martedì 29 luglio 2025

Nell'infinito non esiste un centro...

 


Se nell’equivoco si assiste al potere e allo scontro di punti di vista differenti, anche la concezione della conoscenza in forma di saperi analitici ne è un esempio.

“Lascia lente le briglie del tuo ippogrifo, o Astolfo
E sfrena il tuo volo dove più ferve l'opera dell'uomo
Però non ingannarmi con false immagini
Ma lascia che io veda la verità e possa poi toccare il giusto

Da qui, messere, si domina la valle
Ciò che si vede è
Ma se l'immago è scarno al vostro occhio
Scendiamo a rimirarla da più in basso
E planeremo in un galoppo alato
Entro il cratere ove gorgoglia il tempo”. (1)

Verità oggettiva

In ambito meccanico, ma anche elettrico e chimico, esiste una prevedibilità certa e condivisibile. Il valore e la potenza di ogni elemento sono certi. Ogni parte è sostituibile da una identica. L’efficienza del sistema è garantita. Ogni composizione che da esso proviene è considerata separata e indipendente da noi. Ai nostri occhi appare così evidente nella verità che esprime, che la consideriamo uguale per tutti, oggettiva.

Meccanica della storia

Il mito, il culto, l’incantesimo dell’oggettivazione del mondo, delle parti della realtà, della realtà intera, sono forze che insistono sui pensieri fino a confezionare la concezione del mondo, della realtà, di noi, del prossimo, così come nelle descrizioni che ne facciamo, nel linguaggio che creiamo.

La condizione del due

Dire io – non a caso anglosassoni e statunitensi ne sono insuperabili campioni –, credere di essere ciò che a esso facciamo coincidere di noi, comporta l’altro, il non io, e la separazione da esso, qualunque cosa sia, dal fotone al cosmo. È la condizione del Due, è il suo impero. Esso comanda l’esistenza umana e contiene – nel senso di limita – il potere creativo, come se avesse in sé una teleologia volta a imporre i saperi e, in questo, a impedire la conoscenza. Un progetto che per essere attuato – basta guardare – necessita di un solo diversivo, il resto viene da sé. Questo consiste nel dedicarsi alle differenze formali, o nel’occultare le identicità sostanziali. Una condizione di partenza, che da un lato comporta l’elezione del proprio punto di vista, la sua difesa costi quel che costi, dall’altro l’impedimento alla banale constatazione che tutti noi siamo mossi dagli stessi pochi sentimenti e poche emozioni. Una pochezza che comporta il ripetersi perpetuo di ciò che pensiamo, diciamo e facciamo.

Morale e ratione

L’io, il suo culto dell’indipendenza dal mondo, e quello dell’oggettività, rappresentano la matrice della storia di sofferenza che conosciamo. Una storia che, necessariamente, è a sua immagine e somiglianza. Se – o quando – lavaggi del cervello a parte, avremo a che fare con i trapianti dell’io, il soggetto portatore produrrà da qual momento altre biografie e altre storie, esattamente come sempre avviene a mezzo di nuovi dati acquisiti e nuove consapevolezze.

Come se non bastasse, se alla pietanza storica si aggiungono le spezie suprematiste e totalizzanti della morale e della ratione, l’incantesimo diviene giogo, dal quale nessun bovino ha mai creduto di potersi liberare.

Religione della scienza meccanicista

Quando morale e ratione divengono armi d’attacco, in difesa di quello che si crede essere il proprio io, nuovamente ci troviamo davanti allo spettacolo imperituro della presunta superiorità di un io rispetto a un altro, fino al diritto di morte del prossimo, alla negazione della sua identicità con noi, alla predilezione del nostro piacere über alles.

Conoscenza

In un campo di esistenza siffatto, tutto è piegato ad esso, anche la cosiddetta conoscenza. Non è, infatti, condivisa dalla maggioranza quanto assurdo sia che essa coincida con la scienza classica, nella quale si osserva la realizzazione della concezione meccanicista della realtà, di sé, del prossimo. Solo ciò che essa dimostra – “Ma mi faccia il piacere” (Totò) (1) – ha il diritto d’essere vero e reale. Nel dualismo siamo al minimo delle potenzialità creative e di conoscenza, oppure al massimo della loro mortificazione, se non al meglio del loro annientamento.

Entro la bacinella d’acqua, la barchetta della scienza meccanicista naviga indomita credendo di fare rotta sulle terre dello scibile. Ufficiali, sottufficiali, nostromo e ciurma non si accorgono che ogni porto ha la sua verità, non si avvedono, cioè, che il concetto stesso di verità in contesto duale può esistere solo e soltanto entro campi chiusi, che dimenarsi nella storia per trovarne una universale non è altro che fonte di dolore e conflitto. Una svista che non vivono con senso di colpa – come potrebbero? non ne hanno coscienza – ma con diritto all’uso della forza e della sopraffazione nei confronti degli apocrifi non convertiti allo scientismo, nient’altro che una religione.

Il risultato è che l’ovvietà che la verità ha ragione d’essere solo in campi chiusi, regolamentabili, con un linguaggio senza equivoci, tra individui che condividono tutto ciò che vi è all’interno, non è condivisa, non ha spazio nella nostra cultura, non a caso definibile scientista.

