giovedì 6 agosto 2020

Andar per erbe bioregionali (non foraging)


"Foraging". Leggo articoli ed editoria che cita questa pratica come qualcosa che fa "trendy". Letteralmente, dovrebbe significare "procurarsi foraggio", a richiamare il nutrimento  degli erbivori  in allevamento. Nell'attuale contesto, la parola indica il praticare la raccolta di piante selvatiche mangerecce. Definire "foraging" questa antica consuetudine bioregionale non mi piace, tralasciando che sia l'ennesimo inglesismo.
Finchè si continuerà a considerare la raccolta di erbe spontanee come un  dilettevole passatempo alla moda,  e non qualcosa di essenziale, come procurarsi cibo dalla terra, non si riuscirà a comprenderne il vero senso; il senso di un gesto che è il chinarsi per cogliere CIBO. Si tratta di nutrimento  non di uno "sport",  rappresenta un muoversi in sintonia con la natura che ci circonda, come qualsiasi altra azione compiuta istintivamente e quotidianamente. E non significa che questo gesto debba coprire l'80 % del fabbisogno nutrizionale. Basta anche come atto simbolico, politico, ancestrale: autoprocurarsi il proprio nutrimento senza tramite = sapersi autogestire, essere autonomi.

Si tratta di un GESTO TERAPEUTICO, sia materialmente, per i benéfici apporti nutrizionali, che psicologicamente per chi vive in una società dove il proprio senso di utilità è distorto: indispensabili al lavoro, alle feste, alle apparenze, e completamente innecessari ed inutili per il nutrimento, per la salute, la sopravvivenza. Ma per cimentarsi in quella che sembra essere una pratica straordinaria (e che, in effetti, assurdamente tale é), ci vuole RISPETTO. E studio, osservazione, consapevolezza...

In un paio di regioni si è reso obbligatorio l'ottenimento di un patentino per la raccolta di piante selvatiche, per regolamentare questa "nuova" pratica. E ci sta, perchè se non si viene contenuti con le regole, succede che senza ritegno si saccheggia: è tutto GRATIS, vai! Giù a raccogliere, borse e borse di erbe delle quali si conosce poco o nulla, magari con l'app che ti dice "questa è buona, questa no"; i più virtuosi vanno a cliccare il primo link utile per conoscere quelle due o tre cose sulle proprietà della pianta in questione, almeno per giustificarne la  raccolta: "è piena di ferro!" , "è diuretica!". I più azzardati si ingozzano fino a scoppiare, o finendo intossicati e rinunciano infine alle pericolose piante selvatiche.  Insomma non dovrebbero servire regolamenti, ma rispetto.

La soddisfazione di raccogliere qualcosa che si è coltivato nella terra è immensa; ma lo è ancor più raccogliere qualcosa che cresce spontaneo, dalla terra, senza alcun intervento umano. E' stupefacente: la terra dona! La natura è ricca e abbondante, e bisogna coglierne senza avidità. Avviciniamoci con circospezione e gratitudine al mondo selvatico: conosciamolo, studiamolo, assaggiamolo. Un poco per volta, solo il minimo indispensabile: non si deve sprecare!

Detto questo, è un buon segnale che ci si orienti verso questa curiosità, questa voglia di selvatico, di toccare annusare assaggiare, cucinare i doni del bosco e dei campi. Non si sa mai, se butta male sappiamo sfamarci...

Ma una preghiera: chiamiamolo  "andar per erbe", non "foraging"!

Barbara degli Strulgador

Immagini tratte dal mensile Terra Nuova


Post Scriptum - Testo inviato da Barbara degli Strulgador, una raccoglitrice ed erborista bioregionale dell'Emilia,  condiviso in occasione della Festa dell'Acquacotta  a Moje di Treia l'8 agosto 2020 - http://treiacomunitaideale.blogspot.com/2020/07/reia-contrada-moje-8-agosto-2020.html

1 commento:

  1. ...cresce spontaneo, dalla terra, senza alcun intervento umano. E' stupefacente: la terra dona! La natura è ricca e abbondante, e bisogna coglierne senza avidità...
    Accorgersi che la natura non ha bisogno di essere coltivata o allevata è il primo passo per un sentimento ambientalista e rispettoso.

    RispondiElimina