change org, al link: https://chng.it/D9cYr2MvfD

giovedì 21 ottobre 2021

Emissioni climalteranti da trasporto aereo e diffusione di malattie... - Scrive ISDE

All’attenzione dei Rappresentanti dei governi che partecipano alla conferenza di Glasgow sui cambiamenti climatici (UNFCCC COP 26) in programma dal 1° al 12 novembre 2021


Egregi Signori, vi scrivo in qualità di Presidente dell’Associazione Medici per l’Ambiente ISDE Italia. L’obiettivo principale dell’ISDE è quello di occuparsi della tutela dell’ambiente, sia a livello locale che globale, per prevenire e contrastare così le malattie e favorire, in un ambiente sano, condizioni di vita dignitosa e di salute per tutti.

Anche la recente, e per molti aspetti prevedibile, pandemia da Covid 19, ha evidenziato ancora una volta e in maniera tragica e dolorosa, l’importanza di salvaguardare l’ambiente per tutelare la salute umana e quella di tutte le specie che abitano la Terra.

La diffusione del virus Covid-19 può essere interpretata infatti anche come una sorta di reazione una -tra le altre- allo stato di stress causato al pianeta da sfruttamento e devastazioni ambientali e quindi per prevenire anche nuovi eventi simili dobbiamo di sicuro agire contrastando la perdita di biodiversità, l’alterazione degli habitat, e i cambiamenti climatici, favorendo processi produttivi industriali ed agricoli basati sull’economia circolare, e con il ricorso a fonti energetiche veramente rinnovabili, un nuovo tipo di mobilità e più sani stili di vita individuali e collettivi. 

E’ un dato ormai acclarato che il trasporto aereo, per le sue emissioni nocive contribuisce in modo rilevante anche ai cambiamenti climatici. Proprio per questa consapevolezza, più di dieci anni fa, abbiamo costituito un gruppo di studio specifico sul tema: “Il trasporto aereo come fattore di inquinamento ambientale e rischio per la salute”, coordinato dalla dott.ssa Antonella Litta.
Il traffico aereo è infatti una rilevante fonte di emissioni di polveri (particolato-PM) e gas nocivi ad effetto serra e contribuisce fortemente non solo al cambiamento climatico e all’inquinamento atmosferico, ma anche all’inquinamento acustico ed elettromagnetico, come dimostrato da un sempre più vasto numero di articoli e ricerche scientifiche.
 

Negli ultimi decenni, il traffico aereo ha registrato una fase di crescita pressoché costante- fatta eccezione per i periodi di lockdown dovuti alla pandemia da Covid19- soprattutto per quanto riguarda il settore del trasporto merci e quello dei voli low cost, solitamente legato al turismo definito anche “mordi e fuggi” determinando così un incremento importante del suo impatto negativo sull’ambiente, soprattutto in termini di inquinamento atmosferico, acustico e importante contributo ai cambiamenti climatici. 

Secondo il rapporto dell’European Aviation Environmental – EAE 2019  il numero di voli è aumentato dell’8% tra il 2014 e il 2017 ed è prevista una ulteriore crescita del 42% tra il 2017 e il 2040. Sempre secondo questo report entro il 2040 per le emissioni di CO2 e NOx sono previsti aumenti rispettivamente e almeno del 21% e del 16% Il 29 ottobre 2016 ISDE Italia ha promosso a Firenze la I° Giornata nazionale di studio sugli effetti sanitari e ambientali del trasporto aereo. 

Il convegno ha voluto illustrare e proporre alla attenzione dell’opinione pubblica quanto dimostrato ormai da decenni di ricerca scientifica ovvero che il trasporto aereo contribuisce in modo rilevante ai cambiamenti climatici e che le strutture aeroportuali con le connesse attività sono fonti consistenti di inquinamento ambientale e rappresentano un rischio concreto per le popolazioni residenti in prossimità degli aeroporti e per gli stessi lavoratori di questo settore. 

Anche Papa Francesco, nel suo discorso ai partecipanti all’incontro su “Economia di comunione” del 4 febbraio 2017, ha sottolineato come: “Gli aerei inquinano l’atmosfera ma, con una piccola parte del costo del biglietto, pianteranno alberi per compensare parte del danno creato”. Purtroppo sia dal protocollo di Kyoto e finora anche dalle più recenti conferenze internazionali sul clima (Parigi COP 2015, Marrakech COP 2016 e Katowize COP 2018, Madrid COP 2019), non è venuta alcuna disposizione e indicazione concreta e vincolante circa l’urgente necessità di ridurre il trasporto aereo e questo rende più difficile il raggiungimento dell’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura globale media entro i 2°C, rispetto ai livelli di temperatura globale del periodo preindustriale. 

