giovedì 29 settembre 2011

Spiritualità Laica, nichilismo e l’esperienza diretta del Sé…

Viaggiare da fermi

Grazie Paolo D’Arpini.  Ecco cosa spunta dalle tue note e da quelle di Lorenzo Molinari. A mo’ di dimostrazione che le dinamiche dei grandi numeri implicano anche una concezione dell’imprevisto come necessario e da mettere in conto. (riferimento a: http://bioregionalismo-treia.blogspot.com/2011/09/introduzione-al-concetto-di.html)

Dal cospetto della nostra ricerca – q ualunque essa sia – ho da tempo difficoltà ad evitare un pungente compagno di viaggio. Si chiama nichilismo. Non di rado è acuto. Spesso riesce a sciogliere nel suo acido anche le architetture più solide e belle. Non ha riguardo per niente, ma non mente mai. Merita rispetto. Uno dei suoi trucchi – ma la realtà è maschera, lo sapevamo già – sta nel portarti a traguardare le cosiddette “cose” da un punto di vista utile alla sua causa. Così, senza fretta e senza accorgerti ti ritrovi a riconoscere che, per esempio, la questione, quando è intellettuale, qualunque questione, non contiene alcuna verità, tranne che è solo dialettica. Cioè, tanto più la tua esposizione – qualunque ne sia il suo oggetto – è opportuna all’interlocutore tanto più sembrerà vera. Viceversa, quanto più la tua esposizione è inadeguata a coniugarsi con la biografia alla quale è destinata, tanto più – anche l’oggetto più esclusivo, sacro, bello, necessario, avrà tutte le chanches per non essere comunicato. Anzi, per non essere.

Ipotizzando che il suo spirito (del nichilismo) abbia pari diritto di ogni altro (se così non ipotizzassimo, affermeremmo che l’unica realtà è dualistica), potremmo condividerne l’essenza. Che non è quella di appiattire a niente tutto ciò che ci appare come qualcosa, ma è quello di farci presente che elevare qualcosa al di sopra di altro è il vincolo necessario alla coscienza di sé. In questa misura, una volta consapevoli di noi stessi, non possiamo che essere arbitrari. Secondo lui, ogni arbitrio è arrogante. Secondo lui ogni arbitrio ha bisogno di forza. E ogni forza ne sopprima altre. (Un po’ come la democrazia. Una volta concepita, non possiamo rinunciarvi, nonostante i suoi ideali siano imbrattati e mostruosamente trasformati dalla burocrazia. Così, pur immaginando quanto sarebbe bello vivere in uno stato snello, agile veloce, non siamo nelle condizioni di realizzarlo se non uccidendola, la democrazia. Se non tornando a concezioni totalitaristiche. in questo caso democrazie a totalitarismo sono ridotti ad esigenze. In sé è come se non avessero differenze sostanziali.)

In questa misura non si può non eleggere a “soluzione” della disperata (o disgraziata?) condizione che ci tocca la proposta degli anarchici verdi. Loro sostengono che dallo scaturire del linguaggio in poi, tutta la realtà viene simbolizzata. E’ lì che ci stacchiamo dall’Uno originario. E’ li che si verificano le condizioni della realtà duale. E’ li che iniziano le biografie. E’ l’ì che l’agricoltura, l’arte, il linguaggio, e altro, non sono che espressioni umane che più di altre dimostrano quanto ci siamo allontanati dall’Uno.

Effettivamente ci sono momenti in cui mi sembra di essere riuscito a seminarlo (il nichilismo). E’ proprio quando capita di essere nel qui ed ora. Cioè nella condizione di non poter più esprimere alcuna dialettica, di non poter più dire “io”. Una condizione animale. Infatti è priva di arte, di cultura, di intermediazione intellettuale, di elaborato razionale, il cui linguaggio non è in grado di produrre sopraffazione se non per le esigenze di sopravvivenza (biologica?). Una condizione dove il sentire governa sul capire, oppostamente allo standard. Dove a condurre è la passione. Ma quei ritorni all’Uno non sono e non mi pare possano essere permanenti. Almeno in colui (tutti noi) che ha consapevolezza di sé.
Così, anche la proposta anarchica per quanto condivisibile, pare – a me – inaccessibile, se non solo temporaneamente. Temporaneità che, è vero, può estendersi e dilatarsi per qualcuno di noi, ma solo con la complicità del prossimo. Ma qui siamo ai privilegi o a qualcosa del genere.

Ecco. O è una questione dialettica e se non lo è, come fa ad essere una questione più meritevole delle sue antagoniste? In fondo non sono proprio queste a permetterne l’esistenza? Parlare di antagonismo è uno dei modi in cui ti accorgi che credevi d’essere solo e invece lui, il nichilismo, era solo zitto e fermo ad aspettarti.

Magari per spingerti verso l’idea dei primitivismi e poi ridere con te (e di te) quando ti accorgi che la loro prospettiva è sì buona, ma solo dialetticamente. Quando ti accorgi che anche per quella solo la passione fideistica potrebbe mantenerne la verità. Ma puoi essere permanentemente in condizione di passione, inetto a calcolare? Al momento non mi pare possibile, salvo che perdere lo status di uomo. Comunque, alla fine, poi lui ride con soddisfazione e tu con disperazione.

L’alchimia del nichilismo è forse fisiologica delle menti dei grandi numeri consapevoli, della cultura. Forse, seguendo l’indicazione dei primitivismi, e non solo, riuscire a realizzare piccole società (gruppi “chiusi” con meno di 100 persone) la loro proposta diviene anche praticabile. Forse, ma fuorse, più che liberarci di quella tagliente e acuta amicizia, potremmo avere un futuro dove l’humus del nichilismo non ha terreno per essere.
Basterà deintellettualizzare la cultura o servirà l’autoironia?


Eh sì!
Sennò come uscire vivi dalla considerazione che, chi condivide queste note, non è che colui il quale le trova a lui stesso opportune. E che chi le trova blasfeme non fa altro che prenderne le distanze e così rinunciare all’Uno una volta di più? Non fa altro che eleggere la storia ad unica verità?

Non so se sono andato fuori tema. Non ne avevo comunque l’intenzione. Grazie per l’ascolto.

Lorenzo Merlo
(Rete per l’Ecologia Profonda)


……..

Mia rispostina:

Caro Lorenzo, son contento del tuo intervento, è un arricchimento sostanziale al discorso sulla Spiritualità Laica. Spesso da me definita anche “Spiritualità atea”.
Il nichilismo è una espressione del pensiero agnostico che, dal punto di vista intellettuale, merita il nostro rispetto e considerazione. Partire dal dubbio è sempre motivo di approfondimento. Infatti solo il chiedersi, il dubitare la sostanza di ogni asserzione, ci permette di ulteriormente scavare all’interno della nostra psiche.


Questo è un buon esercizio e ci consente di giungere al limite estremo, quel punto magico, in bilico fra la mente e la non-mente, che nello zen chiamano la porta del “satori”. Trovarsi lì nel vuoto senza aver ancora stabilito la propria identità può essere pericoloso (e lo ha dimostrato lo stesso Nietzsche) eppure se non giungiamo a quel punto limite, o attraverso l’intelletto o attraverso la rottura degli schemi intellettivi, come possiamo realizzare l’esperienza del Sé?

Ti chiedi se questa esperienza possa essere definitiva e permanente.. Ebbene, sì lo è.
E non perché ci si arriva attraverso un processo di “sbandamento” (chiamalo pure ricerca) ma solo perché l’esperienza del Sé è la sola e vera esperienza costante e permanente.. è la nostra vera natura ed è inalienabile.

Qualsiasi cosa appaia nella mente, qualsiasi pensiero, sensazione, desiderio, disperazione o vuoto.. appare per mezzo del substrato della coscienza, la coscienza è la costante, mentre i pensieri sono sovrimposti… Il momento che riconosciamo, realizziamo (é meglio perché significa rendere reale) questo banale fatto automaticamente siamo quel che siamo sempre stati e che sempre saremo…

La logica a volte aiuta… e capirai da te che non ci è possibile assolutamente sfuggire a questa coscienza che noi siamo.

Paolo D’Arpini

mercoledì 28 settembre 2011

Civitanova Marche (Mc), 8 e 9 ottobre 2011 - Io scelgo io cambio con Troglotribe

Spiaggia in prossimità di Civitanova Marche (Mc)



Sabato 8 e domenica 9 ottobre 2011 a Civitanova Marche presso l'ente fiera, si terrà la manifestazione IO SCELGO IO CAMBIO.

Un evento sugli stili di vita sostenibili.  In questa occasione saremo presenti con l'Associazione Campagne per gli Animali con uno spazio informativo su antispecismo e veganismo. Potrete trovare la nuovissima ed etica Animal Agenda 2012 edita dal mensile Terranuova e realizzata da Campagne per gli Animali e Progetto Vivere Vegan.

