martedì 21 marzo 2023

22 marzo 2023 - Giornata mondiale dell'acqua

C'era una volta l'acqua...


Ricordate? "La cercano sulla Luna, la cercano su Marte, la cercano su Venere e dove ce n'è tanta e buona la inquinano e la rendono inutilizzabile..."

Così scrivevo in un articolo di qualche tempo fa in cui denunciavo i modi disastrosi in cui viene gestita la risorsa vitale "Acqua",  che pur non aumentando nè decrescendo sin da quando il pianeta è abitabile ed ospita la vita, viene ridotta sempre più nella sua forma utilizzabile.  

Ovvero l'acqua non manca quel che manca è l'acqua potabile. 

Ed è con questo meccanismo diabolico che le multinazionali si preparano a sfruttare l'oro blù, l'elemento di cui nessun essere vivente può fare a meno...

Ed anche in Italia, malgrado il referendum, in modi striscianti la privatizzazione procede.. in forma di nuove licenze minerarie per acqua minerale, in forma di aumento delle tariffe dell'acqua pubblica, in forma di sfruttamento sconsiderato delle falde e delle sorgenti, in forma di inquinamento di tutte le acque di superficie, etc. etc. Si arriverà al punto che l'acqua potabile residua sarà talmente poca che per forza di cose sarà venduta a peso d'oro e perciò di fatto "privatizzata"...

Se non si opera immediatamente per il riuso delle acque bianche, per la depurazione delle nere e per il risparmio idrico, quel momento si avvicinerà sempre più in barba alla volontà popolare che ha stabilito che l'acqua è un bene comune.

Tra l'altro anche a livello geo-politico i nuovi giacimenti ricercati (fonte di ricchezza futura) non sono più quelli del petrolio, gas o materie prime bensì quelli delle falde idriche profonde...

Paolo D'Arpini - Rete Bioregionale Italiana




Articolo collegato: 

La Giornata mondiale dell'acqua intende focalizzare l'attenzione sull'importanza dell'acqua dolce e supportare la gestione sostenibile delle scarse risorse, affrontando la crisi idrica globale. L'impegno dell'UNESCO, l’Agenzia delle Nazioni Unite in prima linea su questo fronte tramite il World Water Assessment Programme e UN-Water, è forte e presente. Il nuovo World Water Development Report (Rapporto sullo Sviluppo delle Risorse Idriche Mondiali) sarà lanciato proprio il 22 marzo 2023, per fornire ai decisori politici gli strumenti per formulare e implementare politiche idrologiche sostenibili.

 

Obiettivo principale della Giornata mondiale dell'acqua 2023 è l'accelerazione del cambiamento per risolvere la crisi idrica e igienico-sanitaria.


Unesco - https://www.unesco.it/it/News/Detail/1762

domenica 19 marzo 2023

Ecologia botanica - Canapa... l'altra campana!



Nel governo del "cambiamento" l'ennesimo elemento di divisione è la canapa.  Il M5S e frange del PD vorrebbero legalizzarne la vendita, mentre la Lega e FdI vorrebbero inasprire le pene per la coltivazione e per l'uso.  Queste posizioni schizoidi si ripercuotono anche a livello di polizia e di magistratura, ove in certi casi si è troppo di manica larga o -al contrario- si persegue una politica repressiva. 

Tempo addietro persino il vescovo di Macerata, monsignor Nazzareno Marconi,  è entrato a piè pari nella diatriba "canapea", appoggiando una politica "repressiva". Quest'odio dimostrato dal presule verso una innocente pianta, coltivata dall'uomo (anche nelle Marche)  per secoli e millenni  per le sue qualità,  mentre egli tace sui problemi delle sostanze legali, vendute con il bollino dello stato (alcol, tabacco, gratta e vinci, tranquillanti chimici,  etc.),  mi lascia pensare...  

Sulla canapa occorre far chiarezza, in sostanza essa  è una pianta come le altre ma di usi molteplici e di grande utilità ecologica,  quindi  si raccomanda alle istituzioni la soluzione più naturale, ovvero la libertà di coltivazione in piena terra.  

