Un momento della cerimania fondativa del 22 giugno 2012
Care, cari,
son qui sotto una tettoia di plastica e metallo del bus stand di Macerata. L’afa è tanta.. ma anche questa al fine è fatta: l’Incontro Collettivo Ecologista is over!
Mi sono liberato anche di questa karma pesante e gioioso allo stesso tempo. Il 22, 23 e 24 giugno sono stato ad Aprilia, in “culo al mondo”, nel campo del vetiver di Benito Castorina. Lo scopo? Mantenere una promessa e porgere i miei omaggi e saluti ad alcuni amici vecchi e nuovi. Fatalità, com’era prevedibile, si è parlato e si è praticato assieme il bioregionalismo, l’ecologia profonda e la spiritualità laica. Uffah!
State ora leggendo un non-resoconto poiché qui col caldo, ed una stanchezza che non provavo dalla notte dei tempi, non sento di voler scrivere alcunchè di sensato.. solo sensazioni e flash di immagini vissute.
Ho chiesto una penna in prestito a due ragazze punk maceratesi che come me aspettano un autobus, non so quale non so per dove…
Ad un certo punto per andare ad Aprilia sarei dovuto partire da Treia a ridosso della manifestazione in compagnia di Lucilla o di Umberto… ed invece no! Non sarebbero venuti anche se ancora non lo sapevo quando si manifestò il karma che mi competeva.
A volte bisogna far attenzione a ciò che si dice. Diversi mesi fa, eravamo ancora in inverno, avevo promesso agli amici di Agribio E.R. Che sarei stato con loro per festeggiare il solstizio estivo. Insomma è avvenuto che a metà giugno spinto da un irresistibile destino e dal desiderio impellente di riabbracciare la mia amata Caterina ecco che mi son trovato imbarcato su un treno per Bologna, per buona grazia di Valeria, e lì in piazza c’era Caterina ad attendermi per farsi abbracciare e per abbracciarmi.
Ovvio che a quel punto son rimasto in Emilia per aspettare la venuta di Sonia che doveva svolgere una perlustrazione erboristica in quel di Rastellino il 19 ed il 20 giugno sono stato a Vignola da Maria per festeggiare il giorno quasi più lungo, mangiare leccornie ed ascoltar musica popolare dal vivo. Bella festa!
L’indomani ce la siamo presa comoda, sapendo che io e Caterina saremmo partiti assieme per Aprilia. Invece no! La email di Daniele ha cambiato tutto… Lui partendo da Piacenza avrebbe potuto darmi in passaggio passando da Modena e voilà la mattina del 22 giugno mi son trovato catapultato su un furgonato a gas, in compagnia di Daniele, e la sua non-compagna madre di suo figlio (con il figlio al seguito), in lenta discesa verso il Lazio.
Viaggio ben corroborato da discorsi spirituali e dietetici, caldo asfissiante e velocità ridotta. Usciti dall’autostrada a Roma gira che ti rigira ci siamo smarriti sul GRA, sommersi dal traffico dei pendolari che rientravano dal lavoro, cercando senza trovarla via Anagnina e cercando di interpretare le “precise” indicazioni forniteci da Benito, belli disperati, accaldati digiuni incazzati senza darlo a vedere, insomma sotto sballo. Ma un santo, sicuramente San Giovanni, vegliava su di noi, gira che ti rigira ecco che riesco a scorgere una freccetta azzurra piccola piccola con su scritto “Anagnina”. Malgrado avessimo già superato il bivio Daniele impavido ha fatto un pezzo di marcia indietro e l’abbiamo imboccata… Ci è sembrato di rivivere... l’allegria nel furgonato era allle stelle…. e le difficoltà ulteriori degli ultimi 50 kilometri di viaggio ci sono sembrate quelle di una avventura a Disneyland.