Abbiamo bisogno d'aiuto da parte dei vegan antispecisti che desiderano collaborare, mentre tutti e tutte sono invitati a partecipare all'evento e a venirci a trovare. Chiediamo anche, a chi abita in zona, se può ospitarci per la notte di sabato 8, in modo da evitarci tanti chilometri in più da fare.

Scrivere a: troglotribe@libero.it

Franco Farina: “Sei sempre tu che crei nel bene e nel male”

Una nuova storia ed una nuova versione di “Il secondo incantesimo” ultima creazione di Franco Farina


C’era una volta un essere e voleva creare solo cose belle e quindi si mise al lavoro.

Alcune cose le riuscivano bene ed altre un po’meno; alcune erano davvero brutte. Quello che succedeva è che quando ammirava le belle cose fatte esse sparivano.
Mentre le cose mediocri e brutte che non ammirava per niente rimanevano lì e continuavano a dagli fastidio; e si doveva anche trattenere da esse.
Che ingrata situazione la bellezza man mano ammirata spariva e le rimaneva solo la bruttezza. Allora si arrabiò tanto e tanto che decise che tutto doveva essere brutto così nulla spariva.
Ma così facendo anche lui divenne un essere brutto e oscuro.
Ah! Finalmente riusciva a far persistere le cose ed a mantenerle in esistenza, ma tutto era brutto e inguardabile anche lui stesso.
Allora poverino decise che le cose brutte dovevano essere belle e si mise a guardare quelle brutture sforzandosi di credere che fossero belle.
E guardava… “che bel teschio” …  “che bello quel mondo tutto nero e tetro”… il fascino dell’oscurità e del mistero.
E così senza accorgersene aveva sceso alcuni gradini di consapevolezza ed era diventato un po’ svampito.
Si era infangato in una confusione tale che le cose brutte erano belle, e le cose belle erano brutte, e tutto andava all’incontrario.
Ahi che dolor!
Comunque aveva ottenuto che le cose non sparivano; non succedeva più che guardando una cosa essa si dissolveva.
Eh si ma ora come sognava quel tempo in cui poteva far sparire le cose solo guardandole.
Si era impantanato a tal punto da non riuscire  districarsi in questo oscuro incantesimo.
E… quindi la cosa da fare era dare la colpa a qualcun altro, o a qualche altro spiritello dispettoso e… Ma anche così facendo si sentiva sempre più triste, e si addormentò.
Sognò quel tempo in cui tutto era così bello e che poteva osservare una cosa e farla sparire a suo piacimento.
Si svegliò di soprassalto, e ci provò. Osservò una cosa per quel che era ed essa sparì.
Un poco rincuorato osservò un'altra cosa e sparì e man mano facendo sparire le brutte cose che aveva creato tutto riprese a prendere luce e sparì quell’incantesimo nero che questo essere si era creato.
La morale della favola?
“Sei sempre tu che crei nel bene e nel male”.


Franco Farina.

martedì 27 settembre 2011

La spiritualità laica come contenitore spirituale universale, privo di etichetta



Rispondevo a vari amici  che mi sottoponevano  questo o quel pensiero filosofico/religioso come espressione "vera" della Spiritualità Laica, spiegando loro che il significato stesso di "laicità" impedisce l'assunzione di un modello di pensiero 
definito e specifico.  In effetti la Spiritualità Laica è sincretica nell'accettazione delle varie forme di pensiero ma non riveste i panni di alcune d'esse, si tiene in sospensione, in uno condizione di trascendenza.
 

Ovviamente la laicità per essere genuina deve essere distaccata persino dal concetto stesso di "laicità" ovvero non deve considerare questo atteggiamento di distacco come un prerequisito di verità.
 

Ciò è comprensibile  se osserviamo  la "spiritualità laica"  nel dominio dell'esperienza diretta e quindi dell'indescrivibilità del suo processo conoscitivo ed esperenziale. Insomma in questo senso "spiritualità" e "laicità" sono sinonimi con i quali si tenta di significare l'assoluta libertà della pura consapevolezza, una libertà che non può essere mai racchiusa in una descrizione. E come  potremmo mai descrivere il vero significato di "consapevolezza di Sé"?
 

Ma dal punto di vista dell'intelletto una certa "immagine" è possibile evocarla, in quanto  la Spiritualità Laica è già di per se stessa  un’immagine, un concetto, in cui inserire tutte quelle forme di “spiritualità” sperimentate dall’uomo. Siamo  coscienti di muoverci all’interno della concettualizzazione  dobbiamo perciò far riferimento all’agente primo  indicato  con l’idea di spiritualità.
 

Se partiamo dalla comprensione  di ciò che viene osservato -esterno od interno- non possiamo far a meno di riscontrare che ogni “percezione” avviene per tramite della mente. La mente non può esser definita fisica, anche se utilizza la struttura psicosomatica come base esperenziale, la natura della mente è sottile, è lo stesso pensiero, ed ogni pensiero ha la sua radice nell’io. Quindi l’unica realtà soggettiva ed oggettiva attraverso la quale  possiamo dire di essere presenti è questo io.
 

Chiamarlo “spirito” è un modo per distinguerlo dalla tendenza 
identificativa con il corpo, ed è un modo per ricordarci che la “coscienza” è la nostra vera natura. Quell’io – o spirito- che è la sola certezza che abbiamo, è l’unica cosa che vale la pena di conoscere e realizzare. Malgrado la capacità proiettiva della mente, capace di dividersi in varie forme,  mai può scindersi quell’io radice da noi stessi. L’io è assoluto in ognuno. Allora la spiritualità è il perseguire coscientemente la propria natura, il proprio io.  Spiritualità laica è il riconoscere questo processo   in qualsiasi forma  si manifesti.

 C’è equanimità e distacco, non proselitismo sul metodo praticato 
(appendice marginale della ricerca).  Questa visione laica ha in sé una capacità sincretica ma anche la consapevolezza dell’insignificanza della specificità della forma in cui l’indagine si manifesta.   Si comprende che ogni “modo” è solo un’espressione  dello stesso processo in  fasi diverse. Il percorso  cambia con le necessità del momento e con le  pulsioni individuali.

 
E’ la  sincerità, onestà, perseveranza, che importano. Non ci sono pensieri, gesti, riti, dottrine da privilegiare.  I flussi passano la sorgente è perenne.  Sii ciò che sei, diceva un saggio dell’India, ed uno dell’occidente rispose: Conosci te stesso. 
In questo girotondo intorno al sé ogni strada è buona per stare in cerchio. Ma per uscirne fuori..? 
 

Allora  ditemi,   occorre una  conferma al nostro esistere?  No di certo, perché  lo sappiamo senza ombra di dubbio. Questa coscienza-esistenza non è massonica, cristiana, buddista, sciamanica, zingara o chissà che, è la vera ed unica “realtà” condivisa da ognuno. A che pro  quindi ricercare un riscontro  - in forma di riflesso-   se ci separa nello  spirito?  Le etichette sono inutili.
 

E forse lo è anche quella della Spiritualità Laica,  se non sottintendesse la futilità di ogni etichetta.


Paolo D'Arpini

Comitato per La Spiritualità Laica
Via Mazzini, 27 - Treia (Macerata)

Se volete potete iscrivervi al gruppo su Facebook per partecipare alla discussione:
http://www.facebook.com/groups/195270400546639/#!/groups/195270400546639/

Paolo D'Arpini in spiaggia libera a Porto Recanati

lunedì 26 settembre 2011

Enrico Peyretti.... e le note critiche sulla Perugia- Assisi, "della pace marcia?!"



.... note critiche  sulla Perugia- Assisi,  della pace marcia?



    Chi ha fatto la marcia non si è accorto della manipolazione strumentale dei politici, favoriti da Flavio Lotti (ha ragione Lorenzo, mezzo anonimo, vedi http://retedellereti.blogspot.com/2011/09/marcia-pacifista-assisi-perugia-bella.html).


La Perugia-Assisi non vale per le loro parole, ma per i piedi che hanno camminato, guidati da cuori e menti.    Anche 70-80enni (come me), anche mezza-età, ma soprattutto giovani, in grande maggioranza. Direte che è facile un momento di libera espressione e di entusiasmo, in grande compagnia. E' vero: è la debolezza dei giovani. Vale meno di una serata di riflessione e di una lettura di approfondimento. Ma la spinta emotiva aiuta la ragione e l'impegno, anche se gli impegnati saranno assai meno numerosi. Il lavoro per la pace, quello che conta, avviene nel pensoso silenzio quotidiano, nella collaborazione, nella tenacia ininterrotta, nella organizzazione faticosa dei giorni grigi. Senza di ciò, è schiuma.


    E poi, gli slogan contro la guerra sono solo il primo insufficiente passo. Bello, giusto, soddisfacente, facile, inutile se non è seguito da tanti altri passi. La marcia deve insegnare questo.     Una carenza di questa edizione è stata l'assenza di pause di riflessione.


La cerimonia della partenza non basta. All'arrivo, solo dispersione, per i più non saliti alla Rocca (davvero faticoso dopo 24 km).     Il pacifismo è del tutto insufficiente se non matura in nonviolenza attiva, fino alla disobbedienza civile; in analisi delle cause strutturali e culturali della violenza bellica; in riforma culturale e spirituale, educativa, anche religiosa; in critica frontale delle politiche correnti, a sinistra come a destra. 


