mercoledì 5 giugno 2024

Considerazioni eterodosse su Platone, l’Idealismo, e l’Idealista matto di Eulero...


 
Quando gli studenti dei Licei giungono a studiare i “grandi” filosofi antichi, SocratePlatoneAristotele, che intorno al IV secolo a.C. seguirono i filosofi della Natura, hanno l’impressione di stare entrando nel vivo della Filosofia. In realtà, sotto molti aspetti, questi filosofi (soprattutto i primi due) segnano un arretramento rispetto ad una mentalità razionalista e a un metodo scientifico.
 
Un noto passo di Senofonte, citato da Singer, ci ricorda che Socrate, tutto preso da problemi morali (Russell lo paragona impietosamente ad un prete untuoso), considerava folli gli scienziati che si interessavano di astronomia. In un passo del dialogo platonico, il “Fedone” Socrate si lamenta che i fisici non ci dicano quale forma sia un “bene” per la Terra, come se gli astri abbiano la forma che convenga loro, e non quella determinata dalle leggi naturali.
 
Platone considerava la vera realtà quella delle Idee – dall’idea del Bene supremo a quelle delle figure e dei solidi geometrici perfetti - che si troverebbero in un luogo imprecisato (l’Iperuranio) e di cui le cose che stanno sulla Terra sarebbero solo pallide imitazioni. Rovescia completamente la logica empirista e scientifica secondo cui esistono prima le cose reali e poi da queste provengono le idee. Quando cerca di affrontare il problema del mondo materiale, come nel dialogo “Timeo” molto noto nel Medio Evo cristiano, fa della pura mitologia affidando la costruzione del mondo materiale ad una fantomatica divinità, il Demiurgo. L’atteggiamento idealistico di Platone non può essere disgiunto dalle sue idee politiche reazionarie. Riteneva che la società dovesse essere governata da un gruppo di sapienti (“gli uomini d’oro”) mentre alle masse operaie ed artigiane (“gli uomini di bronzo”) era assegnato il compito di lavorare, magari tenendole buone con miti e storielle.
 
Già nell’antichità un allievo eterodosso di Socrate,    Antistene, fondatore della scuola Cinica, prendeva in giro Platone dicendo che aveva visto passare tanti diversi cavalli reali, ma mai la “Cavallinità”, cioè l’idea del cavallo.
 
Nel ‘700 un grande matematico illuminista, lo svizzero Eulero, che lavorò proficuamente a lungo nelle corti più o meno “illuminate” di S. Pietroburgo e Berlino, prendeva in giro gli idealisti con un apologo: se una persona comune dicesse che tutto quello che vede camminando per strada non esiste realmente, ma esiste solo nella sua mente, sarebbe portato subito al manicomio. Ma se la stessa cosa la dice un grande filosofo, tutti lodano la sua sagacia.
 
Anche l’intelligente antico sofista siciliano, Gorgia, prendeva in giro gli idealisti ricordando che pensiero e realtà sono cose differenti: posso pensare ad un cavallo alato o ad un carro pesante che corre sulla superficie del mare, ma chi ha mai visto un cavallo che vola, o un carro che non affondi immediatamente nell’acqua?
 
L’idealismo ricompare più volte in Filosofia. La più famosa corrente idealistica è quella fiorita in Germania all’inizio dell’800 con FichteSchelling e soprattutto con Hegel. In Italia tutta la prima metà del ‘900 fu dominata dalle figure degli idealisti Giovanni Gentile (poi divenuto ministro nel Governo Fascista) e Benedetto Croce, apprezzato come anti-fascista, benché fosse di tendenze liberal-conservatrici e monarchico. Il danno fatto alla cultura scientifica in Italia da questi personaggi è stato notevole, specie per quanto riguarda Croce che aveva una vera viscerale ostilità verso la matematica e la fisica.
 
