lunedì 22 gennaio 2018

Il passato geologico e climatico dell’Italia... Conoscere l'ambiente del passato per capire l'ambiente del presente


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Una ricostruzione del Bletterbach 260 milioni di anni fa

La fascia equatoriale è in assoluto l’area con la maggiore biodiversità della Terra. Da sempre.
A dirlo è uno studio internazionale coordinato dal MUSE – Museo delle Scienze di Trento e dal Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige, recentemente pubblicato sulla rivista Earth-Science Reviews. La ricerca mostra, infatti, che già nel Permiano, quindi 260 milioni di anni fa, questa zona presentava una concentrazione altissima di specie terrestri. 

Certo, l’ambiente era molto diverso dalle attuali foreste pluviali ed era caratterizzato piuttosto da sterminate distese desertiche che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, erano particolarmente ricche di vita: rettili e piante.  
Il team, condotto dal paleontologo Massimo Bernardi del MUSE e supportato dall’Euregio Science Fund, ha operato una comparazione su scala globale di giacimenti fossiliferi, concentrandosi in particolare sulla gola del Bletterbach, noto sito paleontologico a metà strada tra Bolzano e Trento, inserito nel più piccolo sistema delle Dolomiti UNESCO.

Dalle Alpi all’Equatore

Qualcuno si domanderà cosa possano avere in comune un sito alpino e una zona equatoriale. Molto se si considera che nel Permiano le Dolomiti si trovavano proprio in prossimità dell’Equatore. E la gola del Bletterbach, come spiega Evelyn Kustatscher del Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige – presenta un’abbondanza di specie superiore alla maggior parte dei siti della stessa età noti in tutto il mondo”.
Il sito italiano presenta inattesi elementi di somiglianza tra gli ecosistemi terresti di allora e quelli di oggi. «I tropici furono una fucina per la biodiversità, nel lontano Permiano così come oggi – spiega Massimo Bernardi –. Con questo studio abbiamo dimostrato l’importanza, anche nel passato, delle aree a basse latitudini sia come “culle della biodiversità”, cioè luoghi di rapida evoluzione, sia come “musei della biodiversità”, rifugi dove sopravvivono specie estinte altrove».

La grande estinzione del Permiano
I fossili ritrovati nella zona possono raccontarci moltissimo non solo del nostro passato ma anche del presente e forse anche del futuro, contribuendo anche a misurare lo stato di salute della Terra. Secondo i ricercatori, infatti, guardare al passato attraverso la documentazione fossile consente di comprendere il funzionamento naturale degli ecosistemi odierni in assenza di intervento umano. Non solo, la crisi degli ecosistemi che il nostro Pianeta sta attraversando oggi a causa dell’innalzamento delle temperature porta a pensare alla grande estinzione che si verificò proprio alla fine del Permiano, quando una fase di intenso cambiamento climatico portò ad un alto tasso di estinzione e alla decimazione di quella grande diversità biologica. Lo studio è parte del progetto di ricerca “The end-Permian mass extinction in the Southern and Eastern Alps” sviluppato dal Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige, il MUSE – Museo delle Scienze di Trento e il dipartimento di geologia dell’Università di Innsbruck in collaborazione con il geoparco Bletterbach.

La gola del Bletterbach
Il sito patrimonio Unesco è anche un geoparco che richiama ogni anno tantissimi appassionati di geologia. Si tratta di un libro aperto sul passato che consente di ripercorrere più di 40milioni di anni della storia del nostro Pianeta.


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Fonte secondaria: A.K. Informa 

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