    Né la sinistra né la chiesa hanno imparato davvero pace e nonviolenza. Con loro e oltre loro deve camminare la pace. Come ha fatto Capitini.


    Io portavo sul petto un cartello "L'Italia civile è qui", plurifotografato, motivo di due interviste in qualche tv. Daniele Lugli per tutto il tempo ha portato, con  qualche cireneo in aiuto, una copia esatta dello striscione di Capitini usato nel 1961.
 


   La pace nonviolenta (c'è anche quella violenta!) non è una strada per entrare in politica, in questa politica, ma una rivoluzione della politica, della stessa forma dello stato moderno, sposato alla violenza, ma anche impegnato per Costituzione a ripudiarla, e chiamato alla nonviolenza dalla cultura dei diritti umani, interamente intesa.


    Buona strada, dal basso, reciprocamente!

Enrico Peyretti

(mir-mn), 26 settembre 2011.

 

domenica 25 settembre 2011

Compleanno dopo compleanno, equinozio dopo equinozio, amore dopo amore... la Vita Senza Tempo di Caterina Regazzi

 
Caterina Regazzi cinquentaduenne
 
Perchè continuare a festeggiare il proprio compleanno a 52 anni suonati (ma perchè si dice così?) ?
 
Perchè raccogliere le lettere d'amore e di vita del primo anno della frequentazione tra me e Paolo e farne un libro da divulgare agli amici e non?
 
La risposta è unica per entrambe le domande, anche se le sfaccettature e le opinioni possono essere diverse e contraddittorie....: la vita è degna comunque di essere vissuta, è un'avventura che chissà se ci sarà dato ripetere e, se anche lo fosse, difficilmente ce lo ricorderemmo e quindi, finchè ci siamo, tanto vale apprezzarla appieno e fare partecipi chi c'è e chi ci vuole essere, del nostro sentire.
 
Quando ho conosciuto Paolo stavo per compiere i 50 e gli anni con lo zero, si sa, si usa festeggiarli. Ma gli altri? Per esempio i 51, i 52, ecc.? A chi importa? E con quale spirito si possono festeggiare? Lui mi ha insegnato una bellissima cosa, anzi, più che "insegnato", mi ci ha fatto pensare: tutte le scuse sono buone per celebrare la vita e così, se gli vogliamo dare una motivazione più consona con il resto del vivente, cogliamo i momenti dell'anno, le stagioni, gli equinozi e i solstizi, qualche santo che ci sta simpatico, qualche personaggio o evento storico importante per il nostro essere qui in questo momento, e se questi eventi coincidono, più o meno con la ricorrenza della nostra nascita.... perchè no? Festeggeremo  anche quella, che è e sarà sempre una data importante per noi..
 
E così ci siamo ritrovati il 24 settembre 2011, anniversario della mia venuta al mondo (grazie mamma e grazie papà, che non siete più su questa Terra con me), a celebrare la vita e l'Amore, oltre all'Amicizia (con la A maiuscola) in cui io, comunque, ho sempre creduto ed in cui tutt'ora credo.
 
Forse a chi leggerà queste parole esse sembreranno un po' "esagerate", ma io credo che si dovrebbe cominciare a valorizzare veramente le nostre esperienze, a dare loro la giusta importanza, ad essere veramente aperti all'incontro, al nuovo, al vecchio, al bello, al brutto.
 
Allora... eravamo a casa di Panini a Monteorsello, su una ridente collina, in una casa semplice ma accogliente, e c'era chi ci doveva (poteva) essere. Avevo fatto numerosi inviti, e alla fine eravamo una quindicina, alquanto assortiti, un gruppetto di "vecchi amici", più alcuni "estemporanei", che spero abbiano apprezzato la compagnia, il cibo, l'atmosfera, i canti, la passeggiata.
 
Arrivati su, io, Paolo e Panini abbiamo sistemato tavoli e sedie, poi, dopo l'arrivo di Mara e Cristina siamo partiti per una passeggiata. Mancando quello che doveva farci da guida, ci siamo avventurati per qualche sentiero, in cerca di erbe con un certo risultato, grazie solo alla pazienza e all'ostinazione di Paolo che è andato a cercarle fin dentro ai recinti (vuoto) di vari  cavalli. Al ritorno a casa con un po' di fiatone e un po' sudaticcia (almeno io) abbiamo trovato ad attenderci Tina, una brava e generosa  cantante di bajan reduce da un matrimonio (!), Irene e Alessandro, due amici "bioregionalisti" che vengono da Imola e che ci hanno allietato con i loro sorrisi e la loro gentilezza.
 
Poi, alla spicciolata, sono arrivati gli altri: Marisa, Leda, Margherita, Rossella, Rina, Sonia, Giuseppe, Maurizio.
 
Ognuno ha portato del cibo e così la tavola era ben imbandita.
Abbiamo voluto raccoglierci un attimo in noi stessi cantando alcuni mantra guidati da Mara e Tina, poi siamo passati alla presentazione del libro "Vita senza Tempo" che, come ho già scritto, raccoglie una selezione di lettere che io e Paolo ci siamo scritti nel primo anno di conoscenza, preceduta da una breve spiegazione dei motivi che ci avevano spinto a fare questa cosa.
 
Da una rilettura occasionale di queste mail ero rimasta molto colpita e avevo (avevamo) sentito che queste parole, racconti, pensieri potevano avere un valore anche al di fuori di noi, come esempio di un Amore "maturo" sia anagraficamente, che sentimentalmente e che certe riflessioni potessero essere di buon auspicio per un mondo più ricco d'Amore di quello in cui navighiamo.
 
Troppo presuntuosi? Probabilmente se ognuno di noi potesse esprimersi per quello che ha veramente dentro e non solo in base a quello che è opportuno, ci sarebbero meno incomprensioni, fraintendimenti, pretese impossibili da colmare, tristezza e sofferenza.
 
Finita la lettura ci siamo buttati come era ovvio (si era già fatto un po' tardi) sul cibo vegetariano che ognuno aveva portato e brindato al mio compleanno!
 
Ripetiamo anche il prossimo anno? Siete tutti invitati!
 
Caterina Regazzi 
 
 
Brindisi augurale: Paolo e Caterina
 

sabato 24 settembre 2011

Introduzione al concetto di "Spiritualità Laica" e dissertazione sul tema -di Paolo D'Arpini

Immagine simbolica realizzata dal pittore Franco Farina


Vorrei  chiarire il significato originario e concettuale di "spiritualità laica" che viene malamente indicato come un modo di esprimersi spiritualmente da parte di membri laici di una qualsiasi religione...

In verità il termine laico derivante dal greco "laikos" sta a significare  l'assoluta non appartenenza ad un modello religioso o filosofico, e persino politico. Perciò, ‘laico’ significa  "al di fuori di ogni contesto socialmente strutturato",  un po' come il termine sanscrito "pariah". Quindi è impensabile che un membro di una religione possa esprimere laicamente la spiritualità relativa a quella religione.

Perciò la Spiritualità Laica  sta ad indicare la "spiritualità naturale", la ricerca spontanea dell'uomo verso la sua origine, verso il  significato  misterioso della vita, tale anelito  è indirizzato verso l'auto-conoscenza.    Ad esempio la traduzione inglese di "laico" è "laymen" che significa "uomo comune" ed il termine inglese più prossimo ad esprimere il concetto di Spiritualità Laica è "awe" ovvero "meraviglia di Sé".Tanto per cominciare stabiliamo che "spirito" per me significa "sintesi fra intelligenza e coscienza" inoltre confermo di non essere "credente" in alcuna forma,  quel che affermo è  sulla base della mia diretta esperienza di esistere e di averne coscienza.  Non è necessario che alcuno me ne dia conferma e ciò vale -ovviamente- per tutti.

Non è necessario "credere” nella propria esistenza per dire "io sono",  lo sappiamo senza ombra di  dubbio da noi stessi. Mentre per sentenziare l'assunzione di una fede o la mancanza di una fede non possiamo fare a meno di usare il termine "credo" oppure "non credo". Se ne deduce che l'essere ed esserne contemporaneamente coscienti è naturale ed inequivocabilmente vero, mentre  sostenere qualcosa che ha il suo fondamento nel pensiero, cioè nella speculazione mentale,  è solo un processo, un concettualizzare.

Non voglio fare il difficile ma è ovvio che  nessuno dirà mai "credo di esistere e di essere consapevole" mentre per qualsiasi altra affermazione (o forma pensiero astratta o concreta) dovrà sempre usare il termine "credo in questo od in quello …  nella religione o  nell'ateismo" od in qualsiasi altra cosa a cui si presta fede..... "Io sono"  è  perciò  la verità pura e semplice ed è qui  vano  spiegare le possibili ragioni di tale "essere" giacché questo procedimento esplicativo (o interpretazione)  rientra solo nella speculazione  ed è quindi  opinabile.