Da segnalare inoltre che i piani di miglioramento della qualità dell’aria predisposti nelle principali città in Europa, USA e Asia, non inseriscono ancora la riduzione e la razionalizzazione del traffico aereo tra le misure per contrastare l’inquinamento dell’aria e i cambiamenti climatici. 

Per quanto sopra esposto, riteniamo che i Paesi che partecipano alla prossima conferenza sui cambiamenti climatici dovrebbero predisporre programmi nazionali e internazionali di riduzione e razionalizzazione del trasporto aereo, al fine di contrastare concretamente i cambiamenti climatici e limitare il rischio sanitario per le comunità esposte. 

Per queste importanti ed obiettive ragioni inviamo in allegato alcuni contributi scientifici su questo argomento. L’articolo “Trasporto aereo e clima”, in particolare, fornisce un quadro dettagliato dei problemi ascrivibili al trasporto aereo in Italia. Inoltre segnaliamo la recente pubblicazione “Pulire l’aria. La vergogna di volare”, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2020 e alleghiamo anche una rilevante bibliografia internazionale su questo argomento. 

ISDE Italia auspica vivamente che la prossima Conferenza sui cambiamenti climatici (UNFCCC COP 26) che si svolgerà a Glasgow nel mese di novembre p.v. porti a decisioni concrete che vincolino tutti i Paesi partecipanti a ridurre le emissioni prodotte dal trasporto aereo che tanto impatto negativo hanno su clima, ambiente e salute. 

Grazie per l’attenzione,

   Dr. Roberto Romizi

Presidente dell'Associazione Italiana Medici per l'Ambiente

ISDE – Italia

 

mercoledì 20 ottobre 2021

Agricoltura bioregionale - Prendersi cura correttamente delle piante da frutto

 


Imparare a potare correttamente le piante da frutto e prendersi cura del frutteto per ottenere un buon risultato con poco sforzo, con l’utilizzo esclusivo di prodotti per l’agricoltura biologica: questo è l’obiettivo del corso. Si tratta di un corso essenzialmente pratico, concentrato sull’acquisizione di una corretta tecnica di potatura, passo fondamentale per avere piante da frutto sane e produttive. Tutti i partecipanti avranno modo di vedere, sperimentare e approfondire i vari passaggi di una potatura armonica che attraversa tutte le età della pianta da frutto: potatura di formazione, di produzione, di mantenimento e di riforma. Sempre seguiti da un tecnico altamente qualificato. Le specie fruttifere che incontreremo durante il corso sono le principali: melo, pero, susino, pesco, albicocco, ciliegio con cenni anche per specie minori quali mandorlo, kaki, gelso, nespolo, sorbo, fico, melograno, cotogno e giuggiolo. Ampio spazio è dedicato alla difesa naturale delle piante da frutto. In una approfondita lezione teorica nelle ore pomeridiane, un esperto parlerà delle principali malattie e parassiti, proponendo rimedi naturali, adatti in agricoltura biologica e fornendo tutte le indicazioni riguardo le modalità di impiego. Propoli agricola, macerato di ortica e di equiseto, silicato di sodio, olio di neem, piretro naturale sono solo un esempio dei prodotti che andremo ad analizzare.

corsi di coltivazione biologica e potatura delle PIANTE da FRUTTO ANTICHE, VITI e OLIVI, INNESTO e DIFESA con prodotti naturalsi svolgono ai Vivai Belfiore, a cura di Fabrizia Bigoni Ugo Fiorini,  Lastra a Signa - Firenze - Sabato 23 ottobre 2021 -  domenica 5 dicembre 2021 - I corsi sono strutturati in modo da essere facilmente fruibili per i neofiti ma allo stesso tempo interessanti e formativi per i più esperti e per gli addetti ai lavori.

 

Informazioni ed iscrizioni
Gianna 349.4248355

info@1virgola618.it
www.1virgola618.it




martedì 19 ottobre 2021

Ecologia profonda e virtualizzazione. Campi di realtà e campi di apparenza

 


Formalizzando la realtà in campi, piani, prospettive o suggestioni è possibile riconoscere dinamiche altrimenti occulte. È possibile compiere un passo verso una condizione individuale e sociale meno alienante e perniciosa. Verso il benessere individuale-comune. Un fine concreto a mezzo della nostra evoluzione di emancipazione dalle inconsapevolezze che ci trattengono in schemi arbitrari ma vissuti come definitivamente veri. È possibile edificare un’altra storia a mezzo di un’altra concezione del reale?