L’altra faccia della luna

La scissione, cara a Decartes e ai suoi seguaci, tra noi e il mondo che crediamo di avere di fronte, nonché la riduzione di questo a due dimensioni, cioè alle sue misurazioni, per quanto autoreferenziale, ha goduto di un accredito talmente vasto da poterlo chiamare universale. Le esigenze di routine, stabilità e sicurezza, tutte primarie e necessarie all’ordinamento della realtà, delle società, del mondo, ha fatto dell’uomo un’entità a miopia illimitata.

Chi ne ha fatto le spese è il pensiero magico. Tuttavia, nonostante esso, sebbene entro i ristretti paddok della logica, del razionalismo e del meccanicismo e accompagnato dalla nostra inconsapevolezza di esso, ci muova ancora, non solo non è constatato e quindi riconosciuto nella sua presenza e nel suo valore e potere, ma è denigrato e perseguito.

Ma è salendo sul suo tappeto volante che possiamo considerare come la materia sia energia e come il mondo abbia a che vedere con la nostra interpretazione e descrizione di esso.

Non solo, anche come la realtà nella quale crediamo di muoverci non sia che la decantazione di alcuni, tra gli innumerevoli, elementi, guarda a caso quelli a noi necessari per seguitare a credere in ciò che narriamo. Come magneti con la limatura di ferro, li orientiamo a nostro uso e consumo. Un fatto innocuo, se a quella miopia non corrispondesse anche il diritto razionalizzato – gioco forza – di proselitismo, conversione, obbligo, imposizione, persecuzione, punizione di tutti i magneti-persone d’altro avviso.

Sentire non sapere

La dimensione magica è umana, quindi a portata di tutti, purché nel rispetto della presa di coscienza di una sola condizione, sebbene bicefala: la caducità dei saperi di superficie e l’impedimento alla conoscenza a causa dell’importanza personale come valore irrinunciabile.

La prima appare come diretta discendenza dal piano logico-razionale. Ovvero di quello strato di intelligenza che, come un burqa, ci avvolge e limita. Ad esso fanno riferimento tutti i saperi antropocentrici, genericamente tecnici, che, nel pieno rispetto del criterio analitico, sono andati via via specializzandosi e separandosi tra loro.

Dall’altro lato sta l’idea dell’io indipendente dal mondo, a sua volta figlia della cultura dell’importanza personale.

Privi di tale bicefala consapevolezza la conoscenza corrisponde ad un cumulo ed accumulo impermanente di dati, entità entro cui abbiamo costretto il mondo. Ma questi non sono che le parti di esso che riteniamo di avere scalpellato via dal tutto, senza vedere che lo abbiamo fatto per una conoscenza costretta entro l’interesse personale di un io al centro della realtà.

Fondi di caffé

Con la duplice consapevolezza della vacuità relativa ai saperi di superficie e all’importanza personale, invece, ci si trova ad avere a che fare con la conoscenza relativa al sentire, una modalità che delimita – assai funzionalmente alla conoscenza stessa – il valore dei saperi relativi ai dati linearmente consequenziali, alle misure, alle catalogazioni.

La dimensione magica, da cialtronata di nessun valore se non ciarlatanesco, diventa evidente realtà. Ma anche qui c’è un cancello in forma di consapevolezza. Sì, perché la conoscenza, se non richiede saperi, necessita invece di consapevolezze diciamo stocasticamente, o imprevedibilmente, successive. Conoscere attraverso il sentire allude alla meditazione, alla contemplazione, alla ricettività estetica, alla conoscenza del proprio sé.

V’è una consapevolezza che può svelarci in che termini esiste la dimensione magica o energetica o sottile del mondo, e come questa faccia a meno, per la sua sopravvivenza, del bidimensionale piano cartesiano, dei principi della logica e del principio di causa-effetto.

Essa riguarda il potere ricettivo. In particolare, come questo sia relativo alla purezza, e come questa resti torbida in modo direttamente proporzionale all’accredito che diamo ai saperi di superficie.

Spogliarello

Come la svestizione nello spogliarello o nel belletto rivela la natura originaria, così, emancipandosi dal sapere utile a scuola e nel lavoro, ma inutile nelle relazioni aperte, diviene possibile la liberazione dalle abitudini, credenze e consuetudini della cultura e della storia fantasmagorica, con l’io al centro, scambiata come unica verità.

In contemporanea a tale crescente limpidezza si constata, al pari di come prima si constatava un tavolo o un copertone, il flusso energetico che sempre scorre, che tutto avviluppa.

Nient’altro che forze che agiscono su tutti e che il mago, semplicemente, osserva e, se in purezza da interessi personali, oracola e miracola, in quanto tutto è in lui.

“Vivi una vita, studi una vita e muori scemo” (3)

La conoscenza riguarda campi chiusi, che possono essere detti anche menti. Ossia dimensioni governate dall’impero logico-razionale.

Appena ci troviamo fuori dalla mente, nelle dimensioni non logico-razionali, genericamente dette estetiche, possiamo riscontrare le congetture che la riempivano.

E allora? È il credito che si dà alla mente, quale vascello che ci permetterebbe di solcare i mari della conoscenza, di salpare dalle terre dell’ignoranza l’origine del pasticcio tra saperi e conoscenza. Niente di più positivista, quindi di limitato, di funzionale all’ammiraglio, di opinabile.

La sola conoscenza, se così la si vuole chiamare, è già in noi e non richiede ne studio, né parole. Riconoscendolo, i misteri, ovvero le domande fondamentali, svelano la natura che li ha generati, che è prettamente logico-razionale. Può davvero essere questa dimensione a portarci alla conoscenza?

