mercoledì 31 dicembre 2014

Marche. Mercati contadini nel gennaio 2015



Le realtà contadine locali proseguono a confrontarsi per costruire una rete marchigiana di Genuino clandestino, capace di essere fattivamente attiva riguardo le numerose istanze che riguardano il mondo rurale : diritto all'accesso alla terra, campagne per la libera trasformazione alimentare, contrasto al modello dell'agroindustria dominante, dell'omologazione dei saperi e dei sapori, dell'avvelenamento del pianeta e le tante iniziative a favore dell'autodeterminazione alimentare. L'Oltremercato di Pesaro e Seminterrati, entrambi realtà della rete Genuino Clandestino, aderiscono il 24 gennaio 2015 alla chiamata nazionale NOEXPO e convocano il I° incontro/mercato regionale Genuino Clandestino Marche ad Osimo (An). Invitiamo tutte le realtà del territorio, Contadini ed attivisti a partecipare all'assemblea preparatoria del 10 gennaio 2015 alle 16.30 alla CUPA di Ancona, per costruire insieme la giornata del 24. 

Info. (Oltremercato marchigiano) prehistoricfuture@hotmail.com"  

martedì 30 dicembre 2014

Fine d'anno senza più botti


Anche Accademia Kronos si appella al buon senso delle persone e, soprattutto, dei sindaci perché si eviti di far del male ai nostri amici animali. Bravi quei sindaci che hanno provveduto ad emanare ordinanze che vietano l’uso di petardi e altri fuochi d’artificio rumorosi , meno bravi invece quei sindaci distratti o, peggio, complici di chi ama produrre a fine anno botti e frastuoni eccessivi. 
Cani e gatti, nonché cavalli, bovini ed ovini hanno un udito molto più sensibile del nostro, un rumore che per l’udito umano, come 80 decibel, rasenta la soglia del dolore, per un animale è già soglia del dolore. E’ come se il nostro udito dovesse subire un impatto di 130/140 decibel. E’ comprensibile quindi il terrore di questi animali quando sentono scoppi violenti. Nelle mucche da latte si è riscontrato che dopo essere state sottoposte a rumori forti per oltre un quarto d’ora la loro produzione di latte diminuisce dal 10 al 20%. Per gli uccelli la questione è ancora più drammatica, infatti i forti botti improvvisi  in alcune specie possono causare arresti cardiaci. Oltre a ciò violenti rumori nella notte, quando gli uccelli riposano, causano un fuggi fuggi generale e caotico che causa spesso violenti scontri in volo  tra di loro o impatti contro superfici solide come le mura di una casa. Accademia Kronos, quindi, invita a festeggiare il nuovo anno con fuochi d’artificio colorati e silenziosi, con i “botti” limitati ai tappi delle bottiglie di spumante, con grida d’allegria e canti, ma senza sparare petardi e “mini bombe”. Un segno di civiltà e di incolumità anche verso gli umani. L’Associazione offre l’iscrizione gratuita per un anno agli “sparatori” pentiti che dimostreranno di aver evitato di far troppo rumore a Capodanno.

Gabriele La Malfa 

Articolo collegato: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2014/12/11/31-dicembre-2014-appello-al-sindaci-ditalia-per-interdire-luso-di-mortaretti-durante-le-feste-di-fine-anno/

lunedì 29 dicembre 2014

Treia - Memoria culinaria bioregionale


Treia - Caterina Regazzi bambina in braccio alla nonna Annetta

Mia nonna ricorre spesso nei miei pensieri. Ogni  volta che vado a Treia con Paolo andiamo a fare una visita al locale cimitero e. dopo essere stati dai miei genitori ai quali l'ho "presentato" come il mio fidanzato, siamo stati anche dai miei nonni materni, Anna e Vittorio. 


Lui è morto molto giovane, 31 o 32 anni al massimo, lasciando vedova mia nonna, 36 anni (6 anni più di lui) altrimenti nominata "Annetta", con una figlia, mia madre, di appena due mesi. Già da questo inizio, cara Antonella, ti puoi immaginare che la vita di mia nonna non è stata semplice. Dopo il parto, poi, aveva avuto le febbri puerperali e quindi aveva dovuto "abbandonare" mia madre nelle mani di una balia, amorevole si, tanto che mia madre (Gina), quando mia nonna è andata per riprendersela, a circa un anno (?) non ne voleva sapere di andarsene da lì, ma pur sempre una balia.

Io, come molti figli "ingrati", ho sempre incolpato mia madre di scarsa affettuosità nei miei confronti, ma negli ultimi anni l'avevo un po' "perdonata" pensando all'infanzia che deve aver passato, senza padre e con una madre giovane vedova, infanzia di cui lei comunque non si è mai lamentata, anzi, lei ha sempre adorato sua madre, mia nonna e se raccontava qualche episodio della sua infanzia erano esclusivamente ricordi felici.

Mia nonna era nata nel 1898, a detta di Paolo, anno del Cane, e quindi da lei avrò pur preso qualcosa essendo io nata la stagione del Cane (Bilancia), mentre mia madre era del 1932, lei Scimmia, e Paolo è un altro Scimmiotto (1944).

Erano 9 tra fratelli e sorelle. Io non li ricordo tutti neanche nel nome. Alcuni erano morti da piccoli, alcuni altri sono emigrati in Argentina e di questi se ne erano perse le tracce, i rimanenti erano, oltre mia nonna, due fratelli più piccoli (Antonio - Antò- e Giuseppe - Peppe) e una sorella più grande, Maria (Mari'). Questi li ricordo tutti bene. So che lei, essendo rimasta in casa più a lungo dell'altra sorella (mia nonna si era sposata a 35 anni) aveva fatto un po' da "servetta" ai fratelli curandoli amorevolmente fino a quando non si erano sposati, tutti e tre in tarda età (specialmente mia nonna) e quando in estate mi trasferivo a Treia per tre mesi con lei, sulla credenza c'erano sempre e specialmente il martedì, giorno di mercato, il ciambellone e il vermouth, per accogliere degnamente i fratelli e i nipoti in visita, dato che, mentre noi stavamo in paese, nella casa che ora accoglie Paolo, gli altri facevano i contadini e vivevano nelle campagne circostanti. 
Era una gran festa per mia nonna ricevere i suoi fratelli, si volevano veramente una gran bene ed era commovente vederli abbracciarsi, baciarsi e ridere insieme. Mia nonna aveva una pancia molto voluminosa e quando rideva questa pancia sembrava si animasse, ballava con lei.................... 

Dopo la morte di mio nonno e il "recupero" della figlia mia nonna si dovette rimboccare le maniche ed trovò un lavoro da "governante" presso un uomo che aveva fatto i soldi emigrando in Argentina. Non so in seguito a quale incidente o malattia aveva perso una gamba (aveva la gamba di legno, anzi , ne aveva due, una per i giorni normali ed una per i giorni di festa) ed era tornato in Italia, ad Appignano, un paesino vicino a Treia ma ancora più piccolo (e meno bello). Aveva bisogno di chi lo accudisse , mia nonna aveva bisogno di lavorare e così lei si trasferì con la piccola "Ginetta" in quel paesino, famoso per la produzione di cocci e coccetti, terrecotte anche di piccolissime dimensioni con cui ho sempre giocato anche io da bambina e per le fabbriche di mobili.

Lui si chiamava Giacomo Andreani, detto "Andrià":era un uomo burbero, ma generoso e mia madre era una bimbetta che sapeva farsi voler bene (come tutte le Scimmie); lui la teneva sulle ginocchia e forse le raccontava le storie della sua gioventù. Quando morì lasciò a mia nonna del denaro con cui lei acquistò la casa di Treia, dove si trasferì e dove mia madre visse la sua giovinezza. 

La casa era su due piani abitabili, venne acquistata in blocco dalle due sorelle Annetta e Marì, indivisa (la divisione fu fatta successivamente alla loro morte dai figli, cose di eredità) un piano lo abitò mia nonna e il piano superiore sua sorella. Ma ecco che ricominciavano i problemi economici per la piccola famiglia, allora mia nonna si trasformò in "pensionante", cioè affittava le stanze ai "forestieri" fino anche a cedere il suo letto a gente che veniva da fuori per lavoro, tra cui preti e professori. Lei si arrangiava a volte a dormire su una grande e dura cassapanca, che ora, dopo essere stata restaurata e lucidata, fa bella mostra di sé nel mio soggiorno a Spilamberto. Prima era passata da Bologna, dalla casa dove vivevo con il padre di Viola, e quando mi sono separata e me ne sono andata è stato l'unico mobile che ho voluto portare via con me.

Mia madre ricordava quello come un bel periodo della sua vita, in mezzo a gente da cui imparò ad amare la lettura e , nella sua semplicità, una certa cultura.

E mia nonna cucinava e cucinava...... E cucinando cucinando ha trasferito la sua attività da Treia a Roma, seguendo mia madre che nel frattempo si era sposata con mio padre. Chissà se ha sofferto nel lasciare il suo paese e i suoi fratelli! Forse la consolava il pensiero che, comunque, era previsto e così è stato finché è vissuta, che la bella stagione lei la passava comunque a Treia con me, che dopo due anni sono venuta al mondo.

A proposito di cucina le sue specialità, che sono poi le specialità della sua zona di origine erano: vincisgrassi, una sorta di lasagne con un sugo di carne particolare, come è il sugo di carne alla marchigiana, cioè con carne di manzo e odori (cipolla e poco altro) a pezzi e non tritati come nel ragù alla bolognese (la specialità dell'altra mia nonna, ma questa è un'altra storia, meno conosciuta da me e meno variegata), gnocchi di patate, con il solito sugo di carne (questi li faceva altrettanto buoni, se non addirittura migliori, mia zia Augusta, una cugina di mia madre, figlia di quella zia Marì), ravioli di ricotta, tagliatelle (entrambi col solito sugo), tagliolini in brodo........

Quanto mi piaceva vederle fabbricare con perizia e precisione quei manicaretti! 

Per i ravioli faceva la sfoglia rigorosamente a mano sul tagliere col mattarello, poi la tagliava a quadri, metteva al centro di ognuno un mucchietto di ripieno fatto con ricotta di pecora, parmigiano, uova, sale e un po', se non ricordo male, di noce moscata. Ogni riquadro veniva ripiegato in due a forma di rettangolo e per chiudere meglio i bordi veniva usato un ditale, premuto in quattro punti con la precisione di una macchinetta. La festa continuava per me che ero addetta alla ripulitura con le dita della ciotola in cui era stato il ripieno... che dopo il mio intervento riluceva come appena uscita da una lavastoviglie.

I tagliolini erano l'apoteosi della precisione: dopo aver fatto la sfoglia ed averla fatta un po' asciugare, veniva arrotolata stretta e un po' schiacciata e poi, tenuta ferma con la mano sinistra, con la destra armata di un coltello con la giusta affilatura veniva "affettata" come un salame con un ritmo cadenzato e regolare che produceva un rumore che ancora mi risuona, dopo più di 40 anni, nelle orecchie: "zum! zum! zum! ......" ed ogni 10 - 15 tagli, la sfoglia affettata veniva aperta a formare dei nidi che poi venivano lasciati sul tagliere ad asciugare. La misura del taglio veniva data dalle dita della mano sinistra sfiorate ogni volta da quel coltello affilato ed io tutte le volte mi domandavo, tra me e me: "Ma come fa a non tagliarsi mai?

A quel tempo mia madre lavorava, era un'infermiera (lei ci teneva a sottolineare che era un'infermiera professionale con diploma di caposala), ma aveva lavorato in ospedale per pochi anni, a Roma, poi, dopo la mia nascita, aveva deciso di lasciare l'ospedale per un lavoro più tranquillo, più vicino a casa, senza i turni massacranti e “sfasanti” che ancora oggi gli infermieri che io sappia devono fare. Mia nonna era un grosso aiuto per lei. Mia madre non sapeva cuocere neanche un uovo al tegamino, mia nonna non la voleva in cucina e le diceva: “Tu hai studiato, pensa a fare bene il tuo lavoro, a far da mangiare imparerai quando non ci sarò più!”. 

E così è stato: mia nonna se n'è andata in fretta, senza darci tanto da fare in un inverno in cui una brutta forma di influenza ne portò via tanti, quando io avevo 10 anni e mia madre 37. Mia madre ha cucinato per qualche mese fettine di carne, pasta al burro e minestrina di dado, dopo di che, forse per disperazione sua, mia e di mio padre, ha cominciato a comprare libri di cucina ed uno in particolare: “La cucina dalla A alla Z” di Carnacina e, tra tutte le ricette disponibili sceglieva quelle della cucina romanesca. Pur non essendo romana evidentemente voleva fare parte di quella terra che l'aveva così amorevolmente accolta e così giù con code alla vaccinara, penne all'arrabbiata, bucatini all'amatriciana, spaghetti alla carbonara, coratella coi carciofi.... aveva una sapienza nell'aggiungere la giusta dose di sale e di aromi, dare quel tocco che seguire pedissequamente una ricetta non può dare, come se anche in lei geneticamente ci fosse una predisposizione naturale a dare ai cibi la giusta amalgama di sapore. Essendo cresciuta con questi sapori, come potrei mai disprezzare la carne ed avercela con chi, senz'altro più di me, la consuma?

Caterina Regazzi

























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Commento di Paola Botta Beltramo: "Dopo aver letto il bel   ricordo di Caterina   ho ripensato alle mie nonne:

si  chiamavano entrambe Secondina; quella materna detta Dina e quella
paterna detta Didi.  La nonna  materna, figlia di agricoltori un po’
benestanti  ma che hanno lasciato l’intera eredità, come usava allora,
al solo figlio maschio,  visse  modestamente  dedicandosi  alla cura
del marito e delle tre figlie.

Verso gli ottanta anni, ha lasciato il corpo  a 92,  iniziò a
trascorrere  ore davanti  ad una finestra della sua casa ad osservare
il sole al tramonto.  Un giorno le chiesi se non si annoiava e lei,
dopo un breve silenzio, mi confidò –non l’aveva mai detto a nessuno –
che vedeva nel sole scorrere  dei filmati  con tanti personaggi  anche
storici  che non riconosceva. No, non era demenza senile , era molto
razionale e ben consapevole che era preferibile non parlarne.
Inoltre, sarà stato per   l’osservazione del sole come rilevò  il dr.
Bates, lesse senza l’uso di occhiali  fino alle fine della sua  vita
terrena.