«Una persona può rappresentarsi un qualunque fenomeno, per esempio il proprio stipendio o le proprie malattie, in modo non adeguato e, tuttavia, quella rappresentazione sarà del tutto reale». (1)


Realtà oggettiva

Crediamo esserci una cosiddetta realtà oggettiva. Questa, è una stregua di un oggetto. La possiamo maneggiare e conoscere in modo definitivo condiviso. È una realtà figlia dell’inconsapevolezza. E corrisponde a ciò che siamo.


«Mettere l’accento sul fatto che “la conoscenza, indipendentemente da come viene definita, sta nella testa delle persone, e che il soggetto pensante non ha alternativa: può solo costruire ciò che sa sulla basedella sua stessa esperienza”». (2)


Ciò che siamo e che nel momento sentiamo genera un’interpretazione del reale che rispetta il sentimento che ci anima. Questo, in quanto tale, è sinonimo di vita. Ovvero, non rispettarlo è sinonimo di morte. È infatti mortificante quando è vissuto come una violenza, ed è alienante quando ignaramente subìto. Come sappiamo, nessuno vuole impedirsi di vivere, neppure simbolicamente. Anche l’azione contro di sé soggiace a questa dinamica. Quando il mondo è nero – questo e null’altro che esiste nel sentimento suicida – senza più vie di fuga, la sola soluzione per continuare ad essere è affermare, comunicare la propria condizione a mezzo di un’ultima scelta, simbolicamente, un urlo di vita. Condizione disperata o ordinaria, in ambo i contesti ciò che affermiamo riflette la nostra biografia, ed è evacuato dal retto della nostra storia.

Inconsapevoli del vincolo egoico, utilizziamo argomenti che giudichiamo razionali per sostenere le nostre istanze, ma che invece – nuovamente – sono frutto del nostro interesse-sentimento-emozione-concezione. Di razionale hanno solo l’intento, il falso involucro, la suggestiva confezione. Non vestono che una maschera, autorizzata dalla cultura genuflessa al razionalismo. Una sorta di velo di maya, una specie di spinta in fondo alla caverna platonica che ci impedisce di conoscere come stanno le cose. Di conoscere le energie sottili in campo.


«Essa risponde all’esigenza di una decisa svolta epistemologica [...], da realizzarsi attraverso il superamento della tradizionale separazione su cui si fonda ogni indagine scientifica: quella che immagina un universo del tutto indipendente dall’osservatore, e, dall’altra parte, un osservatore comodamente collocato nella God’s eye view». (3)

La fede che abbiamo nel razionalismo ci legittima a sopraffare il prossimo dialetticamente – ma non solo – inferiore. A mezzo del fondamentalismo con il quale la professiamo, con facilità arriviamo all’arrocco dell’arrampicamento sui vetri. Insuperata evidenza della natura emozionale delle scelte. E del muro protettivo entro il quale confiniamo l’infinito che siamo.

Con queste premesse è ordinario arrivare ad escogitare ed eleggere i protocolli, quali assoluti espedienti di indagine. Tuttavia, questi, per quanto utili in contesto amministrativo, sono disumani in ambiente relazionale. I protocolli, per quanto aggiornabili, sono per ontologia schemi chiusi con i quali classifichiamo gli uomini, e il loro peculiare infinito.


«Ciò che abbiamo affermato in relazione all’individuo vale anche per lo scienziato. Uno scienziato elabora una teoria, un corpus di costrutti con un punto focale e un ambito di pertinenza». (1)


Con i quali, senza avvedercene, perpetuiamo il meccanicismo, quella concezione che ci riduce alla stregua di macchine. Un aberrato procedere le cui conseguenze hanno a che vedere con una forte spinta alla creazione di patologie e alienazioni. La satanica dinamica si ripete con le ideologie, null’altro che protocolli anabolizzati. Ideologie a mezzo delle quali non abbiamo difficoltà all’autoreferenziale proclamazione di chi le adotta a detentore della verità definitiva.

