Come un giovane leone che viene scacciato dal branco in cui è nato, quando ha raggiunto l’età matura. Poi, dopo un periodo di girovagare senza scopo, in cui si aggrega ad altri leoni nella sua stessa condizione, la natura lo spinge a sfidare il vecchio capo di un branco, usurpare il suo posto ed appropriarsi delle femmine, generare una propria prole ed il ciclo si ripete...
Un intermezzo, una soddisfazione fugace derivata dal senso di potere nell'ottenimento delle "necessità" di vita: sesso, cibo e compagnia. Non c’è molto da fare se questo è il sistema dei leoni, se sei un leone, ma se sei un uomo?
Ho sempre avuto ribrezzo per i metodi che comportano la prevaricazione e la conquista come forma di sopravvivenza. Spesso vedo però che il sistema, la natura dell’uomo, non è molto dissimile da quella dei leoni.
Sembra, mi sembra, che molto specie di animali usino metodi più o meno simili. Ho visto che il rapporto fra maschi è sempre in qualche modo basato sul confronto e sulla dominanza. Se non fisica, intellettuale. Se non intellettuale, spirituale. Se non spirituale, amorosa. Il legame dell’amore infatti è il più forte, è quello che crea la dipendenza più forte. Crea anche sensi di colpa e di frustrazione e spinge verso la sua controparte: la ribellione e l'odio. Con ciò il ciclo ricomincia, lasciando un vago odore di ormoni che permane nell’aria.
Insomma pare una strada senza uscita ma -come dice Nisargadatta- può trovarsi una soluzione se si inizia e si termina in se stessi la ricerca, ignorando il desiderio di ottenimento, o meglio osservando la pulsione mentale e quindi distaccandosi da essa. All’inizio appare come una fuga od un atto di volontà (e questo mi ricorda enormemente il circolo vizioso di cui alla storia dei leoni) ma la conclusione non è il risultato di uno sforzo… non è una risposta, non è comprensibile, non è perseguibile, insomma dal punto di vista della mente assomiglia moltissimo all’estinzione.
Ramana Maharshi dice che è la morte dell'io. Baba Muktananda la chiama libertà.
Paolo D’Arpini
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