Didi, la madre di mio padre, era anch’ella una donna di semplici
costumi e poco colta come la mia nonna materna ma anch’ella mi ha
insegnato a credere nella vita oltre la vita e nella possibilità della
comunicazione telepatica. Nel 1942 ricevette la comunicazione che i
suoi due figli  erano periti nel corso della guerra. Ella disse
serafica al messo comunale che non era vero perché li aveva sognati e
sapeva che uno era lievemente ferito e che l’altro era prigioniero.
Molte persone intervennero per convincerla ad accettare  quella dura
realtà e per un po’ di tempo, fino al rientro dei figli, fu
considerata malata mentale e poi  una persona un po’ strana e perciò
osservata con un po’ di diffidenza. Ma, nonostante le dure prove
subite,  visse anch’ella in buona salute fino  a 94 anni.

Grazie Caterina e Paolo per tutto  e molti auguri di  buon anno.   Paola

Ronciglione, dal 23 al 25 gennaio 2015 - Stage sui "contratti di fiume"



Alla fine abbiamo trovato docenti e il periodo per partire con il primo stage sui contratti di fiume. Ricordiamo che i Contratti di Fiume (CdF), anche sotto forma di Contratti di Lago, Falda, Foce, Costa, Paesaggio Fluviale, rappresentano una nuova figura professionale capace di assemblare le varie istanze di base e quelle istituzionali per la difese di ambienti naturali interessati caratterizzati da corsi d’acqua. 

Il tutto per dare una risposta serie che nasce dal basso al fine di fronteggiare il continuo diffondersi del dissesto idrogeologico e la precarietà di un territorio reso sempre più vulnerabile dall’eccessiva antropizzazione e dalla carenza di manutenzione del territorio. Ma oltre ciò i CdF  hanno la valenza di valorizzare aree naturali usufruibili da un turismo responsabile. Ora sono molti i comitati di salvaguardia dell’ambiente, gli stessi comuni a volerli proporli e realizzarli. Pochi però sanno come fare, qualcuno ha supposto che la procedura sia la stessa dell’Agenda 21, un insieme di organizzazioni locali e persone interessate allo stesso problema che in parte cercano di trovare, attraverso un documento condiviso, un accordo e un programma. In linea di massima è in parte così, infatti la finalità è sempre quella della difesa dell’ambiente e del territorio. Tuttavia dall’Agenda 21 i Contratti di Fiume si discostano nell’aspetto scientifico e giuridico, infatti in questo caso non si può prescindere da precise conoscenze tecniche e scientifiche legate al fiume o al lago. Ecco perché serve una figura professionalmente.

Da qui la volontà di Accademia Kronos di istruire e formare i primi professionisti in questo settore.  Il programma prevede  uno stage e full immersion che va da venerdì 23 gennaio a domenica 25 gennaio 2015. Le lezioni si terranno presso la sede nazionale dell’Associazione a Ronciglione. Per i giovani in cerca di lavoro qualificato è anche un modo di aprirsi ad una nuova professione.

Accademia Kronos, in qualità di ente protezione natura riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente, alla fine degli stage potrà rilasciare attestati capaci di convalidare questa nuova figura professionale.

Chi interessato prenoti subito o chieda informazioni alla segreteria di Accademia Kronos ai n. 0761.093080 – 338.8513915 o via e mail: ak@accademiakronos.it.

domenica 28 dicembre 2014

Ecologia, causa ed effetto - Ovvero: Dio perdona la natura no...


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Che la natura sostenga l’uomo e lo nutra è vero, ma è anche vero che la Natura ha una sua logica in un percorso ben preciso nell’evoluzione della vita sulla Terra che non può essere disconosciuto.  Frasi come: “La Natura è buona e prodiga e l’uomo la deve non solo rispettare ma imitare…” mi hanno fatto rispondere, in silenzio dentro di me, perché se lo avessi detto ad alta voce mi avrebbero ”sbranato”:  La Natura va presa per quella che è, per prima cosa non è al servizio dell’Uomo, ma della vita in genere, da quella unicellulare a quella più complessa. 


Alla Natura interessa che la vita su questo pianeta non di estingua, ma continui a manifestarsi e ad esistere, per questo motivo ha creato una serie di meccanismi che consentono ad ogni forma di vita di svilupparsi e sopravvivere. Per la Natura la vita vuol dire solo una attività biochimica capace di trasformare l’ambiente da inanimato in animato. Che ciò possa farlo un essere unicellulare o un mammifero conta poco, importante che non si fermi il processo di sviluppo della vita.

La Natura si è dotata di uno strumento eccezionale, l’evoluzione. Da una semplice cellula, in un tempo molto lungo, si è arrivati ad esseri pluricellulari sempre più complessi, fino a forme di vita pensanti e capaci di prendere coscienza di sé.

E’ ormai scientificamente appurato che la vita viene dallo spazio, vedi la teoria della Panspermia cosmica. Aminoacidi, come la Glicina, virus e batteri viaggiano sulle comete e sugli asteroidi e quando giungono su un pianeta, se ci sono le condizioni ambientali idonee, iniziano ad attivare il processo evolutivo.

Questo è capitato sul nostro pianeta, ma anche su altri miliardi di pianeti sparsi nell’universo.

In tutto questo va considerata la Natura per quello che è, per il suo compito universale. Sul nostro pianeta alcuni miliardi di anni fa virus e batteri, grazie a due elementi determinanti per lo sviluppo della vita, il Sole e l’acqua, hanno creato le condizioni perché noi oggi, esseri senzienti, possiamo stare qui a scrivere e a parlare.

La Natura nel suo compito di dar la vita si è dotata di strumenti per noi umani a volte incomprensibili e a volte crudeli, come uccidere altri esseri, nutrirsi di loro, eliminare l’eccessiva crescita delle popolazioni, dagli insetti ai mammiferi, attraverso epidemie, malattie o catastrofi climatiche e geologiche; il tutto ai fini di garantire comunque la vita su questo pianeta. Quanta impressione può fare in noi umani la scena di un orca che raggiunge un cucciolo di foca vicino alla costa e con un boccone lo spezza in due e poi lo divora. Quanto orrore proviamo nel vedere l’arrivo di un nuovo maschio dominante in un branco di leonesse che uccide tutti i cuccioli della sua specie, solo per attivare l’estro delle femmine. E ancora, quanto rimaniamo inorriditi quando vediamo che alcuni mammiferi più piccoli, come ad esempio i criceti, appena partoriscono possono divorare alcuni loro piccoli solo perché ritenuti malati o in numero superiore al latte che possono disporre per alimentarli. E ancora esempi a non finire come il pesce più grande che mangia quello più piccolo, ecc.  Tutto questo cosa vuol dire? Semplicemente che la Natura ha un suo preciso obiettivo, come abbiamo già detto, quindi non va troppo per il sottile. Per cui niente poesia o sentimentalismo, la Natura è quello che è, prodiga e spietata nel contempo.