Affermare  che la coscienza è il risultato della scintilla divina o il percorso casuale della materia che si trasforma in  vita lasciamolo dire ai sofisti. 

Mentre "Io sono" è l'unico  fatto incontrovertibile che non abbisogna di prova o discussione alcuna. Ed è su questa base che  voglio restare. Non ha senso quindi mettersi a discutere sui "modi".....o sulle "ipotesi". Dico ciò per tacitare  ed evitare qualsiasi contrapposizione sulla realtà del fatto contingente da me espresso (e tutti a mente serena possono esserne consapevoli). Questa è laicità dello spirito.

"Spiritualità laica" è un semplice e banale "riconoscimento" dello stato spontaneo di ognuno di noi.... coscienza o conoscenza di Sé. Conoscere le caratteristiche incarnate, saper individuare le pulsioni che contraddistinguono la nostra persona, è sicuramente utile per non farci imbrogliare dalla mente, per non cadere nella trappola della falsa identità. Infatti tutto ciò che può essere descritto non può essere “noi”, ma solo la struttura funzionale del corpo/mente (nella quale ci riconosciamo). Questo apparato psico-fisico è il risultato della commistione di forze naturali (od elementi) e di qualità psichiche (che degli elementi sono espressione). Nella multiforme interconnessione di queste energie gli infiniti esseri prendono forma…. Anche se –in verità- non si tratta di “forze” né di “esseri” bensì di una singola forza e di un solo essere che assume vari aspetti durante il suo svolgersi nello spazio-tempo.

Ma qui occorre descrivere la “capacità separativa” (maya – yin e yang) che produce l’illusione della diversità. Essa è il primo concetto che si forma nella mente (in effetti è la mente stessa) contemporaneamente all’apparire del pensiero “io”. Attenzione non si tratta dell’Io-Assoluto, l’Essere, ed esserne coscienti aldilà di ogni identificazione, si tratta invece del primo riflesso cosciente (di siffatto Io) nella mente e che consente l’oggettivazione e la percezione dell’esteriorità attraverso i sensi. In tal modo si attua il meccanismo dissociativo di “io sono questo” e quel che viene osservato “è altro”.  Così il dualismo assume una sembianza di realtà e viene corroborato dalla causalità consequenziale alle trasformazioni che si srotolano nello spazio/tempo. Il processo formativo duale è di facile individuazione da parte dell’accorto intelletto (nel  senso di attento) ma questa considerazione è ancora all’interno del riflesso speculare della mente, per cui dal punto di vista della Conoscenza Assoluta anche questa spiegazione (o comprensione) è futile, forse in necessaria e magari addirittura fuorviante… (a causa della tendenza appropriativa del pensiero speculare) e qui ritorno alla necessità di conoscere la propria mente per non rimanere ingannati dalle sue elucubrazioni empiriche, tese cioè a dimostrare una realtà oggettiva.

Qualcuno potrebbe chiedersi a questo punto: “…Allora perché scrivere tutto ciò? Perché leggerlo?” -  Ma la risposta è banale, talvolta noi prima di gettare l’immondizia sentiamo il bisogno di esaminarla in ogni particolare, in modo da non aver rimpianti dopo… Purtroppo, in anni ed anni di volo basso, tutti noi abbiamo sviluppato un forte attaccamento alla zavorra…! Un secolo e mezzo fa, nel 1859, Charles Darwin pubblicava il suo ancora oggi controverso ma rivoluzionario “Origine della specie”, le polemiche non si son ancora acquietate, ma quel che suona strano –secondo me- è l’opposizione virulenta opposta alla teoria evoluzionista dai cosiddetti “creazionisti” (o credenti) di matrice religiosa, e più avanti spiegherò i motivi del mio stupore.  Debbo far presente che non mi considero -strettamente parlando- un seguace della teoria Darwiniana, nel senso che al massimo la considero una spiegazione strumentale alla dimostrazione della cosiddetta realtà empirica… o della casualità.

L’ipotesi evoluzionista è basata sull’osservazione del processo trasformativo della materia e della vita conseguente alla modificazione od espansione dello spazio/tempo. In un certo senso questa teoria deve in ogni caso tener conto di un “inizio” e pertanto è vicina all’altra teoria della creazione progressiva del mondo, comunque basata sulla presenza di un Dio creatore da cui l’universo viene creato. Secondo la speculazione del Big Bang l’inizio del momento creativo viene posto nell’esplosione primordiale del nucleo originario della materia, in seguito al quale incomincia pian piano il processo manifestativi della vita. Infatti i religiosi apprezzano molto la teoria del Big Bang come “dimostrazione” della volontà creatrice di Dio ma dovrebbero altrettanto accettare, per essere coerenti con i loro credo, anche il processo evoluzionistico delle varie forme vitali prefigurato da Darwin e dai suoi successori. D’altronde se fosse vera la creazione “ad personam” fatta da Dio per ogni organismo vivente, separato da ogni altro (un pesce è un pesce, una asino è un asino, un uomo è un uomo, etc.), si potrebbe supporre una certa parzialità da parte dell’Altissimo, non solo per la scala gerarchica fra le varie specie ma anche perché alcune forme vitali sono addirittura scomparse dalla faccia della terra come se fossero “invise” o “trascurate” dal creatore stesso, il che non mi pare un segno di giustizia verso le creature….: “se uno, correndo tutto il giorno giunge a sera, può dirsi soddisfatto… Ebbene, ora ce l’ho fatta, il crepuscolo della mia vita diventa l’alba della mia fama” (Schopenhauer, Senilia, pag. 84 del mano-scritto originale del 1856).

Dal punto di vista della realtà assoluta (ma anche da quello quantistico, fino ad un certo punto dell’analisi) la creazione può essere “progressiva” solo nell’ambito del divenire nello spazio tempo ma, come evidenziò anche Einstein, questo concetto dell’esistenza spazio temporale è puramente figurativo, non ha cioè vera sostanza essendo un relativo configurarsi di eventi costruiti e proiettati nella mente. Perciò nella visione della assoluta Esistenza-Coscienza la creazione è un “apparire”, che si manifesta simultaneamente, sia pur considerata dall’osservatore uno svolgimento conseguente allo scorrere del tempo nello spazio. La manifestazione è di fatto un semplice riflesso nella mente del percepente che riesce a captarla ed elaborarla solo attraverso il “fermarla” nella coscienza. Un singolo fotogramma della totale manifestazione che, sia pur sempre presente nella sua interezza, viene illuminato dalla coscienza individuale, visto nella mente e srotolato nel contesto spazio tempo e denominato “processo del divenire”. Da ciò se ne deduce che la descrizione evoluzionista di Darwin è “relativa” tanto quanto la visione “creazionista” dei più retrivi religiosi. Con buona pace del filosofo Schopenhauer. Ho immaginato anche una sorta di equazione per visualizzare quanto qui espresso. Se prendiamo il tutto come insieme, in cui ogni cosa appare e si manifesta, e lo definiamo 1 (Uno) in qualsiasi modo aggiungendo o togliendo a questo Uno, sempre l’Uno resta. Esempio: 1 + 1 = 1 ; oppure 1 – 1 = 1

D’altronde questo concetto è stato già espresso molto chiaramente in una Upanishad in cui è detto: “Se dal tutto togli il tutto solo il Tutto rimane”


Post Scriptum.
La coscienza individuale è in costante movimento ed evoluzione, seguendo i diversi modi di sviluppo della società od i periodi storici nei quali si manifestano le vicende umane. Ogni transizione assomiglia al superamento di un livello d’apprendimento, un po’ come succede nella spirale del DNA. La coscienza, in questo caso meglio definirla mente, si muove dalle espressioni più semplici a quelle più complesse. Una sorta di testimonianza-memoria dei vari processi sofisticati della vita.   (Pensiero pro-Darwin, da non prendere per vero…)

Paolo D’Arpini (
www.circolovegetarianocalcata.it)

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Altro testo in Inglese sul Concetto di Spiritualità Laica


Lay Spirituality

 Dear Lay Friends, I would like to talk about Lay Spirituality again. Please find here below a text that can be forwarded – if you agree with it – to promote free spiritual expression in a lay  and syncretistic manner. I would really appreciate if any of you would be willing to translate this writing in any language (French, German, Chinese, Spanish, etc.) and then spread it around in internet in that language and in all possible ways.I am asking for your help because there is still a lot of distortion by the various religions on the true meaning of “lay” and “spirituality” and its really important to make it clear….
Thank you for the cooperation you will want to give…
Cheerfully your’s  Paolo D’Arpini


Text: on  “Lay Spirituality”
I would like to clarify the lexical, etymological and conceptual meaning of “Lay Spirituality” that is erroneously used to describe a manner of spiritual expression on behalf of the lay members of any religion… In truth, the term “lay” comes from the Greek “laikos” which means to not belong to a religious, philosophical or political model. “Lay” means “not pertaining to any socially structured context” similar to the word in Sanskrit  ”pariah”. So it is unthinkable for a member of any religion to express themselves in a “lay” manner regarding that movement.
In reality “Lay Spirituality” is a natural spirituality, man’s spontaneous search for his origin, for life’s mysterious meaning, this yearning leads to get to know oneself. The English word that comes closer to expressing this concept is “awe”.  
Let me begin by saying that “spirit” for me means “synthesis of intelligence and conscience” and I also confirm that I am not a “believer” in any way, what I say is based on my direct experience of existing and on being conscious of it.
I do not need any one to confirm it and this is true -obviously- for everyone.
One doesn’t have to “believe” in one’s existence to say “I am”, we know this already without a shadow of doubt. Meanwhile to claim and to assume to have or not have faith we have to use the term “believe” or “not believe”.

