Pesci nel secchio - Collage di Vincenzo Toccaceli
L’energia positiva che una persona può ricevere con una buona meditazione può venire paragonata alla profonda soddisfazione mentale che si ottiene quando si assiste ad un rilassante spettacolo o quando ci si alza dal letto dopo un sano riposo.
Naturalmente con le debite proporzioni, rispetto alla differenza qualitativa delle varie circostanze con cui si ottiene quel dato beneficio. Quando questa persona viene intensamente rapita da uno spettacolo o quando si ridesta da un riposante sonno, per qualche momento essa si scopre… privata della componente egoica della sua coscienza.
La modalità coscienziale che si manifesta negli individui, allorché il loro Io viene momentaneamente escluso dalla presenza autoconsapevole, è di tipo universale.
In questa peculiare situazione, veramente auspicabile per un ricercatore spirituale, la modalità coscienziale esprime liberamente se stessa essendo consapevole dell’autenticità dell’evento, senza alcun moto egocentrato, ma solo come pura coscienza osservante.
L’eventuale inserimento dell’Io, in questa pura manifestazione della coscienza, può avvenire qualche secondo più tardi con il giudizio personalizzato, sul gradimento o non gradimento nei confronti dell’avvenimento appena sperimentato. Peraltro, la riproposizione iniziale dell’Io, dopo questa occasionale assenza, non è così dirompente come nella normale attività in cui è sempre presente, in quanto la stabilizzazione coscienziale ha prodotto un’attenuazione dell’aggressività con cui l’Io solitamente si manifesta.
Dopo qualche secondo, tuttavia, l’Io riprende possesso della sua selvaggia energia manifestandosi con sensazioni di nervosismo o di disagio, oppure con pensieri di gradimento o rifiuto, dunque con la sua personale concettualizzazione dell’evento. Da questo momento, la coscienza primaria che era stata toccata dalla semplice pura percezione, viene distorta e imprigionata, modificando così la sua originaria energia rilassante in una energia nevrotica manipolata dall’Io.
Si può dire che nella pratica meditativa della consapevolezza Ch’an si abbia un effetto similare. Il meditante, proponendosi con una corretta postura nella posizione di “Osservatore non-giudicante” e interessandosi impersonalmente soltanto a ciò che appare nella mente, “vede” tutto ciò che si presenta come parte integrante della meditazione. Perciò tutto quello che entra nel campo della coscienza (suoni, rumori, sensazioni visive e tattili), anziché venir considerato come un effetto disturbante, diventa materiale utilissimo per una buona meditazione. Così, tanto per ribadire ciò che stavamo dicendo prima, il risultato di questa buona meditazione sarà l’assaporamento di una calma interiore, di una serenità d’animo e di una profondità mentale in cui l’Io, almeno per un certo periodo di tempo, resterà addormentato o assente. Tra l’altro, l’assenza momentanea dell’Io permette al meditante di poter prendere una inconsueta confidenza con lo “stato vuoto” della mente, con cui può temporaneamente identificarsi come manifestazione della “coscienza impersonale”, anche se questa eventualità risulta essere piuttosto strumentale.
Potrebbe accadere che la “Realtà”, così come veramente è, profittando dell’assenza dell’Io aguzzino, possa manifestarsi pienamente alla nostra mente sotto forma di questa pura Coscienza, che non è certo separata o indipendente dall’esistenza, in quanto tale, della stessa mente. Di conseguenza, la Coscienza quando non è usurpata dall’Io si manifesta come una sorta di Occhio Divino, il famoso “Terzo Occhio” delle tradizioni esoteriche: un occhio di tipo superiore, svincolato dal possesso e dal dominio dell’individualità egoica.