Anche l’uomo fino a un paio di secoli fa era per la Natura uno dei tanti esseri presenti sulla Terra, ma nulla di più, quindi soggetto alle regole dell’evoluzione, capaci di intervenire anche sulla limitazione della specie per non danneggiarne altre.

L’intelletto dell’uomo però alla fine è riuscito a sovvertire  queste regole. L’uomo ha scoperto le cause delle malattie, delle infezioni mortali, delle grandi pandemie, ha trovato i rimedi, che la stessa Natura disponeva, ed ha bloccato il processo di regolamentazione dell’espansione demografica di una specie, in questo caso la nostra.

Tutto questo però ha prodotto un forte squilibrio sulla Terra. L’uomo ha preso a crescere in maniera incontrollata, dai 300 milioni di abitanti all’epoca di Cristo oggi abbiamo superato i 7 miliardi e tutto questo a discapito di altre specie viventi sulla Terra. Abbiamo ridotto spazi verdi, inquinato terreni, fiumi e mari, abbiamo azzerato centinaia di specie viventi.

L’uomo quindi ha rotto i meccanismi che gestivano gli equilibri su questo pianeta e quindi ha esposto la stessa umanità ad una probabile estinzione. Non a caso da qualche anno la FAO e altri organi internazionali come UNEP e la IPCC ipotizzano scenari catastrofici per l’uomo del futuro. La stessa FAO in un recente summit a Roma ha dichiarato apertamente che andando avanti di questo passo tra qualche decennio saremo costretti a cercarci un altro pianeta.

I teorici di “Gaia vivente” prevedono invece che la Natura troverà comunque una soluzione, purtroppo non allegra per noi umani, infatti si temono pandemie inarrestabili causate da virus o da batteri resistenti ad ogni cura, oppure lo scatenarsi di una guerra mondiale capace di riportare la popolazione umana a meno di un miliardo di abitanti.

Quindi ai nuovi filosofi dell’ambiente rispondo che non è la Natura buona e prodiga, alla Rousseau, con cui conviviamo e dobbiamo confrontarci continuamente, ma una Natura nella sua funzione primaria di controllo e salvaguardia della vita su questo pianeta. Per la natura la morte di un batterio, di una pianta, di un animale è un processo logico senza il quale la vita stessa non esisterebbe. Prendiamone atto e non divinizziamo oltre il dovuto questa Natura, ma prendiamola per quella che è.

In tutto questo oggi però c’è, per noi umani un po’ più attenti degli altri alle dinamiche che regolano la vita su questo pianeta, una profonda preoccupazione. In Natura esiste il meccanismo del feedback o retroazione, ossia ad un input corrisponde sempre una risposta. Nel caso dell’ecologia se eliminiamo una specie, sia essa vegetale o animale, creiamo un vuoto che in un tempo più o meno veloce viene coperto da altre forme di vita. Questo si nota soprattutto in campo forestale (nelle aree temperate del pianeta) quando un incendio distrugge la vegetazione arboricola, sul terreno sterilizzato dal fuoco, le piane superiori non hanno il tempo di riaffermarsi, perché altre piante, quasi sempre arbusti, che hanno tempi di accrescimento più rapidi, vedi le ginestre, occupano tutti gli spazzi liberati dal fuoco e non consentono più agli alberi originali di svilupparsi. La stessa cosa accade quando si distrugge un habitat forestale in cui insetti e batteri hanno trovato in lunghi tempi un loro equilibrio all’interno di quel ecosistema senza uscirne fuori. In questo caso batteri anche patogeni ed insetti che li veicolano finiscono per invadere spazi fino ad allora immuni da tali presenze. Questi sono esempi di come la Natura risponde a certi eventi traumatici. In quelle aree devastate prendono il posto realtà più capaci e veloci relativamente al processo di adattamento.

Tutto questo serve per capire che l’uomo non può pensare di dominare senza effetti collaterali l’ambiente, né di essere immune dalla ritorsione o feedback  della Natura. Nessuno può pensare d’essere fuori delle rigide regole  dettate dalla Natura. La morte, ad esempio, è una realtà imposta dalla Natura e fino ad oggi non mi sembra che qualche essere su questo pianeta sia riuscito a vincerla. Dobbiamo anche ricordare che la Terra ha visto per 8 volte l’estinzione in massa della vita. La Natura ha sempre vinto e nonostante l’azzeramento della vita causata da fenomeni geologici, climatici e astronomici è sempre riuscita a farla risorgere.

Quindi quando scienziati ed ambientalisti parlano di salvare la Terra, mi viene da sorridere perché, come abbiamo visto,  il nostro pianeta con l’aiuto della Natura, sa pensare a se stesso. Semmai si dovrebbe dire di salvare l’uomo, perché questo mammifero ha preso la strada della sua autodistruzione e la Natura in questo caso non può farci nulla, semmai sostituirci.

La Natura, quindi va  rispettata nella sua funzione di creatrice e protettrice della vita in generale. Quindi non solo protetta, come dicono gli amici ambientalisti, ma soprattutto "temuta" perché, come recentemente ha affermato Papa Francesco in una sua omelia  (in occasione dei disastri climatici della Liguria prodotti dall’abuso dell’uomo sull’ambiente): " …. Dio perdona sempre,  la Natura no!".


Ennio La Malfa

sabato 27 dicembre 2014

Bioregionalismo, un sentiero senza mappe ma con tanto buonsenso


Caminante, no hay camino, se hace camino al andar" (Antonio Machado)



La nostra strada verso l'ecologia profonda, verso l'attuazione del bioregionalismo, non  è segnata, non abbiamo mappe da seguire, indicazioni che stabiliscano il cammino... ma per procedere dobbiamo iniziare a camminare.

La continuità della nostra società, in quanto specie umana, richiede una chiave evolutiva, una visione globale, per mezzo della quale aprire la nostra mente alla consapevolezza di condividere con l’intero pianeta l’esperienza vita.

Questa è la visione dell'ecologia del profondo, la scienza dell’inscindibilità della vita.


Ne consegue che sia la politica che l’economia umana devono tener conto dell’ecologia per avviare un progresso tecnologico che non si contrapponga alla vita e che sia in sintonia con i processi vitali del pianeta. La scienza e la tecnologia in ogni campo di applicazione dovranno rispondere alla domanda: E ciò ecologicamente compatibile? I macchinari, le fonti energetiche, lo smaltimento dei sottoprodotti, la produzione di alimenti, il rapporto con gli animali, dovranno essere realizzati in termini di sostenibilità ecologica.

Deve essere avviato un rapido processo di riconversione e riqualificazione industriale ed agricola che già di per se stesso sarà in grado di sostenere l’economia. Infatti la sola riconversione favorirà il superamento dell’attuale stato di enpasse economico e sociale. Una grande rivoluzione umana comprendente il nostro far pace con la vita globale del pianeta.

La chiave evolutiva da noi proposta sta nel cambio radicale di visione, passando dal criterio di destra-sinistra (ormai superato dalla situazione) ad una coscienza di compresenza e compartecipazione del contesto vitale, una coscienza priva di ipocrisia e furbizia, tesa all’approfondimento dei valori della vita (nella società e nell’habitat).  Infatti abbandonando il concetto ormai obsoleto di destra-sinistra possiamo tranquillamente entrare nel mondo dell’appartenenza e condivisione. La consapevolezza di essere parte integrante del tutto l’unica strada per uscire dal vortice di una ripetitiva e rovinosa barbarie.


