giovedì 12 ottobre 2017

La giusta misura... cogliendo il momento presente nel luogo in cui si è


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Ho conservato per anni un vecchio dipinto nel Tempio della Spiritualità della Natura, prima di abbandonare Calcata al suo destino e trasferirmi a Treia. Era  solo una banale copia, rappresentava un alchimista (od un semplicista) che mostra la giusta dose di sostanza da porre nell’intruglio medicinale ad un giovane apprendista. Il gesto  eloquente, la mano alzata con il palmo rivolto in avanti, significante “basta così”. Né troppo né poco!

Le cose cambiano e non serve portarsele appresso, la memoria  è utile se ci aiuta a non ripetere gli errori del passato, contemporaneamente è una zavorra se ci impedisce di compiere nuove esplorazioni e ricerche.

Anni ed anni di meditazione… per scoprire la giusta misura? 

Macché essa è nella semplicità della risposta immediata che siamo in grado di dare al momento opportuno, rispondendo del tutto spontaneamente e semplicemente all’esigenza contingente, nel presente….
  
Non sappiamo i motivi per cui le cose avvengono come avvengono e dal punto di vista etico ed umano possiamo anche non essere d’accordo con ciò che siamo costetti a vedere ed a compiere nella società.  Così dobbiamo sentirci liberi da ogni schema, non temendo di cadere in  contraddizioni e incongruenze.

Ricordo di quando Nisargadatta raccontava le conseguenze del suo lavoro di venditore di beedies, le sigarette indiane, che causano il cancro anche più delle altre, e pure lui  le ha fumate per anni e tra l’altro è morto per un cancro alla gola… ma tutto ciò non ha cambiato il suo “vero stato”.

Consideriamo sempre che possiamo solo compiere ciò che è per noi possibile… Non ciò che riteniamo dovrebbe essere… E poi come dovremmo porci di fronte ai dettami della legge di causa effetto? Come dovremmo considerare  la favola della reincarnazione…?  Libero arbitrio, predestinazione, scelte, miglioramenti voluti o causali?...  


A volte anch'io  racconto delle storie, che stanno nella mente duale, che rientrano nel funzionamento empirico nel mondo, esprimendo  un modo razionale di percepire la vita. Ma  nel mio intimo so che son tutte  favolette, so che la verità non ha bisogno di giustificazione alcuna, né di spiegazioni. Uso dei sotterfugi.. per poter guardare le persone negli occhi e scorgere la loro anima, toccare il loro cuore e sentirmi una parte di loro. Questo è ciò che è possibile per me…. e vorrei che così fosse anche per chiunque altro!

Assomiglia ad una commedia? C'è una nota di finzione in questo atteggiamento? Beh, occorre pur adattarsi al sogno... finché si sogna.. A che serve districarsi dalle considerazione sul bene e sul male con giustificazioni che infine rientrano nell'illusione duale? 

Tanto vale adattarsi e compiere quei gesti che sono in armonia con la nostra natura umana, che ci consentono di poter condividere al meglio le nostre emozioni ed i nostri pensieri con il prossimo... Sia pur che ciò non è necessario per “essere quello che realmente siamo”.

Ma perché limitarsi, perché non  amare il proprio sogno (come diceva saggiamente il Vate)? In verità l’armonia interno/esterno non è basata su ciò che entra dalla bocca (come diceva Gesù) ma da ciò che ne sorte, ovvero come riusciamo a centrarci al nostro interno, ritrasmettendo parole ed   amore all’esterno.

Ramana Maharshi a una signora che le chiedeva come potersi moderare nei comportamenti alimentari consigliò la via del "tendere verso",  finché la cosa non avvenisse da sola, senza intenzione…

Paolo D'Arpini


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Referente P.R. Rete Bioregionale Italiana

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