l rapporto dell'Agenzia europea per l'ambiente sulla qualità dell'aria mostra come l'esposizione all'inquinamento atmosferico abbia causato nel 2016 circa 400.000 morti premature nell'Unione europea
L'inquinamento atmosferico continua ad avere impatti significativi sulla salute della popolazione europea, in particolare nelle aree urbane. A provocare i maggiori danni alla salute degli europei sono il PM, il biossido di azoto e l'ozono.
Questo è quanto registrato dall’Agenzia europea per l’ambiente nel suo rapporto che prende in considerazione i dati ufficiali sulla qualità dell'aria provenienti da oltre 4.000 stazioni di monitoraggio in Europa nel 2017.
Alcune categorie di cittadini sono più colpite dall'inquinamento atmosferico rispetto ad altre, perché più esposte o vulnerabili ai rischi ambientali. I gruppi socioeconomici più bassi tendono ad essere più esposti, mentre gli anziani, i bambini e le persone con problemi di salute preesistenti risultano più vulnerabili.
Oltre a danneggiare la salute e ridurre l'aspettativa di vita, la scarsa qualità dell'aria causa anche perdite economiche, ad esempio per i costi sanitari più elevati, ridotti rendimenti da agricoltura e silvicoltura e minore produttività del lavoro.
Le stime degli impatti sulla salute attribuibili all'esposizione all'inquinamento atmosferico indicano il PM2,5 quale responsabile, nel 2016, di circa 412.000 decessi prematuri in 41 paesi, di cui circa 374.000 verificatisi in Unione europea. Gli impatti sulla popolazione in questi 41 paesi a causa dell'esposizione a concentrazioni di biossido di azoto e ozono sarebbero stati, nel 2016, rispettivamente, di circa 71.000 e 15.100 decessi prematuri all'anno e nell'UE-28 di circa 68.000 e 14.000, rispettivamente.
I maggiori impatti sulla salute in termini di decessi prematuri e anni di vita persi attribuibili al PM2.5 sono stimati in Germania, Italia (con 58.600 morti premature), Polonia, Francia e Regno Unito. Tuttavia, in termini relativi, considerando gli anni di vita persi per 100.000 abitanti, si osservano gli impatti maggiori nei paesi dell'Europa centrale e orientale dove si osservano anche le concentrazioni più elevate, vale a dire Kosovo, Serbia, Bulgaria, Albania e Macedonia settentrionale. Gli impatti relativi più piccoli si riscontrano in paesi situati nel nord e nel nord-ovest dell'Europa, vale a dire Islanda, Norvegia, Svezia, Irlanda e Finlandia.
Per il biossido di azoto, i maggiori impatti dell'esposizione si riscontrano in Italia (con 14.600 morti premature), Germania, Regno Unito, Spagna e Francia. Se si considerano gli anni di vita persi per 100.000 abitanti, le percentuali più elevate si riscontrano a Monaco, Grecia, Italia, Serbia, Cipro e Regno Unito.
Per quanto riguarda l'ozono, i paesi con i maggiori impatti sono Italia, con 3.000 morti premature, Germania, Spagna, Francia e Polonia e i paesi con i più alti tassi di anni di vita persi per 100.000 abitanti sono Grecia, Albania, Monaco, Kosovo, Italia e Montenegro. I paesi con il minore impatto sono Andorra, Islanda e Irlanda.
Nonostante il persistente inquinamento, i dati dell'Agenzia europea confermano che le normative e le misure locali vincolanti stanno migliorando la qualità dell'aria in Europa con effetti positivi anche sulla salute. Ad esempio, nel 2016 il particolato fine ha causato circa 17.000 decessi prematuri in meno nell'UE rispetto al 2015.
Questi i risultati più in dettaglio per i tre inquinanti
Le concentrazioni di PM hanno continuato a superare i valori limite dell'UE e le linee guida dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) in gran parte dell'Europa nel 2017.
Per il PM10 sono state registrate concentrazioni superiori al valore limite giornaliero nel 22% delle stazioni dichiaranti (646 su 2.886) in 17 dei 28 Stati membri dell'UE e in altri sei paesi dichiaranti. Il valore definito dall'Organizzazione mondiale della sanità è stato superato nel 51% delle stazioni (1.497 su 2.927) e in tutti i paesi dichiaranti, ad eccezione di Estonia, Finlandia e Irlanda.
