Durante l'”Economist World Ocean Summit”, che si è tenuto a Bali a fine febbraio 2017, l’United Nations environment programme (Unep) ha lanciato la campagna mondiale #CleanSeas per eliminare le principali fonti di rifiuti marini: le microplastiche nei cosmetici e l'eccessivo utilizzo della plastica usa e getta entro il 2022.
Ogni anno, infatti, più di 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani, danneggiando la fauna marina, la pesca e il turismo con un costo di almeno 8 miliardi di dollari in danni agli ecosistemi marini.
Secondo alcune stime, al tasso attuale con cui stiamo riversando oggetti come bottiglie di plastica, borse e tazze dopo un singolo uso, entro il 2050 negli oceani ci sarà più plastica che pesce e il 99% degli uccelli marini avrà ingerito plastica.
La campagna esorta i governi ad introdurre politiche di riduzione della plastica e si rivolge alle industrie perché riducano al minimo gli imballaggi in plastica e affinché riprogettino i prodotti che ne fanno uso; infine vuole indurre i consumatori a cambiare le abitudini sull’“usa e getta”.
Nel corso dell’anno #CleanSeas annuncerà le misure attuate da parte dei paesi e delle imprese per eliminare le microplastiche dai prodotti per la cura personale, oppure il divieto o le tasse imposte sulle borse monouso, e così via.
Dieci paesi hanno già aderito alla campagna attraverso progetti molto ambiziosi che mirano ad invertire il trend globale; per esempio, l’Indonesia si è impegnata a tagliare i suoi rifiuti marini del 70 % entro il 2025, l’Uruguay tasserà i sacchetti di plastica monouso entro la fine dell'anno e il Costa Rica prenderà misure per ridurre drasticamente la plastica monouso attraverso una migliore gestione dei rifiuti e campagne di informazione. Oltre a questi paesi hanno aderito alla campagna: Belgio, Francia, Grenada, Norvegia, Panama, Santa Lucia e Sierra Leone.
Intanto il colosso informatico Dell Computer ha annunciato che per l’imballaggio dei propri prodotti userà plastica riciclata proveniente dalle raccolte al largo del mare di Haiti.
(Fonte: Arpat)
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