Ed accoci dopo peripezie e speranze di volta in volta nutrite e svanite alfine giungere dove dovevamo andare -“in tanta malora”- nel campo del vetiver. Sole brillante e bollente malgrado il tardo pomeriggio, stralunati, vaganti, siamo entrati infine nel luogo dell’incontro (o meglio fuori dal cancello). Appiedati per gli ultimi duecento metri un po’ rasserenati per aver indovinato la strada abbiamo visto che lì ad attenderci c’erano già alcuni coraggiosi, guidati da Riccardo, maestri e maestre di arrivi, e di cui più avanti vi dirò…
Risaliti al cancello scaricati i bagagli a mano ed in carriola mi son ritrovato a guardarmi attorno per decidere sulla mia sistemazione notturna. Alcuni avevano già optato per la tenda, visto che la disponibilità di letti era modesta (due stanze un soppalco e una cucina) e molte le persone da ospitare, fra cui donne bambini ed anziani (nel senso più anziani di me) su due piedi ho deciso anch’io di montare la tenda che Caterina mi aveva prestato (per ultima ratio). Dopo 40 anni di incompatilità con le tende mi trovo alquanto impacciato nell’opera di edificazione.
Per fortuna un volenteroso professore ed un bambino mi aiutano (pur anch’essi non avendo mai montato una tenda) e gli sforzi congiunti danno un buon risultato. La tenda è eretta... ma lì mi avvedo del pezzo mancante, il telo di sopra, senza il quale l’igloo è una semplice zanzariera con fondo plasticato. Allora mi rendo conto di non poter trascorrere la notte in quel riparo così malsicuro. Anche perchè si è già alzato un forte vento e la temperatura è bella che scesa e si prevede che scenderà ancora e dal cielo stellato scenderà la benefica (per le piante) rugiada notturna.
Mi trovo alquanto stordito ed indeciso, poiché non ho nemmeno una coperta. Allora prendo a vagare nel compound in cerca di una ispirazione o di un riparo alternativo.
Le stanze in casa sono già tutte sovraffollate, ci sarebbe un divano in cucina e decido che per me va bene e ne prenoto l’uso. Poi torno alla tenda per raccattare le mie cose ma mentre torno -miracolo- noto un piccolo garage magazzino laboratorio, per curiosità ci ficco il naso dentro, puzza di gasolio e simili, ma il pavimento è ben piastrellato e c’è spazio sufficiente per coricarsi a terra..
Immantinenti opto per questa nuova sistemazione, vado a cercare una stuoia ed un materassino, pulisco per terra, riordino e benedico, ed ecco che nel giro di un’oretta ho sistemato la mia reggia. Scopro che nello sgabuzzino interno c’è pure un minuscolo servizio, un po’ ingombro di gomme d’auto, attrezzi, bidoni, ed altre cianfrusaglie, e riesco a mettere a nudo un cesso, un lavandino ed un bidet con qualche rottura qui e lì, ma funzionanti. Sono proprio fortunato, non è più un garage magazzino laboratorio è una casetta romantica che tutti gli altri ospiti mi invidiano.
Nel frattempo -nel bus stand di Macerata, le ragazze punk debbono partire e mi fanno capire di aver bisogno della penna, che restituisco. Ma ormai ho cominciato a scrivere e non demordo mi faccio un giro finché riesco a farmene prestare un’altra da una signora caritatevole e posso continuare il racconto.
Finalmente sistemato posso dedicarmi alla mia toeletta personale, sudato e sporco come sono, sento il bisogno di una doccia che spero di poter fare nel bagno comune della casa. Ma debbo accontentarmi di lavarmi con il sistema indiano, con un secchiello, perché la manopola della doccia è rotta. Comunque rinfrescato e pulito….
Ma qui anche la seconda penna se ne va… e decido di continuare a scrivere con una pennetta di estrema riserva che avevo messo nella tasca della mia borsa, è un po’ scarica e la scrittura necessita di ricalcature ma funge… ho ancora da aspettare oltre un’ora e mezza per il bus che va a Treia… a da passà il pomeriggio e scrivendo passa meglio.
