giovedì 31 gennaio 2019

Eolico pesante - Se le rinnovabili diventano causa di scempio ambientale...


Risultati immagini per eolico e scempio ambientale

Un paradosso assurdo: Matera nominata per il 2019 capitale europea della cultura all’interno di una regione il cui paesaggio è massacrato da inutili pale eoliche. Stiamo stravolgendo il bene più prezioso del popolo italiano: il paesaggio e la natura, soprattutto delle regioni meridionali. Interessi mafiosi, connivenze politiche locali, società di comodo di stranieri, personaggi “disinvolti”, ecc. 

Tutti stanno “dandosi da fare” per distruggere quel poco di bello che è rimasto nel nostro Paese. Cime delle montagne e colline del Sud sono ormai preda di uno scempio senza fine attraverso antiestetiche torri eoliche le cui pale il più delle volte sono ferme a causa dell’assenza di vento. Già alcuni mesi fa insieme agli amici di Italia Nostra, attraverso questo notiziario, avevamo 4 denunciato il fatto dimostrando con dati scientifici l’inutilità di tale scelta per la produzione di energia rinnovabile, soprattutto in aree geografiche del nostro Paese dove il vento è carente. Pensavamo di aver sensibilizzato l’attuale Governo, in particolare Cinque Stelle, che si era sempre dichiarata ambientalista. Oggi purtroppo dobbiamo ricrederci. Il servizio che segue del periodico “Terre di Frontiera” ne è la dimostrazione: Eolico «no limits» Inchieste/Territori - di Antonio Bavusi - Pubblicato il 22 Gennaio 2019 Diverse aree del Sud Italia sono interessate da grandi impianti eolici con potenza oltre i limiti (non prescrittivi) indicati nei Piani di indirizzo energetico ambientali regionali (Piear). In alcune regioni, come la Basilicata dello sfruttamento petrolifero e di quello eolico, si assiste al fenomeno della “saturazione”, che sta causando lo stravolgimento dei connotati fisici e geografici del territorio. A chi fa capo il business delle società eoliche? 

Qual è il ruolo delle rinnovabili in Italia, trasformate in poco tempo, da opportunità ad affare per pochi? Il Sud Italia è sempre più terra di conquista per le società energetiche, da quelle petrolifere a quelle eoliche. Infatti, sono stati depositati presso il ministero dell’Ambiente, come previsto dalla legge sulla Valutazione d’impatto ambientale (Via), nuovi progetti di mega-impianti eolici con potenza superiore a 30 megawatt. I progetti di parchi eolici con potenze inferiori, invece, continuano il loro iter presso gli uffici preposti delle Regioni. Ma l’intenso sfruttamento energetico al Sud, e in Basilicata, sta creando impatti significativi sul territorio (il paesaggio e la bellezza non riguardano solo Matera), mentre le infrastrutture energetiche (pozzi petroliferi, elettrodotti, centri di trattamento e stoccaggio, cavidotti, centrali di smistamento) e quelle di supporto (strade, cementificazione) creano profitto per pochi ed impatti rilevanti per l’ambiente e le comunità locali. SERVITÙ ENERGETICHE La Basilicata in questi ultimi anni è interessata da una nuova corsa al vento con una infrastrutturazione eolica da parte delle multinazionali dell’energia che sta avvenendo in sordina, nel disinteresse mediatico, al di fuori di ogni criterio di programmazione (Piano di indirizzo energetico ambientale regionale) e in assenza di un Piano paesistico regionale che avrebbe potuto scongiurare impatti ambientali in aree protette e sensibili dal punto di vista paesaggistico. 

La Regione Basilicata per cercare di tamponare la “saturazione” e il consumo di suolo è corsa ai ripari, seppur in ritardo, con alcune modifiche normative inserite nella legge regionale di Bilancio 2018 (la n.38/2018), che il Governo ha pensato di impugnare 5 presso la Corte Costituzionale nella recente riunione del Consiglio dei ministri datata 17 gennaio 2019. Norme regionali che avevano l’intento tardivo di arginare il cosiddetto “effetto cumulo” degli impianti eolici sul territorio che stanno causando impatti ambientali e paesaggistici rilevanti. Dietro queste decisioni governative ci sarebbe la decisione (non dichiarata dall’Italia) di vendere l’energia prodotta nel nostro Paese alla Francia – considerato il fermo di un terzo delle centrali nucleari francesi – causando il rialzo dei prezzi in mezza Europa, mentre società francesi preferiscono entrare direttamente oggi nel business delle rinnovabili italiane e in Basilicata. LA TRASFIGURAZIONE FISICA E GEOGRAFICA DEL TERRITORIO DELLA BASILICATA In Basilicata, in due anni, sono stati presentati progetti mega eolici (presso la Regione e presso il ministero dell’Ambiente) da 18 società eoliche con 178 nuove torri eoliche e un incremento di 541,1 megawatt, che porterebbero nei prossimi anni la potenza installata per la fonte eolica in Basilicata ad oltre 1.744 megawatt, come già documentato da Terre di frontiera nell’approfondimento “Dove soffia il vento eolico?”. 

Il Piano di indirizzo energetico ambientale della Basilicata prevedeva invece, al 2020, per la sola fonte eolica un fabbisogno di 981 megawatt, pari al 60 per cento delle altre fonti rinnovabili, mentre per il solare-fotovoltaico prevedeva, al 2020, 359 megawatt (20 per cento), per le biomasse 50 megawatt (15 per cento) e, infine, per l’idroelettrico 48 megawatt. Quote, queste, che già nel 2017 risultavano ampiamente superate, specialmente per la fonte eolica. Così come mostrano i dati elaborati da quelli del Gse (Gestore servizi elettrici). La tabella che segue mostra dove sono ubicati i nuovi impianti eolici, con lo status attuale delle procedure in corso. Lo saranno ancor di più nei prossimi anni. LE SOCIETÀ DEL VENTO Solo apparentemente i nomi delle nuove 18 società – la maggior parte a responsabilità limitata – i cui progetti sono in fase di approvazione, ricondurrebbero ad investitori locali, i quali entrano solo in qualità di mediatori e/o progettisti delle opere, con attività in alcuni settori dei media e del turismo regionale. In realtà, dietro le sedi fisiche (spesso solo postali o in qualche caso addirittura fittizie) ci sono le multinazionali che si sono lanciate nel business dell’eolico italiano, investendo e fruendo dei notevoli incentivi pubblici erogati dallo Stato, “compensando” per le concessioni delle aree, i singoli proprietari dei suoli e i mediatori locali e, solo in qualche caso, i Comuni. È il caso della Bel Lavello srl, con sede a Venosa, interessata ad un impianto eolico denominato “Forentum” (da 39,6 megawatt), che è una filiale locale della multinazionale “casa madre” con capitali franco-svizzeri e sede in Lussemburgo, che possiede il 100 per cento della società. Il caso dell’Eolica Muro Lucano srl, vede la filiale italiana, con sede a Potenza, ricondurre al colosso dell’eolico francese Usb Energies Nouvelles con sedi a Parigi e altre città della Francia. 