Finché la canapa bioregionale non potrà ritornare libera nei nostri campi e giardini, assieme a tutte le altre erbe medicinali, alimentari e di varia natura, non potremo mai attuare una sana ecologia botanica. Mentre la legalizzazione della “cannabis”, ad elevato tasso di cannabinoidi, porterebbe lo stato a spacciare  una sostanza alterata conducendo ad un ulteriore indebolimento della società, soprattutto del mondo giovanile. 

La soluzione quindi   è la totale liberalizzazione della coltivazione della canapa bioregionale, con sementi non trattate a basso tasso di cannabinoidi. Questo -tra l'altro- porterebbe ad un ritorno alla terra, vista la necessità di produrre alimenti biologici e le numerose possibilità alternative d'uso della canapa, in tutti gli ambiti (produzione energetica, materie plastiche, biomasse, disinquinamento dei terreni, edilizia, tessile, alimentare,  etc.).

Paolo D'Arpini - Rete Bioregionale Italiana

Risultati immagini per Canapa paolo d'arpini

P.S. Per approfondire la comprensione dell’argomento trattato. La coltivazione della canapa sativa è consentita con l’acquisto delle sementi nei consorzi, sementi “trattate”. La suddivisione della canapa in “famiglie” separate è del tutto artificiale. Per quanto riguarda la canapa la famiglia è unica, le piante maschio e femmina possono incrociarsi né più né meno come un aborigeno australiano può incrociarsi con una donna eschimese. La canapa bioregionale italiana ha caratteristiche diverse dalla cannabis indica. E nell’articolo si parla di canapa bioregionale. La quantità di cannabinoidi contenuta nella canapa originale coltivata in Italia è di molto inferiore alla quantità contenuta nella canapa coltivata in India. Anche se le piante di canapa indiana crescessero liberamente in Italia dopo poche generazioni perderebbero la quantità di cannabinoidi originale per uniformarsi alle quantità delle piante bioregionali italiane.  (P.D’A.)


P.P.S. Per fugare eventuali dubbi dei lettori faccio presente che non sono consumatore in alcun modo di droghe o sostanze tossiche, né di vino, superalcolici o tabacco, ma la battaglia che sostengo ha il solo scopo di salvaguardare la natura e la vita sul pianeta...


Ecologia sociale: "Genitori di sé stessi - Mindfulness e Reparenting". Un incontro con Nicoletta Cinotti raccontato da Caterina Regazzi

 


E' sera, tardi, sono un po' combattuta: dare retta alla "pigra" che è in me, oppure invitarla non dico a cena (me ne sono dimenticata), ma a prendere la tisana per chiederle il motivo di questo suo modo d'essere e, una volta scoperto che la mia pigrizia deriva, almeno in parte, dalla paura di sbagliare e quindi fare brutta figura (con gli altri, ma anche con me stessa) decidere di provare a superare questa "vergognosità"?

Accolgo la Caterina "pigra", e mi accingo a scrivere qualcosa.  Questo mio dilemma nei confronti di questa parte di me è scaturito dal pomeriggio/sera trascorso presso l'associazione "Dharma Shala" di Modena, dove l'associazione culturale "L'Asino che vola" aveva organizzato la presentazione dell'ultimo libro di Nicoletta Cinotti: "Genitori di sé stessi - Mindfulness e Reparenting".

Nicoletta Cinotti è una psicologa e psicoterapeuta con una sfilza di titoli, scrittrice e divulgatrice di metodi terapeutici basati sulla bioenergetica e sulla mindfulness. Ha un blog molto seguito su cui pubblica quotidianamente articoli e pratiche. La seguo da diversi anni con grande piacere e "affetto".