Tornando al campo del vetiver finalmente vado a salutare quelle persone a modo che aspettavano che io finissi tutti i miei preparativi.... Ospiti eccezionali che hanno preparato ogni ben di dio per darci accoglienza. Tavoli apparecchiati all’ombra della sera con sopra torte e tortine, frittate, crostate, biscotti, acqua di sorgente frizzantina, albicocche, prugne, visciole a cui aggiungo i due boccioni di vino delle Marche che l’amore mio Caterina mi aveva dato come contributo per l’Incontro. Ma prima di passare alle gozzoviglie la maestra Lorella ci ha invitati tutti a partecipare alla cerimonia di fondazione del luogo, con il posizionamento del palo sacro per l’individuazione delle direzioni come insegnato nell’antico sistema romano.
Al termine del rito abbiamo pasteggiato al lume di candela in piedi, soddisfacendo così il nostro bisogno di cose concrete. Ed io mi sono bevuto almeno un litro d’acqua frizzantina naturale. Dopo il prasad bioregionale altra cerimonia per riconoscere le stelle ma il mio sguardo era fortemente attratto dalla falce rossa della luna crescente sulla quale mi sono soffermato lungamente. Con questo la prima giornata è ben terminata e soddisfatto mi sono ritirato nella rimessa, sdraiato sulla stuoia un po’ dura, al lume del moccoletto antizanzare (anch’esso dono di Caterina) leggo mentalmente lo Shiva Manasa Puja.
Avvoltolato in una serie di magliette, camicia e maglioncino leggero (portato per ”un non si sa mai” altamente previdente) e coperto da tutti i miei scialli indiani. E mi addormento malgrado il freddo.
L’indomani mi desto arzillo di buon’ora e prendo confidenza con la cucina (che non abbandonerò mai per tutti i giorni di permanenza) facendomi un teuccio e sgranocchiando qualche trancetto di crostata della sera prima.
Pian piano anche gli altri si svegliano e la seconda giornata inizia per tutti. Dopo colazione ci si coordina sulle cose da fare. Alcuni si dedicano al lavoro di pulizia del campo ed al montaggio di un forno a legna, che purtroppo non sarà mai pronto… mentre altri decidono di fermarsi in cucina per preparare assieme a me il pranzo. Meglio che tutto sia a posto in modo che dopo lo sharing che inizia alle 10 e dura sino alle 13 non ci si debba affannare a preparare da mangiare. Menù: panzanella, dhal, patate e erbe di campo, insalata ed altre cosette sfiziose.
A questo punto forse qualcuno si interrogherà su quanto è stato detto durante l’incontro, a cominciare da questa prima sessione di condivisioni di esperienze e pareri sulla pratica bioregionale. Resterà deluso, non dirò nulla di ciò (almeno per ora) sperando che qualche anima pia lo faccia come pegno d’amore per il gruppo e per la causa (Aha aha ah).
Continuando, nel pomeriggio del 23 giugno i più goliardici rinunciano al riposino e decidono di andare a fare un tuffo al mare ovviamente non mi sono unito al gruppo, anche perché devono arrivare nuovi ospiti, fra cui Luisa, Paola, Ciro, Giulietta, Carlo, Franco, Caterina mia figlia con nipotini.. e diverse altre persone che approfittano della mia discesa ad Aprilia per venirmi a salutare (ed a farmi gli auguri di compleanno). Inoltre c’è da preparare e pulire la spianata ove si farà il fuoco, sistemare il focolare, predisporre gli ingrediente per la preparazione dell’acqua di San Giovanni (con varie erbe aromatiche e fiori di stagione), raccogliere la legna secca, preparare la cena, oltre ovviamente a predisporre il cerchio per il secondo sharing pomeridiano.
Tutti intorno nel prato davanti al palo della fondazione siamo una trentina e forse più, molti venuti da parecchio distante, soprattutto ho notato la forte presenza di siciliani. La sera attorno al fuoco sacro danziamo in cerchio e cantiamo al suono del tamburo sciamanico suonato da Nevio e della chitarra suonata da Stefano. Il nostro spirito è indomito..
E qui giunge la corriera che mi porterà a Treia da Macerata, interrompo la narrazione, forse la riprenderò domani, chissà…?