We can come to the conclusion that being and being conscious of it,  is natural and unmistakeably true, while if one claims something that is grounded on ones thoughts or on mental speculation, it is only a process, a way of conceptualising.
I do not want to make things difficult but it is obvious that no one will ever say: “I believe  I am” whilst regarding any other statement (either an abstract or concrete thought pattern) one will always have to use the word “I believe in this or in that…. In religion or atheism” or in anything else we have faith in…
“I am” is therefore pure and simple truth and it is useless to explain the reason and the import of “being” because any interpretation can only be defined as speculation and therefore  subject to opinion.
Leave it to the “sophists” to claim that conscience is the result of a divine spark or the casual course of matter that is transformed into life. While “I am” is the only incontrovertible fact that needs no proof or discussion. It makes no sense to discuss about “ways”…. or on “hypothesis”.  I am saying this to quiet down any conflict on the reality of the fact I have just expressed (and all can acknowledge it with a serene mind). This is Lay spirituality.

“Lay Spirituality” is a simple recognition of the spontaneous being of each one of us …. To be conscious of  Self !

Paolo D’Arpini

Seed Savers: "...quei bei fagioli striati della Valsassina..." di Teodoro Margarita

Foto di Gustavo Piccinini



Erano tre fagioli belli grossi, simili ai bianchi di Spagna ma viola e striati di marroncino scuro, solo tre fagioli. Me li aveva procurati Mariuccia di Malgrate "Vengono dalla Valsassina, me li ha dati la signora Domenica, volontaria alla bottega equa di Lecco, glieli ha dati, tanti anni fà, la sua mamma e lei li ha sempre coltivati in quel di Barzio, su in montagna.

Queste le notizie, contemporaneamente scarne e  preziose, essenziali  su quei tre fagioli.

La signora Domenica, poi ho saputo, è morta. A me sono rimasti quei tre fagioli. Gli anni sono passati, son venuto a sapere tante altre cose su quei fagioli, intanto il loro bel nome scientifico "faseolus coccineus" per via del colore, rosso, molto intenso, dei fiori e tante altre cose.


Ho scoperto che sono una varietà, ne esistono anche in altre versioni, non solo viola, possono presentare altre fogge altrettanto variopinte, si tratta di un fagiolo di montagna molto resistente presente sulle nostre Prealpi, diffuso dalla Valvarrone alla Val Camonica, veniva chiamato dalle popolazione che lo coltivavano "scazafam" scacciafame, bastava a riempire una bella pentola per una zuppa sostanziosa e le tingeva di rosso.

L'ho coltivato con cura, è una varietà molto forte, si arrampica con vigoria e raggiunge e supera facilmente i tre metri, presenta una vegetazione imponente di un bel verde intenso, germoglia con facilità e si avvince al sostegno presto, conviene approntare dei paletti alti, meglio ancora lasciarlo andare, liberamente su un albero o su un pergolato.

Con il passare degli anni, non molti, per molte stagioni ho sempre conservato soltanto tre fagioli: tutti gli altri li ho donati, regalati ad amici, ai vicini,  a chi me li chiedeva. Questa stagione è la prima volta che ne tengo di più per me. Perchè , finalmente, i fagioli di montagna della signora Domenica possono dirsi salvi: amici che ne avevano ricevuti ne hanno riprodotti a sufficienza: per l'anno venturo voglio provare a cucinarne un pò.

Non ne ho avuto l'ardire, sempre teso alla loro diffusione e a nulla mi è servito il sapere che questi fagioli erano coltivati da amici in Val Varrone, sulle montagne dell'Alto lago di Como, i miei fagioli restano quelli di Domenica e mi tocca preservarli, tenerli preziosi, chi me li ha affidati lo ha fatto persuasa di avere a che fare con un vero "seedsaver" un buon custode di semi antichi e tale, io, son voluto essere.

A chi volesse cimentarsi nella loro coltivazione posso dire di pazientare: non ne spedirò a nessuno, intendo, data la quantità non notevole, limitarne la riproduzione nelle valli qui attorno e diffonderne tra amici fidati, una volta che saranno diventati più diffusi ed abbondanti, volentieri potrò cederne, ma mai più di tre alla volta. A me tre fagioli son bastati, sono bastati per riprodurne altri e seminarne in giro, chi ne ha ricevuti si è detto contento e nessuno me ne ha mai richiesti di più.

Anche questa è una bella storia, una buona e salutare pratica di sobrietà e cura, dalla montagna di Barzio, in Valsassina fino a casa mia, in Vallassina, nomi che spesso sono confusi: tra le due valli c'è però il lago, il ramo del lago di Como dalla parte di Lecco, dalla mia finestra si vede la Grigna , una montagna aguzza ed alta che d'inverno si riempie di neve, ecco, proprio da dietro quelle guglie, di là mi son venuti i tre fagioli della signora Domenica, grazie, dormi Domenica, sulla valle vegliano , numerosi, ciocche di fiorellini rossi e sale il buon profumo di una zuppa di fagioli gustosi.

Teodoro Margarita

Seed Saver della Rete Bioregionale Italiana

giovedì 22 settembre 2011

Da Treia alla Padania.... Energia pulita? Più che altro una forma d'inquinamento visivo e di deturpazione ambientale

Controluce

Ancora una volta debbo ritornare sul tema della produzione energetica "pulita"….

Alcuni giorni fa mentre con Caterina facevamo un'ultima passeggiata per Treia, in procinto di partire per Spilamberto,  ci siamo affacciati alla balaustra della piazza del Comune, pe ammirare le dolci colline e la pianura che scende sino al mare... Sarà stato l'incipiente autunno, sarà stato che forse i pannelli aumentano.. ma abbiamo notato come le chiazze nere degli impianti fotovoltaici a terra sono sempre più presenti e invadenti.. Insomma la campagna diventa di plastica e veramente non si capisce bene perché...

Energia pulita? Sembra tutta una scusa per distruggere l'habitat con impianti industriali eolici e fotovoltaici installati nelle nostre belle campagne, quando potrebbero essre installati nelle zone industriali e rivestire i capannoni oppure lungo le autostrade dove almeno si affiancherebbero al degrado esistente senza  consumare nuovo territorio vergine....

Durante il viaggio, verso l'Emilia, ho notato ancora una volta come qui è lì le chiazze nere..  testimoniassero un'invasione senza pietà delle aree verdi.

Mi spiace doverlo fare ma ancora  una volta debbo partire lancia in resta contro “le finte produzioni energetiche pulite”. In questo momento d’attesa sclerotica del picco del petrolio ed in cui l’opzione nucleare -fortunatamente-  è spacciata assistiamo ad una spinta forsennata verso il sistema industriale e tecnologico  “alternativo” che soddisfa invece gli investimenti economici su una  produzione energetica "inquinamente"…

Vedasi il fiorire di mega torri eoliche nelle nostre campagne o la copertura di migliaia di ettari coltivabili con neri pannelli solari.

"Infatti bisogna smetterla -afferma il prof. Benito Castorina-  di identificare le rinnovabili col fotovoltaico che sta invadendo le campagne con milioni di mc. di cemento armato, acciaio, silicio, per la produzione dei quali bisogna bruciare quantità enormi di petrolio, scavare gli inerti dalle montagne, inquinare l’aria e surriscaldarla per un beneficio illusorio se consideriamo che su un metro quadro di superficie il sole scarica più di un kw di energia che viene totalmente utilizzata dalle piante, cosa che i pannelli solari si sognano…”

Poi va considerato il costo dello smaltimento successivo di questi impianti solari a terra… – conclude Castorina- domani sarà un problema demolire e buttare in discarica questi pannelli per ripristinare i campi di grano e le vigne e gli aranceti che oggi sono fatti abbandonare perché non rendono al contadino quanto un impianto  fotovoltaico (grazie agli sproporzionati incentivi)”

L’Italia paga milioni di euro per l’inquinamento da gas serra ed è importante riuscire a spostare l’attenzione sulle fonti rinnovabili veramente pulite ed accessibili, come potrebbe essere la produzione energetica da biomassa..  Ma non quella con combustibili liquidi, come l’olio di colza o l’olio di palma, che richiedono una lavorazione industriale e una  produzione agricola intensiva e inquinante.  La biomassa è preferibile da colture dedicate che abbiano anche usi collaterali e non il solo scopo di produrre combustibile. Una biomassa che produca energia, etanolo biodiesel, biogas, syngas, carta, polimeri, mobili, medicine e chi più ne ha più ne metta, compreso l’eliminazione dei rifiuti, riciclaggio e tutte le cose che hanno senso per una fase transitoria nell’era del dopo petrolio. Ad esempio le coltivazioni adatte potrebbero essere quelle della canapa e del vetiver.