Altre società afferiscono direttamente o indirettamente a società operanti nel settore delle rinnovabili (Liguria, Lombardia, Trentino Alto-Adige, Veneto e Emilia Romagna) con immobiliari, finanziarie e banche del nord nel ruolo di investitori. Non mancano società operanti nel settore fossile che hanno interessi anche nel settore eolico nel sud Italia e in Basilicata. Analogamente per le altre società interessate ad investire con i loro progetti in Basilicata, che vedono nelle loro società partecipazioni anche straniere. Tra i casi di “compensazioni” ambientali promesse ai Comuni che dovrebbero ospitare il nuovo “mega eolico” in via di autorizzazione presso il ministero dell’Ambiente, c’è il caso della Milonia srl, società controllata da Termomeccanica group spa di La Spezia interessata a realizzare una mega wind farm da 60 megawatt nei comuni di Montemilone ed opere infrastrutturali a Venosa, Genzano di Lucania, Palazzo San Gervasio. La società ha promesso di sostenere economicamente il progetto del Comune di Montemilone con interventi e opere edili e civili. Per due impianti eolici pubblicati di recente sul sito del ministero dell’Ambiente le osservazioni da parte del pubblico nell’ambito della procedura Via ministeriale (da presentarsi da parte di associazioni, enti locali e cittadini) scadono nel mese di marzo 2019. 

Antonio Bavusi - Accademia Kronos

Risultati immagini per Matera eolico e scempio ambientale

mercoledì 30 gennaio 2019

Milano, 23 febbraio 2019 - Assemblea Pubblica contro l'uso del glifosato



Nessuna descrizione della foto disponibile.

Cementificazione inquinamento pesticidi soffocano terra acqua e noi con loro. Questo modello di ‘sviluppo’ continuamente riconfermato da chi ci governa TOGLIE IL FUTURO a tutti gli esseri viventi.

Intanto sempre più studi stanno mostrando l’effetto dannoso sulla salute e sull’ambiente del Glifosato.
Nonostante ciò l’Unione Europea non ha ancora messo al bando questo pericoloso pesticida. Ma in nome dei principi di PREVENZIONE E PRECAUZIONE le associazioni promotrici dell’assemblea insieme numerose altre presenteranno un’istanza alla Regione e alla città Metropolitana e al Comune per chiede il bando dell’utilizzo del Glifosato in ogni sua forma sui loro territori.

Assemblea Pubblica:  
23 febbraio 2019, dalle ore 09:30 alle 13:30, Casa della Cultura di Milano  
Via Borgogna 3,  Milano



Nel corso della mattinata diversi esperti interverranno per descrivere gli effetti che Glifosato e delle altre pratiche intensive hanno sul nostro ambiente e sulla nostra salute. Interverranno, inoltre, degli ospiti che ci dimostreranno che CAMBIARE ROTTA è possibile oltre che doveroso.

La partecipazione è libera e gratuita, fino ad esaurimento dei posti in sala

Programma degli interventi:
₋ Introduzione – Erica Rodari Comitato Milanese Acquapubblica
₋ Il glifosato e la nostra salute - Celestino Panizza, Medicina
Democratica
₋ Siamo in cattive acque: pesticidi nelle acque lombarde - Silvana
Galassi Comitato Milanese Acquapubblica
₋ Costruire un'agricoltura sostenibile: una sfida per PAC - Federica
Luoni Lipu, Coalizione CambiamoAgricoltura
₋ Le grandi partite aperte sull’acqua in Europa e in Italia - Lucio
Gentili Forum nazionale movimenti per l’acqua
₋ Esperienza Riace: come può rinascere una comunità - Domenico
Finiguerra ReCoSol
₋ Beni comuni e conversione ecologica - Guido Viale, economista
ambientale
₋ Si può fare! Buone pratiche tra grano e riso. Luciana Maroni e
Renata Lovati Desr Parco Sud
₋ Dibattito
₋ Conclusioni a cura di Emilio Molinari Movimento mondiale per
l’acqua
Nel corso della mattinata verrà proiettato il video «Monocoltura
chimica del Prosecco»


Info: Erica Rodari - ericarodari@tiscali.it


Immagine correlata

Nota informativa
Alla fine del 2017, nonostante 1.300.000 firme raccolte contro, la Commissione europea ha prorogato l'utilizzo del glifosato per altri 5 anni.

Questo pesticida è uno dei più diffusi nel mondo, è fondamentale nelle produzioni di soia OGM ed è anche tra i più venduti in Italia, dove viene largamente impiegato sia in agricoltura che in altri ambiti.

Per lo Iarc (Agenzia internazionale ricerca sul cancro) si tratta di un probabile cancerogeno ed esistono forti evidenze di effetti come “interferente endocrino”.
Il Pan (Piano d’Azione Nazionale sull’uso sostenibile degli agrofarmaci), in vigore dal 2014, regola l’impiego dei prodotti fitosanitari e fornisce indicazioni per ridurne l’impatto nelle aree agricole, nelle aree extra agricole (aree verdi urbane, strade, ferrovie, ecc..) e nelle aree naturali protette.

Il Decreto Interministeriale del 10/3/15 raccomanda a sua volta di individuare misure per la riduzione dei rischi derivanti dall'uso dei prodotti fitosanitari, ai fini della tutela dell'ambiente acquatico, dell'acqua potabile e della biodiversità, attraverso la loro limitazione-sostituzione-eliminazione.

In Lombardia vengono monitorati da alcuni anni il glifosato e il suo metabolita AMPA nelle acque superficiali e profonde dall’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, che li ha rinvenuti con elevata frequenza.

Tra i provvedimenti adottati in Regione:
-divieto d’uso nei parchi aperti al pubblico e negli ambiti sanitari
-riduzione progressiva negli anni dell’impiego in agricoltura, escludendo da questa riduzione le aziende che aderiscono ai programmi di agricoltura conservativa (cosiddetta agricoltura blu)
NESSUNO di questi provvedimenti è risolutivo.

RECENTEMENTE hanno richiamato l'ATTENZIONE due fatti:
-il rapporto dell’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale (ISPRA) del 2018 sullo stato delle acque
-la sentenza della Corte della California l'estate scorsa
Nel Rapporto ISPRA si documenta che nelle acque il glifosato e il suo metabolita sono i composti che presentano il maggior numero di casi di superamento dei limiti, con una concentrazione di criticità lungo l’intera pianura Padana.
La sentenza della Corte della California ha condannato Monsanto (ora Bayer), produttrice del glifosato, a risarcire un giardiniere malato terminale di tumore che usava erbicidi a base di glifosato, sancendo ufficialmente il probabile nesso di causa-effetto tra impiego di glifosato e relativi formulati con lo sviluppo di tumori.

In Italia è attiva da anni la campagna Stop Glifosato portata avanti da molte associazioni ambientaliste e di difesa della salute umana: ora riteniamo che sulla base dei nuovi eventi sopra riportati, sia il momento per un rilancio delle iniziative.

Basandoci sul presupposto che per il rispetto dell'ambiente e della vita in tutte le sue forme, debbano sempre prevalere i principi di PREVENZIONE E PRECAUZIONE su ogni altro interesse, chiediamo alla Regione Lombardia, alla Città metropolitana e al Comune di Milano di estendere nell'immediato il DIVIETO di utilizzo del glifosato in ogni ambito, promuovendo economicamente nel contempo l’adozione di metodi di produzione più attenti all’ambiente, come l’agricoltura biologica la cui crescita è condizionata sia dalla spinta del mercato sia dai sostegni economici previsti dalla legislazione.