Paolo D’Arpini (25 giugno 2012)
Care, cari,
son qui sotto una tettoia di plastica e metallo del bus stand di Macerata. L’afa è tanta.. ma anche questa al fine è fatta: l’Incontro Collettivo Ecologista is over!
Mi sono liberato anche di questa karma pesante e gioioso allo stesso tempo. Il 22, 23 e 24 giugno sono stato ad Aprilia, in “culo al mondo”, nel campo del vetiver di Benito Castorina. Lo scopo? Mantenere una promessa e porgere i miei omaggi e saluti ad alcuni amici vecchi e nuovi. Fatalità, com’era prevedibile, si è parlato e si è praticato assieme il bioregionalismo, l’ecologia profonda e la spiritualità laica. Uffah!
State ora leggendo un non-resoconto poiché qui col caldo, ed una stanchezza che non provavo dalla notte dei tempi, non sento di voler scrivere alcunchè di sensato.. solo sensazioni e flash di immagini vissute.
Ho chiesto una penna in prestito a due ragazze punk maceratesi che come me aspettano un autobus, non so quale non so per dove…
Ad un certo punto per andare ad Aprilia sarei dovuto partire da Treia a ridosso della manifestazione in compagnia di Lucilla o di Umberto… ed invece no! Non sarebbero venuti anche se ancora non lo sapevo quando si manifestò il karma che mi competeva.
A volte bisogna far attenzione a ciò che si dice. Diversi mesi fa, eravamo ancora in inverno, avevo promesso agli amici di Agribio E.R. Che sarei stato con loro per festeggiare il solstizio estivo. Insomma è avvenuto che a metà giugno spinto da un irresistibile destino e dal desiderio impellente di riabbracciare la mia amata Caterina ecco che mi son trovato imbarcato su un treno per Bologna, per buona grazia di Valeria, e lì in piazza c’era Caterina ad attendermi per farsi abbracciare e per abbracciarmi.
Ovvio che a quel punto son rimasto in Emilia per aspettare la venuta di Sonia che doveva svolgere una perlustrazione erboristica in quel di Rastellino il 19 ed il 20 giugno sono stato a Vignola da Maria per festeggiare il giorno quasi più lungo, mangiare leccornie ed ascoltar musica popolare dal vivo. Bella festa!
L’indomani ce la siamo presa comoda, sapendo che io e Caterina saremmo partiti assieme per Aprilia. Invece no! La email di Daniele ha cambiato tutto… Lui partendo da Piacenza avrebbe potuto darmi in passaggio passando da Modena e voilà la mattina del 22 giugno mi son trovato catapultato su un furgonato a gas, in compagnia di Daniele, e la sua non-compagna madre di suo figlio (con il figlio al seguito), in lenta discesa verso il Lazio.
Viaggio ben corroborato da discorsi spirituali e dietetici, caldo asfissiante e velocità ridotta. Usciti dall’autostrada a Roma gira che ti rigira ci siamo smarriti sul GRA, sommersi dal traffico dei pendolari che rientravano dal lavoro, cercando senza trovarla via Anagnina e cercando di interpretare le “precise” indicazioni forniteci da Benito, belli disperati, accaldati digiuni incazzati senza darlo a vedere, insomma sotto sballo. Ma un santo, sicuramente San Giovanni, vegliava su di noi, gira che ti rigira ecco che riesco a scorgere una freccetta azzurra piccola piccola con su scritto “Anagnina”. Malgrado avessimo già superato il bivio Daniele impavido ha fatto un pezzo di marcia indietro e l’abbiamo imboccata… Ci è sembrato di rivivere... l’allegria nel furgonato era allle stelle…. e le difficoltà ulteriori degli ultimi 50 kilometri di viaggio ci sono sembrate quelle di una avventura a Disneyland.