Le inconsapevolezze che stanno alla base di queste ordinarie modalità di comportamento, legittimate in oggettive solo e soltanto per consuetudine, hanno anche altri oscuri riflessi. Arrivano a toccare il vanesio desiderio di immortalità, in quanto implicano il tentativo di perpetuare se stessi, attraverso l’alimentazione del campo in cui hanno effettivamente dominio. È inopportuno il paragone con la missione inseminatrice maschile. Questa riferisce una forza biologica, non ha nulla di vanesio, semmai lo cavalca. Semmai, è l’opportunità per ricordare che la simmetrica fertile missione femminile, ha più lo spirito del dono e contemporaneamente dell’accoglienza e del rispetto di ciò che si ha e di ciò che è. Non c’è nel femminino né spada né scudo.

Non basta. Per quanto inconsapevolmente, quel procedere conquistatorio è portatore di un’arroganza grave. Nella misura in cui cerca di costringere la vita entro la propria concezione delle cose, ritiene di essere al pari, nonché superiore, alla natura.

Tuttavia, tale modalità, entro la propria società, famiglia, clan, circolo, club, campo, da arrogante si muta in giusta, doverosa, necessaria, separatoria, da difendere. Ogni ideologia, sia minuta, contingente o strutturata è una guida che ci fa talebani. Una metamorfosi ai cui estremi sta la potenzialità devastatrice e la sua strumentalità. Solo il gradiente di emancipazione nei confronti dei protocolli e delle ideologie ci spinge verso una o l’altra estremità.

Il medesimo discorso, la medesima critica si può formulare in altro modo, attraverso il molle piede di porco dell’argomentazione concettuale, l’entità che nella nostra cultura intellettualistica gode del massimo credito e dunque di potere.


«Meccanica classica, poiché il grande successo di questa scienza non lasciava alcun dubbio circa il suo carattere obiettivo». (4)


Che però è, tra quelle che abbiamo, la dote più superficiale ed inconsistente in termini di evoluzione umana. Non ci si fa caso ma lo spirito demoniaco insito nel razionalismo è che l’esperienza sia trasmissibile. Un Tallone d’Achille che prima o poi diverrà noto anche ai più miopi. Se l’esperienza fosse trasmissibile la troveremmo scritta nel grande librone della storia, la studieremmo e saremmo definitivamente saggi. Ma per quanto evidente e banale sia riconoscere che non lo è, procediamo a testa bassa nell’arido solco del razionalismo. La prevaricazione che esso compie nei confronti dei nostri pensieri e delle nostre politiche non viene registrata, né criticata se non da alcuni settori di studiosi, non a caso di ambito relazionale (psicologi, pedagoghi, linguisti, ecc). Tuttavia, anch’essi – generalizzo, pardon – sebbene il razionalismo tenda per sua ontologia al meccanicismo e al positivismo, poco si adoperano per la promozione di un’emancipazione popolare nei confronti del mito che ne sorregge il fantoccio.


«Si deve smettere, una buona volta, di lasciarsi accecare dalle idee e dai metodi ideali e regolativi delle scienze “esatte”, e in particolare nella filosofia e nella logica, come se il loro in sé fosse realmente norma assoluta, tanto per quanto riguarda l’essere oggettuale come per quanto riguarda la verità». (5) 

Infine, attraverso il criterio razional-intellettuale si crede di poter contenere e dirigere la vita, non a caso, ridotta a storia. Così, è stata uccisa l’etica delle comunità, disciolta nel mantra che il business is business. Mantra al quale siamo stati educati e con il quale abbiamo guidato le nostre vite. Ma forse, per quanto mortificati e allontanati da se stessi, gli uomini non potranno mai veder morire lo spirito di bellezza con il quale sono venuti al mondo. Chi lo desidera può fare la sua parte scendendo dalla giostra del consumismo.

Diversamente, volendo continuare a girare, restando nocchieri di finte carrozze, e a cavallo di finti destrieri, non facciamo altro che riproporre frattalicamente la storia, inclusa quella parte che contemporaneamente critichiamo. Storia che, sotto il cielo digitale, costellato dal firmamento tecnologico, seguiterà a vendere eterodirette previsioni tecno-zodiacali, indispensabile bromuro da spargere nella polveriera sociale.

L’esito è funesto: nessuna evoluzione umanistica. Se accodarsi al canone trasmesso dai passacarte filogovernativi è egoisticamente ordinario, creativamente è esiziale. Una considerazione d’importanza fondamentale se si dispone della consapevolezza che l’uomo è infinito. Quando le nostre potenzialità vengono ridotte a pochi parametri protocollabili, la dimensione della castrazione è incalcolabile.

