La coscienza individuale è in costante movimento ed evoluzione, seguendo i diversi modi di sviluppo della società od i periodi storici nei quali si manifestano le vicende umane. Ogni transizione assomiglia al superamento di un livello d’apprendimento, un po’ come succede nella spirale del DNA. La coscienza, in questo caso meglio definirla mente, si muove dalle espressioni più semplici a quelle più complesse. Una sorta di testimonianza-memoria dei vari processi sofisticati della vita.
Nel 1859, Charles Darwin pubblicava il suo ancora oggi controverso ma rivoluzionario “Origine della specie”, le polemiche non si son ancora acquietate, ma quel che suona strano –secondo me- è l’opposizione virulenta opposta alla teoria evoluzionista dai cosiddetti “creazionisti” (o credenti) di matrice religiosa, e più avanti spiegherò i motivi del mio stupore. Debbo far presente che non mi considero -strettamente parlando- un seguace della teoria Darwiniana, nel senso che al massimo la considero una spiegazione strumentale alla dimostrazione della cosiddetta realtà empirica… o della casualità.
L’ipotesi evoluzionista è basata sull’osservazione del processo trasformativo della materia e della vita conseguente alla modificazione od espansione dello spazio/tempo. In un certo senso questa teoria deve in ogni caso tener conto di un “inizio” e pertanto è vicina all’altra teoria della creazione progressiva del mondo, comunque basata sulla presenza di un Dio creatore da cui l’universo viene creato.
Secondo la teoria del Big Bang l’inizio del momento creativo viene posto nell’esplosione primordiale del nucleo originario della materia, in seguito al quale incomincia pian piano il processo manifestativi della vita. Infatti i religiosi apprezzano molto la teoria del Big Bang come “dimostrazione” della volontà creatrice di Dio ma dovrebbero altrettanto accettare, per essere coerenti con i loro credo, anche il processo evoluzionistico delle varie forme vitali prefigurato da Darwin e dai suoi successori.
D’altronde se fosse vera la creazione “personale” fatta da Dio per ogni organismo vivente, separato da ogni altro (un pesce è un pesce, una asino è un asino, un uomo è un uomo, etc.), si potrebbe supporre una certa parzialità da parte dell’Altissimo, non solo per la scala gerarchica fra le varie specie ma anche perché alcune forme vitali sono addirittura scomparse dalla faccia della terra come se fossero “invise” o “trascurate” dal creatore stesso, il che non mi pare un segno di giustizia verso le creature….: “se uno, correndo tutto il giorno giunge a sera, può dirsi soddisfatto… Ebbene, ora ce l’ho fatta, il crepuscolo della mia vita diventa l’alba della mia fama” (Schopenhauer, Senilia, pag. 84 del mano-scritto originale del 1856).
Dal punto di vista della realtà assoluta (ma anche da quello quantistico, fino ad un certo punto dell’analisi) la creazione può essere “progressiva” solo nell’ambito del divenire nello spazio tempo ma questo concetto dell’esistenza spazio temporale è puramente figurativo, non ha cioè vera sostanza essendo un relativo configurarsi di eventi costruiti e proiettati nella mente. Perciò nella visione della assoluta Esistenza-Coscienza la creazione è un “apparire”, che si manifesta simultaneamente, sia pur considerata dall’osservatore uno svolgimento conseguente allo scorrere del tempo nello spazio.
La manifestazione è di fatto un semplice riflesso nella mente del percepente che riesce a captarla ed elaborarla solo attraverso il “fermarla” nella coscienza. Un singolo fotogramma della totale manifestazione che, sia pur sempre presente nella sua interezza, viene illuminato dalla coscienza individuale, visto nella mente e srotolato nel contesto spazio tempo e denominato “processo del divenire”. Da ciò se ne deduce che la descrizione evoluzionista di Darwin è “relativa” tanto quanto la visione “creazionista” dei più retrivi religiosi.
Paolo D'Arpini
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