Dunque la “buona” meditazione ci mette in contatto con la Realtà, che è la Coscienza nel suo aspetto divino, ed è caratterizzata dal silenzio mentale e dalla introspezione profonda senza identificazione. Al contrario una meditazione scadente non può nemmeno essere chiamata “meditazione” poiché, essendo presente in maniera quasi costante l’invadente Io, al massimo può essere considerata una “chiacchierata” mentale con noi stessi. Bisogna capirla questa differenza, altrimenti se sottostiamo alla situazione perversa del desiderio di partecipare COMUNQUE ad una pratica meditativa, senza conoscerne le diverse qualità, va a finire che perdiamo solo tempo.
Quando l’Io insiste nella mente con la sua disturbante interferenza, la coscienza non può rendersi visibile ed allora tutta la storia diventa uno sfogo presuntuoso dell’Io che si illude di voler fare qualcosa di mistico, qualcosa di speciale. In realtà, ciò che sta avvenendo in un caso come questo, è soltanto un esercizio psicofisico, un passatempo più o meno soporifero, del tutto inefficace nei riguardi dell’esperienza spirituale. Tra l’altro, poiché non vi sarebbe neanche una buona circolazione di energia, anche a livello salutistico non è che si ottengano strabilianti risultati.
Considerando il fatto che moltissime persone tendono ad utilizzare la meditazione più per scopi prettamente mondani che per una vera motivazione spirituale, si nota che queste persone sono portate ad aspettarsi evidenti migliorie sul piano della concretezza materiale. Infatti, coloro che usano la meditazione con l’Io totalmente imperante, lo fanno principalmente per mantenere o ripristinare una buona salute, oppure per ottenere poteri paranormali, o anche per aumentare la loro volontà mentale nei confronti degli altri individui, che si desidera sottomettere.
In questi casi, la meditazione diventa soltanto un terribile mezzo, un crudele strumento fortemente egoicizzato, per aumentare il perverso potere dell’Io. Non deve essere così, non è questo l’uso da farsi con la meditazione, almeno con la meditazione Ch’an. Nel terzo capitolo del “Grande Libro dello Zen” di Wong Kiew Kit, a pag. 35, si possono ampiamente leggere tutti i vari benefici che si ottengono con la meditazione Zen. Questo è certamente un fatto positivo che, meditando per educare e diminuire la nostra forte egoità, si ottengano anche benefici sul piano della salute fisica e mentale. Il concetto di “terapia curativa” della meditazione Zen è nettamente dimostrato anche da moltissime sperimentazioni scientifiche. E’ un fatto noto e risaputo da sempre che coloro che praticano da anni meditazioni giornaliere, nella maggioranza dei casi, godono ottima salute. Addirittura è stato ipotizzato, anche da organizzazioni mediche e scientifiche, che la meditazione riesca perfino a curare il cancro.
Perciò non possiamo che esserne profondamente felici, soprattutto perché l’effetto curativo dello Zen non è lo scopo a cui i veri ricercatori spirituali mirano. Si può dire che questi risultati salutari siano nient’altro che un gradito “effetto collaterale”.
Ovviamente, questa meditazione curativa spesso è utilizzata ad arte anche da ricercatori spirituali al di sopra di ogni sospetto. Infatti non è assolutamente una cosa negativa utilizzare i benefici della pratica come cura e metodo di guarigione quando chi lo fa è una persona che nel suo intimo pensa al beneficio di tutti gli esseri viventi. Per cui il beneficio attuale che essa ne riceve è soltanto una necessità contingente, per fruire di una buona salute che possa permettere la continuazione della pratica spirituale e il mantenimento di un buon pensiero, nei riguardi del Dharma assoluto e della motivazione compassionevole verso tutto l’Universo.
Perfino i moderni scienziati ci dicono che, in realtà, il mondo esterno è una sorta di illusione e che la materia di cui è composta la vita non ha alcuna stabilità, ma è disposta secondo un modello archetipico. Ed inoltre, proseguono con lo svelarci che le stesse particelle di cui questa materia è formata sono in costante mutamento e movimento e che il fattore cruciale che plasma la realtà è la MENTE. Allora, possiamo ben capire che il potere curativo, il centro vibrante che eroga il ripristino ed il mantenimento della salute, non è nient’altro che la mente!