All'arrivo sul posto, assieme a Grazia e a Patrizia, due amiche interessate ai temi trattati, le cose non sono andate proprio come era nelle aspettative: il posto, a guardare sulla carta e/o sul navigatore, sembrava facilissimo da trovare ed invece ci siamo trovate, io, con la mia macchina (per fortuna!), in un parcheggio dove mi sono infilata con un paio di manovre azzardate e con una discreta destrezza, poi sembrava che la strada finisse ad un certo numero ed invece, intuitivamente mi sono diretta verso la direzione giusta, trovando il luogo dell'incontro, che sembrava  scomparso nel nulla... Arrivate alla sala dell'associazione, altra scoperta: era una sala Yoga per cui bisognava togliersi le scarpe (brr, che freddo!) e sedersi su dei cuscini da meditazione disposti a terra, in ordine sparso (ahi, la schiena!). L'alternativa era chiedere una sedia e mettersi dietro. Ma io volendo stare davanti per stare più vicina a Nicoletta, per non perdermi neanche una parola, nè uno sguardo o un movimento, con i miei occhi di  bambina curiosa, così, bando al fatto che avevo pure un vestitino non proprio adatto alle posizioni yoga, mi sono andata subito a piazzare in avanti, seduta a terra a gambe incrociate,  seguita da Grazia, mentre le altre (Patrizia, Maria Grazia e Mara che si erano aggiunte nel frattempo) si sono messe un po' più indietro, sulle sedie (vediamo cosa dirà la mia schiena stanotte!) 

Poi è entrata Nicoletta che, accompagnata dai suoi ospiti, ha tirato fuori tappetino, un cuscinone (bello quel cuscino!), trespolo per lo smartphone, ed è iniziata una sorta di presentazione dialogo sui temi trattati nel libro e non solo.

Durante la iniziale presentazione delle associazioni organizzatrici, è stato evidenziato il fatto che c'erano state alcune piccole difficoltà, per alcuni (ahi, le aspettative!) : trovare il posto, trovare il parcheggio, doversi adattare a sedersi come e dove si poteva (ma guarda!) e mi sono sentita toccata, ma ho riso di cuore dentro di me per aver scoperto che la "zona di confort" a volte può anche essere modificata o che a volte vale comunque la pena doverla abbandonare...


Ha dialogato con Nicoletta  il dott. Gaspare Palmieri, psichiatra, psicoterapeuta e istruttore di Mindfulness, un giovane simpatico e brillante che ha contribuito a tenere alta l'attenzione, ma soprattutto a "porgere" a Nicoletta, domande pregnanti. Non che ce ne fosse bisogno. Nicoletta, che, come già accennato, "conosco" da alcuni anni, da ben prima del lockdown, e che continuo a seguire con affetto e interesse quasi quotidianamente, è un fiume in piena ed ha parlato e risposto esaurientemente a tutte le domande, anche alle numerose del pubblico presente, toccando non solo la ragione, quanto l'anima, il Sè. Ad un certo punto io mi sono sentita quasi ipnotizzata. Stava in mezzo a noi come una di noi, un'amica, una sorella.

Le parole attorno a cui i discorsi si sono manifestati ed espressi sono state, tra le altre: vergogna, accettazione, conforto, self-compassion, controllo (ecco una parola che sempre rimuovo, ma che è tanto presente in me), perdono, accoglimento delle parti nascoste di noi, rimosse perché scomode, non ascoltate a suo tempo e quindi messe da parte, ma che, finchè non elaborate ritornano prepotentemente fuori nelle occasioni semmai meno "comode".

La nostra "famiglia interiore", da riscoprire, accettare , integrare ed amare. Se si vuole cambiare si può solo partendo dall'accettazione anche delle nostre parti oscure, esiliate, con cui dobbiamo "fare pace". Senza voler strafare, dobbiamo, dopo aver identificato queste parti, chiedere loro e chiedere a noi stessi, se abbiamo voglia di integrarle, per la nostra salute e la nostra felicità. 

Non so se ho afferrato bene il significato dei discorsi fatti (e poi leggerò il libro). Quello che ho percepito è che quelle descritte almeno in parte, sono pratiche che possono essere messe in atto anche quando, come me, non abbiamo più i nostri genitori e quindi possiamo diventare noi genitori di noi stessi, senza continuare a recriminare per una vita su quello che non abbiamo ricevuto a suo tempo, per cui possiamo avere al nostro interno parti esiliate, rimosse, che non ci piacciono, che accogliamo come nostro bambino interiore, adolescente interiore, giovane adulto, con tutte le eredità che ci vengono dai nostri antenati (la passeggiata con i nonni di Tich Nat Han).

