lunedì 4 maggio 2015

Olivi del Salento - Leggende e verità sulla Xylella fastidiosa



Leggende e verità intorno a Xylella fastidiosa. Perché si dice venga dal Costa Rica? Può davvero uccidere un olivo? Occorre una strage per contenere la patologia? Occorrono erbicidi e trattamenti per uccidere i vettori? Tante domande e qualche risposta

Sono molte le voci, più o meno incontrollate, che circolano su Xylella fastidiosa, il batterio ribattezzato il killer degli olivi salentini.   Dalla sua scoperta in campo, nell'estate 2013, le domande hanno superato di gran lunga le risposte e questo stato di incertezza ha alzato il livello della tensione sociale, aumentando la confusione e il rischio di avere, entro qualche anno, una situazione fuori controllo.     Nel corso dell'assemblea annuale dell'Accademia nazionale dell'Olivo e dell'Olio il tema Xylella fastidiosa è stato trattato con attenzione, con una prolusione ad opera del Prof. Giovanni Martelli dell'Università di Bari e grazie a una raffica di domande che hanno consentito di inquadrare il problema e le possibili soluzioni.

Xylella fastidiosa è un batterio Gram-negativo che possiede varianti molecolari, tanto da classificare quattro sottospecie. Quella che ha attaccato gli olivi salentini è Xylella fastidiosa pauca, con origine in Sud America, che attacca agrumi e caffè. Un ceppo identico è stato individuato anche in Costa Rica, su caffè ma è noto possa attaccare anche gli olivi, come accaduto in Argentina. Il batterio killer degli olivi non è dunque la variante Multiplex, diffusa soprattutto in California, e custodita presso i laboratori dell'Istiuto agronomico mediterraneo per motivi di studio.  Xylella fastidiosa pauca non ha infettato solo gli olivi salentini. Anche in Iran sta aggredendo gli olivi e segnalazioni di possibili nuovi focolai, non ancora confermati ma probabili, giungono dal Kosovo e dalla Turchia.


Come ricordato dal Prof. Martelli: “è una piccola bestiolina da quattro soldi ma è capace di fare danni incalcolabili.”  Il meccanismo d'azione del batterio è molto semplice. Si insedia nei vasi legnosi dove prolifica, arrivando a ostruirli. L'azione di Xylella fastidiosa è dunque solo meccanica, non essendoci prove, neanche da parte di studi americani, di rilasci di tossine e altri composti potenzialmente tossici per le piante.
L'abbandono delle buone pratiche agricole, in buona parte del Salento, può aver favorito l'insediamento di Xylella ma non è la causa della batteriosi. Così il rodilegno, Zeuzera pirina, non è concausa del disseccamento rapido dell'olivo. Alcuni funghi tracheomicotici, già noti per infettare l'olivo e produrre gravi danni, agiscono sicuramente in sinergia con Xylella fastidiosa.

Ma Xylella fastidiosa è la causa principale del disseccamento rapido dell'olivo? Come dimostrare la natura causale tra patogeno e malattia? Da anni gli scienziati di tutto il mondo si affidano, non solo per le patologie delle piante ma anche quelle umane, ai postulati di Koch. Merita ricordarli: 1- Il microrganismo è presente in tutti gli ammalati, assente negli individui sani. 2- Il microrganismo sospetto deve essere isolato e fatto crescere in coltura pura. 3- Il microrganismo deve causare la stessa malattia se inoculato in individui (cavie) sani(e). 4- Lo stesso microrganismo deve essere ancora isolato (coltura pura) dal(la) malato (cavia).
Sono in corso le prove di patogenicità di Xylella fastidiosa su olivo. In semenzali inoculati con il batterio sono riscontrati i sintomi (ndr. non ancora la presenza del batterio secondo il quarto postulato di Koch). E' stata anche dimostrata la capacità dell'insetto vettore, Philaneus spumarius (sputacchina media), di infettare le piante, producendo sintomatologia simile a quella dell'inoculo sperimentale.
“Non ci sentiamo ancora di dire con certezza che Xylella fastidiosa è l'unico responsabile del disseccamento rapido dell'olivo – ha dichiarato il Prof. Martelli – ma siamo fiduciosi di poterlo dimostrare entro breve, anche agli agnostici.”