Perciò, è bene sapere che l’unica energia esistente nell’universo, e quindi anche nella nostra mente, che permette il bene ed il male di tutte le cose è la MENTE stessa; ad essa e solo ad essa dobbiamo imputare il potere della guarigione, quando ci dedichiamo alla pratica di calma e consapevolezza mentale, per mezzo della meditazione Zen. Però se non riusciamo a sciogliere, a scindere la mente dai suoi legami materiali, nemmeno l’Io potrà essere accantonato da qualche altra parte. Perché? Perché l’Io è proprio ciò che viene fuori da questa unione karmica tra la mente ed il corpo materiale, che essa stessa si è creato.
Una persona col suo “Io” che pensa di star male ed usa il mezzo spirituale della meditazione per cercare di eliminare il suo malessere, effettua soltanto una operazione “strumentale”. Questa persona non possiede una visione del suo corpo, come se fosse una costruzione occasionale ed impermanente che è soggetta a mutazioni e cambiamenti. Perciò il suo utilizzo della meditazione come “cura”, non viene rivolta al sottile e profondo principio che stabilisce la mente come “causa ed effetto” di tutte le trasformazioni che avvengono nel corpo.
Al contrario, colui che conosce le segrete leggi che governano il mondo illusorio della forma, sa perfetta-mente dove indirizzare l’energia creata dalla meditazione. Riportando a se stesso ed alla propria mente deviata la causa del suo malessere, egli indirizza l’energia positiva generata dalla visione interiore proprio verso la sua stessa mente, così da effettuare la trasformazione delle particelle in crisi. Le cellule malate, ricevendo questa carica di “sacrosanta consapevolezza”, si rigenerano come in un bagno catalitico e riacquistano la precedente condizione di buona salute.
Tutto ciò avviene, o dovrebbe avvenire, senza una specifica motivazione egoistica, ma soltanto come effetto di una comprensione integrale in cui perfino il nostro Io viene visto come componente della Totalità, identico anzi identificato con un Io assoluto che comprende in sé la natura vivente di TUTTA l’umanità. Quindi, proprio se NON applichiamo un forte egoismo, desiderando esclusivamente per noi una guarigione personale, potrà accadere che la otterremo grazie alla mente che si svincola dalla costrizione di pensarsi una singola individualità. In questo modo è pressoché sicuro che il miracolo di una ristrutturazione molecolare, agevolata dalla mente nei confronti del corpo, potrà avvenire spontaneamente per legge di natura e non perché il nostro Io egoisticamente la vuole. Perciò la meditazione può avere un positivo effetto sul corpo solo se l’Io non disturba la mente che, finalmente liberata dal cappio dell’egocentrismo, può dedicarsi serenamente alla conoscenza di sé ed al reintegro con la Coscienza Superiore, da cui provengono i suoi magici poteri.
Quindi attenzione, dobbiamo stare veramente attenti a come impostiamo il nostro desiderio di praticare la meditazione. Dobbiamo guardarci all’interno per evitare di accondiscendere al principio egoistico di pensare soltanto al bene materiale: ecco perché gli antichi Saggi mettevano in guardia sul pericolo di usare la meditazione nel modo sbagliato. La meditazione, presa dal verso sbagliato, può anche essere pericolosa se, anziché diminuire l’attaccamento al nostro Io, produce un aumento smisurato della volontà individuale di prevaricare e disinteressarsi delle altre entità viventi.
Se non impariamo ad utilizzare la mente al fine di praticare correttamente la meditazione, come ho già detto molte altre volte, oltre a perdere tempo, rischieremo di perdere anche i buoni propositi e l’occasione di conservare una buona salute. Proprio perché in definitiva, potremo perdere la vita stessa, nel senso che ancora una volta, dopo essere nuovamente venuti ad esistere, abbiamo sprecato quest’altra possibilità di arrivare alla vera conoscenza: la conoscenza di noi stessi!