Si tratta di modelli funzionali al sistema culturale e politico, che per molti sono soli disponibili. Incantesimi mai svelati che divengono i soli campi in cui esplicare la vita propria e altrui. Vista la maggioranza che abita la superstizione del razionalismo, si può parlare di legittimità causa ingenuità.


«Gregory Bateson definisce tale credenza [dell’oggettività. Nda], testualmente “una forma di superstizione”». (6)


Va ricordato infatti che è il credito che diamo al prossimo, a maggior ragione se incensato dalla meritocrazia che l’autorevolezza del guru e delle mostrine convalida, che crea il campo di condivisione. Che genera il vincolo energetico attraverso il quale soddisfiamo le esigenze della nostra identità. Da ciò alla realtà il passo è inesistente. Nel discorso (Foucault, Lacan, Bateson, Watzlawick, Maturana) si sviluppa la verità. Una peciosa rete emotiva che impedisce la critica. Simbolicamente, che impedisce la morte.

Pare così di comunicare. In realtà ci si sta muovendo in territori dove ambo le parti del dialogo conoscono i percorsi e le loro caratteristiche. Dove gli accessi del muro che ci avvolge, normalmente ermetici al cospetto della differenza da sé, sono spalancati. Ciò che le due parti si passano sono conforti alla propria posizione e concezione. I reciproci implementi di pensiero avvengono in quanto si fermano e si integrano su una rete strutturale dalle maglie idonee a recepire quel discorso e non altri.

Avviene che, tanto più il campo e il linguaggio ad esso idoneo sono limitati, tanto più l’equivoco tende a svanire (matematica), come l’autoreferenzialità a crescere (imbonitore). Significa che le parti in dialogo compiono un’osservazione sovrapponibile del mondo. L’etica, la morale, le leggi, eccetera sono campi solo occasionalmente comuni dove si concretizzano i dialoghi, quindi la pace.


«Cambiare i significati delle parole implica cambiare gli ambiti di azione e cambiare gli ambiti di azione implica cambiare il modo di convivere». (7)

Occasionalità che si catalizzano solo e soltanto quando i ruoli con i quali ci identifichiamo sono reciprocamente riconosciuti. Ovvero quando le parti traguardano il mondo attraverso la medesima prospettiva. Utilitaristicamente allineano a qualche dato tra gli infiniti.

Qualunque sia l’osservazione condivisa, rispetterà il principio del fermo immagine. Nel dialogo interno o condiviso con altri, dal grande volume degli elementi della realtà in permanente movimento e variabile relazione di tutti con tutto, creiamo o estraiamo e fermiamo i medesimi dati. Dalla dinamica caotica del nostro autoreferenziale cosmo personale estraiamo una bidimensionale fotografia, sulla quale speculiamo con serena certezza, ignari di rispettare solo le spinte della nostra biografia. È qui che avviene il più vero dialogo, ma leggi, il più potente. È infatti un falso scambio in cui accade di non aggiungere o modificare nulla di noi stessi. Tranne quel dato al quale mancava un solo gradino nella rampa infinita della vita. Il processo si verifica solo tra pari grado di competenza specifica. È in questo tipo di realtà che sorge l’idea della sua oggettività. In essa infatti, tanto l’affermazione, quanto il giudizio (anch’esso un’affermazione) sono estensioni di noi stessi. Toccarle, criticarle, ne comporta l’automatica difesa o offesa. Siamo nel territorio del domino dell’io su noi stessi. In cui tra noi stessi e l’io non c’è soluzione di continuità. Come pure tra noi stessi e il campo di realtà in cui ci muoviamo, soli o accompagnati.

La realtà oggettiva si genera anche dalle classificazioni e dalle intitolazioni.


«Il nome proprio, tuttavia, in questo gioco non è che un artificio: permette di additare, cioè di far passare furtivamente dallo spazio in cui si parla allo spazio in cui si guarda, cioè di farli combaciare comodamente l’uno sull’altro come fossero congrui». (8)


Significa che quando si ha a che fare con qualunque oggetto, se a questo corrisponde un nome o una categoria, come per esempio lo è una noce, questa non è altro che una noce. Ovvero, l’infinito di esplorazione che contiene il mettersi in relazione sensoriale e spirituale con essa è scacciato dalla realtà, è perduto. Così con un essere umano. Se schizofrenico, esso corrisponde a quella struttura che, per quanto argomentabile, è stata arbitrariamente definita e accreditata. Dal cosmo che può svelarci uno sciamano, sotto il titolo di ciarlatano, a parte il conforto benpensante e scientista, non troveremo nulla. Il nostro potere, la nostra conoscenza resterà costretta entro le categorie, giudizi e classificazioni nelle quali i saperi cognitivi ci costringono.