Paolo D'Arpini


(Fonte: http://www.aamterranuova.it/Blog/Riconoscersi-in-cio-che-e/)

venerdì 26 dicembre 2014

Tracce di ecologia profonda e di bioregionalismo


Un ponte sul fiume Treja 

L'ecologia profonda sostiene la centralità della natura, della Madre Terra e non più dell'uomo, ossia la pari dignità tra montagne, fiumi, mari, piante, animali e esseri umani. Questa consapevolezza deve portarci a riprendere coscienza di essere solo una parte del complesso mondo naturale e riscoprire il lato selvatico della nostra mente. L'ecologia profonda non afferma però nessuna novità ma parte dai saperi tradizionali popolari (per esempio l'antica saggezza dei nativi americani o degli aborigeni australiani) e dalle dimensioni spirituali dei popoli occidentali e orientali.

Se l'ecologia profonda è la grande visione, la semplicità può allora essere quella che è stata definita la sua applicazione pratica, il bioregionalismo.

Vivere in un luogo, chiederci chi siamo, dove siamo, praticare una
vita ecologista nei suoi riflessi sociali, politici ed economici
all'interno di una comunità locale ma anche a casa propria, con i
propri cari, al lavoro, in ufficio, in ogni momento (the real work -il
lavoro reale, come è stato definito dal poeta americano Gary Snyder).

Il nostro luogo è la nostra bioregione, intesa come un organismo
vivente definito da un'area dove prevale un'omogeneità di clima,
geologia, suolo, vegetazione, fauna e vita umana dovuta a secoli e
secoli di evoluzione morfologica, biologica e culturale.

Una bioregione può essere un bacino fluviale o una catena montuosa e
le sue dimensioni possono variare a seconda delle condizioni naturali
e culturali locali. Ognuno di noi vive all'interno di una bioregione,
in una situazione che può essere sia rurale che urbana, e lo sforzo da
fare è quello di ri-conoscerla, ri-trovarsi in essa come nella propria
casa e di questa conoscere tutte le potenzialità e le risorse
naturali, sociali e culturali, alla ricerca di un modo di vivere
sostenibile e locale in armonia con le leggi della natura e con tutti
gli esseri viventi. Peter Berg, uno dei fondatori del bioregionalismo,
ha definito la bioregione come «tanto il terreno geografico quanto il
terreno della coscienza».

Una società basata sui principi dell'ecologia profonda e del
bioregionalismo, una società ecocentrica, non più antropocentrica,
dovrebbe necessariamente partire da una condivisione di questi stessi
principi da parte della maggioranza dei suoi componenti, donne e
uomini. Ovviamente allo stato attuale delle cose in Italia, come nel
resto del mondo, ciò rimane una grande utopia. Questa utopia che
potremmo definire ecospirituale, possiede però una grande forza che
scaturisce dal riproporre una saggezza antica, uno stile di vita che
ha funzionato sul pianeta per migliaia di anni, dalle società dei
cacciatori-raccoglitori dell'età della pietra e del neolitico fino ai
nostri giorni (infatti funziona ancora con mille difficoltà tra le
popolazioni tribali). Bioregionalismo significa semplicemente vivere
in un luogo in armonia con la natura, saper celebrare la propria
bioregione e i cicli naturali, sentirsi parte della trama della vita
come insegna anche l'ecologia profonda.

Noi vogliamo recuperare l'antica consapevolezza delle popolazioni
native e tribali e la vera dimensione spirituale dei popoli
occidentali e orientali, affiancandole ad un uso cosciente della
tecnologia al servizio dell'umanità e della natura per aiutare la vita
a riprodursi e non più per dominare il mondo. Imparare a ri-abitare la
Terra, il luogo dove viviamo, può servire per salvare noi stessi e la
biosfera.

(Stefano Panzarasa -  Gaia newsletter - documenti, n. 2, 1995)

Fonte internet: Est-Ovest.net)


Stefano Panzarasa, mostra il pane,  a Calcata



giovedì 25 dicembre 2014

Bioregionalismo - Il sogno della Terra, un antico futuro… e la storia dell’universo

Quindici miliardi di anni fa iniziò una fantastica storia che noi viviamo ancora oggi e di cui, sempre oggi, siamo noi umani chiamati a scrivere, più o meno responsabilmente, le prossime pagine…

In quel tempo lontano, attraverso un significativo processo di autoorganizzazione, nacquero le galassie, le stelle, la nostra Via Lattea e il sistema solare, la luna, la terra con le sue montagne, i mari e fiumi… Poi i primi organismi unicellulari, la vita! E infine le piante, gli animali e, quando il pianeta rifulgeva ormai di una infinita bellezza e tantissime varietà di esseri viventi, arrivarono anche gli umani, i primi a prendere coscienza di loro stessi e anche, in seguito, di tutto ciò che significava la loro esistenza sulla terra e il far parte dell’interà comunità terrestre. Poi qualcosa cambiò e circa 6000 anni fa gli umani decisero di uscire dalla comunità, distaccarsi dalla natura, passare dalla visione della Terra come madre a quella patriarcale di dominio sulla stessa terra.

Thomas Berry nelle sue opere, rifacendosi anche alla teoria di Gaia, la Terra come essere vivente, cerca di recuperare l’intera tradizione spirituale occidentale cristiana, sostituendo però al Cristo storico il Cristo-Universo e vedendo l’intera creazione cosmica come una manifestazione di un sacro mistero divino. Essere cristiani per lui ormai significa ricollegarsi al funzionamento armonico e integrale del sistema biotico planetario. Attualmente i cristiani se vogliono avere ormai una prospettiva in chiave ecologica (e i nostri tempi di disastri ambientali sembra non chiedano altro), devono accettare il tempo evolutivo come tempo sacro e la storia dell’universo come storia sacra…

Theilhard de Chardin, l’evoluzione e il punto omega:

Le idee innovative ed ecologiste di Thomas Berry vengono dal suo essere un discepolo di un altro grande personaggio della storia alternativa della Chiesa Cattolica, Pierre Theilhard de Chardin (1881-1955), gesuita, teologo e geologo che per primo nella prima metà del secolo scorso portò all’interno della chiesa, tra mille difficoltà e incomprensioni, l’idea evoluzionistica dell’universo. Teilhard de Chardin fu un moderno mistico e visionario però saldamente ancorato alla scienza (era un paleontologo) e quindi cercò per tutta la vita di coniugare ricerca scientifica, concetti filosofici e dottrina teologica provando a dare un senso cristiano a tutta la storia dell’universo, fino alla comparsa degli esseri umani e il loro rapporto con Dio.