Riconoscendolo, possiamo vedere che i misteri non sono che rebus, la cui soluzione non si compie a mezzo degli strumenti della mente. Anzi, che proprio quegli strumenti, buoni a manovrare il finito ma inetti a gestire l’infinito, sono proprio l’origine di ciò che non sono in grado di svelare.

“Le religioni sono credute vere dal popolo, false dai filosofi e utili da chi gestisce il potere”. (4)

Lorenzo Merlo


Note

  1. https://www.youtube.com/watch?v=yx2dJmpm4xo&list=PL2Mt3dp76i0MFd7L1cmIhWPKkBOoX1YIn

  2. https://www.youtube.com/watch?v=6bjQOwXMoPk

  3. Anonimo.

  4. Anonimo.


sabato 26 luglio 2025

Armando D’Elia: “Miti e realtà nell’alimentazione umana”...

 


Per introdurre più incisivamente il lettore nel tema che dà il titolo al presente lavoro è opportuno richiamare la sua attenzione sull’evento forse più decisivo per le sorti dell’umanità verificatosi nella preistoria umana.

In estrema sintesi l’uomo per lunghissimo tempo ha vissuto nell’Africa intertropicale sua patria d’origine nutrendosi esclusivamente con la frutta che trovava nella foresta in armonia con le sue caratteristiche di animale fruttariano (frugivoro) comprovate dalla sua anatomia, dalla sua fisiologia, dai suoi istinti.

Quando, per effetto di grandiosi accadimenti geologici e meteorologici (glaciazioni, pluviali, siccità, formazione della Great Rift Valley), la foresta scomparve l’uomo perse il suo habitat originario il suo paradiso terrestre e divenne animale da savana. Non trovandovi più la frutta che era ed è il suo cibo naturale dovette per sopravvivere nutrirsi oltre che di semi di graminacee anche di carne e divenire quindi cacciatore da raccoglitore qual’era, con l’aiuto del fuoco naturalmente. “Pertanto – afferma il famoso  etologo inglese  Desmond Morris – l’uomo è un vegetariano divenuto carnivoro per questioni di sopravvivenza”

Ma c’è da fare una considerazione ben più importante: mentre nella sua foresta l’uomo da fruttariano si alimentò utilizzando le proteine fornitegli in giusta misura dalla frutta suo cibo naturale, quindi l’ottimale sul piano nutrizionale, quando divenne animale da savana dovette invece forzatamente utilizzare le proteine della carne altamente concentrate fornitegli dai cadaveri degli animali trovati uccisi (sciacallaggio) o che lui uccideva; orbene, le conseguenze sulla vita dell’uomo di una così cospicua devianza alimentare furono immediate e catastrofiche sia in termini di salute che di durata della vita come accertato dal più dai più illustri paleoantropologi, basta citare per tutti Reay Tannahili che nella sua pregevole “Storia del cibo”, ci documenta al riguardo con ampiezza a conclusione dei suoi studi “Meno della metà della popolazione  sopravviveva oltre all’età di vent’anni e 9/10 degli adulti restanti morivano prima dei quarant’anni” E ancora “Un uomo di quarant’anni doveva sembrare un centenario”,

Naturalmente, occorre mettere in conto anche il fatto che mentre un frutto è un cibo vivo (ne è prova tra le tante anche il fatto che la sua maturazione spesso può continuare anche dopo che è staccato all’albero), la carne ricavata da un cadavere oltre che fornire un’energia degradata , è sede ormai solo di processi degenerativi (decomposizione, putrefazione) che sono segni indubbi di morte già avvenuta.

(Prof. Armando D’Elia: “Miti e realtà nell’alimentazione umana” – Capitolo introduttivo, paragrafo 8.)

venerdì 25 luglio 2025

Cernusco sul Naviglio. Stop al consumo del suolo...

 


Nove palazzi per un totale di 10.098 mq, accompagnati da opere accessorie (parcheggi, una piazza, piste ciclabili e un edificio pubblico con destinazione funzionale ignota) cancelleranno gli ultimi campi agricoli rimasti a Cernusco sul Naviglio, comune della periferia Est di Milano. Un’area che conserva ancora i caratteri dell’antico paesaggio agrario padano, ai margini del Parco Locale di Interesse Sovracomunale Est delle Cave, esposta a potenziale rischio idraulico, ma con valori immobiliari analoghi a quelli di alcune zone di Milano e quindi molto ambita dagli operatori edilizi.

Questi terreni erano inseriti nel Piano di Governo del Territorio (PGT) del 2011 destinati a edilizia residenziale, in parte convenzionata, già presente negli strumenti urbanistici precedenti ma, nonostante la crescente consapevolezza culturale della necessità di fermare il consumo di suolo, quella destinazione non è mai stata modificata nel corso degli anni. Anzi, è arrivata l’istanza dei proprietari che hanno chiesto di cancellare la quota di edilizia convenzionata a fronte di una riduzione di metri quadri edificabili: richiesta accolta nel dicembre 2021 grazie ad una variante al PGT che ha infatti trasformato l’edilizia convenzionata in edilizia libera, relegando quella convenzionata in zona industriale. Una forma di gentrificazione sancita istituzionalmente.

Nel frattempo sono state approvate le linee guida per la progettazione architettonica di via Cevedale, riviste per ben tre volte, mentre a soli 12 giorni dalla presentazione dell’ultima richiesta degli operatori immobiliari e a ridosso delle elezioni comunali, è stato adottato dalla Giunta il Piano Attuativo: uno degli ultimi atti dell’amministrazione uscente, senza alcuna comunicazione preventiva ai cittadini, nessun percorso partecipativo, nessuna valutazione sull’impatto ambientale dell’intervento.

Un’accelerazione anomala, se si considera che gli atti sono stati pubblicati il 19 maggio, nove giorni prima delle elezioni e con 15 giorni per presentare osservazioni. Osservazioni che sono arrivate da cittadini, associazioni e forze civiche, insieme a numerose iniziative per richiamare l’attenzione e fermare il processo. In particolare una petizione pubblica che in pochi giorni ha raccolto quasi 1500 firme – con le adesioni eccellenti di Luca Mercalli, Tomaso Montanari e Paolo Pileri, oltre al sostegno di comitati e associazioni locali – che chiedono all’Amministrazione Comunale di non approvare il Piano Attuativo e di tutelare il paesaggio e la preminenza degli interessi generali su quelli privati in applicazione del dettato costituzionale

La destinazione urbanistica di un terreno non genera automaticamente il diritto a costruire, i “diritti edificatori” non sono acquisiti per sempre: l’adozione del Piano Attuativo può essere rivista e non approvata, perché l’Amministrazione conserva un ampio margine di discrezionalità nella valutazione delle osservazioni che in questo caso hanno messo in luce le numerose criticità dell’intervento: dalla perdita definitiva di prezioso suolo fertile, del paesaggio agrario, di biodiversità, all’abbattimento di alberi storici, all’interruzione della continuità ecologica del territorio, alla compromissione di servizi ecosistemici fondamentali. Senza dimenticare il principio costituzionale legato alla funzione sociale della proprietà privata, sancito dagli articoli 41 e 42 della Costituzione, che non si ritrova in questo intervento immobiliare.

Nel rapporto ambientale del PGT 2011, curato dal team di esperti guidato dal prof. Paolo Pileri del Politecnico di Milano, quell’area era già stata indicata tra gli ambiti “meno sostenibili”, proprio per la catena di effetti negativi che la trasformazione urbana avrebbe comportato. Oggi, nel sostenere la petizione, Pileri ci scrive: «Era fortemente sconsigliato 14 anni fa, semplicemente assurdo e antistorico oggi.»

Luca Mercalli, in un’intervista dedicata proprio a questa vicenda, ha dichiarato:

«Quando si cementifica un suolo si commette un crimine contro l’umanità e quindi chi lo agevola si rende responsabile di una perdita grave e irreversibile per il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti. Spero che l’Amministrazione ci ripensi per non lasciare ai posteri il marchio di una trasformazione irreversibile e dannosa…».

L’associazione Bene Comune Cernusco, aderente al Forum Salviamo il Paesaggio, sostenuta da 1500 firme, ha chiesto alla Sindaca di Cernusco un incontro per illustrare le motivazioni contrarie e discutere le possibili alternative perché la Giunta non proceda con l’approvazione del Piano Attuativo.

La vicenda di via Cevedale è emblematica di una gestione del territorio subordinata alla rendita immobiliare, ma è anche la dimostrazione che una cittadinanza consapevole e attiva può fare la differenza. La battaglia non è finita.

Aiutaci a fermare il consumo di suolo a Cernusco: firma e diffondi la petizione.



giovedì 24 luglio 2025

Firenze. Azioni per il recupero di immobili abbandonati...

 


Dare nuova vita agli edifici abbandonati, restituendo spazi oggi in degrado nella città di Firenze. Era questo il fulcro della proposta/mozione presentata da Dmitrij Palagi (Sinistra Progetto Comune) alla Commissione Urbanistica, nell’ambito della campagna nazionale “Riapriamo le porte degli immobili fantasma”, proposta dal Forum nazionale Salviamo il Paesaggio, con l’obiettivo di acquisire al patrimonio comunale i beni privati in stato di abbandono, partendo da un censimento di tutto ciò che non è utilizzato, sia pubblico e sia privato

La mozione è poi entrata nel dibattito della Commissione Urbanistica e, dopo l’audizione del nostro Alessandro Mortarino che ha illustrato ai consiglieri il quadro della situazione e le opzioni adottabili per restituire lo stock edilizio inutilizzato esistente e restituirlo alla disponibilità collettiva, ha dato impulso a una approfondita riflessione che ha portato alla decisione di approvare un documento in cui si invita, tra l’altro, Sindaca e Giunta a:

– valutare l’opportunità di istituire il “Registro dei crediti edilizi e edifici abbandonati”, entro la legislatura corrente, quale opportunità per il Comune di Firenze di recuperare edifici abbandonati, contribuendo alla rigenerazione urbana e al miglioramento della qualità della vita della città e dei suoi cittadini;

– integrare le procedure previste nell’art.17 del Piano Operativo in caso di inattività da parte dei privati proprietari, con strumenti aggiuntivi che possano delineare strategie di intervento per ridefinire la funzione sociale degli immobili abbandonati/degradati.

Un primo passo verso la possibile adozione piena – ci auguriamo – dello strumento giuridico che la campagna nazionale del nostro Forum suggerisce per la corretta applicazione dell’articolo 42 della Costituzione e l’esercizio della “funzione sociale” dei beni di proprietà privata.

Queste le dichiarazioni in merito del consigliere comunale Dmitrij Palagi:

«Ringraziamo ancora una volta il Forum Salviamo il Paesaggio, per la campagna nazionale “Riapriamo le porte degli immobili fantasma”, insieme a chi ci ha proposto di proporre al Comune di Firenze di aderire.

Dopo almeno due sedute della Commissione urbanistica dedicate al tema, in cui abbiamo avuto modo di ascoltare direttamente la visione di uno dei proponenti nazionali dell’iniziativa, il Dottor Alessandro Mortarino, oggi ci è stato chiesto di ritirare la nostra mozione, a favore di un testo di sintesi con la maggioranza.

Abbiamo accettato, riservandoci di rilanciare ciò che ancora manca.

Il Presidente Pampaloni, che ringraziamo, ci ha proposto un testo in cui si insiste sugli immobili pubblici e la realizzazione del “Registro dei crediti edilizi e edifici abbandonati”, attualmente previsto, ma ancora non realizzato.

Nel nuovo testo rimane il riconoscimento alla campagna “Riapriamo le porte” e in Consiglio comunale presenteremo un ordine del giorno che rilanci sulla proposta di aderire fino in fondo.

Ancora una volta ricordiamo di cosa si tratta: uno strumento che in base alla Costituzione stabilisce la possibilità per gli Enti Locali di appropriarsi di immobili abbandonati, in cambio di un giusto corrispettivo ai privati, senza necessariamente passare da un esproprio.

Continueremo a tenere alta l’attenzione su questo aspetto, fondamentale per contrastare le logiche della rendita che impoveriscono il territorio e chi ci vive».

Fonte: https://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2025/07/firenze-immobili-fantasma-e-abbandonati-un-altro-passo-avanti/



Qui trovate il testo del nuovo Ordine del Giorno sottoscritto dalla Commissione consiliare.

Resoconto del Coordinamento Nazionale No Nato del 14 luglio 2025



Presenti alla riunione del 14 luglio 2025:  Emanuele Lepore (ANVUI) - Mario Sanguinetti (Sindacato Sociale di Base) – Marianna Panico (Generazioni Future, Tavolo Uniti contro la Guerra) – Chiara Masini (P.Carc) – Stefano Antonelli (Brigate Verdi) – Gabriele Abrotini (Resistenza Popolare) – Vania Valeriani (No comando Nato né a Firenze né altrove) – Piero Vannuccini, Federico Roberti, Mauro Murini e Claudia Benedetti (Coordinamento Paradiso) – Patrick Boylan, Paola Slaviero (Rete No War Roma) – Gabriele Giovanoli (Carpi Consapevole) -Loredana Soffio (Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università) – Leonardo Mazzei (Fronte del dissenso) - Pietro Morace (Coordinamento no riarmo – Coordinamento per la pace, Milano) – Tito (Coordinamento no green paas e oltre, Trieste) – Patrizia Morciano (Pace, terra e dignità, Puglia) - Ida Merello, Genova, Giusy Vanadia' (Generazioni Future Sicilia).

Emanuele Lepore apre l’assemblea plenaria che serve a fare il bilancio, in particolare rispetto alle mobilitazioni del 21 giugno, e a fissare le linee di sviluppo. Il CNNN ha promosso un appello per far convergere le due mobilitazioni del 21 giugno e anche se non se l’appello non si è concretizzato in una piazza unica ha comunque favorito lo sviluppo del dibattito a livello nazionale sulla necessità di trovare obiettivi e pratiche comuni per far crescere la mobilitazione popolare contro la guerra. In merito a questo chiede di mettere sul piatto considerazioni e le linee di sviluppo. Passa poi ad alcune proposte legate alla crescente mobilitazione dei lavoratori (dal blocco del carico di armi a Brescia per cui il delegato sindacale Luigi Borelli è sotto minaccia di licenziamento all’appello dei ricercatori del CNR contro la collaborazione a progetti di ricerca in ambito militare, fino ai Ferrovieri contro la Guerra che hanno denunciato la chiusura di un tratto della ferrovia civile per procedere con l’ampliamento della base di Camp Darby ecc.) che rende possibile e necessario organizzare iniziative con i lavoratori in varie città: oggettivamente quando i lavoratori si mobilitano c’è un salto di qualità nella lotta contro guerra perché la mobilitazione dei lavoratori incide direttamente sugli interessi dei guerrafondai.

Interviene Patrizia Morciano (Pace, Terra e Dignità, Puglia) che auspica la collaborazione con i lavoratori in quanto unica strada percorribile in grado di cambiare la realtà. Chiede di adoperarsi per organizzare la partecipazione dei lavoratori al tavolo tematico della alla Festa di Riscossa Popolare del 2 agosto; segnala infine la loro partecipazione alla manifestazione contro la guerra del 19 luglio a Brindisi esempio di mobilitazione unitaria e trasversale come tante ce ne sono a livello regionale.

Emanuele Lepore riprende parola per mettere in fila alcune delle prossime mobilitazioni: 19 luglio manifestazione a Brindisi e a Camp Darby, assemblea contro la guerra al Festival dell’Alta Felicità in Val Susa il 27 luglio e 2 agosto mobilitazione a Niscemi promossa dal Movimento No Muos.

Interviene Mauro Murini (Coordinamento Paradiso) che ha partecipato all’assemblea del 21 giugno promossa dal CNNN e allo spezzone di corteo nella piazza promossa da Stop Rearm Europe. Parla della numerosa partecipazione al corteo e della contestazione fatta a Conte. Sottolinea che lo spezzone del CNNN era composto da poche persone, il fatto di essere un “intergruppo” ha penalizzato la creazione di uno spezzone più nutrito, e per il futuro propone di organizzare un punto di ritrovo ben preciso. Rispetto ai prossimi appuntamenti, segnala l’appuntamento promosso dal No Comando Nato Né a Firenze né altrove dell’11 ottobre.

Prende parola Patrick Boylan (Rete No War Roma) che sottolinea l’importanza dell’intervento dei lavoratori ma anche di altri organismi come Extinction Rebellion che hanno una buona condotta a fronte degli attacchi repressivi; dice poi che dovremmo maggiormente parlare di imperialismo, radice di ogni problema.

Interviene Leonardo Mazzei (Fronte del Dissenso) che annuncia che il Fronte del Dissenso, dopo le ultime prese di posizione del CNNN a favore della convergenze e per lo sviluppo del movimento di massa contro la guerra, aderisce formalmente al CNNN. Il 21 giugno hanno partecipato alla manifestazione promossa dalla rete Stop Rearm Europe e in quell’occasione hanno espresso solidarietà all’Iran. Aggiunge che è necessario lo sviluppo di un movimento contro la guerra che possa incidere sulle scelte del governo e che la manifestazione del 21 ha dimostrato che c’è risposta. Quindi si chiede che contributo possiamo dare affinché avvenga il superamento dei limiti.

Interviene Vania Valeriani (No Comando Nato né a Firenze né altrove) che lancia l’appello a partecipare alla manifestazione dell’11 ottobre a Firenze e a tal proposito informa che il primo luglio c’è stato l’insediamento del comando Nato. Il tessuto sociale del quartiere è molto vivo e ostile alla presenza militare nonostante la propaganda governativa e le dichiarazioni di Crosetto che parla solo di vantaggi (le 854 persone che arriveranno in loco vengono presentate come risorse, il comando come un’opportunità per incrementare il tessuto sociale in una “zona deserta” ecc.). In conclusione ribadisce i rischi che il comando comporta per la popolazione e la portata delle operazioni promosse dal comando.

Prende parola Chiara Masini (P.Carc) che sottolinea l’importanza di mobilitarsi come CNNN all’iniziativa dell’11 ottobre. Ritorna poi sul bilancio del 21 giugno, quando il CNNN ha promosso un’assemblea in cui sono emerse la concretezza degli interventi nel legare la Terza guerra mondiale in corso alle lotte specifiche dei vari territori e la necessità di lottare per superare settarismo e spirito di concorrenza e ha poi partecipato ad entrambe le piazze. Il CNNN con il 21 giugno si è speso nella lotta contro il settarismo e lo spirito di concorrenza, battaglia che ovviamente è ancora in corso, è e rimane il collo di bottiglia in questa fase: oggi il movimento contro la guerra si sta allargando ma può crescere se operiamo trasversalmente tra le varie aree per promuovere la lotta contro la concorrenza e via via ampliare la convergenza, non manca chi lotta, molti sono i comitati, le associazioni, realtà politiche e sindacali che lottano contra la guerra. La situazione è fertile anche per fare pressione dal basso sulle varie Amministrazioni Locali (fa l’esempio del Comune di Sesto Fiorentino che ha vietato la vendita di farmaci Teva e della mozione votata a Napoli in consiglio comunale per interrompere gli accordi con Israele). Concorda poi con le osservazioni fatte da Mauro sullo spezzone del CNNN nella piazza di Stop Rearm Europe e sulla necessità di migliorare questi aspetti (fissare un punto di ritrovo, responsabili ecc.), al contempo sottolinea che tra le due piazze erano presenti circa 80/100 persone afferenti al CNNN, questo è un risultato raggiunto e deve servire come spinta per migliorare i limiti attuali. Infine, rispetto alla lotta contro la guerra dei lavoratori, invita ognuno dei presenti a fare mente locale sulle relazioni nei propri territori con i lavoratori e mettersi a disposizione per costruire iniziative.

Interviene Stefano Antonelli (Brigate Verdi) che si sofferma sull’importanza di essere presenti nelle scuole ed intercettare i giovani portandogli nuovi modelli di riferimento, come ad esempio i lavoratori che lottano contro la guerra. Auspica di riuscire ad allargare la partecipazione alle assemblee plenarie.

Prende parola Tito (Coordinamento no green paas e oltre, Trieste) che parla di due aspetti fondamentali, il primo riguarda la centralità dei lavoratori (sostenere i lavoratori colpiti dalla repressione e la capacità del movimento contro la guerra di entrare nei posti di lavoro rappresenterebbe infatti un salto qualitativo notevole), il secondo riguarda la lotta al settarismo. Stante le sfide epocali che ci troviamo ad affrontare l’allargamento del fronte di lotta deve essere l’obiettivo principale aldilà dei promotori delle singole iniziative. A questo proposito riporta l’esperienza del Coordinamento No Green Pass e oltre che sostiene anche le iniziative che hanno parole d’ordine limitate allo scopo di portare parole d’ordine più avanzate. Informa che hanno partecipato alla manifestazione contro la guerra in Slovenia dove si incontrano sempre maggiori difficoltà ad imporre un’egemonia di guerra, che il 15 settembre aderiranno a una manifestazione promossa dall’area indipendentista triestina che mette al centro il trattato di pace che prevedeva la de-militarizzazione della città e che oggi assume una valenza anti Nato e UE (basti pensare che il porto di Trieste è stato soprannominato “porto dell’Ucraina” nell’ultimo incontro tenuto a Roma sulla ricostruzione dell’Ucraina) e che il 13 settembre parteciperanno al corteo a Ronchi dei Legionari a Gorizia contro la fabbrica Leonardo, unica fabbrica di droni del gruppo Leonardo in Italia.

Prende parola Federico Roberti (Coordinamento Paradiso) che in merito al 21 giugno sottolinea l’importanza di precisare i dettagli logistici e organizzativi per future manifestazioni e si complimenta con i compagni di Trieste per il lavoro di convergenza sul territorio. Come CNNN, per essere di esempio a livello nazionale, dobbiamo ragionare su questioni di metodo per migliorare poi gli aspetti quantitativi. Propone di replicare meccanismi di coordinamento a livello locale (regionale o singole città) così da allargare anche la partecipazione alle assemblee plenarie.

Prende nuovamente parola Patrizia Morciano che, in quanto docente liceale, riprende il ragionamento fatto da Stefano Antonelli. La sua esperienza le mostra che stanno aumentando il numero di ragazzi che scelgono la strada della carriera militare anche perché l’esercito offre la possibilità di studiare gratis. Personalmente cerca di dissuaderli ma vede sostanziale indifferenza e senso di impotenza, per molti invece la Terza Guerra Mondiale non è vicina. Chiede se c’è la possibilità di opporsi all’ingresso degli uomini armati a scuola.

Risponde Loredana Soffio, docente e membro dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e università. L’osservatorio ha prodotto un vademecum che fornisce elementi concreti per opporsi come collegio docenti (sempre più mezzo di ratifica delle decisioni del dirigente su proposte che arrivano direttamente dal Ministero), insegnanti, studenti e genitori. Dice che questi sono strumenti efficaci a patto che ci si costruisca una rete.

Interviene Mario Sanguinetti (Sindacato Sociale di Base e Osservatorio contro la militarizzazione di scuole e università) che invita a prendere contatto con l’osservatorio. Rispetto all’intervento sui lavoratori ritiene fondamentale arrivare a una giornata di mobilitazione, a uno sciopero, del mondo della scuola e non solo contro la nuova finanziaria e la Terza guerra mondiale. Per fare uno scatto in avanti occorre tenere insieme parole d’ordine chiare con il massimo dell’unità possibile e far emergere il conflitto che esiste tra gli interessi dei lavoratori e quelli dei guerrafondai. Nelle scuole ciò che vede non è il consenso alle politiche di guerra ma molta sfiducia, quindi dobbiamo darci come obiettivo quello di dare fiducia che le cose possano cambiare. Chiede infine di ragionare sulla nostra partecipazione alla marcia della pace Perugia-Assisi.

Prende parola Emanuele Lepore che sulla questione di creare un movimento di massa, specifica che non si tratta di arrivare a milioni di individui ma che l’aspetto decisivo è che questi siano ben decisi a fare la differenza (a questo proposito riflette sul fatto che dopo la manifestazione del 5 ottobre non sono state più vietate manifestazioni e piazze, quindi il carattere deciso e combattivo delle mobilitazioni conta in questa fase per incidere sui rapporti di forza), quindi dobbiamo concentraci non solo sulla quantità ma soprattutto sulla qualità. Rispetto alla lotta contro la concorrenza, occorre affrontare le divergenze nel dibattito politico e costruire, anche alla luce delle divergenze, unità su obiettivi contingenti comuni.

Riassume poi le proposte emerse:

1. mettere al centro le iniziative dei lavoratori (iniziative che devono avere anche l’obiettivo di intercettare altri lavoratori e smuovere le acque). A tal proposito chiede chi tra i presenti ha intenzione di organizzare nei propri territori le iniziative con i lavoratori e di coordinarle tra le varie città e organismi. Viene inoltre deciso di fare un comunicato in solidarietà a Luigi Borrelli.

2. Intervenire nelle scuole (da intendere dentro le scuole ma anche “verso” le scuole, quindi promuovere volantinaggi ecc. per rafforzare il legame e lotte degli studenti con quelle degli insegnanti). Chiede se è possibile fare una riunione con i responsabili nazionali dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e università per stabilire un metodo, diffonderlo e coordinare l’attività.

4. Rafforzamento dell’assemblea plenaria: un metodo è quello di sviluppare delle assemblee in presenza a livello territoriale per allargare relazioni del territorio con organismi, combinando assemblee con attività da fronte con altri organismi per avviare collaborazioni e coordinamento a livello locale.

5. Agli appuntamenti fissati ad inizio riunione vengono aggiunti la mobilitazione dell’11 ottobre a Firenze e la marcia Perugia-Assisi del 12 ottobre 2025.


P.S. - Il CNNN si prodigherà nelle prossime settimane per organizzare, a partire da settembre 2025, iniziative con al centro le esperienze di lotta e organizzazione dei lavoratori contro la guerra. Chiunque fosse interessato ad organizzarle nel proprio territorio, scriva a coordinamentonazionalenonato@proton.me per poter coordinare più efficacemente le varie iniziative.









martedì 22 luglio 2025

Emilia Romagna. Gli alberi non piacciono a De Pascale...

 


Il presidente dell’Emilia Romagna, De Pascale – precipitatosi a Lido di Savio dopo e la figuraccia internazionale dell’abbattimento di pini ombrosi e sani, che davano refrigerio ai turisti e negozianti nel viale principale – ha ribadito che vanno abbattuti tutti, che le vecchie alberature vanno tolte e “rigenerate” e, infine, che «CHI HA VINTO LE ELEZIONI DECIDE».  