Sicuramente un incontro che ha portato  importanti suggerimenti e stimoli per acquisire maggior integrità e consapevolezza di sè.

Grazie, Nicoletta Cinotti della tua generosità e di essere quella che sei.

Caterina Regazzi



sabato 18 marzo 2023

Biden sull'Ucraina: "L'imperativo è Vincere... e vinceremo!"

















La fase dell’attesa e anche delle incertezze sta per terminare. Joe Biden ha deciso di tentare la spallata per sconfiggere l’armata putiniana in Ucraina. A nome dell’Amministrazione Usa ha parlato  mercoledì 15 marzo il ministro della Difesa Lloyd Austin, subito dopo la conclusione del vertice online con i colleghi degli oltre 50 Paesi che forniscono armi a Kiev. Austin è stato netto: «Non c’è più tempo da perdere. Stiamo mettendo insieme le armi e i mezzi militari che consentiranno agli ucraini di riconquistare il territorio perduto». Stando alle indiscrezioni, la controffensiva dovrebbe scattare nel mese di maggio. Tra circa due mesi, quindi. Il tempo necessario per far confluire in Ucraina centinaia di carri armati e veicoli blindati, compresi otto mezzi in grado di gettare i ponti per guadare il fiume Dnipro, la linea di trincea che si è formata nel Sud Est del Paese.

L’addestramento

Le prossime settimane saranno utilizzate anche per addestrare altre centinaia di soldati ucraini a familiarizzare con gli ordigni più sofisticati nelle basi Usa, britanniche e della Nato. I generali del Pentagono ritengono che l’Armata putiniana e le milizie mercenarie della Wagner siano allo stremo e a corto di armi. Possono essere battute, se non travolte, a patto di mettere in campo uno sforzo aggiuntivo e di fare presto. In realtà anche il blocco occidentale potrebbe presto avere problemi nell’assicurare continuità ai rifornimenti. Le industrie belliche americane ed europee faticano a tenere il passo delle esigenze sul campo di battaglia. Stanno già scarseggiando munizioni per l’artiglieria e per i sistemi di difesa aerea. Ecco perché Biden e Austin ora vogliono bruciare i tempi, prima che la mancanza di armi costringa l’esercito ucraino e i suoi sponsor a impantanarsi in un conflitto senza orizzonti.Le implicazioni politiche di questa mossa militare sono, naturalmente, della massima importanza. Per tutto l’inverno Biden ha temporeggiato, mantenendo l’approccio gradualista che ha adottato fin dall’inizio della guerra, nel tentativo di evitare lo scontro diretto con la Russia. Nello stesso tempo il governo Usa ha sempre cercato di agganciare il Cremlino.

Il rischio della reazione di Putin

Ancora due settimane fa, il 2 marzo scorso, il Segretario di Stato Antony Blinken aveva contattato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, a margine del G20 a Nuova Delhi in India. Senza contare le manovre diplomatiche per coinvolgere la Cina in una trattativa multipolare. Le parole di Austin e i preparativi in corso di fatto superano questa fase. Adesso gli Stati Uniti puntano esplicitamente alla sconfitta militare di Putin. Solo dopo, si potranno aprire i negoziati di pace. Ma l’iniziativa degli americani è piena di insidie e di rischi: difficile prevedere quale potrebbe essere la reazione di Vladimir Putin, un autocrate che dispone di un micidiale arsenale nucleare. Washington sta cercando di mantenere aperti «i canali di comunicazione» con la Russia. Lo stesso Austin sempre ieri pomeriggio (sera inoltrata in Italia) ha contattato il ministro della difesa russo Sergei Shoigu per smorzare le tensioni seguite alla «crisi del drone». Martedì 14 marzo, due caccia russi avevano intercettato e messo fuori uso un drone Usa in volo sulle acque del Mar NeroIl messaggio del Pentagono è duplice: cercheremo di vincere la guerra in Ucraina, ma non vogliamo lo scontro diretto con Mosca. La reazione del governo ucraino è entusiasta. Il ministro della Difesa, Oleksii Reznikov, ha twittato: «La riunione del gruppo di Ramstein ispira ottimismo…formeremo un pugno corazzato». Vedremo, invece, come risponderà Putin, nelle trincee dell’Ucraina e nella rete diplomatica internazionale.