COMITATO MILANESE COORDINAMENTO REGIONALE LOMBARDIA ACQUAPUBBLICA PER L’ACQUA BENE COMUNE


Adesioni pervenute:

LIPU Milano
MEDICINA DEMOCRATICA
LEGAMBIENTE
ITALIA NOSTRA Lombardia e sezione Milano
ISDE Medici per l’ambiente Lombardia
WWF Lombardia
GREEN PEACE
RE.CO.SOL Rete Comuni Solidali
AIAB Lombardia
DONNE IN CAMPO Lombardia
SOCIETA’ TERRITORIALISTI/E sezione Lombardia
SALVIAMO IL PAESAGGIO Casorezzo (Mi) e Casalasco (Cr)
ASS. FRATELLI DELL’UOMO
COMITATO ITALIANO CONTRATTO MONDIALE SULL’ACQUA
DESR Distretto di Economia Solidale Rurale Parco Sud
ARCI NOERUS (Co)
AMICI DELL’ACQUEDOTTO E PER I BENI COMUNI Carugate (Mi)
CIRCOLO AMBIENTE ‘ILARIA ALPI’
ANPI Assago
ASS. CARUGATE IN MOVIMENTO
COMITATO STOP TTIP Milano
ATTAC Milano
ASSOCIAZIONE ‘5 agosto 1991’ Buscate
PARALLELO PALESTINA
RETE BIOREGIONALE ITALIANA
CIRCOLO VEGETARIANO VV. TT Treia (Mc e Mi)
WWF Martesana sud Milano
CITTADINI PER L’ARIA onlus
TERRA VIVA Como
NOI, AMBIENTE SALUTE Viadana (Mn)
DEAFAL ong formazione agricoltori
GAS Parco di Milano
COORDINAMENTO COMITATI CONTRO LE AUTOSTRADE Cr-Mn Ti-Bre



martedì 29 gennaio 2019

Vaccinazione coatta: il nuovo battesimo scientifico e la triplice intesa del pensiero “ottuso”...

Risultati immagini per Vaccinazione coatta vedi
Tre soubrette del pensiero, Matteo Renzi, Beppe Grillo e Roberto Burioni, hanno firmato un “patto per la scienza”, invitando tutte le forze politiche a sottoscriverlo; un “patto” è un documento vincolante il cui nome viene dal latino pax, pace. I tre invitano la politica non solo a far pace con la “scienza”, ma anche a muover guerra agli “pseudoscienziati”: quelli che “con affermazioni non dimostrate e allarmiste, creano paure ingiustificate tra la popolazione nei confronti dei presidi terapeutici validati dall’evidenza scientifica e medica”. 
Dunque, l’obiettivo di questo patto sembra soprattutto quello di mettere al bando – “non tollerare” – come già è stato fatto, alcune categorie di professionisti in campo medico: forse tutti quelli che praticano medicine alternative, assimilandoli, senza alcuna verifica, alla “stregoneria”; ma soprattutto quelli che contestano l’obbligatorietà dei vaccini di cui il prof Burioni – questo Zichichi della medicina – è diventato il paladino nazionale, vendendola come incontestabile verità scientifica.
Alcuni scienziati-divulgatori, di cui Burioni e la senatrice Cattaneo sono oggi i principali esponenti in Italia, amano presentare la scienza come una “cosa” unica, rinchiusa in un recinto a cui possono accedere solo gli addetti ai lavori (“la scienza non è democratica” ribadisce Burioni), che si legittima attraverso, e solo attraverso, il suo metodo, anch’esso presentato come unico. 
Che cosa ci sia però in comune tra, per esempio, un matematico che sviluppa un teorema nella sua testa, e poi trascrive i suoi pensieri su un pezzo di carta con la matita, per poi riversarli in un computer in forma più elaborata, e vedersi stampato su una rivista l’articolo, se supera la peer review, da un lato, e, dall’altro,  il direttore di un acceleratore di particelle costato centinaia di miliardi e servito da migliaia di scienziati e di tecnici, finalizzato a scoprire che cosa sarebbe successo un miliardesimo di secondo dopo il big bang, richiederebbe forse, vista la diversità dei rispettivi “laboratori”, un’analisi più approfondita. Anche se i risultati acquisiti da entrambi possono avere importanti ricadute tecnologiche e, nel secondo caso, trattandosi di una “grande opera”, anche rilevanti impatti economici sui fornitori di quell’apparecchiatura. Il “metodo scientifico” di chi continua a parlare di “scienza” in generale sarebbe ciononostante unico in quanto fondato comunque su due pilastri: l’esperimento, che isola un fenomeno o un processo da tutto quello che gli può succedere intorno, per analizzane il comportamento; e la falsificabilità: cioè il fatto che un diverso esperimento possa contraddire le conclusioni ricavate da quello precedente. Resta però aperta la possibilità che in mancanza di un approccio olistico, proprio l’isolamento che esclude, o cerca di escludere, il mondo esterno dal campo dell’esperimento finisca per fornire un’immagine della realtà falsata o comunque parziale. 
Per questo la “falsificazione” di un risultato, o della teoria che su di esso si fonda, che è ciò che fa progredire la conoscenza, spesso non nasce nel recinto chiuso della “scienza”; specie quando una “comunità scientifica” autoreferenziale si erge a guardiana della sua purezza e della propria intangibilità; bensì dalle brecce di quel recinto che lasciano filtrare qualcosa del mondo reale che la “scienza” aveva escluso dal suo ambito. In altri termini la scienza e i suoi metodi non possono pretendere di essere al di fuori e al di sopra della storia, come fanno la religione o il dogma; sono realtà storiche, che si sono sviluppate riflettendo e “internalizzando” le strutture sociali in cui le pratiche della ricerca scientifica si sono trovate di volta in volta inserite; oppure, e questa è il riscontro della loro storicità, contestando le une per cambiare le altre. O viceversa.
Queste cose – va ricordato a chi continua a trattare il ’68 come un movimento “senza cultura” – erano perfettamente note alla “cultura” del  Sessantotto; anzi, erano in gran parte la sostanza di quella cultura, il suo risultato più importante; quello che ha contribuito a delegittimare l’edificio dei saperi cristallizzati nella organizzazione dell’Università e della ricerca; e con esso le gerarchie sociali e l’organizzazione del lavoro che quei saperi a loro volta legittimavano: spianando la strada a una vigorosa contestazione dell’ordine esistente, a partire dalla fabbrica, che era allora il cuore di tutta l’organizzazione sociale. Quella cultura aveva allora trovato casa innanzitutto nelle università occupate di quasi tutti i paesi del mondo; e in Italia un’importante sintesi, ma certo non l’unica, nel libro L’ape e l’architetto di Marcello Cini: uno scienziato.
Ed ecco il punto: non entro nel merito – non ne ho le competenze – delle numerose ricerche che contraddicono le certezze del prof Burioni sui vaccini, o di quelle che contraddicono le certezze della senatrice Cattaneo sugli Ogm. Ma se centocinquanta pediatri o medici di base, che hanno seguito i loro pazienti per molti anni di seguito – senza circoscrivere le loro competenze ai risultati di una prova di laboratorio fatta da chi i vaccini li produce – arrivano a sostenere che i soggetti non vaccinati presentano in genere una salute più solida di quelli vaccinati e una maggiore resistenza alle infezioni, bè; allora anche solo per questo, e a prescindere da tutto il resto, una verifica rigorosa di queste loro affermazioni, non affidata solo alle loro percezioni soggettive, ma neanche solo agli interessi di big pharma, andrebbe messa in campo. Invece di stringere “patti” per costringerli al silenzio o cacciarli dall’ordine. O no?
Guido Viale

Risultati immagini per Guido Viale
(Fonte: https://comune-info.net/2019/01/scienza-o-ricerca-scientifica/)

domenica 27 gennaio 2019

Gas, diesel e carbone dai rifiuti - Un macchinario per la trasmutazione dei rifiuti solidi organici: il pirodistilgasogeno.