Ed accoci dopo peripezie e speranze di volta in volta nutrite e svanite alfine giungere dove dovevamo andare -“in tanta malora”- nel campo del vetiver. Sole brillante e bollente malgrado il tardo pomeriggio, stralunati, vaganti, siamo entrati infine nel luogo dell’incontro (o meglio fuori dal cancello). Appiedati per gli ultimi duecento metri un po’ rasserenati per aver indovinato la strada abbiamo visto che lì ad attenderci c’erano già alcuni coraggiosi, guidati da Riccardo, maestri e maestre di arrivi, e di cui più avanti vi dirò…
Risaliti al cancello scaricati i bagagli a mano ed in carriola mi son ritrovato a guardarmi attorno per decidere sulla mia sistemazione notturna. Alcuni avevano già optato per la tenda, visto che la disponibilità di letti era modesta (due stanze un soppalco e una cucina) e molte le persone da ospitare, fra cui donne bambini ed anziani (nel senso più anziani di me) su due piedi ho deciso anch’io di montare la tenda che Caterina mi aveva prestato (per ultima ratio). Dopo 40 anni di incompatilità con le tende mi trovo alquanto impacciato nell’opera di edificazione.
Per fortuna un volenteroso professore ed un bambino mi aiutano (pur anch’essi non avendo mai montato una tenda) e gli sforzi congiunti danno un buon risultato. La tenda è eretta... ma lì mi avvedo del pezzo mancante, il telo di sopra, senza il quale l’igloo è una semplice zanzariera con fondo plasticato. Allora mi rendo conto di non poter trascorrere la notte in quel riparo così malsicuro. Anche perchè si è già alzato un forte vento e la temperatura è bella che scesa e si prevede che scenderà ancora e dal cielo stellato scenderà la benefica (per le piante) rugiada notturna.
Mi trovo alquanto stordito ed indeciso, poiché non ho nemmeno una coperta. Allora prendo a vagare nel compound in cerca di una ispirazione o di un riparo alternativo.
Le stanze in casa sono già tutte sovraffollate, ci sarebbe un divano in cucina e decido che per me va bene e ne prenoto l’uso. Poi torno alla tenda per raccattare le mie cose ma mentre torno -miracolo- noto un piccolo garage magazzino laboratorio, per curiosità ci ficco il naso dentro, puzza di gasolio e simili, ma il pavimento è ben piastrellato e c’è spazio sufficiente per coricarsi a terra..
Immantinenti opto per questa nuova sistemazione, vado a cercare una stuoia ed un materassino, pulisco per terra, riordino e benedico, ed ecco che nel giro di un’oretta ho sistemato la mia reggia. Scopro che nello sgabuzzino interno c’è pure un minuscolo servizio, un po’ ingombro di gomme d’auto, attrezzi, bidoni, ed altre cianfrusaglie, e riesco a mettere a nudo un cesso, un lavandino ed un bidet con qualche rottura qui e lì, ma funzionanti. Sono proprio fortunato, non è più un garage magazzino laboratorio è una casetta romantica che tutti gli altri ospiti mi invidiano.
Nel frattempo -nel bus stand di Macerata, le ragazze punk debbono partire e mi fanno capire di aver bisogno della penna, che restituisco. Ma ormai ho cominciato a scrivere e non demordo mi faccio un giro finché riesco a farmene prestare un’altra da una signora caritatevole e posso continuare il racconto.
Finalmente sistemato posso dedicarmi alla mia toeletta personale, sudato e sporco come sono, sento il bisogno di una doccia che spero di poter fare nel bagno comune della casa. Ma debbo accontentarmi di lavarmi con il sistema indiano, con un secchiello, perché la manopola della doccia è rotta. Comunque rinfrescato e pulito….
Ma qui anche la seconda penna se ne va… e decido di continuare a scrivere con una pennetta di estrema riserva che avevo messo nella tasca della mia borsa, è un po’ scarica e la scrittura necessita di ricalcature ma funge… ho ancora da aspettare oltre un’ora e mezza per il bus che va a Treia… a da passà il pomeriggio e scrivendo passa meglio.