(Corriere della Sera del 16 marzo 2023 -  Giuseppe Sarcina)



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L'avvertimento del Papa a Zelensky


 C’è un dettaglio forse passato inosservato ai più. E riguarda un messaggio di Papa Francesco . Ha detto il Pontefice, rivolgendosi agli ucraini, che tutti i luoghi di fede devono essere rispettati. "Chiedo alle parti in guerra di rispettare i luoghi religiosi. Le suore consacrate, le persone consacrate alla preghiera di qualsiasi confessione, sono sostegno del popolo di Dio”. Francesco ha citato in particolare la situazione delle suore e dei monaci della Lavra di Kiev che rischiano di essere allontanati perché fedeli al Patriarcato di Mosca. Direte: embé? Beh, conta. Perché il Papa di fatto ha accolto l’appello del Patriarca Kirill, preoccupato per l’ipotesi di Kiev di mettere al bando la chiesa fedele a Mosca e per le accuse di collaborazionismo rivolte a sacerdoti e vescovi ortodossi (...)

 (Giuseppe De Lorenzo, IL GIORNALE del 16-03-2023)

venerdì 17 marzo 2023

Fukushima. La contaminazione radioattiva se la ciucciano i cinesi...



Forse non sarà necessario aspettare una guerra atomica fra russi e nordamericani, per goderci le "piacevoli" conseguenze di una contaminazione nucleare. Basterà aspettare che i giapponesi riversino in mare 1 milione e 300.000 tonnellate di acqua contaminata che fino ad oggi è stata stipata nelle centinaia di cisterne che circondano la vecchia centrale di Fukushima (le vedete tutte nella foto del titolo).

I giapponesi sostengono che ormai le cisterne hanno raggiunto la capacità limite, e che bisognerà iniziare a rovesciare in mare il loro contenuto. Questo naturalmente ha scatenato le proteste dei cinesi, dei coreani, dei russi, e della confederazione delle isole del Pacifico, che saranno i primi paesi a vedere il proprio mare contaminato dalle acque radioattive. Si calcola infatti che nell’arco di tre anni l’intero oceano Pacifico sarà contaminato, mentre nell’arco di 10 anni la contaminazione dovrebbe raggiungere tutti gli altri oceani del mondo.

Le conseguenze disastrose sull’ecosistema possono essere solo vagamente immaginate...

Massimo Mazzuccohttps://luogocomune.net/23-energia-e-ambiente/6196-fukushima-il-peggio-deve-ancora-arrivare



giovedì 16 marzo 2023

Missiva nonviolenta ai parlamentari italiani

 


“pacifisti”, quali noi ci dichiariamo e siamo, Le rivolgono un appello accorato: prima di votare questa o quella mozione sugli aiuti militari all'Ucraina (alla vigilia del Consiglio europeo del 23-24 marzo) consideri con attenzione a non farsi complice di logiche di guerra che rischiano di condurre il Paese verso avventure senza ritorno e persino il baratro della catastrofe nucleare. Si faccia un esame di coscienza e consideri quanto certe scelte belliciste siano solo a favore dei pochi che si arricchiscono sulle spalle dei molti e sempre più poveri. Contribuisca a riportare l’Italia quale punto di riferimento di diplomazia come cultura della cooperazione e non del nemico; e della necessaria pace con la natura, indispensabile per la pace tra le società umane.

La invitiamo a un confronto online il 20 marzo dalle ore 19:00 alle ore 20:00

Questo il link per collegarsi:

https://us06web.zoom.us/j/83737497172?pwd=TENTODAva3c3M09QcHJsQVluclc5dz09


Il 22 marzo terremo una conferenza stampa dalle ore 11:00 alle ore 12:00 in piazza dell’Esquilino a Roma.