Ecologia industriale. Gas, diesel e carbone dai rifiuti
Si parla tanto di smaltimento di rifiuti, di differenziazione e ultimamente della plastica che sempre più sta invadendo ogni angolo del pianeta. Bene se vi dicessi che è stato inventato, brevettato (2007), funziona da anni e viene venduto in tutto il mondo, un macchinario che riesce a trasformare i rifiuti organici (plastiche, vegetali, scarti di macello, tutto quello che la natura crea), in combustibile, voi non ci credereste, ma per fortuna è realtà.
A Isorella di Brescia, presso le officine PIROMAK TD srl dell’ing. Domenico Tanfoglio, è nato nel 1980 il PIRODISTILGASOGENO. Il cuore del macchinario è composto di due tubi nei quali, a una temperatura di circa 350°C, avviene il processo di trasmutazione dei rifiuti solidi organici (quelli della chimica organica o del carbonio), in materia nei tre stati, solido, liquido e gassoso, sotto forma di combustibili quali, gas, diesel e carbone. Per intenderci: l’uomo estrae il petrolio dalle viscere della terra anche per realizzare polimeri (tutta la plastica); il macchinario, sostanzialmente come farebbe la natura in tempi geologici, compie il processo inverso sui rifiuti, che subiscono un processo di disgregazione molecolare grazie al calore restituendo le sostanze come erano a livello primordiale.
Di fatto quasi tutta la massa di rifiuti indifferenziati che vanno in discarica sono idonei a essere trattati, al punto che un impianto del genere rende inutile l’esistenza delle stesse discariche comunali, se non per i rifiuti inorganici, quali ad esempio metalli e vetro, che grazie alla raccolta differenziata costituiscono già di per sé un valore. In definitiva quello che oggi è un problema per le amministrazioni e un costo per i cittadini viene risolto producendo addirittura materie prime!!!
Va quindi sottolineato che il macchinario è autosufficiente dal punto di vista energetico, visto che produce combustibile oltre che energia elettrica, e che inoltre crea combustibili ed energia in esubero generando ulteriore valore.
Trovandoci di fronte a un trattamento termico va anche detto che le emissioni del disgregatore sono pari a zero poiché il funzionamento è praticamente a circuito chiuso, risolvendo così in un solo colpo i problemi energetici ed ecologici.
Ecco che i rifiuti indifferenziati diventano per la collettività un valore e non più un costo. Un uso esteso di questo macchinario lascerebbe le stesse ecomafie con un pugno di mosche.
Il PIRODISTILGASOGENO è già venduto all’estero, per esempio a una multinazionale di Atlanta (USA), che vi smaltirà pneumatici a costo zero, cedendo energia e materie prime alla comunità.
Chissà che faccia faranno gli assessori comunali di fronte alle potenzialità di un tale impianto, visto che hanno sempre a che fare con i costi dello smaltimento, l'ovvia resistenza dei cittadini a ospitare nei pressi delle proprie residenze nuove discariche, ecc. ecc., e che dire dei cittadini stessi che pagano lo smaltimento e che reclamerebbero a gran voce l’adozione di un siffatto impianto nel proprio territorio?

Giuseppe Moscatello  

Nel seguente video è possibile seguire lo stesso ing. Tanfoglio che spiega il funzionamento del PIRODISTILGASOGENO:
" title="Link a https://youtu.be/2qx2qzEZ6zM" >https://youtu.be/2qx2qzEZ6zM 
Cittadine e cittadini non è forse il caso che corriate a informare i vostri amministratori?
Per approfondire non resta che iniziare a consultare il sito della PIROMAK all’indirizzo: http://www.piromak.it/it/home/ 

venerdì 25 gennaio 2019

Per l'agroecologia contadina e la salvaguardia del territorio - Mobilitazione a Roma il 23 marzo 2019


Immagine correlata

Durante l'incontro nazionale alla comune di Urupia è emersa la necessità di trovare elementi di sinergia fra lotte ambientali e micro-resistenze sparse nei territori, che gettino delle basi per la creazione di un movimento più ampio e unito.

A partire da un'assemblea nazionale tenutasi a Venezia settembre scorso (che ha visto la partecipazione di No Tap, No Triv, No Muos, No Grandi Navi, No Tav e molti altri), si è creato un percorso che cerca giustamente di mettere insieme il valore relazionale delle varie resistenze e lotte che vengono portate avanti nei territori, sia da un punto di vista di reinvenzione della gestione dei territori (anche e soprattutto partendo dal cibo), sia da un punto di vista di giustizia climatica.

Dopo un secondo appuntamento a Venaus, in Val di Susa, si è lanciata una data di mobilitazione nazionale per il 23 marzo 2019 da tenersi  a Roma. Proprio per questo si è tenuta  il 26 gennaio u.s. un'assemblea nazionale a Roma, all'università La Sapienza, per costruire quella mobilitazione insieme e nella maniera più efficace possibile.

Credo che possa essere di fondamentale importanza attraversare questo momento assembleare insieme perché ha tutto il potenziale per mettere a valore quelle relazioni che si sono costruite sia dentro la rete di Genuino Clandestino, ma anche nei vari territori con i comitati ed i collettivi che lottano per rivoluzionare un modello di sviluppo che sta devastando non solo i nostri territori, ma il mondo intero.
Dentro questo quadro, una presenza forte di persone che portino avanti un modello di agroecologia contadina è fondamentale, per cui invito tutte e tutti a partecipare. 

 
Andrea -  Tel. 320929859 (Comitato No Pedemontana Treviso)

Immagine correlata

mercoledì 23 gennaio 2019

CACCIA: EVITATA DEREGULATION IN SENATO

Risultati immagini per norme sugli animali selvatici
Le associazioni ENPA, LAC, LAV, LIPU e WWF hanno valutato molto positivamente il ritiro degli emendamenti di deregulation venatoria, presentati al Senato in sede di conversione del decreto-legge cosiddetto “Semplificazioni”. «Ringraziamo i senatori di maggioranza e di opposizione delle Commissioni Affari Costituzionali e Lavori Pubblici per le decisioni assunte», dichiarano le associazioni.
 Risultati immagini per norme sugli animali selvatici
Entrando nel dettaglio, l’emendamento 3.0.75 avrebbe permesso di aggirare la norma nazionale sull’annotazione immediata dei capi abbattuti, mentre gli emendamenti 3.0.76 e 3.0.74 avrebbero consentito, rispettivamente, di ricorrere ai cacciatori per il “controllo” della fauna e di trasformare le aziende venatorie in un vera zona franca per un nuovo business sulla caccia. 
«Le conseguenze di un’approvazione sarebbero state gravissime: lo stravolgimento della legge nazionale 157/92, la violazione delle normative comunitarie con la riapertura di contenziosi e procedure d’infrazione da parte europea, un ulteriore duro impatto sul nostro patrimonio di fauna selvatica, su cui invece dovrebbe essere esercitata solo una maggiore, efficace, tutela. 
Ci opponiamo fermamente – proseguono ENPA, LAC, LAV, LIPU e WWF - a qualsiasi modifica peggiorativa delle norme sugli animali selvatici, per i quali è anzi necessario alzare i livelli di tutela e migliorare le politiche di conservazione. Vogliamo rivolgere il più vivo ringraziamento a tutti i cittadini che, soprattutto attraverso i canali social, hanno partecipato e sostenuto questa battaglia dalla parte della natura e degli animali selvatici» (LAC Liguria, 21 gennaio 2019).

