Due parole sulla presentazione de “La Figlia del Sarto” di Lucilla
Pavoni, tenuta alla cooperativa La Talea di Passo Treia, la sera
dell’11 ottobre 2014. La magia del racconto ancora una volta ha
commosso tutti i presenti. Bella la lettura dei brani dal libro fatta
dal fine dicitore Walter Cortella, coinvolgente la conduzione di Maria
Lampa, elettrizzante la musica popolare dei Pistacoppi, dolce la
reminiscenza del tempo che fu condivisa da Lucilla Pavoni. Ringrazio
Adriano Spoletini e Lauretta Mattiacci per aver organizzato questo
bell’incontro culturale. Ringrazio Enzo, il mio accompagnatore.
Ringrazio l’amica “pecorara” che ci ha fatto degustare le sue
caciottine fresche e le sue ciambelle.
Lucilla Pavoni, è la figlia del sarto.., e la narrazione dei suoi
vividi ricordi d’infanzia nelle Marche, è compendiata nel suo libro
di memorie: “La Figlia del sarto”, appunto….. L’ambientazione è in
quel tempo quasi cancellato dalla memoria collettiva che si pone a
cavallo fra la fine dell’ultima guerra ed il primo dopoguerra.
In quegli anni avvenne un profondo cambiamento nella nostra cultura..
la cultura contadina pian piano perse di valore divenendo quasi un
brutto ricordo, da cancellare.
Scopo del romanzo è quello di conservare e riproporre alle nuove
generazioni un valore formativo che può ancora fornire elementi di
insegnamento e crescita per la società futura… La cultura contadina,
pure nella sua semplicità, offre esempi di solidarietà umana,
intelligenza e semplicità di vita e persino maggiore capacità di
benessere e divertimento….
Occorre leggersi tutto il libro di Lucilla per poterlo comprendere!
Paolo D’Arpini
Nella casa di Lucilla a Ugliano
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Qui di seguito uno stralcio del libro:
I CAMILLI E LE DONNE VESTITE NUDE
“A quel tempo quasi nessuno sapeva leggere e scrivere e “fare di
conto” e allora anche chi aveva fatto solo la terza elementare,a chi
non aveva fatto neanche quella, sembrava un professore,”unu studiatu”.
Babbo era arrivato fino “in quinta” e quando arrivava la lettera di
qualche giovanotto di famiglia che stava a fare il militare, i nostri
amici contadini,aspettavano che lui gliela leggesse.
Mi ricordo un “contadi’”che per anni gli fece leggere sempre l’unica
lettera ricevuta dal figlio che,per i sogni di gloria e di conquista
di un regime che aveva nostalgia di un impero finito da mille e passa
anni,era stato sbattuto in Africa. Lui non era più tornato,rimaneva
solo quella lettera che s’era fatto scrivere chissà da chi,e che
diceva così: “Caro padre, cara madre, io sto bene e così spero di voi.
La manza ha partorito? La cavalla s’è “sgravata”? Rosetta s’e’
spusata? Io sento tanto la vostra mancanza e me sogno le tajatelle co’
la papera; non vedo l’ora che la guerra finisce. Questo è un posto
strano, ci cono “certi animali” che si chiamano “camilli”e le donne
vanno vestite tutte nude! Vi abbraccio e vi bacio,vostro figlio
Arduino”
Poveretto, per anni quel “cuntadì”, ogni volta che arrivava babbo,
tirava fuori dalla tasca di dietro dei pantaloni un portafogli nero
che conteneva un’unica cosa, l’unica lettera dell’unico figlio e gli
chiedeva di leggerla. Aspettava che gli altri fossero distratti. e
quasi con noncuranza gliela pestava in mano,come se fosse arrivata il
giorno prima, non anni addietro, i suoi occhi e i suoi gesti dicevano:
“..lo so che t’ho rotto le palle ma io c’ho solo questa!
Io ogni volta guardavo babbo, che per l’occasione prendeva l’aria
addolorata, di circostanza, e non sapevo mai se piangere per il povero
Arduino o ridere per i suoi “camilli”; ma, per fortuna,ero troppo
timida per fare qualsiasi cosa. Mi limitavo a registrare in silenzio
queste emozioni che ora ritrovo.”
Lucilla Pavoni
In veste di neo contadina
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La Talea, 11.10.2014 - Servizio fotografico di Lauretta Mattiacci:
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