Per il PM 2.5, le concentrazioni al di sopra del valore limite annuale sono state registrate nel 7% delle stazioni dichiaranti (98 su 1.396) in sette Stati membri e altri tre paesi dichiaranti.
Il valore definito dall'Organizzazione mondiale della sanità è stato superato nel 69% delle stazioni (958) situate in tutti i paesi dichiaranti, ad eccezione di Estonia, Finlandia e Norvegia.
Il valore definito dall'Organizzazione mondiale della sanità è stato superato nel 69% delle stazioni (958) situate in tutti i paesi dichiaranti, ad eccezione di Estonia, Finlandia e Norvegia.
Un totale del 17% della popolazione urbana dell'Unione europea è stato esposto nel 2017 a livelli di PM10 superiori al valore limite giornaliero e il 44% è stato esposto a concentrazioni che superano il più severo valore OMS. Per quanto riguarda il PM2,5, circa l'8% della popolazione urbana nell'UE è stata esposta a livelli superiori al valore limite annuale e circa il 77% è stata esposta a concentrazioni superiori al valore OMS.
Nel 2017, il 20% delle stazioni (378 su 1.903) ha registrato concentrazioni al di sopra del valore obiettivo per la protezione della salute umana per l'ozono. Queste stazioni erano situate in 17 stati UE e in altri 6 paesi dichiaranti europei. Il valore raccomandato dall'OMS è stato superato nel 95% di tutte le stazioni segnalanti (1.806).
Circa il 14% della popolazione urbana dell'Unione europea è stata esposta a concentrazioni di ozono al di sopra della soglia del valore obiettivo, percentuale che sale al 96% se si prende in considerazione il valore raccomandato dall’OMS.
Concentrazioni al di sopra del valore limite annuale per il biossido di azoto sono state ampiamente registrate in tutta Europa, nonostante un andamento decrescente nel tempo. Nel 2017, circa il 10% di tutte le stazioni segnalanti (329 su 3.260) ha registrato concentrazioni al di sopra di questo standard, che è uguale a quello raccomandato dall'OMS. Queste stazioni sono situate in 16 stati dell'UE-28 e in altri 4 paesi dichiaranti. In totale, l'86% delle concentrazioni al di sopra di questo valore limite è stato osservato nelle stazioni di traffico. Nel 2017 circa il 7% della popolazione urbana dell'UE-28 è stata esposta a concentrazioni superiori al valore limite annuale; questo rappresenta il valore più basso registrato dal 2000.
Per approfondimenti leggi Air quality in Europe — 2019 report
(Fonte: Arpat)
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Mio commentino: "La
Pianura Padana risulta essere l’area più inquinata d’Europa, per
questa ragione abbiamo proposto il totale rimboschimento di quel
territorio bioregionale (vedi:
https://www.terranuova.it/Il-Mensile/Ripartiamo-dagli-alberi-della-Pianura-Padana)
«Piantare più alberi non è solo una scelta altruistica, per
lasciare un mondo ricco di biodiversità, è anche una scelta
utilitaristica, poiché gli alberi producono grandi quantità di
ossigeno e assorbono velocemente il co2» (P.D'A.)
Scrive Scienza Marcia (scienza.marcia@katamail.com):
RispondiElimina"...che sia colpa della co2 oppure no (in realtà no) ...
se davvero volessimo fare qualcosa per diminuire la co2 e rinverdire il pianeta, basterebbe cambiare il metodo di esercitare la pastorizia, specialmente nelle regioni più aride. Il dottor Allan Savory (che pure crede nella pericolosità della CO2) spiega bene in una sua conferenza (reperibile su youtube) che semplicemente cambiando il modo in cui si esercita l’allevamento delle mandrie, si potrebbe rinverdire il mondo, e fissare nelle piante tanta CO2 da permettere di portarla ai livelli pre-industriali.
Semplicemente bisognerebbe cercare di ricreare il comportamento che avevano mandrie prima che l’uomo addomesticasse gli animali. Diffondere queste tecniche, eliminerebbe la desertificazione, migliorerebbe la vita di centinaia di milioni di persone, e ridurrebbe persino la CO2 facendo contenti tutti. Consiglio a tutti di visionare il seguente video (è facile attivare i sottotitoli in italiano):
https://www.youtube.com/watch?v=vpTHi7O66pI"
L'unico modo per scongiurare gli effetti catastrofici del cambiamento climatico, che purtroppo ha già superato il punto di non ritorno, sarebbe stato l'abbandono totale del consumo di prodotti animali e, quindi, la cessazione degli allevamenti e della pesca.
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