Ognuno di noi può accorgersi come il paesaggio agricolo friulano,
specialmente in pianura, sia dominato dalla coltivazione del mais.
Questo cereale esige lavorazioni profonde, abbondanti concimazioni e
frequenti lavori superficiali: impegna molto il terreno e andrebbe
piantato ogni quattro anni, alternandolo con altre colture.
Nella maggior parte dei nostri campi però gli agricoltori,
schiacciati dalla necessità o ingolositi dal miraggio di un
guadagno rapido, piantano il mais ogni anno, con pratiche agricole
che massimizzano la produzione, ma rendono queste piante molto più
delicate all'attacco d’insetti e funghi.
Aumentano così il numero di concimazioni e di trattamenti con
pesticidi e fungicidi, che riducono la biodiversità, sono sempre
meno efficaci, degradano il terreno e finiscono nelle acque
superficiali e sotterranee.
E’ proprio il Dipartimento di Geoscienze dell’Università di
Trieste, che ha elaborato lo studio sul quale si basa il Piano
Regionale di Tutela delle Acque, a indicare nei “fertilizzanti
usati nei campi” la causa principale dell’inquinamento delle
falde acquifere.
Di fronte a queste problematiche, bisognerebbe chiedersi che senso
abbia continuare con la monocoltura del mais. Invece il rimedio
proposto dalle grandi multinazionali agroalimentari è, per esempio,
l'uso del mais OGM Mon810. Spacciato per miracolosa coltura che non
ha bisogno di pesticidi, questo mais, geneticamente modificato,
produce continuamente una tossina che colpisce alcuni (e non tutti)
parassiti e la cui innocuità sull'uomo non è ancora stata
dimostrata. Da un punto di vista più generale, questa scelta
rappresenta nient'altro che una nuova perversione per dare
continuità a un tipo di agricoltura che non ha futuro.
L'incremento demografico da un lato e l'effetto serra dall'altro,
impongono che si debba andare verso una drastica riduzione del
consumo di carne per l'alimentazione umana e quindi diventa anche
sempre meno necessario il mais per uso zootecnico.
Se poi dobbiamo coltivare i campi a mais, inquinare le falde, per
alimentare gli impianti a biogas allora è meglio non fare nulla che
è più economico e più salutare.
Infine va rilevato che siamo entrati in un periodo di svolta epocale
che richiede soluzioni radicali e coraggiose; nell'economia in
generale e nell'agricoltura in particolare."
Lino - coordinamentozeroogm@lib
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