«”Don Juan dice: ‘Vedi quello?...’, e Castaneda risponde: ‘che cosa? Non vedo niente’. La volta seguente, don Juan dice: ‘Guarda qui’. Castaneda guarda e dice: ‘non vedo un bel niente’. Don Juan si dispera, perché vuole davvero insegnargli a vedere. Finalmente don Juan trova la soluzione. ‘Ora capisco qual è il tuo problema. Riesci a vedere solo ciò che sai spiegare. Lascia perdere le spiegazioni e vedrai’”». (9)



Realtà soggettiva

Trovarsi sul medesimo campo, impiegare il medesimo linguaggio piegato alle medesime accezioni, tende ad essere esperienza frequente in ambito tecnico-amministrativo. Ma vale anche in campo relazionale. Per lo psicoterapeuta, portare l’assistito in un campo condiviso e utile al recupero della stabilità emozionale è scopo primario. Solo così potrà avviare l’opportuno dialogo evolutivo di presa di coscienza di come, quando ed eventualmente perché, una certa interpretazione del reale ha prevaricato la stabilità emozionale del suo paziente.


«Queste resistenze, sia nel comunicare un costrutto sia nel sottoporlo a verifica, costituiscono una delle sfide più impegnative per lo psicoterapeuta nella relazione con il paziente». (1)


Si tratta di contesti puri, in cui tutti comprendiamo tutto. Più facilmente siamo in ambiti spuri, contaminati. Quelli in cui, volenti o nolenti, cerchiamo di far prevalere la nostra posizione, il nostro io, la nostra interpretazione del mondo. La cui figurazione prevede un campo per ogni osservatore. Ognuno dei quali – inconsapevolmente – ritiene il proprio come il solo valido e vero. Campo il cui sinonimo è universo. Quindi universi e cosmogonie tanto differenti, quanto inconsapevoli credono di dialogare affidandosi al razionalismo e alla propria accezione del linguaggio impiegato. L’equivoco e il conflitto ne sono l’ordinario epilogo.


«Identificano la conoscenza con l’universalità, considerano le teorie come gli autentici veicoli dell’informazione e cercano di ragionare in modo canonico o “logico”. Vogliono sottomettere la conoscenza al dominio di leggi universali». (10)


La cultura non aiuta a divenire consapevoli dell’assurdo procedere. Forse un utopistico matriarcato o un ritorno effettivo del femminino nella politica, potrebbe provvedere a tanta ottusità biecamente marziale. La nostra cultura, razionalisticamente strutturata, intellettualisticamente delimitata, riduce l’infinito alle poche, – quantunque siano – categorie nelle quale comprimere il Tutto nel niente che sa.

Tanto più ci identifichiamo con la nostra area di interpretazione, in modo direttamente proporzionale la difenderemo fino al conflitto e/o arriveremo ad essere disponibili alla sopraffazione del prossimo.

Tutto ciò è il peso e la potenzialità della realtà soggettiva. Una dimensione che – nuovamente – in certa pedagogia e in certo ambito psicoterapeutico trova totale capacità di accoglienza, quindi di dignità, rispetto e parità. Doti che, culturalmente-socialmente si riducono di consistenza fino a svanire nelle situazioni di scontro relazionale.


«Vi sono importanti differenze tra il mondo della logica e il mondo dei fenomeni, e queste differenze devono essere tenute presenti ogni volta che basiamo le nostre argomentazioni sulla parziale ma importante analogia tra i due mondi». (11)

Navighiamo ordinariamente in acque facilmente pronte alla burrasca emozionale. Ovvero con ridotte doti di governo su noi stessi. Alla riflessione, alla presa in carico delle affermazioni altrui, reagiamo secondo ruolo, in sua difesa, per un motto d’orgoglio. Una virtù tanto apprezzata e perseguita quanto tossica. Ogni volta che una relazione ci procura e provoca malessere siamo nell’evidenza di non aver saputo come raggiungere le acque chete delle rade. Lo scontro è dunque in agguato tra campi di realtà inconsapevolmente differenti. Non è inconsapevole di queste forze e dinamiche il provocatore, l’impostore, il delatore, il proboviro, l’ipocrita, il despota.

Anche nei campi soggettivi viene inconsapevolmente adottato il sistema del fermo immagine. Per interesse personale evinciamo dalla molteplicità dell’infinito una realtà bidimensionale che non ammette letture differenti dalla nostra. Queste ultime ci risultano sempre in qualche punto inficiate. Con strumenti razionali ci adoperiamo allora a piegarle entro le forme che ci corrispondono. Oppure, non godendo di dignità, divengono una ragione di allontanamento, separazione, interruzione della relazione. Il conflitto è ontologicamente latente. L’identificazione con il proprio giudizio, celebra il dominio dell’io su noi stessi. Al diavolo il prossimo.


«Ogni cosa, nella nostra coscienza, è come la si era messa, ma poi si scopre che non si era padroni in casa propria, che non si vive da soli nella propria stanza e che ci sono in giro spettri che buttano all’aria le nostre realtà, e che questa è la fine della nostra monarchia. Se però lo si capisce nel modo giusto e nel modo che ci mostra lo yoga tantrico, il riconoscimento del fattore psicogeno è, semplicemente, il primo riconoscimento del parusa. È l’inizio del grande riconoscimento». (12)


L’individuo in qualche misura consapevole dei rapporti di forza presenti nelle relazioni e in qualche misura idoneo a governare l’azione e i tempi – vedi i venditori e gli affabulatori – sanno dell’esistenza dei campi soggettivi, sanno come entrare nel nostro, come farsi aprire i portoni del guscio in cui creiamo il nostro equilibrio e la nostra verità, sanno come trascinarci nella rete che hanno predisposto per il loro vantaggio. Sanno riconoscere quando affondare.

Il campo oggettivo e quello soggettivo si abbracciano e si lasciano secondo sottili psicobioalchimie relazionali sulle quali normalmente non v’è controllo alcuno. Se così non fosse saremmo saggi da migliaia di anni. Da epoche lontane avremmo ereditato culture di armonie, in sostituzione di quelle che invece godiamo, cariche di alienazione, frustrazione, sofferenza, infelicità.



Realtà nella relazione

«Dovremmo metterci in relazione con gli latri trattandoli non come oggetti, ma come esseri che, come noi, costruiscono». (13)


Se le realtà Oggettiva e Soggettiva si riducono ad una soltanto e hanno carattere razionalistico, quella relazione ha un fondamento estetico, in quanto emerge dal recupero della dimensione estetica dell’esserci (Hidegger).

Consapevoli dei campetti di gioco che ognuno impiega per formulare verità e regole, per stabilire i falli laterali, i fuori gioco e le espulsioni diviene possibile riconoscere che realtà oggettive e soggettive sono soggette alla medesima critica, al medesimo limite. Sono la medesima realtà la cui variazione risiede nel condividere o meno la posizione altra.


«La fede nella possibilità che formarci al pensiero della relazione ci aiuti a danzare le nostre interazioni quotidiane in forme meno degradanti, meo aggressive, meno distruttive. In forme maggiormente rispettose di noi stessi, degli altri, dei contesti sociali e naturali che abitiamo». (6)


È una consapevolezza che ne include un’altra. Quella della logica del proprio ruolo, quando a questo ci identifichiamo. Identificarsi con qualcosa, titolo, ruolo, posizione sociale, eccetera comporta il difenderne l’onorabilità. Comporta la reazione piuttosto che la riflessione su quanto ci viene mosso a critica.

La consapevolezza che la realtà viene da noi creata in funzione della relazione che abbiamo con ciò che consideriamo esterno a noi permette di formulare l’idea che la realtà stia solo e soltanto nella relazione. Il bello e il brutto, il vero e lo sbagliato, il giusto e l’ingiusto, il pesante e il leggero, fanno capo a noi, non ad una arbitraria misurazione risedente presso il Museo di arti e mestieri di Parigi quale prototipo referente di una verità assolutamente condivisa. Fanno capo all’idea duale del mondo che comporta una realtà a noi esterna. Tutte le classificazioni, come i giudizi, fanno capo al nostro giudizio e sentimento. Considerarlo definitivo è all’origine di conflitti, malesseri e malattie.


«Il riguardo, la crudeltà e l’egoismo sono una questione di interpretazione e costruzione. Il mondo non si presenta di per sé con delle etichette adeguate: siamo noi ad assegnargliele, nel tentativo di dare un senso alle cose». (13)

Ma ciò non costituisce una premessa per concludere che dobbiamo astenerci da qualsivoglia ruolo o giudizio. Piuttosto, che la consapevolezza che questi ci trascinano in terreni motosi quando espressi sotto il dominio dell’io.

