Il Comune può dettare, per le aree agricole, una disciplina del territorio non limitata al solo aspetto della trasformazione fisica
L'amministrazione comunale può, nel regolamentare l’uso del proprio territorio, stabilire le zone in cui è consentita l’attività di spandimento dei fanghi di depurazione e dove invece è vietata: il Consiglio di stato lo ha stabilito, con sentenza della IV Sez. n°. 2986 del 16.06.2015, respingendo il ricorso presentato contro il Piano di governo del territorio di un Comune lombardo che vieta lo spandimento entro 500 metri dai centri abitati.
Il Comune in questione, secondo la sentenza, non avrebbe dunque invaso la sfera di competenza della regione ai sensi delD.Lgs 99/1992 (Utilizzazione dei fanghi di depurazione – Attuazione della Direttiva 86/278/CE); la norma infatti non può escludere che l’attività di spandimento, se interessa anche ulteriori profili di interesse pubblico, possa essere regolata da altri soggetti competenti in materia.
Poiché secondo la normativa lombarda in materia di pianificazione urbanistica il comune può dettare per le aree agricole una disciplina “d’uso, di valorizzazione e di salvaguardia” non limitata al solo aspetto della trasformazione fisica, questo è ovviamente valido anche per la regolamentazione delle attività esercitate su queste aree; tale regolamentazione deve tener conto della sostenibilità delle attività anche sotto il profilo ambientale, paesaggistico ed ecologico.
In materia di fanghi di depurazione è stato recentemente pubblicato da Ispra il report Uso dei fanghi di depurazione in agricoltura: attività di controllo e vigilanza sul territorio che confronta l’approccio alla gestione dei fanghi di depurazione destinati all’utilizzo agronomico di 3 regioni del nord Italia (Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto). Partendo dalle norme vigenti nelle tre regioni, la pubblicazione prende in esame i criteri delle attività di controllo applicati nei diversi ambiti territoriali. Lo scopo è quello di definire delle linee di indirizzo comuni, per poter migliorare l’efficacia dei controlli e contribuire alla revisione della normativa nazionale ed europea.
(Fonte: Arpat)
Il Comune in questione, secondo la sentenza, non avrebbe dunque invaso la sfera di competenza della regione ai sensi delD.Lgs 99/1992 (Utilizzazione dei fanghi di depurazione – Attuazione della Direttiva 86/278/CE); la norma infatti non può escludere che l’attività di spandimento, se interessa anche ulteriori profili di interesse pubblico, possa essere regolata da altri soggetti competenti in materia.
Poiché secondo la normativa lombarda in materia di pianificazione urbanistica il comune può dettare per le aree agricole una disciplina “d’uso, di valorizzazione e di salvaguardia” non limitata al solo aspetto della trasformazione fisica, questo è ovviamente valido anche per la regolamentazione delle attività esercitate su queste aree; tale regolamentazione deve tener conto della sostenibilità delle attività anche sotto il profilo ambientale, paesaggistico ed ecologico.
In materia di fanghi di depurazione è stato recentemente pubblicato da Ispra il report Uso dei fanghi di depurazione in agricoltura: attività di controllo e vigilanza sul territorio che confronta l’approccio alla gestione dei fanghi di depurazione destinati all’utilizzo agronomico di 3 regioni del nord Italia (Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto). Partendo dalle norme vigenti nelle tre regioni, la pubblicazione prende in esame i criteri delle attività di controllo applicati nei diversi ambiti territoriali. Lo scopo è quello di definire delle linee di indirizzo comuni, per poter migliorare l’efficacia dei controlli e contribuire alla revisione della normativa nazionale ed europea.
(Fonte: Arpat)
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