Nel restare basiti da tanta arroganza (ci viene ricordato che anche il sindaco di Imola vuole fortissimamente abbattere TUTTI i pini, per non essere  da meno), vorremmo sommessamente ricordare che chi vince le elezioni non viene investito di un potere assoluto di fare quello che gli pare e quindi i cittadini ZITTI! Avrebbe invece il compito di amministrare nell’interesse generale e in modo imparziale, questo SEMPRE  AL SERVIZIO dei cittadini, che continuano a godere dei diritti democratici anche DOPO il voto e le elezioni. 

Per la considerazione che queste amministrazioni hanno delle minoranze – in effetti costantemente  schiacciate e inascoltate,  nonché della partecipazione dei cittadini  tutti, che va bene solo quando ratifica decisioni già prese, con quell’atteggiamento che  il buon Sala pare esemplarmente testimoniare proprio  in questi giorni – sembra che i nostri amministratori siano vittime di un clamoroso EQUIVOCO sul loro ruolo.

Ma noi torneremo a spiegarlo finché non lo capiranno.

NB /1: diversi quotati agronomi, magari non in conflitto di interessi per ottenere contratti e appalti, sostengono che i pini non sono pericolosi, anzi tengono benissimo anche in terreni impervi e rocciosi.  Diventano pericolosi se gestiti male e con interventi inappropriati, come ad esempio con prove di trazione che li destabilizzano e una asfaltatura intorno al fusto.

NB/2 … visto che gli incidenti automobilistici creano moltissime più vittime degli alberi,  De Pascale ci manderà a piedi?


Fonta: La Bottega del Barbieri

lunedì 21 luglio 2025

Nuovi OGM deregolamentati...?

 


16 organizzazioni agricole, della società civile, di difesa dei consumatori e dell’ambiente denunciano i rischi economici, per l’agricoltura e le piccole aziende sementiere, che si concretizzerebbero con l’abolizione della tracciabilità dei nuovi OGM/TEA.

La proposta Regolamento UE sulle nuove tecniche genomiche (NGT, ribattezzate TEA in Italia) intende cancellare gli obblighi di tracciabilità e pubblicazione dei metodi di identificazione e rilevamento contenuti nella direttiva 2001/18 sugli OGM.

L’effetto sarebbe disastroso, spiegano le associazioni. Finora i prodotti delle invenzioni biotecnologiche, ovvero gli organismi geneticamente modificati, sono stati regolati in modo da poter essere rilevabili e identificabili in modo indipendente, così da consentire misure di attribuzione corretta delle responsabilità in caso di contaminazione dei campi e delle filiere OGM-free. L’impatto di una deregulation, come quella che si sta discutendo nel Trilogo fra Commissione UE, Europarlamento e Ministri dell’Agricoltura, sarebbe irreversibile e potenzialmente rovinoso per il settore agricolo italiano, biologico in primis, e per quello della selezione e costituzione varietale (breeding). Entrambi i comparti sono dominati, nel nostro paese, da piccole e medie imprese, che saranno esposte alla concorrenza sleale di aziende agrochimiche e sementiere multinazionali già in possesso di brevetti su processi e prodotti delle NGT/TEA.

La libera circolazione di OGM non tracciati, produrrebbe la sicura contaminazione dei campi biologici e coltivati senza organismi modificati. Negli Stati Uniti ciò ha prodotto centinaia di querele temerarie intentate dalla Monsanto agli agricoltori contaminati per appropriazione indebita di varietà brevettate. Per gli agricoltori che praticano la selezione delle sementi in azienda sarebbe la fine. E in Italia non sono pochi, considerando che ad oggi l’impiego di seme non certificato per specie come il frumento duro è vicino al 50%. Il costo di una semente modificata è di circa 4-5 volte superiore a quello di una semente convenzionale, cifra che dà la misura di quanto costerebbe agli agricoltori rifornirsi di queste varietà per evitare denunce.

Un problema simile lo avrà chi per lavoro seleziona nuove varietà in modo convenzionale, compreso il mondo della ricerca. Questi soggetti, infatti, non potranno più utilizzare liberamente le varietà vegetali esistenti per svilupparne di nuove se contengono DNA che è stato brevettato in un OGM/TEA. Dovranno chiedere il permesso al proprietario del brevetto e svolgere costose ricerche nei database di brevetti ogni volta che prendono in mano un campione, per evitare di maneggiare inavvertitamente sementi coperte da questi titoli di proprietà intellettuale.

Per evitare simili rischi esistenziali per la biodiversità agricola, la sicurezza e la sovranità alimentare, l’Italia ha scelto nel 2015 di vietare la coltivazione di OGM sul proprio territorio. Se la deregolamentazione dibattuta in Europa verrà conclusa, questa barriera a tutela delle eccellenze nazionali e della piccola e media agricoltura verrà a mancare. Le associazioni temono che per decine di migliaia di attori della filiera, di ogni dimensione, l’impatto economico sarà serio. Per questo raccomandano al governo e ai parlamentari europei di rigettare il nuovo regolamento e applicare tutte le disposizioni attualmente in vigore per gli organismi geneticamente modificati anche ai nuovi OGM/TEA.

 

Contatti 

Francesco Panié Centro Internazionale Crocevia

Email: f.panie@croceviaterra.it Mob: +39 3664212245

Federica Bigongiali Fondazione Seminare il Futuro

Email: f.bigongiali@seminareilfuturo.it Mob: +39 3480046947



Fonte: https://www.labottegadelbarbieri.org/no-alla-deregolamentazione-dei-nuovi-ogm-agricoltori-e-pmi-sementiere/