Carlo Consiglio -  info@carloconsiglio.it

Risultati immagini per carlo consiglio

martedì 22 gennaio 2019

Jesi, 16 e 17 febbraio 2019 - CONSIGLIO DI UOMINI IN CERCHIO

CONSIGLIO DI UOMINI IN CERCHIO
IL 16 -17 FEBBRAIO 2019 dalle ore 8:00 di sabato alle ore 18 di domenica, Jesi (AN)

Immagine correlata

Un ritiro di 2 giorni, residenziale, intensivo, solo per uomini.
Ogni giorno, immersi nella quotidianità, siamo difronte a scelte ed esperienze sfidanti;
l’energia vitale maschile non sempre scorre fluida all’interno di noi;
spesso non riusciamo ad essere il meglio di noi stessi, non riusciamo ad esprimere la nostra bellezza;
accumuliamo tossine fisiche, mentali, energetiche;
nelle relazioni ci possiamo sentire insoddisfatti, appesantiti, non liberi.

Viviamo una vita che ci sembra ok ma, cerchiamo un significato più profondo,
cerchiamo la nostra vera vocazione,
cerchiamo chiarezza,
cerchiamo di allinearci con la nostra essenza pur vivendo la nostra quotidianità,
cerchiamo strumenti per essere audaci e di cuore,
cerchiamo di essere nel qui ed ora.

Ritrovarsi con altri uomini a contatto con la natura,
poter condividere e praticare,
permettere uno spazio per ascoltarsi ed arricchirsi,
connettersi con il sacro fuoco maschile,
lasciare il comfort, i propri limiti,
rinforzare sacri principi per la vita,
purificare e rinnovare l’energia,
è qualcosa che altri uomini prima di noi hanno fatto per essere Maschi Maturi.

I saggi riconoscono tre pre-requisiti per un ritiro simile:
Deve essere fatto in un consiglio di fratelli,
Deve essere fatto in austerità e solitudine, pronti a sfidare i nostri limiti,
Dobbiamo lasciare andare i vecchi attaccamenti, per quanto cari ci possano sembrare.
Se senti risuonare in te queste parole, partecipa a CONSIGLIO DI UOMINI IN CERCHIO; saremo onorati di poter condividere e praticare con te.
Alessandro, Kevin, Roberto

Xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx

PARTECIPAZIONE, COSTI, LOGISTICA:
Il ritiro avrà luogo presso un'abitazione privata dove avremo la possibilità di restare nel processo senza interruzioni e senza estranei per entrambi i giorni.
Nel ritiro abbandoneremo i nostri comfort abituali penetrando i nostri limiti per trovare nella deprivazione maggiore Presenza e Centratura.
Non occorrono rilevanti prestazione atletiche o particolari esperienze spirituali precedenti.

Questo corso è adatto a tutti gli uomini che lo approcciano con assoluta serietà.
Il cibo verrà preparato con amore usando ingredienti biologici e sarà vegetariano/vegano.

Occorrente: Per dormire è necessario portarsi materassino, sacco a pelo e cuscino.
Portarsi asciugamani personali, vestiti caldi e comodi (anche per stare sotto la pioggia) + un cambio per attività all’aperto su prato.

Risultati immagini per uomini eroici all'aperto sotto la pioggia

Contatti ed informazioni per costi e  prenotazioni
astacchiotti78@gmail.com   3284536061

Quando: Inizio ore 8.00 di sabato 16 Febbraio, fine ore 18 di domenica 17 Febbraio.
È possibile raggiungere la location già dal venerdì sera.

Dove: Casa di campagna nei pressi di Jesi, in provincia di Ancona, nelle Marche.
Maggiori informazioni verranno inviate per email.

Posti disponibili: 13

Immagine correlata
Alessandro Stacchiotti  - astacchiotti78@gmail.com

lunedì 21 gennaio 2019

CIR - Creazione di una Rete Toscana di condivisione, per un mutuo aiuto bioregionale - Prossimo incontro il 19 febbraio 2019


Risultati immagini per incontro cir

Cara Tribù meravigliosa! Qui  di seguito  l'invito alla creazione della rete toscana, il primo incontro c'è già stato il 19 gennaio 2019... vi manderò gli aggiornamenti, sento che è prezioso creare reti di supporto e mutuo aiuto bioregionali, connettersi da cuore a cuore e chiarire la visione:

Risultati immagini per incontro cir

Fratelli e sorelle 🙏 questo nuovo anno per me è nato seminando un intento insieme ad Irene e Gaia: quello di riunire il clan toscano intorno ad un fuoco almeno ad ogni luna, sulla scia di ció che sta giá avvenendo in molti altri luoghi.

Ci piacerebbe che i nostri incontri possano essere un motivo per celebrare e uno strumento per crescere,  celebrare non solo il fatto di essere insieme ma poter andare molto al di là: innanzitutto ci piacerebbe che ad ogni luna ci incontrassimo in luoghi e contesti differenti, a seconda delle esigenze climatiche e logistiche del momento, e che in quei luoghi noi potessimo portare l'energia dell'Unione nel lavoro: a seconda della visione del luogo che si offre di ospitarci, potremmo individuare piccoli grandi lavori da portare a termine nell'arco dei giorni del nostro incontro (ad esempio cura dell'orto o del giardino, semina, raccolta, trasformazione di prodotti, costruzione di manufatti in legno o terra cruda, piccolo artigianato, lavori in casa, raccolta legna,  etc etc etc) per imparare ed esercitare nuove forme di interazione e collaborazione. In tal caso la celebrazione attraverso la condivisione del cibo, la danza, il canto e tutto ció che amiamo tanto potrebbe risuonare all'ottava superiore.  Parte dell'intento é che ognuno possa portare i suoi talenti, condividerli e trasmetterli al prossimo.

Per quel che mi riguarda posso portare gli strumenti propri della permacultura, sia in fase progettuale che operativa, e la pratica del cerchio e della parola dolce.

Inoltre sarebbe parecchio bello che questi cerchi fossero aperti non solo alle persone che hanno giá avuto modo di partecipare ad un incontro rainbow, bensì anche a tutte quelle realtà comunitarie e di coabitazione presenti sul territorio, oltre che a tutti i nostri amici interessati.

Affinché attraverso la condivisione di esperienze differenti si possa incontrare naturalmente la strada per esaudire un desiderio presente nel cuore di molti di noi: trovare nuove terre di cui prenderci cura e nuovi spazi dove poter un giorno vivere insieme (inSeme)🌱. Ma vogliamo anche coltivare il seme del benessere dentro di noi, cosicché, dopo gli incontri, al tornare alle proprie Vite, possiamo espandere quel benessere, sapendo di essere sostenuti in una rete piú Umana.