Evidenzio qui l'opinione di un altro ecologista profondo, Guido Dalla Casa, che afferma: “L’energia ‘pulita’ non esiste, se prima non ci rendiamo veramente conto che la crescita economica è una terribile patologia della Terra.  L’eolico: consuma territorio, uccide esseri altamente senzienti, come gli uccelli, poi quelle pale non sono gradevoli. Bisogna limitarsi a qualche elica per estrarre acqua dal pozzo, o per i mulini a vento: i consumi devono restare sul posto.   Il fotovoltaico: i campi di pannelli consumano territorio, poi bisogna trasportare l’energia con una rete, strade e trasporti. Per avere le quantità richieste dalla crescita continua bisognerebbe ricoprire ben presto superfici immense, impensabili. Va bene, ma solo sui tetti.  Le centrali idroelettriche “grandi” sono anch’esse causa di problemi gravi: tolgono l’acqua per lunghi tratti, allagano bacini, consumano territorio. Restano i pannelli solari termici, e – per l’energia elettrica – qualche centralina mini-idro di potenza massima dell’ordine di 500-1000 kW con restituzione immediata dell’acqua e consumi sul posto…"

E’ perciò assolutamente necessario che la produzione energetica non sia una scusa per continuare ad utilizzare metodi che vanno a nocumento dell’ambiente e della salute. Decrescere, decrescere e prendere coscienza della comune appartenenza all’evento vita…  

Paolo D’Arpini

Referente P.R. Rete Bioregionale Italiana
Presidente Circolo vegetariano VV.TT.
Via Mazzini, 27 – Treia (Macerata)
Tel. 0733/216293  

mercoledì 21 settembre 2011

L’anima degli animali…. di Sara Laurencigh e lo Specchio di Salvatore Quasimodo

Fata e Folletto di Franco Farina

Si scrive: "uccidere un vitellino o un maialino è come uccidere un bambino"....
Bene, è bello portare la propria esperienza su stili di vita che sono funzionali all'uomo, certo se evitiamo di cadere nel sentimentalismo spicciolo è meglio.

Uccidere una vacca o un maiale è come uccidere un uomo  adulto.. o  meno aggressivo per i nostri schemi...?

La verità è che si uccide, senza ritegno, e sicuramente non per fame.
Non ci sono differenze. Invito ad entrare in una qualsiasi stalla, a guardare le mucche dove camminano, dormono, mangiano.Tra la paglia e la loro merda.
Guardiamole negli occhi e quando si avvicinano con il muso immaginiamo il significato che l'uomo si è permesso di dare alla loro esistenza: nasci, cresci, ti ammazzo, ti mangio.

La mucca appartiene all'uomo, secondo lui. Secondo me no.

C'è uno scambio di natura profonda, fatto anche di sentimenti, ma soprattutto di riconiscimento del valore dell'esistenza che compenetra tutto il creato.

Personalmente non credo che sia necessario essere vegetariani, anche se per quanto mi riguarda lo sono, sicuramente una maggiore consapevolezza di sè e della vita stessa sono alla base di scelte migliori verso e per ogni cosa.

So che ci sono luoghi, fatti da persone, dove anche questi animali vengono trattati con dignità, per fortuna….

Sara Laurencigh

……..

Specchio

Ed ecco sul tronco
si rompono gemme:
un verde più nuovo dell’erba
che il cuore riposa:
il tronco pareva già morto,
piegato sul declivio
E tutto mi sa di miracolo;
e sono quell’acqua di nube
che oggi rispecchia nei fossi
più azzurro il suo pezzo di cielo,
quel verde che spacca la scorza
che pure stanotte non c’era.

Salvatore Quasimodo

martedì 20 settembre 2011

Ecologia Profonda: La terra appartiene alla Terra... e non all'uomo!

Ecologia Profonda:  "Tra angeli ed uccelli"


Nel capitolo 25 del libro biblico del Levitico Dio dice chiaramente al suo popolo che la terra è sua e che chi ha accumulato ricchezze, coltivando la terra, ogni 50 anni deve ridividerle fra tutto il popolo. Non devono aver dato molto retta a Dio i suoi seguaci, perché, col passare del tempo qualcuno, un re, si è dichiarato padrone di tutte le terre e ha messo a coltivarle, sotto il suo comando, i suoi servi che gli dovevano dare la maggior parte dei raccolti. In seguito il re si è dato alla dolce vita spendendo più di quello che ricavava vendendo i frutti della terra e ha dovuto vendere una parte dei suoi terreni a qualcuno dei suoi servi che aveva fatto buon uso del salario; il nuovo padrone si è messo a coltivare la terra facendo lavorare i servi più poveri. A poco a poco, sotto il re, si è formata una nuova classe di piccoli o grandi proprietari terrieri che, grazie alla nuova ricchezza, sono diventati principi e capi, ciascuno dei quali, per pagare i propri lussi, ha dovuto a sua volta vendere una parte della terra; si è così arrivati all’attuale frazionamento delle terre coltivabili, in piccoli o grandi pezzetti. Fino a quando i pezzetti sono diventati così piccoli o così sterili che le rese agricole sono diminuite e le terre sono state abbandonate.

Gli economisti del Settecento consideravano che la fonte della ricchezza e del benessere era costituita dalla terra; gli economisti dell’Ottocento consideravano che la fonte dei valori andava cercata nelle fabbriche; quelli del Novecento hanno creduto che la fonte dei valori stesse nel capitale, cioè nei soldi. Nel frattempo sono aumentati la popolazione mondiale e la richiesta di alimenti, l’unica cosa che non può essere ricavata dalle miniere o dalle fabbriche ma che può essere fornita soltanto dalla terra. Così, già dal tempo della grande crisi degli anni trenta del Novecento, chi possedeva i capitali ha comprato, con la scusa di aumentare le produzioni, vaste estensioni di terre espropriando o mandando via le popolazioni che dalla propria terra traevano cibo e sussistenza.

Alcuni scrittori hanno cercato, con le proprie opere, di mostrare gli effetti perversi di questo sradicamento dei popoli dalla terra. Margaret Mitchell nel romanzo “Via col vento” (1937) racconta che, dopo la guerra di secessione americana (1861-1865), i capitalisti degli stati del Nord compravano a prezzi stracciati le terre dei “signori” del Sud. Il vecchio O’Hara ricorda alla figlia Rossella, che vorrebbe adeguarsi alle nuove regole economiche: “La terra è la sola cosa per cui valga la pena di vivere e morire, la sola cosa che duri”. Il libro “Furore” (1939) di John Steinbeck racconta il dramma delle famiglie di piccoli agricoltori che, negli anni della grande crisi degli anni trenta, vengono cacciate via dalle loro piccole proprietà dalle banche con cui si erano indebitate e sono costrette a migrare verso terre lontane o ostili a cercare lavoro da salariati. Riccardo Bacchelli, nel libro “Il mulino del Po” (1939), racconta la storia dei piccoli agricoltori del Polesine costretti, dal nuovo padrone delle loro terre, a diventare salariati.

In questi anni della crisi finanziaria del Duemila la fonte di denaro viene cercata ancora di più nella terra; grandi gruppi multinazionali, con la complicità di governanti corrotti e approfittando della miseria dei nativi, stanno comprando, soprattutto nei paesi africani e asiatici, grandissime estensioni di terre i cui abitanti, piccoli agricoltori e interi villaggi, sono costretti, letteralmente per sopravvivere, a migrare o a vendere a basso prezzo il proprio lavoro. Vari studi recenti mostrano che, investendo i propri capitali, queste imprese trasformano le terre in grandi pascoli per l’allevamento “industriale” del bestiame da carne o in colture intensive di piante “energetiche”, capaci di produrre alcol come surrogato della benzina, o biodiesel, per rispondere alle crescenti richieste di carburanti alternativi a quelli del petrolio, per “sfamare” i quasi mille milioni di automezzi che circolano nel mondo.

Una situazione ben riflessa da frasi come “La banda degli hamburger”, per indicare chi distrugge le foreste per dare altra carne a chi è già obeso, o “Togliere il pane di bocca ai poveri per far funzionare i SUV dei ricchi”. Ironicamente alcune di queste operazioni, come la crescente richiesta di biocarburanti “rinnovabili”, sono fatte nel nome dell’ecologia e dell’ambiente, senza tenere conto che, oltre al costo umano e sociale di chi perde le proprie terre e il proprio villaggio, ci rimette anche la stessa natura perché la transizione comporta enormi consumi di acqua, di concimi, di pesticidi, provoca perdita di biodiversità. L’eccessivo sfruttamento intensivo dei suoli con monocolture si traduce ben presto in perdita della fertilità, in erosione del suolo, in frane e alluvioni: azioni che neutralizzano i presunti vantaggi ambientali. La natura, infatti, offre le proprie ricchezze soltanto a condizione che la si tratti secondo le sue proprie leggi, ben diverse da quelle del puro profitto del capitale.

