giovedì 18 aprile 2013
Non dualismo e zen... roba fina, per menti acute, astenersi sempliciotti
La tendenza aristotelica domina ancora, tendenza che si manifesta con il bisogno di definire e di classificare.
Una volta classificata, la materia cessa di svilupparsi in una azione: diviene una categoria restrittiva. Queste categorie sono spesso dualiste: bene e male, anima e corpo, pensiero e azione, mentale e fisico, salute e malattia. L'attitudine teorica che ne deriva fa rigettare di colpo tutto ciò che non è conforme ad una visione già determinata.
Io presento una visione del mondo diversa.
Utilizzo la mia libertà di espressione per mostrare che c'è un'altra maniera di pensare. Se la scienza classica deriva dalla applicazione di una disciplina i cui principi sono stati elaborati nel VII secolo, questa scaturisce da una filosofia, e non dalla filosofia propriamente detta. Così certe branche della scienza, come la fisica moderna, sfuggono alla vecchia disciplina in cerca di una nuova filosofia. La filosofia è una presa di posizione che in sé è libera.
Mi oppongo pertanto alla opposizione del dualismo classico: 'una filosofia non può essere associata a una pratica'. Questa opposizione, che è solo teorica, non rappresenta un grosso ostacolo. La fusione tra la teoria e la pratica la si fa nella mente. La discussione diventerebbe sterile se si cercasse di far ammettere verbalmente idee come: un bene può essere un male, un male può essere un bene [si noti tuttavia che il concetto di bene/male è relativo al soggetto che subisce il fenomeno valutato, n.n.r.]. Solo la pratica può permetterci di sentire.
Il divieto è la forma che l'occidente ha adottato per salvaguardarsi contro la caduta nel caos. Esso prende una forma più sottile allorché presenta il rovescio della medaglia sotto i nomi di miracolo, mistero, magia. Non è sufficiente togliere i divieti perché si diventi liberi [ in realtà ogni essere è libero secondo libertà vincolata, da vincoli naturali ed artificiali, i quali ultimi soggetti alla facoltà di scelta, n.d.r.].
A un sistema di divieti succederà un altro sistema.
Solo la respirazione, penetrando in profondità, potrà cambiare questa situazione.
Sarà vano cercare in me, come si è abituati a fare, spinti da uno spirito che esige prove, qualità che io non posseggo: un potere straordinario, l'invulnerabilità, l'efficacia, e tutta la gamma delle seduzioni.
Cosa sono in confronto ala grandezza dell'amore cosmico del maestro Ueshiba, alla tecnica del non-fare del maestro Noguchi, o alla raffinatezza insondabile del maestro Kanzé Kasetsu, autore del teatro No ? ... Essi sono maestri per natura".
(Itsudo Tsuda, La scuola della respirazione, Le Courrier du Livre, Paris, 7 giugno 1973).
Una frequente lotta mentale si svolge nelle vite di molti uomini tra il dualismo del pensiero separativo e l'esperienza della unità inseparabile del reale, e in questa lotta la cultura occidentale dominante ha fatto sentire per secoli e secoli il suo peso sul piatto dualista della bilancia .
Tsuda riconduce la composizione della lotta all'esperienza, ed alla più semplice esperienza organica: il respiro, quel flusso di inspirazione ed ispirazione naturale così connaturato con la nostra attuale forma umana da essere istintivamente identificato spesso con la vita stessa (pnèuma, elan vital, soffio......).
Eppure, senza necessità di concettualizzazioni, anzi, di fatto nemico delle medesime, l'antico spirito del buddhismo zen correla il respiro con la riemersione della primigenia natura del Buddha risvegliato e liberato che giace nell'animo di tutti gli esseri senzienti. Sedersi sullo zafu inspirando ed espirando, senza porre ad alcunché d'altro l'attenzione, sino ed essere il semplice respiro: questa pratica dello za-zen riconduce l'essere umano alla sua vera natura illuminata, al suo vero stato del Buddha, come conferma il maestro Shunryu Suzuki Roshi, della scuola Soto. "Il mio zen è molto semplice: quando ho fame mangio, quando ho sonno dormo", così conclude Suzuky roshi la sua bellissima opera "Mente Zen, Mente di principiante".
Già: e perchè mai "di principiante"? Intende forse Suzuky ricondurre i suoi discepoli alla ingenuità infantile? In effetti, non di ingenuità si tratta, quanto piuttosto di consapevolezza dell'essere nel qui ed ora così denso di realtà da corrispondere, se liberamente inteso, come immersione stessa nel Nirvana, libero dalle costrizioni del flusso incessante del karma.
Un ricondursi dell'essere alla quiete profonda dell'amore consapevole che regna nelle profondità di quell'oceano di cui gli antichi Veda ebbero a dire "Io sono l'onda, tu rendimi mare". Tat Tvam Asi: tu sei quello. Da sempre, comunque e quantunque.
Manifestandoti ora in quel respiro attorno al quale si svolge il flusso cosmico di questa esistenza, epifenomeno emergente della grande vita universale.
Tashi Delèk, Sarvamangalam.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento