Un punto basilare, che spesso emerge in seguito alle domande di persone che si avvicinano al bioregionalismo e alla spiritualità laica, è quello della non trasmissibilità della pratica. Ovvero ognuno di noi dovrebbe vedere in se stesso il modo idoneo per manifestare la sua natura spirituale ed ecologica sapendo poi adattarla a tutto ciò che ci circonda, nella domanda e nella risposta.
Nel bioregionalismo e nella spiritualità laica non esistono dogmi ma solo adeguamenti armonici fra le varie componenti, l'interno e l'esterno, l'uno e i molti.
L'unico aiuto possibile che possiamo fornire ai compagni di viaggio, in quanto praticanti "anziani", è quello dell'esempio non volontario, ovvero del retto comportamento, in piena sincerità e onestà, non indirizzato a dimostrare alcunché bensì semplicemente ad esprimere noi stessi nella nostra verità.
Se la perfezione non fosse a noi intrinseca come potremmo scoprirla nella vita universale?
La perfezione è la nostra vera natura ma non siamo in grado di riconoscerla e ci logoriamo tremendamente pensando che dobbiamo compiere azioni "codificate" per "appropriarcene".
Ricordo un proverbio che mi citavano i vecchi contadini di Calcata: “il meglio è nemico del bene”… Ed è proprio così, arrabattandoci e cercando di migliorare non riusciamo a percepire il bene che già c’è in noi… Quel bene che richiede solo di essere riconosciuto rinunciando alle sovrastrutture e alle imposizioni che non ci appartengono.
E in fondo cosa significa essere perfetti?
Semplicemente essere quel che si è senza remore né rimpianti, senza cercare l’approvazione di qualcuno, perché se siamo quel che siamo evidentemente ci compete. Da ciò nasce spontaneità e naturalezza…
Purtroppo quel che ci manca è la fiducia… e da questa carenza sorge il desiderio e la paura e in tal modo si aziona quel meccanismo “diabolico” del voler organizzare il nostro agire e sentire, come si fa con una macchina.
Purtroppo quel che ci manca è la fiducia… e da questa carenza sorge il desiderio e la paura e in tal modo si aziona quel meccanismo “diabolico” del voler organizzare il nostro agire e sentire, come si fa con una macchina.
Questo atteggiamento ci fa commettere un errore dopo l’altro… e più sbagliamo e più (cercando di rimediare) commettiamo altri errori… altre paure e altri desideri si aggiungono. E intanto la società umana (e noi stessi come persone) va a rotoli, perché non può funzionare come un meccanismo, non è fatta di semplici ingranaggi e di numeri.
Paolo D'Arpini
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