Si pensava che ci si potrebbe  incontrare  di nuovo per la prossima luna, il 19 febbraio 2019. Chi di voi potrebbe essere interessato/disponibile?  In caso Gaia ha dato disponibilità di ospitare a casa sua max 6 persone, a Santa Fiora sul sacro monte Amiata, altrimenti, se dovessimo essere  piú numerosi, ci attiviamo per trovare una sistemazione piú congeniale. Un grande abbraccio 

Claudio Gaudio - cir.informa@gmail.com

Risultati immagini per incontro cir

domenica 20 gennaio 2019

Alberi come espressione bioregionale della natura....

Risultati immagini per 2020, il nuovo Messia
Un grandissimo problema oggi è la sistematica distruzione dei boschi che sono parte integrante e di primaria importanza per il nostro ecosistema. Per questo motivo ho scritto un libro intitolato “2020, il nuovo Messia”, che parla proprio della mentalità speculativa che sta distruggendo la Natura, la flora, la fauna, i nostri alberi e … di conseguenza anche noi.

Risultati immagini per 2020, il nuovo Messia

Alberi chiamati sacri perché una volta queste piante venivano considerate
manifestazione delle divinità, a loro si pregava per chiedere protezione e
aiuto e hanno ispirato miti bellissimi e fantastici.
In quasi tutte le tradizioni troviamo l’albero cosmico, asse dell’universo con
le sue radici affondate negli abissi sotterranei e con i suoi rami che
s’innalzavano fino al cielo. Essendo l’albero verticale esso congiunge
l’universo uraniano con i baratri ctoni, i dei dei cieli con quelli degli
abissi. Un’immagine che troviamo anche nella croce, simbolo delle chiese cristiane
adottato dalla religione cristiana soltanto verso la fine del quarto secolo,
ancora senza il Cristo crocifisso sopra. Queste immagini le ho riprese dal
libro “La favola di Cristo” di Luigi Cascioli, ricercatore storico di fama
internazionale.

Il nostro corpo è fatto in forma di croce; simbolicamente la croce significa
la completezza, la barra orizzontale è la madre terra, quella verticale il dio
sole, la forza fecondante di ogni vita. Simboli della completezza sono anche il
lingam e lo yoni della tradizione shivaita ed il Ying e Yang cinese.
L’albero è ermafrodita nella maggior parte dei casi e anche l’albero cosmico è
ermafrodita. E’ una pansessualità cosmica che riporta alle origini dell’uomo,
alla sua completezza. Un albero dà appieno questa idea, anche perché abbattuto
può rinascere dalla talea o può rigenerarsi da solo grazie ai germogli che
crescono ai suoi piedi, un po’ come dalla costola di Adamo nasce Eva. I fiori,
in molti alberi, sono maschi e femmine allo stesso tempo, in altri invece
fioriscono sullo stesso albero il pistillo femmina e lo stame maschio.
Dai primordi certi alberi grandi venivano ritenuti sacri come per esempio le
querce, i frassini, i baobab, etcetera, e dall’osservazione della natura che
muore e poi risorge sono nati molti credi e religioni.
San Bernardo di Chiaravalle lasciò scritto: “Troverai più nei boschi che nei
libri. Gli alberi e le rocce t’insegneranno le cose che nessun maestro ti
dirà.”
Infatti, gli dei venivano immaginati prendendo spunto dai fenomeni osservati
nella natura: i vulcani, il fuoco, i fulmini, il tuono, il mare, il cielo, la
terra della dea madre, gli animali, il vento e naturalmente anche gli alberi.
Nella mitologìa nordica, descritta nell’Edda intorno al 1225, vengono
raccontati molti miti di origine antichissima tra i quali quello del gigantesco
frassino Yggdrasill, asse del mondo con i suoi rami che giungono fino ai cieli
e con tre larghissime radici che affondano nei regni sotterranei; da una di
queste radici che porta al regno dei morti sorge una fonte, necessaria a
nutrire l’albero e ad irrigare con la sua acqua tutta la terra. Dall’acqua
scaturisce la vita e traendo origine proprio dal regno dei morti allude
chiaramente al riciclaggio della vita. Vita, morte e nuova vita, come una
risurrezione insegnataci dall’andamento delle stagioni.

Ancora oggi festeggiamo questo naturale fenomeno con l’albero di natale, e la
rinascita ogni anno del bambin Gesù non è altro che la rinascita del sole, il
solstizio, la premessa per far ricrescere la vita.

La stessa rinascita si incontra anche in altre e più antiche religioni. Come
nell’antico Egitto con Osiride fatto a pezzi che poi resuscita o come nei riti
sciamanici che rappresentono lo svolgersi tra morte e rinascita sia dell’uomo
come anche della vegetazione.
Yggdrasill significa corsiero di Ygg, uno dei nomi del dio Odino o Wotan. Ygg
stranamente non significa frassino, ma bensì quercia, in tedesco Eich, in
olandese eik e in inglese oak. Probabilmente uno scambio che sarebbe
interessante verificare meglio.
Come il da noi meglio conosciuto albero del paradiso, anche presso Yggdrasill
abita un enorme serpente chiamato “Nioggrh”. Anche sotto quest’albero della
vita nasce l’acqua fecondante e della conoscenza dove il dio Ygg, Odino o
Wotan, il padre di tutti gli dei nordici ha dovuto essere iniziato tre volte
per diventare maestro di saggezza e di conoscenza occulta.
Queste iniziazioni, durante le quali il dio, ferito da una lancia e appeso a
testa ingiù per nove notti tra i rami del frassino Yggdrasill, fa pensare a
certe iniziazioni sciamaniche e anche a Gesù inchiodato alla croce col cuore
trafitto dalla lancia di un centurione. Infatti, non c’è niente di nuovo nel
nostro immaginario religioso, tutto proviene dall’umano inconscio collettivo,
dal nostro immaginario archetipico pensato e ben descritto da Carl Gustav Jung,
uno dei padri della psicoanalisi moderna.
Odino invece ferisce sé stesso, non beve, non mangia e si sottopone ad una
morte rituale, iniziatica. Ed è così che ottiene la conoscenza. Odino vede,
anche se è cieco, come lo era Omero, come l’indovino Tiresia accecato dalla dea
Atena, come l’Edipo incestuoso che si cavò gli occhi per espiare il suo
tremendo anche se non volontario peccato. Tutti costoro vedono con gli occhi
dello spirito, cosa che fa pensare al terzo occhio indiano, l’occhio divino
della vera e più profonda conoscenza.
Odino resuscita come lo sciamano fatto a pezzi, come Gesù, come il dio egizio
Osiride.

Quando poi, come musicato in modo sublime da Wagner nel Crepuscolo degli dei, die Goetterdaemmerung, anche gli dei vengono colpiti dall’apocalisse e l’enorme lupo Fenrir divora Odino insieme a quasi tutti gli altri dei, solo l’albero
primordiale Yggdrasill, benché danneggiato, è rimasto in piedi, allora succede
il nuovo miracolo: “La terra uscirà dal mare e sarà verde e bella”.
Ecco il diluvio universale, descritto nel vecchio testamento da una cultura a
noi più conosciuta o comunque più tramandata, oggi si direbbe pubblicizzata.
Un uomo chiamato Ask viene foggiato dal frassino cosmico e una donna chiamata Embla dall’olmo.

Anche Omero e Esiodo parlano di leggende sull’origine degli uomini, uomini
nati dalla quercia e dalla roccia, interessante associazione tra la pietra e
l’albero sacro ricorrente in molte culture antiche. La pietra sacra, il menhir
o bethel, parola che in semitico significa casa di dio, l’omphalos greco,
l’ombelico del mondo, il lingam indiano, tutte dimore dello spirito.
La pietra eterna, ricordiamo anche la Ka’aba alla Mecca, è simbolo di vita
statica, l’albero invece è simbolo di vita dinamica che si rinnova sempre in
una continua rigenerazione, muore e risorge.