Quando si è privi della vera Conoscenza e della conseguente Saggezza, il problema della salute del corpo non può essere risolto semplicemente con la volontà di una guarigione quale che sia. Così, come le tendenze della mente continuano anche dopo la morte del corpo e nella successiva rinascita in un altro corpo queste tendenze mentali determinano il carattere della successiva persona, così anche le cellule malate del corpo mantengono ancora la loro tendenza nelle successive cellule che si ricreano. Di conseguenza, se le cause della malattia corporea non sono state risolte e cambiate, anche qualsiasi tentativo di cura della malattia non potrà produrre la guarigione definitiva, ma soltanto un effetto palliativo e momentaneo.
La malattia, per quanto continuiamo ad ostinarci nel ritenerla e considerarla “corporea”, in realtà ha la sua causa profonda nella nostra mente. Se con la meditazione non impariamo ad indagare la mente, non potremo mai arrivare a prendere coscienza di essa e delle misteriose leggi che governano il suo rapporto col mondo fisico e materiale.
Ciò significa che quando una persona si trova ad uno stadio avanzato della malattia, non è più possibile intervenire empiricamente. Per prima cosa, quando la persona è fortemente disturbata dal suo male non riuscirà nemmeno a praticare una meditazione terapeutica, senza che questa possa essere libera dalla forte pressione del suo Io. Il suo Io preoccupato sarà sempre presente e questo già impedisce la procedura risanatrice, per i motivi che abbiamo spiegato sopra. Lo stadio “avanzato” significa che la malattia è di tipo karmico e quindi la causa risiede nella parte incognita della mente, non soltanto nel corpo di quella persona.
Dunque, a questo livello è già troppo tardi per intervenire con il lavoro meditativo, anche con quello indirizzato alla conoscenza della mente, perciò non possono essere bloccati e modificati gli effetti karmici sul corpo. Di conseguenza, se non si è imparato prima a curare l’Io con la meditazione, potrà essere la virulenza negativa dello stesso Io la causa scatenante della malattia karmica.
A quel punto di manifestazione della malattia, soltanto la medicina tradizionale può, in qualche modo, intervenire sugli effetti. Purtuttavia, non bloccando la causa, si mantiene immutata la tendenza karmica.
Per cui, molto spesso, anche se estirpate chirurgicamente o con altri metodi di intervento, le cellule malate si riformeranno in base alla loro tendenza. Per intervenire drasticamente e tentare di interrompere questa maligna spirale karmica è necessario pensarci prima. Sarebbe opportuno avvicinare il Dharma con un profondo sentimento di spiritualità, affinché con la pratica meditativa incentrata sulla purificazione della mente, si possa preventivamente rettificare e modificare la tendenza karmica. Dal “Grande Libro dello Zen” citato prima, veniamo a sapere che il grande Maestro Zen, Zing-Yji, in un suo testo “I Sei Meravigliosi Cancelli”, che è un Trattato sulla Meditazione Samadhi e Vipassana, ha ipotizzato che la meditazione curi le malattie con cinque vari tipi di approccio terapeutico.
Questi sono: 1) Concentrare la mente sulla sede del malessere.
2) Utilizzare una serie di suoni curativi (vibrazioni musicali o canto di mantra).
3) Attivare i dodici modi della sana respirazione
4) Applicare una visualizzazione rilassante.
5) Analizzare la composizione dei Quattro Elementi nel corpo.
Ora diamo una breve spiegazione circa questi Cinque Punti per utilizzare lo Zen come una medicina. Andando nell’ordine, naturalmente è necessario dapprima concentrare il nostro pensiero, cioè la mente, sul punto esatto del corpo in cui sappiamo esservi il problema. Questa concentrazione viene agevolata e rafforzata se eseguita con una vibrazione sonora della nostra voce (per esempio, l’OM ripetuto, o Mantra intonati) o anche con musica mistica nel sottofondo. Contemporaneamente deve essere attivata una sana respirazione, secondo le istruzioni date nella fase iniziale della meditazione sul respiro. Inoltre deve venir effettuata una visualizzazione sul potere rigenerante dell’energia nei riguardi delle cellule e dell’organo colpito, immaginando che essi siano tornati alla integrità ed alla salute.