E' possibile curare le piante?
Non è possibile curare alcuna batteriosi sulle piante coltivate, non essendo possibile l'uso di antibiotici. Anche qualora fosse possibile l'uso di antibiotici, la localizzazione di Xylella, nei vasi legnosi, rende difficile il trattamento.

Perché allora alcune piante sembrano “rinascere” dopo l'utilizzo di buone pratiche agricole?


Il periodo di decorso della malattia dipende da vari fattori. Il tempo di occlusione dei vasi da parte del batterio non è immediato. Vi possono quindi essere dei riscoppi vegetativi lungo vasi non ancora infetti o non compromessi. Appena anche questi si occludono, però, mancando il nutrimento anche i giovani getti sono destinati a morire. Allo stesso modo le radici dell'olivo, non ricevendo più nutrimento dalla chioma, seccheranno, portando a morte l'intera pianta.

Vi sono varietà di olivo resistenti o tolleranti a Xylella fastidiosa?
Al momento non sono note varietà vegetali resistenti alla malattia, ovvero in grado di non farsi infettare oppure di sconfiggere l'infezione. Sono state riscontrate differenze, nello stesso Salento, tra diverse varietà di olivo. Purtroppo sia l'Ogliarola leccese sia la Cellina di Nardò paiono particolarmente suscettibili a Xylella fastidiosa. Più tollerante pare invece essere la Leccino sui cui è stato riscontrata una minore carica batterica e una sintomatologia decisamente meno accentuata. Vi è dunque la speranza di trovare, nell'ampio germoplasma italiano, cultivar tolleranti, per poter ridare vita all'olivicoltura salentina.

Quanti e quali sono gli insetti vettori di Xylella fastidiosa su olivo?  L'EFSA, sulla base della bibliografia esistente, individua molti insetti vettori su cui consiglia di effettuare la lotta. Da studi effettuati, però, solo Philaneus spumarius (sputacchina) è effettivamente portatore del batterio, che invece non è stato isolato, se non saltuariamente, negli altri insetti.

Per combattere la sputacchina è necessario per forza operare attraverso erbicidi e pesticidi? E' possibile una lotta biologica?


La sputacchina compie una sola generazione all'anno e si insedia su olivo solo in estate dove si nutre della linfa dai germogli più giovani. L'insetto, arrivato in autunno, va a deporre le uova sulle specie spontanee, anche quando secche. La schiusa delle uova avviene in primavera.


In base a detto ciclo è possibile affermare che il diserbo dell'oliveto con erbicidi non è determinante per il contenimento della popolazione, potendo deporre su erba secca. Il diserbo meccanico, attraverso trinciatura e interramento delle erbe, può però essere utile per ridurre le uova. In certe annate o condizioni la sputacchina può proliferare molto, rendendo necessario il contrasto anche all'adulto sugli olivi. In questo caso si possono utilizzare principi attivi autorizzati in regime di agricoltura integrata ma è possibile applicare anche buone pratiche agronomiche in regime biologico per il contenimento dell'insetto.


Di seguito si citano quelle consigliate da Federbio:
- barriere meccaniche: fasce collanti, tessuto non tessuto; reti antinsetto;
- barriera fisica su polloni o piante adulte: caolino, silicato di sodio;
- impiego di prodotti rameici;
- impiego di propoli e altri corroboranti;
- utilizzo di piretro naturale (insetticida per il controllo del vettore sia su olivo che sulle piante  ospiti   del vettore);
- distribuzioni di zolfo ventilato contro stadi giovanili;
- preparati biodinamici;
- distribuzioni di repellenti;
- piante trappola da trattare con piretro, contro adulti in fase di aggregazione pre-riproduttiva in campo.
 

Alberto Grimelli

Fonte:  Strettamente Tecnico > L'arca olearia

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