Le tante intuizioni di Teilhard de Chardin sulla noosfera (dalla litosfera all’’atmosfera, idrosfera, biosfera e infine alla noosfera come involucro pensante della Terra), sul punto omega (dall’alfa all’omega, dall’inizio dell’universo al punto, omega, verso dove l’universo evolve e converge, l’unione con Dio presente in tutte le cose, l’ambiente divino), sull’amore (energia psichica cosmica motore della creazione ed evoluzione dell’universo), sul femminino (l’inizio del tutto al femminile, nuovo concetto di creazione, rovinata poi dal maschile ma salvata in seguito dalla venuta di Cristo), sul concetto di cristico (il cosmico, l’evolutivo e l’umano, il convergente), sulla stoffa cosmica (unione di spirito e materia), per finire alla definizione della legge di coscienza e complessità (l’insieme dei fenomeni di autorganizzazione della vita e di direzionalità dell’evoluzione), hanno dato una nuova prospettiva sacra alla presenza degli umani sulla terra e acora di più, come dice Thomas Berry, nel luogo dove vivono e dove possono praticare ogni giorno uno stile di vita in armonia con la natura (bioregionalismo).

Determinante nel pensiero di Thomas Berry è il riconoscimento che attualmente gli umani hanno rotto il patto con Dio, con l’universo e con la Terra ed è necessario apprenderne tutta la gravità per ricominciare l’importante compito di conservazione della creazione e di costruzione di una terra pronta per il punto omega – tanto caro a Teilhard de Chardin – una terra più giusta, fatta di uguaglianza e non di sofferenza e dolore (e in chiave ecologista e bioregionalista Thomas Berry lo direbbe non solo per la comunità degli umani ma anche per tutte le comunità di esseri viventi, piante e animali e non-viventi, montagne, fiumi, valli, mari, cielo…). Una bella immagine del punto omega ce la offre il fisico Brian Swimme, a sua volta allievo di Thomas Berry, facendoci pensare a come l’universo da un punto iniziale sia passato per miliardi di rocce inanimate fino a una madre che allatta con tanto amore il suo bambino…

Ecco quindi che il pensiero di Theilard de Chardin tanto evoluzionista quanto incentrato sulla sacralità dell’universo, si può definire proto-ecologista e anche ispiratore di importanti teologie successive come la teologia della liberazione e la teologia ecologista e bioregionalista di Thomas Berry che insieme hanno dato le basi per una nuova religione universale fondata sul mistero sacro dell’evoluzione dell’universo e sul ruolo e di riconciliazione fra gli umani e la terra per perseguire insieme alla terra stessa il progetto dell’universo.

Significativo è notare che il pensiero di Teilhard de Chardin, pur essendo stato oggetto di molte critiche scientifiche, filosofiche, teologiche, e recentemente anche ecologiche (c’è da dire che ai suoi tempi le problematiche ambientali del pianeta ancora non si erano manifestate con tanta gravità come ai giorni d’oggi e che il suo discorso quindi era centrato principalmente sugli esseri umani), mantiene tutt’ora intatta la profondità e importanza delle sue intuizioni e che, pur con le oppurtune modifiche e rettifiche, come è giusto che sia in un corretto processo di evoluzione di un pensiero, è tutt’ora da considerare come una delle più grandi visioni del passato capace ancora di portare efficacia nel presente.e speranza per il futuro.

La mistica della Terra, gli ecologisti e il “Manifesto” per l’Era Ecozoica

Thomas Berry afferma che c’è un pressante bisogno di una rinnovata mistica della terra e che debbono venire alla luce nuove figure di guide spirituali capaci di coniugare scienza ecologica e senso del sacro; queste figure attalmente non possono più essere né i preti, né i guru, né gli sciamani ma bensì gli ecologisti integrali, le uniche persone, donne e uomini, capaci di ascoltare la voce del pianeta, ciò che Gaia, la Madre Terra ha da dire agli umani e di riportare in linguaggio comprensibile le leggi della natura, della selvaticità, dei cicli ecologici, insomma le leggi che definiscono il cerchio sacro della vita. Il fine è di guidare gli umani e la terra, nella sua interezza di tutte le comunità di viventi e non-viventi, verso che quella che Berry ha chiamato Era Ecozoica, una nuova era di consapevolezza ecologica profonda in contrapposizione alla moderna e devastante Era Tecnologica che sta portando il Pianeta intero verso una catastrofe senza precedenti. Attenzione, dice Thomas Berry, in questo momento così drammatico per il pianeta è importante celebrare la Passione della Terra piuttosto che la Passione di Cristo…

Nel Manifesto dell’Era Ecozoica, scritto da Thomas Berry circa quindici anni fa, sintesi semplice e profonda del suo pensiero, vengono presentati 14 punti fondamentali in cui si parla dell’Universo come comunione di soggetti e non come di una collezione di oggetti, della centralità della terra e non più degli umani, del riconoscimento della dimensione femminile della terra stessa e della necessità di una nuova sensibilità religiosa insieme ad un nuovo linguaggio e archetipi ecozoici, eccetera. Da notare che nel documento non vengono usate mai né la parola Dio, né Cristo e questo mi sembra un importante passo verso un rinnovato senso del sacro in chiave ecologica universale.

Per Thomas Berry abbiamo davanti a noi, se vogliamo, un futuro ecologista che potrà salvare noi e il pianeta, un futuro pieno di speranza, e questo futuro potrà arrivare solo dopo quello che Berry definisce Il Grande Lavoro (”The Great Work”, titolo anche di un suo importante libro scritto nel 1992 insieme a Brian Swimme) ovvero creare un ambiente di vita dove gli umani vivano in una mutua e profonda relazione con la più ampia comunità dei sistemi che governano la vita.

Marija Gimbutas e la civiltà pacifica e egualitaria dell’Antica Europa

Fin qui ho cercato di riportare, in una sintesi molto estrema, il pensiero profondo di due grandi personaggi, Teilhard de Chardin e Thomas Berry che sicuramente hanno agito in modo coerente, tanto spirituale quanto scientifico, per un rinnovamento della tradizione cristiana. In questa tradizione sono centrali i concetti di redenzione e resurrezione legati alla figura di Gesù e sui quali proverò a fare una breve riflessione frutto più che altro dei miei studi riguardanti un’altra importante figura del secolo scoso, Marjia Gimbutas, archeomitologa (come lei amava definirsi) lituana, emigrata in America durante il nazismo. I suoi studi e ricerche, ormai universalmente accettate dal modo scientifico-archeologico, hanno permesso di sapere che nell’europa neolitica (10.000-4000 a.C) esisteva una vera e propria civilltà nativa legata alla terra, la Civiltà dell’Antica Europa e della Grande Madre, pacifica, egualitaria e rispettosa dei cicli della natura e dove si viveva persino in città di 20.000 abitanti. Questa civiltà e tutte le sue idee e pratiche di vita che protremmo definire proto-ecologiste, furono poi spazzate via dall’arrivo delle bande di guerrieri indoeuropei dall’inizio del 4.000 a.C. e che perdurarono durante qualche millennio portando, anzi imponendo, con estrema violenza e guerre senza fine, la nuova visione patriarcale di dominio sulla natura e disuguaglianza fra gli umani.

Eva, il serpente e il senso del sacro; una speranza per il futuro…

Forse è forse nell’antica civiltà neolitica matriarcale che va ricercato quel paradiso terrestre perduto (la mitica età dell’oro dei greci) cardine principale del pensiero biblico? E’ nell’arrivo dei guerrieri indoeuropei e di guerre e devastazioni mai vissute prima dai popoli neolitici, l’arrivo di un male da cui gli umani vanno redenti? E se dopo la redenzione serve una resurrezione per pensare ad un mondo nuovo che arriverà un giorno per la gloria dei cristiani, questi però lo aspetteranno senza preoccuparsi del qui e ora? Ma allora non potrebbe essere ancora un mondo patriarcale?