Infine, tutto ciò va fatto con la precisa consapevolezza che, ogni parte del nostro corpo, è sottoposta alle leggi degli Elementi (fuoco, aria, terra ed acqua) con le rispettive conseguenze, dal punto di vista dell’equilibrio corporeo.
Perciò dovremo mentalmente riequilibrare i vari aspetti che eventualmente si fossero dissociati, quali la temperatura (fuoco), i soffi vitali interni del respiro (aria), la compattezza e solidità degli organi (terra) nonché i liquidi e gli umori del corpo (acqua). La giusta e corretta mescolanza tra questi Elementi allontana le malattie e ristabilisce la salute. Tutto questo in una totale e coordinata simbiosi mentale in cui non dovrebbe mai essere presente il senso dell’Io, altrimenti il risultato, carico di personale aspettativa, potrebbe non venire raggiunto.
E’ bene sapere, comunque, che gli effetti più sorprendenti ed efficaci di questa pratica curativa della meditazione sono ottenuti nei riguardi di malattie psicosomatiche, come i disturbi psichiatrici, le affezioni cardio-vascolari, i reumatismi, il diabete, la psicosi maniaco-depressiva, la schizofrenia ed il cancro, ovviamente non allo stadio terminale. Tutte queste trovano ampia agevolazione verso la guarigione, quando il paziente è DA TEMPO un praticante della meditazione.
Difficile, invece, è una sicura soluzione se il malato VUOLE usufruire del vantaggio terapeutico avendo da poco iniziato la pratica e, soprattutto se ha avuto l’intenzione di iniziarla proprio per QUELLO SCOPO.
Ciò per ribadire che la pratica dello Zen, oltre ad essere fondamentale per lo sviluppo spirituale, può arrecare benefici anche di natura più terrena per coloro che vi si dedicano. Attenzione, però, non è possibile ottenere VERI benefici se si mantiene un pensiero egoistico del tipo: – Ah, voglio usare la meditazione per curare i miei problemi!-. Anche l’autore di quel Testo, lo ha fatto ben capire: chi è troppo preso dal bisogno di curare il proprio corpo, mantenendo problematiche emotive nella mente, non potrà utilizzare la meditazione come rimedio all’effetto karmico. In quanto, quest’effetto è dovuto proprio alla sua ignoranza metafisica, che ha prodotto in lui quei dati problemi di salute, come risultato di un eccessivo attaccamento al suo Io ed agli oggetti materiali, quali il cibo, gli attaccamenti mondani e i vizi e stravizi delle nostre società troppo opulente.
Per questo motivo non è possibile che proprio l’Ego che ha generato questi problemi possa cercare di rimediare con ancora la sua invadente presunzione, senza essere minimamente interessato alla comprensione della Legge di Causa ed Effetto, che poi è la Legge del Karma. Non si può utilizzare l’energia di una Centrale Nucleare per voler accendere la nostra “abat-jour” sul comodino. Usare la meditazione Zen per curare qualche problemino fisico o psicologico è come usare un bruciatore per accendere una sigaretta. C’è il rischio che ci bruci tutta la faccia!
Se ancora è presente questo Io, ostinatamente ancorato a questi problemi e incapace a lasciarli andare, significa che questo Io ancora troppo potente con la sua ansia da ottenimento impedirà che la pura energia della Coscienza entri in campo al posto suo. Così facendo, esso brucerà terribilmente e distruggerà gli eventuali effetti positivi della meditazione. Soltanto quando l’Io, finalmente vinto, non si preoccuperà più né dei problemi, né della loro soluzione, allora la pura energia della Coscienza, subentrando col suo potere durante la meditazione, potrà avere il suo efficace effetto sulla trasformazione del karma negativo.