Alfonso Navarra e Cosimo Forleo introdurranno, tra gli altri, Enzo Pennetta, del comitato referendario “Ripudia la guerra”.

Per la coalizione dei Disarmisti esigenti (www.disarmistiesigenti.org)


Alfonso Navarra – portavoce cell. 340-0736871




mercoledì 15 marzo 2023

Le emozioni bioregionali di Lorenzo Merlo

 



La consapevolezza della natura dell’emozione permette una lettura della realtà e una conoscenza altrimenti mantenuta nell’oscurità.

Un’emozione è tutto. La ragione è niente. Rapiti da un’emozione, siamo una capsula dall’orbita segnata, nessuna ragione ha i mezzi per modificarla o arrestarla; rapiti da un’emozione, non c’è verso razionale di rinsavire.

Ogni dipendenza, dall’esaurirsi nel proprio io alla bulimia e così tutte le altre superstizioni, è un’emozione che la ragione, nonostante la sua arroganza di onnipotenza, non è in grado neppure di scalfire.

Siamo sempre entro un’emozione. L’aura è una sua emissione energetica, tanto più lucente quanto più siamo in armonia con il tutto. Qualcuno è in grado di vederne le tonalità. Tutti vediamo la luce pulita o torva che qualcuno emette. Secondo certe tradizioni sapienziali, siamo avvolti in un uovo di luce e siamo attraversati dall’energia, le cui declinazioni tutto generano. Di più. Siamo un’emozione. Un’emozione genera il seme (maschio) e un’emozione vuole generare (femmina).

Per un’emozione vogliamo essere scalatori, sommozzatori, aviatori, medici. Il perdurare dell’emozione implica il massimo rischio di realizzazione, di successo. Ma, per una coercitiva richiesta famigliare, potremmo arrivare a castrare il nostro intento e finire a fare l’avvocato, l’assicuratore o il banchiere. Forze che, quando superiori alle nostre, possono lentamente spegnere l’emozione e il sogno, lasciandoci immiseriti a fare altro da noi.

La determinazione è un’emozione. In essa vediamo e viviamo ciò che ancora non è accaduto. L’emozione fa il mondo in cui siamo. Così il bimbo che non riesce a smettere di giocare, chiamato per la merenda, non riesce/vuole uscire dall’emozione dalla quale è avvolto.

La volontà è l’aspetto espresso dell’emozione. Essa raduna le migliori risorse creative per realizzarsi, per raggiungere lo scopo, per creare quella realtà prima solo immaginata e a propria immagine e somiglianza. Così, la scopa è realmente un cavallo, la Maserati veramente uno scopo in cui riconoscersi, la vetta il solo punto in cui si realizza l’autostima.

Volontà, emozione e creazione sono amanti.

Imparare a riconoscere in quale emozione siamo e il mondo che ne consegue è uno dei primi passi per avviarsi a scoprire i nostri poteri energetici. Uno di questi riguarda il punto di attenzione. Un vincolo a forze ridondanti, del quale siamo facilmente preda. A mezzo del quale si generano le egregore, ossessivi filtri attraverso i quali traguardiamo, distorcendolo, il mondo. Con la presa di coscienza del punto di attenzione, di dove va a posarsi a nostra insaputa e su come prenderne possesso, realizziamo una libertà dal conosciuto altrimenti non possibile.

Concretamente, significa avere i mezzi per uscire da una capsula emozionale – il nostro modo di reagire dichiara sempre la bolla emozionale che ci contiene – e anche entrare in un’altra, secondo libera volontà creativa. Uno stadio di consapevolezza che offre il senso di avere in mano la barra del timone della nostra serenità, orientato a seguire la rotta degli alisei, che porta al mare dell’invulnerabilità, all’arcipelago della salute e alla terra dell’armonia.

Allora viene da sé riconoscere che il mondo è divenuto altro pur mantenendo le medesime sembianze. Che prima guardavamo senza vedere. Che ci occupavamo solo dell’inconsistente schiuma della realtà. Che investivamo arbitrariamente la realtà di proprietà soltanto nostre. Che questa non era fuori ma dentro noi.