Il frassino era consacrato anche a Posìdone, come la quercia a suo fratello
Zeus. Nell’Egitto dei faraoni invece gli dei abitavano il sicomoro sacro.
In Mesopotamia l’albero sacro della vita era il Kiskanu.

In India abbiamo la “ficus religiosa” conosciuta soprattutto perché ai piedi
di quest’albero il Buddha raggiunse l’illuminazione.
In Cina viene venerato il Qian Mu, legno eretto, albero dell’inizio di tutto.
Importante è anche il gelso considerato sacro e ermafrodito, simbolo
antecedente alla divisione tra Ying e Yang, della femmina e del maschio, dello
scuro e del chiaro, della terra e del cielo.

Non possiamo dimenticare l’albero cosmico degli Inca nell’America del Sud, che
scaturisce dal corpo di una dea con accanto Quetzalcoatl, il serpente piumato,
dio della morte e della rinascita; come serpente è ctonio, sotterraneo, ma dal
suo sacrificio sul rogo fa rinascere il sole.
Con tutte queste deità, spiriti, spiritelli dimoranti negli alberi di tutto il
mondo, salvo naturalmente sopra i poli, si può affermare con Mircea Eliade che
“mai l’albero è stato adorato unicamente per sé stesso ma sempre per quel che
si rivelava per suo mezzo”.
L’albero col quale l’uomo in passato viveva in grande simbiosi deve avergli
dato l’impressione di vedere in lui l’origine dell’universo.
Gli uomini della pietra forse si dovrebbero chiamare gli uomini degli alberi o
del legno, di più facile lavorazione dei sassi durissimi, ma di non lunga
conservazione. I legni lavorati, così antichi, sono scomparsi nel tempo.
In provincia di Viterbo nei pressi di Latera troviamo il laghetto di Mezzano
dove sono stati rinvenuti strutture lignee di palafitte dell’età del bronzo di
circa 4000 anni fa. Un altro luogo interessantissimo e direi addirittura
impressionante si trova nei pressi di Avigliano Umbro ed è la foresta fossile
di Dunarobba, dove si possono vedere tronchi d’albero in legno conservati
miracolosamente per circa tre milioni d’anni. Qui si tratta di legno non
fossilizzato in pietra rimasto protetto sotto uno strato di una trentina di
metri di argilla. Alberi, di una specie di conifere che oggi non esistono più
ma simili alla sequoia, che crescevano sulla sponda di un lago vastissimo in un
clima caldo e umido, dove vivevano mammuth e diverse altre razze di animali
preistorici.
Col legno gli uomini costruivano capanne, dimore per adorare gli dei,
palizzate per la loro difesa; l’albero era anche il “Padre del fuoco” e
attraverso l’esempio dei fulmini, l’autocombustione e i vulcani impararono ad
accendere essi stessi il fuoco col quale potevano cucinare, riscaldarsi, vedere
nel buio della notte e difendersi dagli animali feroci. Si otteneva dalle api
che si annidano negli alberi, la cera, il miele, l’idromele, il miele
fermentato, il nettare degli dei creduto utile per ottenere l’immortalità.
Inoltre gli alberi regalavano agli umani diversi frutti, quelli freschi da
mangiare a maturazione o da seccare e quelli indeiscenti nella loro buccia dura
come le noci e le nocchie che essendo a lunga conservazione venivano consumate soprattutto durante l’inverno e che macinati producevano una farina e così  anche il primo pane. Da certi alberi escono resine con le quali produrre
catrame, pece, profumi, aromi e incenso. La prima arma dell’uomo, oltre ai
sassi che si potevano scagliare, sarà senz’altro stato il bastone, in seguito
la lancia e poi l’arco con la freccia.
Esiste nell’immaginario umano un albero che vuole forse dimostrare il
contrario di tutto, l’interscambiabilità tra positivo e negativo, la morte che
crea l’humus per la vita, una connessione tra il basso e l’alto, una energia di
eterno ricambio, un albero sciamanico presente in diverse culture, quelle dei
Lapponi, degli aborigeni australiani, che si ritrova nell’esoterismo ebraico
come anche nella tradizione islamica, descritto da Platone e da Dante, ed è
l’albero rovesciato, in India chiamato Asvatta e precedente almeno di 2000 anni
a Buddha.

Le sue radici si affondano nel cielo e con le fronde copre la terra.
Un’energia spirituale, primordiale discende dalle radici verso i rami che si
estendono verso la terra per illuminare l’uomo.
Un altro albero della vita con i suoi sette bracci che corrispondono ai sette
pianeti è quello mesopotamico che si ritrova riprodotto nel candelabro a sette
bracci ebraico, la menorah, modello consegnato da Dio a Mosé.
Anticamente gli alberi sacri servivano anche da oracolo come la quercia di
Dodona sul luogo dove una volta si ergeva il santuario dedicato a Zeus ai piedi
del monte Tamaro. Nel quinto secolo questo tempio diventò chiesa cristiana e
sede vescovile. Una religione sopra un’altra e dove una volta sacerdotesse
dicevano le profezie interpretando il fruscio del fogliame ora regnano i
preti.
La vera divinità dell’albero era sempre rappresentativa della Grande Dea
Madre, la Terra, creatrice di tutta la vita.
Le querce venivano chiamate dagli Elleni antichi “prime madri”.
Siccome le querce in quanto onorate come sacre non venivano abbattute potevano anche superare i duemila anni e infatti nelle torbiere si sono ritrovati
tronchi giganteschi e nel 1690 circa un celebre botanico riferisce di una
quercia con un tronco del diametro di dieci metri e si parla anche di una
quercia che poteva dar riparo a trecento uomini e i loro cavalli.
Gli alberi più grandi e più vecchi si sono trovati nelle Montagne Rocciose,
come la sequoia gigante che supera i centotrenta metri di altezza e i trentasei
metri di circonferenza e che può vivere fino a quattromila anni, nella stessa
regione si trovano dei pini di alta montagna che addirittura possono arrivare a
cinquemila anni. In Giappone fu scoperto un Ginkgo Biloba, che sopravvisse
inalterato per centocinquanta milioni di anni. Questo mitico albero fu trovato
in un bosco sacro vicino ad un tempi.
Non posso fare a meno di nominare il famoso libro “Il ramo d’oro” di Frazer.
Il ramo d’oro è simbolo della luce iniziatica, riesce a trionfare sulle ombre
infernali del regno di Plutone e di far resuscitare. L’albero del quale fu
colto questo ramo da Enea era un leccio, una quercia verde considerato un
albero infernale, ma anche albero della resurrezione.
Il dio della rinascita, cioè quello che fa ribollire la linfa alla vita
dormiente con i suoi culti orgiastici, figlio di Zeus e protettore degli
alberi, era il dio della vite Dioniso, colui che muore e rinasce, un vero dio
della natura chiamato “colui che vive ed opera negli alberi” o anche “colui che
è nell’albero”. 
Il pino è l’albero di Dioniso, ma le sue piante predilette sono l’edera e la
vite, che servono per raggiungere il delirio dionisiaco e l’orgia menadica. Le
celebrazioni dei cosiddetti misteri dionisiaci venivano condotte da sacerdoti
eunuchi oltre che nei paesi del vicino oriente anche nella Roma antica
all’inizio della primavera. I celebranti si autoflagellarono, alcuni neofiti
addirittura si castrarono allo scopo di rianimare il dio morto e con lui tutta
la natura che in quel periodo inizia a germogliare. Il giorno dell’equinozio,
dopo due giorni di lamenti funebri, ebbe inizio l’Hilaria, la sfrenata,
licenziosa festa della resurrezione divina, i cosiddetti baccanali. Oggi da noi
esiste ancora la tradizione del Carnevale, pallida imitazione delle feste di
allora.
Un altro mito riguarda invece l’albero della mirra, che era anche il nome
della figlia di un re dell’Assiria. Questa signorina innamoratasi pazzamente
del padre riuscì con l’inganno a giacere con lui per dodici notti di seguito.
Quando il re si accorse del rapporto incestuoso con la figlia la volle uccidere
con un pugnale, ma Mirra pregò gli dei di renderla invisibile ed essi per pietà
la trasformarono in un albero, l’albero della mirra. Nove mesi dopo nacque da
quel albero il più bello di tutti “Adone”, nato da quel atto proibito,
l’incesto tra il re e sua figlia.
Probabilmente il primo albero piantato e coltivato dagli uomini, cioè dai
Sumeri circa seimila anni fa è la Phoenix dactilifera, la palma da datteri,
conosciuta anche per essere servita da riparo alla nascita di Apollo, dio
guerriero e figlio di Latona e di Zeus, che aveva fatto una volta di più le
corna a sua moglie Era.

