venerdì 6 marzo 2020

Tracce di ecologia profonda nelle "Operette Morali" di Giacomo Leopardi


Sull’onda di quanto vado scrivendo, ieri mi sono recato alla libreria Feltrinelli in cerca di “Canne al vento” di Grazia Deledda e dopo una lunga ricerca ho scoperto che era terminato. Mentre lo cercavo, più volte inutilmente, sul grande scaffale dei classici della letteratura,

Risultato immagini per ”Operette Morali” di Giacomo Leopardi

sentivo un libro bisbigliare, cosi l'ho preso e mi sono ritrovato tra le mani le ”Operette Morali” di Giacomo Leopardi, un libro che volevo rileggere da tempo. Prose e dialoghi che hanno per protagonisti personaggi storici come Plotino e Copernico, immaginari, come folletti e gnomi, e anche figure allegoriche come Terra e Luna. I temi sono gli stessi che percorrono le liriche dei Canti: il rapporto dell’uomo con la storia, con i suoi simili e con la Natura; il confronto tra i valori antichi e la degenerazione del presente: la potenza delle illusioni, l’infelicità, la gloria, la noia.  

La vita, diceva Pindaro, non è che il sogno di un'ombra, immagine sublime che in un sol tratto dipinge tutto il nulla dell’uomo.

Terra. Cara Luna so che puoi parlare e rispondere…secondo che ho inteso molte volte dai poeti oltre che i nostri fanciulli dicono che tu veramente hai bocca naso occhi…dunque Luna bella con tutto che ti sono stata vicina per tanti secoli, non mi avanzava tempo per chiacchierar…

Luna. Perdona, monna Terra se ti rispondo un poco liberamente che forse non converrebbe a una suddita come io sono, in vero che tu mi riesci peggio che vanerella…

Terra. Cara Luna con certi cannocchiali che sono instrumenti fatti per vedere molto lontano un fisico di quaggiù ha scoperto che…  

Luna. Qui da questa parte, come vedi è giorno.

Terra. Ora io non voglio essere causa di spaventare la mia gente, e di rompere loro il sonno, che è il maggior bene che abbiano. Ci riparleremo in un altro tempo, addio dunque, buongiorno. 

Luna. Addio, buonanotte.

Folletto. Parimenti di tratto in tratto per via de loro cannocchiali si avvedono di qualche stella o pianeta che per migliaia di anni non hanno mai veduto e subito lo scrivono tra le loro masserizie perché immaginano che le stelle e i pianeti fossero come moccoli da lanterna, piantati lassù nell’alto per far lume alle signorie loro che la notte hanno gran faccende.  

Gnomo. Sicché in tempo d’estate, quando vedevano cadere di quelle fiammoline, che certe notti vengono giù per l’aria, avranno detto che qualche spirito andava smoccolando le stelle, per servizio degli uomini.  

Folletto. Ora che ei sono tutti spariti, la Terra non sente che le manchi nulla e i fiumi non sono stanchi di correre e il mare ancorché non abbia più a servire alla navigazione e al traffico, non si vede che si asciughi.  

Gnomo. E le stelle e i pianeti non mancano di nascere e di tramontare…

Gnomo. Anche le zanzare e le pulci erano fatte per beneficio degli uomini?  

Folletto. Si erano: come per esercitarli nella pazienza, come essi dicevano.  

Gnomo. In verita che mancava loro occasione di esercitare la pazienza, se non erano le pulci.  

Folletto. I porci secondo Crisippo (filosofo stoico del III sec. a.C. riteneva l anima un “soffio vitale” garante della destinazione d’ogni creatura che per i porci sarebbe quella di essere mangiati dagli uomini) erano pezzi di carne apparecchiati dalla natura a posta per le cucine e le dispense degli uomini e acciocché non imputridissero conditi colle anime in vece di sale. 

Gnomo. Credo al contrario, che se Crisippo avesse avuto nel cervello un poco di sale, in vece dell’anima non avrebbe immaginato uno sproposito simile.  

“L’immaginarsi di essere il primo ente della natura e che il mondo sia fatto per noi, è una conseguenza naturale dell’amor proprio necessariamente coesistente con noi, e necessariamente illimitato”. Osserva Leopardi, e poiché l’istinto di autoconservazione accomuna tutte le specie, è naturale che ciascuna di essa pensi con maggiore o minore consapevolezza, di trovarsi al centro del mondo e che lo stesso accada a ciascun individuo “ non solo alle altre specie o generi, e agli altri individui della medesima specie” (Zib 390, 8 dicembre 1820). L’ironia leopardiana si punta sulla nullità dell’uomo nel cosmo e sulla superbia con le quali egli concepisce il mondo creato suo uso e consumo. Il tema antiantropocentrico mostra qui il suo aspetto più propriamente relativistico benché le tragiche implicazioni antiprovvidenzialistiche e materialistiche siano prossime ad affacciarsi.  

Commento di massimo: mi citi Leopardi ed io sono di parte. Sin da bambino, a scuola, le sue poesie mi mettevano di buon umore e le riuscivo a imparare a memoria in pochissimo tempo. Altro che pessimismo cosmico, pensiero triste ecc.ecc. Poi credo che quando un verso, una pagina, un libro, anche se malinconica o triste ti faccia star bene valga un milione di volte di più del cosiddetto "pensiero positivo" che comprime l'inconscio e il subconscio. In lui ho trovato tanta vitalità; la forza delle illusioni; la descrizione delle genti italiche e la superbia dell'essere umano. L'amore per la conoscenza e le stelle. Nelle operette morali e nello Zibaldone a volte risollevo il mio animo infranto. Non era un'umanista crociano e a 16 anni scrisse un manuale di astronomia. Una 15ina di anni fa Margherita Hack integrò i suoi scritti con quelli del giovane marchigiano ed usci': "Manuale di astronomia" di Leopardi-Hack.

 (“Operette Morali” di Giacomo Leopardi, a cura di Laura Pelosi, Edizioni Rizzoli)


Ferdinando Renzetti

ferdinandorenzetti@libero.it

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