Tra l’altro, una persona con questo potentissimo Io ancora presente in sé, non sarebbe neanche in grado di capire il messaggio che è celato dietro ai sintomi di ogni malattia. Voglio dire che il sintomo, essendo già una forma di autoconsapevolezza, va inizialmente afferrato e compreso in quanto dietro di esso vi è un messaggio che avverte di una sregolata deviazione dalle norme della stessa Coscienza.
Di conseguenza esso impone un riesame di tutto il comportamento della persona che, sovente viene considerato soltanto a livello materiale. Si può decidere pertanto di raddrizzare un certo stile di vita, di eliminare le cause dello stress o di riequilibrare una alimentazione errata.
Tutto ciò può andare benissimo, però bisogna dire che, così facendo, il processo di rettificazione coscienziale non è completo perché, in quel modo, stiamo soltanto provvedendo al riaggiustamento della nostra componente materiale.
Necessariamente si dovrà provvedere anche e soprattutto alla nostra componente mentale e spirituale in quanto, prima di tutto, va capito che questa, e solo questa, è la nostra realtà più autentica, quella realtà che resterà immutata anche quando il nostro corpo non ci sarà più. Adesso come adesso si tratta di stabilire se la Meditazione Zen può essere utilizzata per guarire e rettificare queste nostre devianze psicofisiche. Ora, io dico che se impariamo a curare la mente, ci penserà poi essa stessa, la MENTE, a curare il nostro corpo e la nostra psiche. Se voi, nel vostro intimo, sentite che ciò è giusto ed ineccepibile, allora la Meditazione Zen fa per voi, e potrà fare molto per voi. Altrimenti, e questa è una verità inoppugnabile, voi non potrete assolutamente avere benefici “parziali”, cioè che riguardano una parte soltanto del vostro essere, da questa Meditazione, e pertanto per voi sarebbe meglio cercare altre strade, di cui però non mi sento assolutamente in grado di garantirvi effetti realmente positivi.
Da soli, guardandovi intorno, girando lo sguardo sul mondo che ci circonda, potrete capire se esistono altre strade, altri strumenti o metodi di guarigione finale che sappiano curare l’uomo fin nella sua più profonda radice: cioè la causa karmica delle sue sofferenze.
Resta il fatto inoppugnabile che, con metodi e sistemi di questo mondo, da migliaia di anni le cose vanno avanti ancora e sempre nel medesimo modo: nessun uomo è mai riuscito a curare e guarire la mente di altri esseri umani. Soltanto pochi valorosi intrepidi hanno ritenuto che l’unico modo fosse di doverli ISTRUIRE per farlo da SOLI, e la meditazione si è dimostrata l’unico strumento per poter guarire la mente.
Il Ch’an è una delle pochissime strade che, grazie a quei pochi valorosi che l’hanno sperimentato su di sé, permette e garantisce questo; a patto però che la si percorra senza aspettative e con la massima serenità, senza fretta, protesi soltanto a voler conoscere se stessi, cioè la propria mente. Cominciando umilmente a seguire il proprio respiro, senza affondare i pensieri in voli pindarici e concetti fantasiosi, ma restando ancorati al terreno e imparando ad osservare la mente e tutto ciò che sorge in essa.
Con questo essenziale metodo di auto-controllo, il Chan-Zen si dimostra particolarmente utile per affrontare i problemi legati al ritmo frenetico della nostra vita. Esso è un metodo diretto, semplice ed efficace, se eseguito nel modo corretto che, fino a prova contraria, ci aiuterà a ristabilire la pace e la nostra guarigione.
Questo addestramento mentale è l’aspetto in apparenza più appagante che, oltre l’evoluzione spirituale, ci permette di recuperare la gioia ed il significato di questa vita nella nostra quotidianeità.
Aliberth Meng (Alberto Mengoni)
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