Apollo era anche il dio della divinazione, della musica e della pastorizia,
ebbe, così padre così figlio, numerosi amori con ninfe e giovani uomini poi
tramutatisi in fiori o alberi, tra i quali Giacinto e Ciparisso (cipresso) e la
ninfa Dafne che per sfuggire alle sue brame si tramutò in un albero di lauro,
chiara allusione alla sua stretta unione con la vegetazione, con la natura.
Gli alberi hanno un’anima. E’ stato dimostrato che una qualunque cellula è
autonoma e possiede un sistema che ne regola l’equilibrio e la difesa, in
potenza un principio di vita psichica. Esperimenti hanno dimostrato che le
piante reagiscono a certi input e che possono sentire benessere, paura, dolore
e inoltre che sono capaci di memorizzare.
Io ritengo che tutto ha un’anima, basta toccare, vedere anche una pietra, ma
un albero, soprattutto quando è grande e maestoso irradia qualcosa di magico
che in tempi antichi veniva percepito come se ci fosse al suo interno una
deità.

Allora quel albero veniva adorato e protetto, ai suoi piedi veniva eretto un
altare, come ancora oggi vien fatto in India.
L’albero, in questo modo, poteva arrivare ad un’età avanzatissima lasciando
crescere intorno ad esso un bosco sacro come per esempio ad Uppsala in Svezia e  anche più vicino a noi a Nemi a sud di Roma o come i boschi sacri che
protessero la nascita, l’illuminazione e il trapasso di Buddha.
I boschi sacri, chiamati “nemeton” sono esistiti presso molti popoli ed in
tutti i continenti. Purtroppo a causa dello sfruttamento dei legni, per ragioni
belliche e religiose molti di questi “nemeton” sono andati distrutti.
La prima e la seconda guerra mondiale hanno causato un disboscamento
sistematico, ma molto prima ancora con l’avvento del cristianesimo i missionari
cristiani per rendere impossibile il culto pagano degli alberi li hanno fatti
distruggere e di questo esistono purtroppo numerose testimonianze ben
documentate.

Naturalmente il cristianesimo ci mise secoli per convertire i pagani e mano
mano dei monaci si stabilirono nelle foreste sacre e vi fondarono monasteri.
Sul monte Cassino, Benedetto da Norcia, in mezzo alla folta foresta dove
sorgeva un tempio dedicato ad Apollo costruì la chiesa del Dio unico; il
monastero di Castel Sant’Elia qui in provincia era un tempio di Venere e vale
la pena di andare a farci una visita.
Ogni albero ha la sua storia ed impersonava spesso delle ninfe come per
esempio il tiglio, il pino nero, il pioppo bianco, il noce e il mandorlo.
L’albero più significativo delle tre religioni monoteistiche, cioè quella
degli ebrei, dei cristiani e dei musulmani, è senz’altro l’ulivo che con il suo
olio “crea la luce”, che è “l’asse immobile della terra”, che rappresenta
Abramo l’antenato comune degli ebrei, dei cristiani e dei musulmani. Il
ramoscello d’ulivo portato dalla colomba a Noé é anche qui il segnale di nuova
luce e la ripresa della vita sulla terra.
Il fico invece è servito con le sue foglie a coprire le vergogne di Adamo ed
Eva, ma è anche l’albero dedicato a Dioniso ed a Priapo, il dio fallico per
eccellenza ed i falli portati in processione venivano appunto scolpiti con il
legno di questo albero. Il fico, frutto succulento e ricolmo di semi quando è
maturo simbolizza sia il maschio che la femmina, un significato ancora oggi
molto vivo e talvolta anche volgare.

Atlante, colui che sostiene la terra, era il guardiano del giardino della dea
Era, moglie di Zeus, dove cresceva un melo dai frutti d’oro, che lei aveva
avuto in dono dalla madre terra. Un giorno Era si era accorta che le rubavano
le mele e perciò ordinò al drago Ladon di attorcigliarsi intorno al tronco
dell’albero in modo che nessuno potesse avvicinarsi.
Il serpente con l’albero ci ricorda chiaramente l’Eden di Adamo ed Eva e anche
l’albero cosmico nordico con il suo gigantesco serpente Nioggrh.
Ad Adamo un pezzo del frutto proibito è rimasto nella strozza e a tutt’oggi si
vede chiaramente il nostro pomo d’Adamo.
Adamo viene spesso rappresentato come androgino, infatti viene creato “maschio e femmina”, viene creato al plurale e solo dopo ha luogo la divisione in due, cioè nel maschio e la femmina.
L’albero ermafrodito era il simbolo più adatto per rappresentare l’uomo
primordiale proprio perché capace di moltiplicarsi in maniera asessuata
attraverso i rametti che nascono ai suoi piedi. Un albero tagliato può
rigenerarsi rispuntando dalla terra.
Con l’affermazione del Cristianesimo veniva adorato soltanto un pezzo di legno
morto, cioè la croce e l’adorazione degli alberi vivi e sacri veniva vietata.
In conseguenza da ciò nacque un monoteismo dogmatico ed intollerante. L’anima e  il corpo vengono separati in un dualismo spesso atroce e causa di grandi
sofferenze e frustrazioni.

Claude Lévi-Strauss ha scritto:
“Da aperta che era un tempo, l’umanità si è sempre più rinchiusa in sé stessa.
Tale antropocentrismo non riesce più a vedere, al di fuori dell’uomo, altro che
oggetti. La natura nel suo complesso ne risulta sminuita. Un tempo, in lei
tutto era un segno, la natura stessa aveva un significato che ognuno nel suo
intimo percepiva. Avendolo perso, l’uomo di oggi la distrugge e con ciò si
condanna.”
Spero che d’ora in poi possiate guardare agli alberi ed alla Natura tutta con
occhi e sentimento diversi.
Grazie per l’attenzione.
Peter Boom
Immagine correlata