Contraddire un’emozione, comportarsi senza rispettarla è alzare il rischio d’inconveniente. Buona parte degli incidenti corrispondono a emozioni non rispettate o scelte e azioni in contrasto con l’emozione che viviamo. Imporre o imporci il dovere, senza avere il valore della disciplina e quindi viverne l’emozione, è cosa frustrante e alienante, condizione spirituale idonea agli inconvenienti.

Le emozioni muovono tutti gli uomini identicamente. Esse si ripetono in ognuno con il medesimo potere di movimento, fosse anche l’immobilità, se l’emozione è nera. In esse sussiste il segreto del nietzschiano eterno ritorno dell’identico, verità impossibile da riconoscere da chi è preda dell’emozione razionalista e materialista. Condizione dalla quale, ancora una volta, soltanto un’emozione potrà far brillare l’emancipazione e cogliere il mondo forestiero alla bolla scientista e determinista. È una verità che non richiede stupide prove scientifiche, quelle che contengono, ovvero costringono, esauriscono e mortificano il pensiero – sempre nietzschiano – dell’ultimo uomo. Essa riferisce la dimensione alogica, magica della coscienza, quindi realtà e vita del lato oscuro dell’universo. Un buio che, ad emancipazione compiuta, si riempie di luce.

Le emozioni avvertono tutti gli uomini dell’energia che sta scorrendo nel tempo e nel momento. Quando le vibrisse che siamo non sono imbrattate di vischiose ideologie e saperi cognitivi, le emozioni permettono di conoscere attraverso il sentire. Di riconoscere la superficialità e soprattutto la caducità del sapere analitico-intellettuale.

Emancipati da quel tipo di sapere fuorviante, superficiale e disumano, ci avvertono del richiamo e della repulsione nei confronti di qualcuno e qualcosa. Permettono di comprendere in che termini la conoscenza è già in noi. Di muoverci, prendere decisioni e condurre una vita a misura di noi stessi. Di liberarci dal dominio dell’infrastruttura dell’io, dell’interesse personale in quanto ragione di sofferenza, dell’identificazione con consuetudinari ruoli storici che impongono una vita estranea all’evoluzione umana.

Le emozioni sono la presenza storica dell’infinito e dell’eterno.

Dal grande volume cosmico che tutto contiene, da cui tutto diviene – l’iperuranio secondo Platone –, gli uomini traggono solo e soltanto gli elementi idonei alla loro biografia storica. Una linea rossa infinitamente lunga che, identificati con il nostro io, crediamo corrispondere soltanto al piccolo frammento di vita che ci attraversa. Consideriamo la vita come se ne fossimo i proprietari e non banali, quanto necessari, latori al pari di una delle mille foglie di un faggio nell’apoteosi dell’estate. Una piccola coscienza egocentrica è inetta a cogliere l’energia del mondo, idonea a non capire nulla dell’esistenza, fino a sostenere l’idea che siamo qui per caso.

Consapevoli che gli elementi che estraiamo dal grande volume non sono che gocce raccolte dal mare e scelte obbligate dalla nostra biografia, possiamo avvederci della loro autoreferenziale parzialità, della loro pari dignità con quelli estratti da altre biografie. Possiamo dunque riconoscere l’arbitrarietà con la quale gli uomini creano gerarchie dialetticamente sostenute, applicate con qualche tipo di forza, ma spiritualmente vuote.

Alla domanda ti piace il jazz o Miles Davis estraiamo dal volume il Jazz e il Miles Davis che eventualmente conosciamo, non solo, ne estraiamo il necessario alla nostra biografia per dare risposta alla domanda. Sia essa no o sì, in ambo i casi non realizzeremo comunicazione sul nostro jazz e sul nostro Miles Davis, se non approssimativa, fuorviante, equivoca. Due interlocutori, in particolare se tra loro estranei, portano in sé universi diversi. Il confronto tra campi aperti basato sul linguaggio logico-razionale esclude di far contenere alle parole l’esperienza e la contingenza che impone cosa estrarre dal volume. È un’emozione che ci fa estrarre il necessario per dare risposta alla domanda. Solo con una simile o identica emozione nei confronti del jazz e di Miles Davis, e anche nei confronti dell’altro, la risposta implicherà comunicazione e conoscenza. Dentro la stessa emozione eleggiamo la stessa realtà, cioè estraiamo dal volume le medesime gocce.