La questione interessante è che Teilhard de Chardin non poteva certamente conoscere la storia degli antichi europei neolitici che Marija Gimbutas cominciò a studiare e pubblicare all’incirca intorno al la metà degli anni ’50 (”Il fenomeno umano”, probabilmente il più significativo libro di Teilhard de Chardin fu pubblicato l’anno della sua morte avvenuta nel 1955), Inoltre il libro più importante della Gimbutas, pietra miliare delle sue ricerche: “Il linguaggio della Dea”, è datato 1989, mente il primo libro di Thomas Berry “The Dream of the Earth” (”Il Sogno della Terra”, ancora incredibilmente inedito in Italia) è del 1988. Nonostante tutto, sia a Theilard de Chardin ma specialmente a Thomas Berry, non è ignota la questione dell’arrivo dei guerrieri indoeuropei nell’europa neolitica ma dall’analisi delle loro pubblicazioni in comparazione con quelle di Marija Gimbutas si può capire che specialmente il primo non potesse essere a conoscenza pienamente dlla storia europea, specialmente di quella spirituale degli ultimi 12.000 anni… Quindi come potrebbe ancora evolvere il loro pensiero? O addirittura non ci fu un tempo (l’Antica Europa) in cui gli umani erano finalmente giunti al punto omega e la fine del paradiso terrestre e in definitiva tutta la genesi non potrebbero essere una rappresentazione mitica di un fatto realmente accaduto e cioè il passaggio da una civiltà pacifica matriarcale, dove alle donne era riconosciuta un importante dignità (rappresentate tutte da Eva e dal serpente, allora animale sacro alla Dea Madre) a quella tutt’ora esistente maschile patriarcale e violenta che ha voluto usurpare alle donne e alla natura il loro ruolo fondato principalmente sull’energia e saggezza ecologica?

Teilhard de Chardin, Thomas Berry e finalmente anche una donna, Marja Gimbutas, hanno dato molto per la crescita della nostra coscienza in chiave spirituale ed ecologica, un rinnovato senso del sacro che ci riconnette con l’universo, la terra e il luogo dove viviamo, e ci permette di vivere in modo ecologicamente sostenibile insieme ad una buona dose di speranza per il futuro e di entusiasmo per il nostro ruolo e la nostra esistenza sul pianeta. In definitiva è questo il sogno della terra.

Stefano Panzarasa

Al Circolo Vegetariano VV.TT. Di Treia

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Manifesto dell’Era Ecozoica di Thomas Berry
1. L’Universo è una comunione di soggetti e non una collezione di oggetti.
2. La Terra esiste e può continuare a esistere solo in un funzionamento integrale. Essa non può sopravvivere frammentata, proprio come qualunque altro organismo. Tuttavia la Terra non possiede un’uniformità globale. Essa è un complesso differenziato di cui va sostenuta l’integrità e l’interrelazione delle varie espressioni bioregionali.
3. La Terra è un bene che ci è stato offerto in godimento soggetto a scadenza. å destinata a danni irreversibili nei suoi maggiori sistemi di funzionamento.
4. Gli esseri umani rappresentano un elemento derivato rispetto alla Terra, che è primaria. Ogni istituzione umana, professione, programma e attività, devono porla al centro dei propri interessi. Nella teoria economica, per esempio, la prima legge deve essere quella della tutela dell’economia terrestre. Un Prodotto Nazionale Lordo in crescita a cui si affianca un Prodotto Terrestre Lordo in deficit rivela l’assurdità della nostra attuale situazione. Per la categoria medica deve essere chiaro che non si può avere gente sana su un pianeta malato.
5. L’intero sistema di funzionamento della Terra si è alterato nella transizione dall’Era Cenozoica a quella Ecozoica. I principali sviluppi del Cenozoico avvennero interamente al di fuori di ogni intervento umano. Nell’Ecozoico noi umani avremo invece un’influenza determinante in quasi tutti i processi evolutivi: anche se non sappiamo come produrre un filo d’erba, questo non potrà crescere se non è accettato, protetto e sostenuto da noi. Il potere costruttivo della nostra creatività nei sistemi naturali della vita è minimo, il nostro potere di negazione, immenso.
6. Per essere valido il “progresso” deve coinvolgere globalmente la Terra e tutti i suoi aspetti. Definire “progresso” lo sfruttamento umano del pianeta è una distorsione inaccettabile.
7. L’Ecozoico potrà diventare una realtà solo mediante il riconoscimento della dimensione femminile della Terra, mediante la la liberazione delle donne dall’oppressione e dalle costrizioni da loro sopportate in passato e mediante l’assunzione di una responsabilità comune, sia maschile che femminile, per stabilire una comunità terrestre integrata.
8. Nel periodo Ecozoico emerge un nuovo ruolo sia per la scienza che per la tecnologia. La scienza dovrebbe provvedere a una comprensione integrale del funzionamento della Terra e delle modalità in cui le attività umane e terrestri possono vicendevolmente potenziarsi. Le scienze biologiche dovrebbero sviluppare un “sentimento per tutto ciò che vive”, un rispetto più profondo della soggettività presente nei vari esseri viventi della Terra. Le tecnologie umane devono armonizzarsi con quelle del mondo naturale.
9. Nuovi principi etici devono emergere attraverso il riconoscimento del male assoluto del biocidio e del genocidio, come pure di tutti gli altri mali che riguardano più specificamente gli umani.
10. È necessaria una nuova sensibilità religiosa, una sensibilità che riconosca la dimensione sacra della Terra e accetti il mondo naturale come manifestazione primaria del mistero ultimo dell’esistenza.
11. È necessario un nuovo linguaggio ecozoico. Il nostro idioma cenozoico è radicalmente inadeguato. Si dovrebbe procedere alla compilazione di un nuovo dizionario che comprenda nuove definizioni dell’esistente e l’introduzione di neologismi per i nuovi modi di essere e per i comportamenti che stanno emergendo.
12. Psichicamente tutti gli archetipi dell’inconscio collettivo acquistano una nuova validità, come pure nuove vie di funzionamento; specialmente nella nostra comprensione simbolica del viaggio iniziatico, del mito della morte-rinascita, della Grande Madre e dell’albero della vita.
13. Si prevedono nuovi sviluppi nel rituale, in tutte le arti e nella letteratura. Specialmente il teatro può trovare straordinarie opportunità nelle tematiche grandiose che vengono elaborate in questi tempi. I conflitti, finora limitati alla semplice dimensione umana, acquisteranno risvolti impensati nella stupenda transizione tra la fine del Cenozoico e l’emergente Ecozoico: dimensioni epiche che superano ogni aspettativa.
14. La mitigazione dell’attuale rovinosa situazione (attraverso il riciclaggio di materiali, il contenimento dei consumi e la cura degli ecosistemi) sarà vana se il nostro intento è quello di limitarci a rendere accettabile il presente sistema. Queste attività indispensabili daranno i loro frutti solo se lo scopo è quello di costruire un nuovo ordine.
Traduzione di Paolo D’Arpini e Stefano Panzarasa – Revisione del testo di Mariagrazia Pelaia

mercoledì 24 dicembre 2014

Siracusa - La Pillirina è salva, per ora...