Tornando al campo del vetiver finalmente vado a salutare quelle persone a modo che aspettavano che io finissi tutti i miei preparativi.... Ospiti eccezionali che hanno preparato ogni ben di dio per darci accoglienza. Tavoli apparecchiati all’ombra della sera con sopra torte e tortine, frittate, crostate, biscotti, acqua di sorgente frizzantina, albicocche, prugne, visciole a cui aggiungo i due boccioni di vino delle Marche che l’amore mio Caterina mi aveva dato come contributo per l’Incontro. Ma prima di passare alle gozzoviglie la maestra Lorella ci ha invitati tutti a partecipare alla cerimonia di fondazione del luogo, con il posizionamento del palo sacro per l’individuazione delle direzioni come insegnato nell’antico sistema romano.
Al termine del rito abbiamo pasteggiato al lume di candela in piedi, soddisfacendo così il nostro bisogno di cose concrete. Ed io mi sono bevuto almeno un litro d’acqua frizzantina naturale. Dopo il prasad bioregionale altra cerimonia per riconoscere le stelle ma il mio sguardo era fortemente attratto dalla falce rossa della luna crescente sulla quale mi sono soffermato lungamente. Con questo la prima giornata è ben terminata e soddisfatto mi sono ritirato nella rimessa, sdraiato sulla stuoia un po’ dura, al lume del moccoletto antizanzare (anch’esso dono di Caterina) leggo mentalmente lo Shiva Manasa Puja.
Avvoltolato in una serie di magliette, camicia e maglioncino leggero (portato per ”un non si sa mai” altamente previdente) e coperto da tutti i miei scialli indiani. E mi addormento malgrado il freddo.
L’indomani mi desto arzillo di buon’ora e prendo confidenza con la cucina (che non abbandonerò mai per tutti i giorni di permanenza) facendomi un teuccio e sgranocchiando qualche trancetto di crostata della sera prima.
Pian piano anche gli altri si svegliano e la seconda giornata inizia per tutti. Dopo colazione ci si coordina sulle cose da fare. Alcuni si dedicano al lavoro di pulizia del campo ed al montaggio di un forno a legna, che purtroppo non sarà mai pronto… mentre altri decidono di fermarsi in cucina per preparare assieme a me il pranzo. Meglio che tutto sia a posto in modo che dopo lo sharing che inizia alle 10 e dura sino alle 13 non ci si debba affannare a preparare da mangiare. Menù: panzanella, dhal, patate e erbe di campo, insalata ed altre cosette sfiziose.
A questo punto forse qualcuno si interrogherà su quanto è stato detto durante l’incontro, a cominciare da questa prima sessione di condivisioni di esperienze e pareri sulla pratica bioregionale. Resterà deluso, non dirò nulla di ciò (almeno per ora) sperando che qualche anima pia lo faccia come pegno d’amore per il gruppo e per la causa (Aha aha ah).
Continuando, nel pomeriggio del 23 giugno i più goliardici rinunciano al riposino e decidono di andare a fare un tuffo al mare ovviamente non mi sono unito al gruppo, anche perché devono arrivare nuovi ospiti, fra cui Luisa, Paola, Ciro, Giulietta, Carlo, Franco, Caterina mia figlia con nipotini.. e diverse altre persone che approfittano della mia discesa ad Aprilia per venirmi a salutare (ed a farmi gli auguri di compleanno). Inoltre c’è da preparare e pulire la spianata ove si farà il fuoco, sistemare il focolare, predisporre gli ingrediente per la preparazione dell’acqua di San Giovanni (con varie erbe aromatiche e fiori di stagione), raccogliere la legna secca, preparare la cena, oltre ovviamente a predisporre il cerchio per il secondo sharing pomeridiano.
Tutti intorno nel prato davanti al palo della fondazione siamo una trentina e forse più, molti venuti da parecchio distante, soprattutto ho notato la forte presenza di siciliani. La sera attorno al fuoco sacro danziamo in cerchio e cantiamo al suono del tamburo sciamanico suonato da Nevio e della chitarra suonata da Stefano. Il nostro spirito è indomito..
E qui giunge la corriera che mi porterà a Treia da Macerata, interrompo la narrazione, forse la riprenderò domani, chissà…?
Paolo D’Arpini (25 giugno 2012)
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