Quando inconsapevoli di giacere nell’incantesimo dell’io, ne idolatriamo i diritti e ne adoriamo le superstizioni, ne crediamo le leggende, consideriamo ogni estrazione dal volume un merito e un libero nostro potere. Ma, così facendo, affermiamo l’inettitudine a riconoscere che noi stessi corrispondiamo a un’emozione e, soprattutto, che abbiamo perso il legame dal grande volume originario. Come se un muscolo si arrogasse il potere di compiere un gesto. Ogni storia privata di consapevolezza trascendentale è anche una storia di dolore. Rinascere e morire non sono che emozioni dette innamoramento e depressione. È solo per una certa emozione che stiamo ubbidienti e proboviri entro il risibile quadrilatero del nasci-lavora-consuma-crepa. È solo riconoscendone la violenta autoreferenzialità che possiamo elaborare come attingere alla vita che entro le emozioni delle consuetudini ci eravamo fatti sottrarre. E nella libertà dal conosciuto apriamo alla possibilità di emancipazione dall’emozione che siamo, e quindi all’accesso al tutto.

L’ordine attraverso il quale il razionalismo ha oggi pieno potere, con il quale si arroga il diritto di vita e di morte delle affermazioni umane, cioè il diritto di eleggere cosa è vero e cosa non lo è, non è che una trama dell’io. Vero parassita cui devolviamo tutta la nostra energia, alla cui volontà sottostiamo fino a uccidere o farci uccidere, se è questo che ci comanda.

L’arroganza del razionalismo è di una tale gretta irruenza da non avvedersi che l’esperienza non è trasmissibile, che capire non conta nulla. La razionalità è insufficiente a comunicare. La comunicazione avviene attraverso un’emozione che permette di vedere nel firmamento le medesime costellazioni. E anche la memoria è un’emozione. Non è la memoria che fa insorgere l’emozione, ma è questa che permette il fenomeno della memoria. Il suo insorgere elude il tempo e lo spazio, artifici slegati dall’universo. Elude il nostro frammento di vita nei déjà-vu e nelle conoscenze, anche tecniche, prive di supporto cognitivo. Ed è un’emozione che può scatenare una patologia e una guarigione.

Come noi creiamo per mezzo di un’emozione, così l’emozione crea il mondo. Riconoscendo che solo entro un’emozione agiamo e creiamo, possiamo riconoscere il legame con l’infinito.

I via via più raffinati e alti calcoli per elaborare algoritmi in grado di simulare le emozioni arriveranno a dissimulare l’anima robotica che le esprime. Sarà allora che l’uomo comune, a mezzo della cultura che gli verrà proposta come verità, crederà di avere a che fare con un suo simile. Sarà allora che la babelica torre avrà raggiunto le quote più elevate e il fracasso del suo crollo non risparmierà niente del mondo. Ogni azione slegata dall’origine è un passo verso il regno del nichilismo. I cristiani lo chiamano perdizione.

Dall’io, dal suo predominio su di noi, dalla nostra inconsapevolezza della sua esistenza, della sua natura e logica, diviene la sofferenza, la gnostica, l’elezione del diritto quale solo strumento per dirimere la vita, generare fittizia giustizia e alimentare uno status quo materialista, evolutivamente sterile.

Il predominio dell’io è un’emozione, un nodo energetico, un cortocircuito che ci separa dall’origine. Che ci condanna a una vita di stenti. Che impedisce di riconoscere la magia alogica, lei sì scientifica, che porta alla conoscenza intima e cosmica. Che ci permette di vedere la banalità del piombo che diviene oro e del “come in alto così in basso”.

Lorenzo Merlo