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

lunedì 19 settembre 2011

31 ottobre 2011 – Samahin a San Severino Marche – Il Ciclo della Vita nella Vigilia d’Ognissanti (Halloween)


Com’è nella tradizione pluriennale del Circolo Vegetariano VV.TT. anche quest’anno verrà celebrato il momento che nell’antichità segnava la fine dell’anno, e che sancisce una nuova tappa nel Ciclo della Vita.

In questo periodo dal 31 ottobre ai primi di novembre anche nella tradizione cristiana si ricordano i santi ed i morti e questo segna il collegamento fra il vecchio mondo pagano e quello nuovo conseguente all’avvento del Cristo.

La festa di Samahin è particolarmente sentita nella cultura anglosassone, infatti è una ricorrenza di origine celtica in cui si dice che in questo periodo “si apre una finestra fra la vita e la morte, fra la morte e la rinascita”. L’evento era conosciuto nell’antichità remota ed anche nel medio evo, poi in un periodo successivo fu volgarizzata nella mascherata di Halloween, orgia consumista e finto carnevale.

La vera tradizione afferma che siccome quella notte gli spiriti tornano sulla terra occorre ingraziarseli con alcune offerte che venivano lasciate sui bordi del camino, allora gli spiriti benevolmente potevano cedere un loro dono o messaggio. Se invece non trovavano alcuna offerta allora si vendicavano apparendo terrifici ai vivi. In parte la tradizione è rimasta con il famoso “dolcetto o scherzetto” di Halloween.

Comunque la cosa principale da farsi durante la giornata di Samahin, e soprattutto la sera, è quella di compiere dei riti nella natura, in particolare si apparecchiano in una radura due cerchi composti con gli ultimi fiori in modo che tutti i colori della natura siano rappresentati. A turno i partecipanti si posizionano all’interno di un cerchio, in cui si attirano i pensieri positivi verso i defunti, poi si passa all’altro dove si rinuncia a tutti i pensieri negativi nei loro confronti. In questo modo si pacifica il mondo dell’aldilà con l’aldiqua.

Quest’anno la cerimonia verrà compiuta dalla sciamana erborista di Vivere con Gioia, Sonia Baldoni, in località Ugliano, in quel di San Severino Marche. Più tardi ci recheremo nella casa accogliente, lì vicina, della scrittrice Lucilla Pavoni, dove desineremo con il cibo vegetariano da ognuno portato.

Paolo D’Arpini

......

Programma del 31 ottobre 2011:

h. 17.00 – Appuntamento da Lucilla e partenza per la passeggiata.
h. 18.00 – Cerimonia in radura con Sonia Baldoni
h. 20.00 – Accensione del fuoco e desinare conviviale
h. 22.00 – Riordino della casa e dei luoghi


Per informazioni logistiche e per confermare la presenza:
Paolo – 0733/216293
Lucilla – 338.7073857
Sonia – 333.7843462
circolo.vegetariano@libero.it


……

Ecco come raggiungere il luogo dell’appuntamento:
Da San Severino Marche seguire la strada per Apiro/Cingoli.
Superare Cesolo e Marciano, arrivati al bivio per Apiro/Cingoli prendere la direzione per Apiro.
Superare le frazioni Palazzata e Corsciano sino all’indicazione per Ugliano, dopo circa 700 metri sulla destra imboccare stradina in terra battuta seguendo la freccia che indica la casa di Lucilla.
La manifestazione è gratuita un’offerta volontaria per il mantenimento dei luoghi e di chi ci accompagna sarà gradita.

domenica 18 settembre 2011

Dalla balza di Treia alla piana di Tarquinia: piccioni in volo!

Colombe come spia del disequilibrio dell'umanità

 
A completamento e corroborazione di quanto espresso nell'articolo di Paolo D'Arpini:
sul problema dei piccioni in eccesso a Tarquinia e sulle soluzioni per contenerne il numero, aggiungo che:

Stamattina, al solito bar di Treia, dove con Paolo facciamo colazione e diamo un'occhiata ai giornali, ci siamo confrontati sulla notizia che il sindaco di Tarquinia ha emesso un'ordinanza per l'uccisione (da parte di cacciatori) di colombi, onde arrivare ad una riduzione della popolazione di questi animali, così apprezzati da turisti e animalisti, e così odiati da amministratori (almeno alcuni), agricoltori, allevatori, mangimisti, ecc.

Secondo il mio parere, essendo arrivati a situazioni di disagio per la popolazione, e di possibile danneggiamento per certe strutture, monumenti in primis, che necessiterebbero di ripulisti continui per evitarne la corrosione, forse quello previsto dal sindaco Mazzola è il sistema più rapido, meno costoso e che, in certi ambienti dove la caccia è ancora ampiamente praticata e quindi più che tollerata, consente di prendere "due piccioni con una fava" nel vero senso del termine: si fanno felici gli amanti delle doppiette e si risolve, almeno MOMENTANEAMENTE il problema del sovra-numero di questi animali.

Consiglierei però vivamente a questi amministratori di prevedere altre misure per il futuro: ordinanza per il divieto di dare cibo a questi animali, dotare gli edifici pubblici di dispositivi (punte) per evitare la nidificazione, sollecitare, magari tramite contributi, i privati ai medesimi interventi.

Paolo diceva e non posso che dargli ragione, che questo proliferare di piccioni (ma anche per gli stessi motivi, di topi, ratti, gabbiani, ecc., cioè i cosiddetti "sinantropi" cioè animali che vivono vicino all'uomo, ma non sono domestici) dipende dall'alterazione dell'ecosistema creata dall'uomo.

In effetti è sotto gli occhi di tutti la distruzione dell'equilibrio naturale, la scomparsa dei nemici naturali di questi sinantropi (falchi e altri rapaci, piccoli e grandi mammiferi selvatici come gli istrici, le volpi) e l'abbondanza di cibo sparso nell'ambiente e a loro disposizione: discariche di rifiuti a cielo aperto, depositi di granaglie per l'alimentazione umana ma soprattutto del bestiame, ecc.) e dalla disponibilità, nelle nostre città, piccole o grandi che siano, di poter nidificare indisturbati.

Se però, a questo punto ci troviamo in questa situazione, cosa possiamo fare?
Smettere di intervenire in qualsiasi modo lasciando che si instauri un nuovo equilibrio? Ma chissà quando avverrebbe e chissà che tipo di equilibrio sarebbe!

Il problema è che l'uomo si sente un po' "un dio" e che soprattutto negli ultimi 50-70 anni, ha creduto di poter governare il mondo, di essere invincibile, complici soprattutto la medicina e la tecnologia, non pensando che ad ogni azione seguono conseguenze che non sono solo quelle che noi ci attendiamo (benefiche), ma ci possono essere spesso "effetti collaterali".... la vita umana si allunga? Si diffondono e si moltiplicano forme morbose degenerative del sistema nervoso, circolatorio, digerente, tutto l'organismo insomma sopravvive più a lungo ma in condizioni che necessitano continui interventi medicinali o chirurgici; abbiamo a disposizione nuove (vecchie ormai) fonti energetiche che ci consentono di spostarci velocemente sul globo e di poter disporre di materie prime e prodotti che provengono da centinaia o migliaia di chilometri?

Abbiamo un inquinamento atmosferico che ci comporta un'intossicazione cronica, con aumento dei tumori e delle allergie; disponiamo di cibo di tutti i tipi e di tutte le provenienze nel negozio sotto casa? i frigoriferi e le dispense si riempiono di merci in eccesso,che spesso vanno sprecate, e gettate nell'ambiente; abbiamo tutti il nostro bel computer a casa con cui navigare in giro per il mondo e sapere in tempo reale o anche un po' in ritardo con quante escort il nostro presidente del Consiglio ha intrattenuto rapporti intimi? non andiamo più a trovare il nostro vicino di casa che ci ha fatto tanto del bene negli anni passati e che sarebbe felice di una nostra visita (lui è anziano e il computer non ce l'ha, al massimo passa un'oretta davanti alla tv....)

Continuo?

In questo sistema di vita, scusate, ma l'uccisione dei piccioni non sarebbe un ulteriore alterazione? Se vogliamo migliorare il mondo cominciamo da noi stessi..... (io per prima, ora vado a trovare il mio vicino).
A presto!

Caterina Regazzi

sabato 17 settembre 2011

Eccoci qui a Treia, di nuovo insieme... al sole, vivendo senza tempo, nel mare dell'esistenza!


Eccoci qui a Treia, di nuovo insieme, io e Paolo, da tre giorni.

Avevo sentito la sua mancanza nelle ultime settimane a Spilamberto, in più al lavoro c'erano stati dei "contrattempi", a casa ero stata molto da sola e con Viola c'era stata qualche incomprensione, quindi ero arrivata alquanto nervosa.