Accade a Siracusa dove una delle più belle coste marine della Sicilia detta "a Pillirina" (la Madonna Pellegrina di un vecchio santuario in loco) ha rischiato davvero grosso di vedersi deturpata da colate di cemento. Per carità, secondo le tesi dello svizzero-piemontese Emanuele di Gresy proprietario di Elemata Maddalena,la costruzione sulla scogliera e dintorni di un Resort a 5 stelle della Four Seasons avrebbe valorizzato i luoghi sollevandoli dallo abbandono in cui versano tuttora. 

E..., aggiungo io maliziosamente, il dettaglio di circa 50 ville previste nel piano edificativo avrebbe certamente dato un tocco di classe in più visto che, sicuramente, non si sarebbe trattato di edilizia "popolare".

Sia ben chiaro, il finanziere svizzero mica è un folle... il progetto aveva trovato nel 2007 pure strada amministrativamente lecita per andare avanti quindi, giustamente dal suo punto di vista, aveva smosso tutte le acque (terrene) per portarlo a compimento. 


Sottolineo, per chi non lo sapesse, che mai però era stata rilasciata alla società interessata alcuna licenza edificatoria. Caso raro in Sicilia ove di sgorbi e mostri più o meno eco è lastricata la strada delle schifezze ambientali con tanto di timbro o sanatoria. 
Infuriato l'alpestre imprenditore ha rinunciato alla benefica operazione spostandola altrove.., all'estero.


Ed ha preannunciato una citazione in giudizio al comune di  Siracusa per 119 milioni di danni.


Come finirà giudizialmente, visti i tempi biblici della giustizia, forse lo sapranno i posteri ma intanto segniamo a favore della gran parte dei cittadini, non solo siracusani, un punto a favore.


La Pillirina è salva, almeno per ora..., speriamo le istituzioni continuino a resistere al tentato scempio. Che questa meraviglia della natura, circondata e lambita da un mare senza uguali, sia praticamente "dentro" Siracusa non ammette alcun tipo di disinteresse della comunità e tantomeno di essere lasciata nello stato di degrado attuale. Ma bensì recuperata, valorizzata e messa a disposizione del più gran numero possibile di cittadini siracusani e non. Patrimonio di tutti, accessibile a tutti e senza particolari esborsi economici... i ricconi potranno venirci lo stesso e saranno i benvenuti😊 

Grazie per l'attenzione
Vincenzo Mannello

Nel cogliere l'occasione per rivolgere i migliori auguri di Buone Feste allego pure un video che mostra di quale meraviglia trattasi.
http://youtu.be/TM9FJ8-r_yo

martedì 23 dicembre 2014

Semantica e significato del bioregionalismo e dell'ecologia profonda



Cercando di dare una spiegazione consona dei concetti relativi ai neologismi -quali: bioregionalismo, ecologia profonda, spiritualità laica- dobbiamo ricorrere alla semantica ed alla glottologia, poiché non esiste neologismo che non trovi origine in altre parole simili. Forse non sarebbe nemmeno necessario trovare nuovi termini se la parola originaria, eventualmente abbinata ad un aggettivo, può dare il senso di quanto si vuole descrivere.

Ad esempio usando il neologismo "bioregionalismo" si evoca un'immagine persino più riduttiva del reale significato che viene sottinteso con questa parola. Poichè nell'individuazione di un ambito "bioregionale" non si tiene conto esclusivamente del vivente bensì dell'insieme inorganico, morfologico, geografico, geologico del territorio prescelto, ivi compresi -ovviamente- gli elementi botanici e zoologici che vi prosperano. Insomma si esamina l'omogeneità dell'area esaminata e definita "bioregione" e lì si traccia una leggera linea di demarcazione (non divisione) per individuarne i "confini". Va da sè che questi confini sono semplicemente teorici, poichè l'organismo bioregionale della Terra è in verità un tutt'uno indivisibile. Potremmo per analogia definire le bioregioni gli organi dell'organismo Terra.

Andando avanti. Nel significato originale della parola "ecologia", rispetto alla sua consimile "ambientalismo" è già delineata una differenza d'intedimento, pur che l'esatta traduzione di "ecologia" è "studio dell'ambiente". Mentre in "ambientalismo" si presume il criterio della semplice conservazione. Allorché si aggiunge al termine "ecologia" l'aggettivo "profonda" ecco che si tende ad ampliarne il significato originario integrandovi il concetto di ulteriore ricerca all'interno della struttura ambientale. Insomma si va a scoprire il substrato e non si osserva solo la superficie, la pelle dell'ambiente.

Lo stesso dicasi per la parola spiritualità e la sua qualificazione "laica". In questo caso si cerca di dare una connotazione "libera" alla spiritualità comunemente intesa come espressione della religione. La spiritualità è l'intelligenza coscienza che pervade la vita, è il suo profumo, e non è assolutamente un risultato della religione, anzi spesso la religione tende a tarpare ed a nascondere questa "naturale" spiritualità presente in tutte le cose.

Trovo questo discorso sul valore del linguaggio e del riconoscimento e legittimazione del suo percorso nella storia, estremamente cogente ed utile alla causa ecologista -ribadisco “ecologista” poiché non mi sembra un termine diminutivo a meno che non vogliamo fare delle parole un termine di paragone per le nostre idee personali- la glottologia, e soprattutto la capacità di evocare concetti attraverso le parole e di chiarirne il significato, non ha nulla a che vedere -secondo me- con le discussioni sul filo di lana caprina, se tali temi entrano o meno nel filone ecologico "del profondo". Infatti non si può risalire ad un "fondatore" (inteso come inventore del neologismo utilizzato) della pratica bioregionale, dell'ecologia profonda o della spiritualità laica. In quanto detti termini descrivono qualcosa che è sempre esistito.

La glottologia e la semantica hanno ben diritto di entrare nel discorso ecologista, soprattutto per chiarire le azioni connesse all’ecologia, ecologia profonda, e dir si voglia.. Pur tuttavia questi concetti evocati non sono nuovi all’uomo… ed i neologismi spesso vengono usati, per fare un favore alla politica del copy right, ed è solo una concessione alla “politica”, appunto…

Ma l'Ecologia profonda è un fatto, una realtà, e non può essere descritta in termini filosofici se non astraendoci dal contesto dell’ecologia stessa. Vivendo nei fatti e non amando le diatribe dialettiche ma amando dire “pane al pane e vino al vino” debbo confermarvi che l’ecologia profonda è la pratica sincera ed onesta del vivere in sinergia con tutti i  viventi e con l'ambiente naturale.  

In questa dimensione "naturale"  non  c'è spazio per le ideologie precostituite e quindi preciso per l’ennesima volta che: la Rete Bioregionale Italiana è per il vivere armonico, amorevole gentile e solidale sulla Terra, e non semplicemente un "etichetta". 


Paolo D'Arpini - Rete Bioregionale Italiana