lunedì 29 maggio 2017

Bioregionalismo ed interspecismo - Un sano rapporto con la natura e gli animali non implica un "uso"

Il rapporto, secondo me, “ideale” (o se preferite “ecologico”) con gli animali e le piante non è né quello "emozionale" che abbiamo con  i pets, né quello "utilitaristico" con gli animali erbivori, sfruttati negli allevamenti industriali (o peggio ancora con quelli usati nei laboratori medici della vivisezione).
Tenere gli animali in salotto o torturarli e mangiarli è la dicotomia di un rapporto falsato ed ipocrita. Entrambi questi comportamenti sono modi scriteriati di rapportarci con essi. Noi stessi - tra l’altro - siamo animali, quindi abbiamo bisogno di avere un contatto "equilibrato" con i nostri “fratelli e sorelle” di altra specie. Se è chiaro questo… allora comprenderete tutto il resto…
Non teniamo gli animali in gabbia (per sfruttarli fisicamente) e nemmeno nei divani (per sfruttarli psicologicamente). Dobbiamo trovare una via di mezzo che non sia il risultato di un senso di colpa o di un bisogno psicologico e nemmeno di una totale cecità ecologica ed etica.
Purtroppo la vita malsana e virtuale della società moderna, che si svolge in contesti urbani distaccati dalla natura,  ci porta a dover avere un rapporto con gli animali molto finto. Ce li portiamo in casa, come  ho visto fare persino con maiali e conigli, serpenti, topi, etc.… Oppure li ignoriamo, in quanto appaiono davanti a noi solo in forma di pezzi di carne. I pochi selvatici residui si arrabattano a vivere nel loro habitat, alla meno peggio, sempre più ristretti. Da quell'habitat "naturale"  noi  siamo esclusi (perché non più avvezzi a vivere nelle poche foreste rimaste) e pensiamo di conoscerli solo perché guardiamo la TV od il piccolo schermo.
Ripeto, non sono entusiasta nell’assoggettare nuove specie alla cattività, però se alcune specie di animali non venissero tenute in cattività sarebbero destinate alla scomparsa, per via della eliminazione dal pianeta di un ambiente idoneo (l’uomo occupa sempre di più ogni spazio vitale). Insomma andremmo verso un ulteriore impoverimento della biodiversità. Inoltre c’è il fatto che - dal punto di vista evolutivo - alcune specie di animali in simbiosi con l’uomo hanno trovato vantaggi nella cattività (sia per la diffusione, sia per l’avanzamento intellettuale e coscienziale).
Siamo tutti in una grande bolgia chiamata vita e non sta bene scindere gli uni dagli altri… No quindi allo sfruttamento incondizionato ma sì al contatto empatico. Sono favorevole ad una via di mezzo. L’uomo, da animale istintuale e raccoglitore di cibo sparso, si è trasformato in un lavoratore che ricava attraverso il suo ingegno cibo e modi di crescita.
Il lavoro ha affrancato l’uomo dalla “bestialità” pur costringendolo a nuovi parametri di debolezza e alienazione? Non lo sappiamo, ma la situazione è questa!
Il fatto è che  sia nei rapporti fra esseri umani che nel rapporto con gli animali dovremmo trovare un modo “equanime” di poter esprimere il contatto e la collaborazione senza dover ricorrere a perversioni.
Avrete compreso che - a questo punto -  il sano rapporto uomo natura animali è un fatto di sopravvivenza generale della vita sul pianeta in un modo simbiotico, con opportuni aggiustamenti e con opportune riflessioni sui valori della vita stessa.
Siamo in una scala evolutiva che in parte noi umani abbiamo percorso, ci manca ancora molto per arrivare alla cima della comprensione, possiamo però aiutare coloro che sono ai primi gradini senza doversi vergognare… Sapendo che il loro bene è anche il nostro. Questo vale per le piante, per l’aria, per le risorse accumulate sulla terra nei milioni di anni, per il nostro passato nella melma e per il nostro futuro nelle stelle. Per aspera ad astra!
Paolo D'Arpini
Rete Bioregionale Italiana

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