Mi ha fatto sorridere tra me e me, leggere in questi tre giorni, assieme a Paolo, alcune pagine del nostro libro "Vivere senza Tempo" che presenteremo per la prima volta ad alcuni amici a Monteorsello di Guiglia il prossimo 24 settembre. Nelle mie mail dirette a lui parlo spesso del mio tentativo di conoscermi e di accettarmi e di accettare la vita come si presenta, senza più farmi toccare, senza più dover soffrire per cose esterne, che io comunque non posso (e neanche voglio) controllare, e ritrovarmi, dopo due anni, ancora allo stesso, stessissimo punto (o di fare due passi avanti ed uno indietro).

Ieri per esempio si parlava del "vivere al confine", che è un po' come dire "vivere nel mondo ma non essere del mondo" scoprendo che non c'è bisogno di nessuna etichetta, di nessuna appartenenza codificata, sapendo di fare parte di quell'Uni-verso che tutto comprende e tutto accoglie.

Oggi invece addirittura siamo finiti a parlare del fatto che io cominci appena a dire a lui le cose che di lui mi contrariano, a volte (ma che comunque dipendono da me, dal mio "stato d'animo") e del fatto che io considero questi miei goffi tentativi dei successi, dato che nella mia vita ho spesso un po' "falseggiato" per poter trattenere e conservare l'amore, l'affetto, la stima, la considerazione altrui.

Oggi mi sento più autonoma e di queste attenzioni posso fare senza, per lo meno se, per avere queste attenzioni, devo "dimenticare" e "tradire" me stessa.

E così (contraddicendo quanto ho appena affermato), una dimenticanza di Paolo, un suo ritardo, serve a me come occasione di verifica (e la verifica non è mai "favorevole"), ma così, comprendendo questa mia reazione negativa, mi pare di aver scavalcato un altro piccolo scoglio.

E qui c'entra l'acqua, il mare per due motivi: l'acqua per andare avanti aggira l'ostacolo (lo scoglio), grande o piccolo che sia e nell'acqua, nel mare, ci si sente di nuovo liberi di muoversi, più leggeri e i movimenti sono più fluidi e sciolti.
Siamo stati davanti al mare, un mare fermo, piatto, calmo, silenzioso e abbiamo ricevuto la visita, all'ora di pranzo, di uno stormo di gabbiani in cerca di cibo, abbiamo goduto del caldo e del sole (tutti i giorni dicono che è l'ultimo e tutti i giorni invece continua ad esserci, così siamo ancora più lieti perchè ci sembra di aver rubato una giornata di bel tempo al tempo).



Accumuliamo luce, calore, energia dall'Universo, in attesa dell'autunno e dell'inverno che ci attendono dietro l'angolo.


Che questo calore tenga caldi i nostri cuori.

Caterina Regazzi

venerdì 16 settembre 2011

OGM - Brevetti sul vivente: un tacito saccheggio del nostro patrimonio comune


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Siamo coinvolti in una guerra che rischiamo di aver perso prima ancora di averne preso conoscenza. E’ la guerra dei brevetti sulla materia  vivente, che privatizzano, per fini commerciali, ciò che da sempre costituisce il patrimonio più importante dell’umanità: piante, animali e parti dello stesso corpo umano (ad esempio i geni e l’embrione).
I brevetti concessi sulla materia vivente stanno poco a poco mettendo in mano ad un pugno di multinazionali il controllo di tutto quanto è, sul nostro pianeta, vita.

Dalla fine del secolo scorso le nuove leggi brevettuali hanno sconvolto, con il pretesto delle modifiche genetiche, un sistema giuridico in cui i “beni comuni” erano ovunque tutelati. Ciò è stato possibile anche grazie all’uso di metodi spesso illeciti - e sempre antidemocratici - per la promozione degli organismi geneticamente modificati (Ogm), in particolare in agricoltura (dove le piante gm si distinguono da quelle tradizionali proprio per essere proprietà privata, e per consentire al detentore del brevetto di riscuoterne i diritti ad ogni ciclo riproduttivo).

Il Comitato Scientifico EQUIVITA (già CSA, Comitato Scientifico Antivivisezionista), capofila nel movimento europeo contro la privatizzazione del vivente, ha rilanciato il 23 maggio scorso l’appello della coalizione “No patents on seeds” di cui fa parte.


Esso ha chiesto a tutti i sostenitori di firmare una lettera rivolta ai Deputati europei e alla Commissione, in cui si denunciava la recente consuetudine dell’EPO di rilasciare brevetti anche su piante e animali riprodotti con metodi convenzionali. Questi brevetti infrangono infatti la EPC, Convenzione Europea del Brevetto (art.53b) in quanto concessi su piante “riprodotte con procedimenti essenzialmente biologici”. La lettera chiedeva inoltre la revisione della direttiva europea 98/44, detta “dei brevetti sul vivente”.

Le speranze di una revisione erano alimentate anche dalla sentenza del Giudice federale statunitense Sweet del marzo 2010. Testimoniando un’inversione di tendenza nella legge brevettuale degli USA, Sweet aveva chiesto il ritiro di due brevetti su geni umani (BRCA1 e BRCA2, associati al cancro al seno) in quanto essi sono un “prodotto della natura”. Ma l’ultima sentenza della Corte d’Appello USA dello scorso luglio, riconoscendo invece la validità di questi brevetti, ha infranto le speranze di molti di noi  e ha ristabilito la corrente di pensiero precedente. Un pensiero che nega il valore intrinseco della vita (l’essere vivente viene assimilato ad una macchina), e allo stesso tempo frena il libero sviluppo scientifico attraverso la privatizzazione e la monopolizzazione della conoscenza.

Inoltre l’EPO, Ufficio Europeo dei Brevetti, che avrebbe dovuto emettere da lungo tempo la sentenza promessa sul “caso giuridico” del broccolo e su quello del pomodoro (per stabilire formalmente se le piante riprodotte con procedure convenzionali possono essere brevettate oppure no) ha usato il suo consueto metodo del silenzio e dell’ambiguità. Esso infatti, rinviando la decisione, ha continuato ad infrangere la Convenzione Europea, concedendo nuovi brevetti su piante riprodotte con “procedimenti essenzialmente biologici” (ad esempio il brevetto EP1587933 su di un melone dal nuovo gusto al limone).

Continua inoltre l’attacco alla sovranità alimentare degli Stati attraverso gli Ogm, promossi e imposti in mille modi dalle multinazionali biotech e dalle autorità governative conniventi, malgrado il dissenso dei cittadini (vedi le notizie su questa strategia segreta svelate da Wikileaks). Ci limitiamo a citare, tra le tante sentenze che non sembrano tenere conto dei dati scientifici, quella recente della Corte Europea, contraria al divieto della Francia di coltivare il mais Mon810, in base alla “clausola di salvaguardia”.

Attualmente i danni alla salute causati degli Ogm sono dimostrati da numerosi studi scientifici. Essi riguardano principalmente il fortissimo incremento nell’uso dei pesticidi, sia quelli presenti nella stessa pianta geneticamente modificata che quelli irrorati nei campi per il controllo delle erbe infestanti. La crescente resistenza di piante e insetti ai pesticidi utilizzati è causa di un costante aumento nell’impiego di queste sostanze chimiche.
Come sottolineato anche da un recente studio argentino il loro impatto sulla salute umana è devastante: incremento di tumori, aborti spontanei, mutazioni genetiche della discendenza, malattie degenerative…. A tal proposito, i medici e cittadini argentini hanno lanciato una petizione pubblica per ottenere una riclassificazione dei pesticidi, che stabilisca il loro grado di pericolosità partendo dai dati ottenuti direttamente sull’uomo (le valutazioni di tossicità ottenute con dati umani differiscono enormemente da quelle usate dall’Oms in base agli studi su animali e sono state causa di gravi danni alla salute).

Contro gli Ogm si scagliano oggi molte popolazioni locali, prime vittime di un’organizzazione agricola più orientata ai profitti dei pochi che alla salute di tutti. Ne è un esempio, oltre alla coalizione argentina, il movimento Navdanya guidato da Vandana Shiva per far fronte alle problematiche sociali causate dalla privatizzazione delle sementi. Il fine di tale movimento è quello di restituire a quei popoli affamati dalle multinazionali biotech (che detengono i brevetti sulle sementi) la loro sovranità alimentare, nonché un’agricoltura più sostenibile e solidale.
 
Per tutti questi ed altri motivi (non va dimenticato che gli Ogm danneggiano e alterano l’equilibrio ambientale) ci uniamo alla mobilitazione del 26 ottobre 2011 a Monaco, indetta da “No patents on seeds” per denunciare ancora una volta il problema della privatizzazione della vita, costringendo l’EPO a prendere una posizione netta invece di consentire il tacito saccheggio del patrimonio comune.

 
Per informazioni:

Comitato Scientifico EQUIVITA
Via P.A. Micheli, 62 – 00197, ROMA

+ 39.06.3220720, + 39.335.8444949Email:
equivita@equivita.it