La figurazione della realtà nella relazione è uno spazio aperto, nel quale, con distanza variabile, dal contatto all’infinito, i singoli campi d’interpretazione e concezione di ogni persona si muovono secondo i ritmi delle forze in campo. Forze cosmiche che ci attraversano e si interrompono, deviano, ristagnano o scorrono in funzione direttamente proporzionale alla nostra armonia, alla nostra capacità di amare e/o di non pretendere. Ovvero di emancipazione dal nostro io.

Tutti i campi, tutti noi, che ci muoviamo nel medesimo fluido energetico, siamo anche emissari di forze. Queste agiscono indipendentemente dalla nostra capacità di riconoscere l’azione o reazione che provocano. È la nota questione del battito d’ali di una farfalla in Amazzonia che scatena la tempesta nei cieli del Texas. Tutto è contiguo e organico, ben oltre quanto si possa considerare dal razionalistico piano materialista.


«La microfisica ha rivelato – a livello di particelle – i limiti della nostra possibilità di osservazione: non è possibile conoscere simultaneamente posizione e velocità di una particella, ed è di conseguenza impossibile una descrizione oggettiva della realtà fisica». (14)


Con la consapevolezza di questo volume – da cui volumetria come concezione della realtà nella relazione – in cui la vorticosità è autopoieticamente regolata, il tempo lineare mostra la sua arbitrarietà e il suo limite. Esso diviene sentimento. Si allunga nel malessere, si ferma nel benessere. Le verità fenomenologiche e costruttiviste prendono corpo e significato.

È un territorio cosmico in cui la presa di distanza dal proprio io, dal proprio giudizio, diviene non solo possibile ma necessaria per non cadere nei difetti del mondo che l’importanza personale necessariamente crea. In cui si riconosce di cosa è capace l’uomo se dominato dall’io e dell’infinito che viene liberato a emancipazione compiuta. In cui evoluzione individuale e bene comune non presentano discrepanze; in cui alla pari dell’affermazione di sé avremo come arma di convivenza l’ascolto. Quello strumento di conoscenza e vita tendenzialmente occulto, ma assai più duttile e utile di un banco di esperti black and decker, dove chi buca, buca, chi pialla, pialla e guai a dirgli qualcosa. Dove la creatività e i talenti individuali non sono repressi nel rispetto di esiziali leggi produttivistiche.


I saperi scompongono la realtà. Credere in essi è uccidere conoscenza, è determinare verità e considerarle oggettive. La conoscenza impone la meraviglia.


«Malgrado la tesi di Kant che l’intelletto non attinge le sue leggi dalla natura, ma le prescrive ad essa, la maggior parte degli scienziati si sentono ancora oggi “scopritori”, coloro che rivelano i segreti della natura e allargano lentamente ma con sicurezza il campo del sapere umano; e innumerevoli filosofi si dedicano al compito di assicurare a questa conoscenza faticosamente acquisita l’inconfutabilità che tutti si aspettano dalla verità “autentica”». (15)


Lorenzo Merlo 




  • 1, George Kelly, La psicologia dei costrutti personali, Raffaello Cortina, 2004

  • 2, Ernst von Glasersfeld, Il costruttivismo radicale, Odradek, 1995

  • 3, Heinz von Foerster e Ernst von Glasersfeld, Come ci si inventa, Odradek, 2001

  • 4, Ilya Prigogine, La fine delle certezze, Bollati Boringhieri, 2014

  • 5, Lothar Kelkel e René Schérer, Husserl, Il Saggiatore,1966

  • 6, Sergio Manghi, La conoscenza ecologica, Raffaello Cortina, 2004

  • 7, Humberto Maturana e Ximena Davila, Emozioni e linguaggio in educazione e politica, Eléuthera, 2006

  • 8, Michael Foucault, Le parole e il discorso, Rizzoli, 2016

  • 9, Heinz von Foerster, Sistemi che osservano, Astrolabio,1987

  • 10, Paul K. Feyerabend, Addio alla ragione, Armando, 2004

  • 11, Gregory Bateson, Verso un’ecologia della mente, Adelphi, 1990

  • 12, Carl Gustav Jung, La psicologia del Kundalini-yoga, Bollati Boringhieri, 2004

  • 13, Trevor Butt, George Kelly e la psicologia dei costrutti personali, Franco Angeli, 2009

  • 14, Conserva, La stupidità non è necessaria, La Nuova Italia, 1996

  • 15, Paul Watzlawick (a cura di), La realtà inventata, Feltrinelli, 2008