L’Idealismo ricompare anche in molte filosofie formalmente non idealiste. Aristotele è rappresentato nel celebre affresco di Raffaello “La Scuola di Atene” mentre indica verso terra, mentre Platone indica il cielo. In realtà gli elementi idealistici e metafisici sono ben presenti anche in Aristotele e spesso portano fuori strada la sua indubbia intelligenza. All’Idea di Platone Aristotele sostituisce il concetto metafisico (cioè non di origine fisico-sperimentale) di “Forma”, ed una visione “teleologica” della realtà, cioè sempre legata ad un fine metafisico. Ogni cosa “deve” raggiungere la sua “forma”, così come ogni cosa deve andare al suo posto (il suo “luogo naturale”). Ne conseguono la visione fisica e cosmologica di Aristotele che vede la Terra al centro dell’Universo, circondata dalle sfere dell’acqua, dell’aria e del fuoco, più altre 55 sfere rotanti su cui sono fissati i pianeti, il Sole e le stelle, fatte di una sostanza incorruttibile (la fantomatica “Quinta Essenza”). Lasciamo giudicare al lettore quanto questa visione sia infelice rispetto alla grandiosa visione del contemporaneo Democrito di un Universo illimitato dove interi infiniti mondi in continua trasformazione si aggregano e si sfaldano (visione ripresa da Giordano Bruno e molto vicina alla moderna Cosmologia).
 
Anche sul problema della conoscenza in Aristotele vi sono luci ed ombre. Aristotele mette a punto i principi fondamentali della logica: il principio di identità (se è A è A) e di non contraddizione (se è A non può essere B) e del terzo escluso (se è o A o B, non può essere C, principio però fortemente contestato dai matematici “intuizionisti”). Ammette anche come punti iniziali del processo di conoscenza l’esperienza e l’induzione (cioè il fondamentale procedimento logico che ci permette di passare dalle singole esperienze ad un concetto generale o “universale” per astrazione); ma poi si perde parlando di una fantomatica facoltà della nostra mente, l’Intelletto Attivo, che ci permetterebbe di arrivare alla conoscenza piena, e dice che i concetti “universali” esistono di per sé, e non derivati dalla realtà. Questa impostazione tipicamente idealistica sarò adottata da molti pensatori medioevali, sia europei che arabi (come S. Tommaso e Averroè); ma sarà anche contestata da un agguerrito stuolo di contestatori: i filosofi “nominalisti”, come RoscellinoAbelardo Guglielmo di Occam. Questa interessante corrente filosofica sosterrà – giustamente - che gli “universali” sono solo dei nomi convenzionali, cui corrisponde un concetto, che usiamo per raggruppare cose simili (se vedo tanti animali simili fatti in un certo modo li chiamerò genericamente “cavallo”).
 
È utile notare che, dopo che l’imperatore cristiano Teodosio ebbe ordinato la chiusura di tutte le scuole “pagane” nel 490 d.C., le filosofie di Platone ed Aristotele furono tollerate e poi continuarono ad imperversare per tutto il Medio Evo, perché si prestavano bene ad interpretazioni di tipo religioso e cristiano. Ma, prima dell’avvento del Cristianesimo nel IV secolo d.C. , e prima anche dell’espansione dell’imperialismo romano già a partire dal II secolo a.C. bisogna anche segnalare la spettacolosa ripresa della Scienza antica in epoca “ellenistica” favorita anche dalla politica di monarchie illuminate come quella dei Tolomei in Egitto che crearono grandi istituzioni scientifico-culturali come il Museo e la celebre Biblioteca di Alessandria (poi distrutta dai fanatici cristiani, che massacrarono anche l’ultima matematica di tradizione greca, la sfortunata Ipazia).
 
Molte delle notizie che si riferiscono a questa epoca straordinaria - che vide scienziati del calibro di Archimede e di Eratostene che misurò le dimensioni della Terra con stupefacente precisione; di Aristarco che capì 1700 anni prima di Copernico che il Sole ere molto più grande della Terra e che questa vi girava intorno; di grandi matematici come Euclide ed Apollonio; di medici come Erofilo che dissezionava i cadaveri per studiarne l’anatomia 1700 anni  prima di Leonardo da Vinci - sono contenuti nel bellissimo libro di Lucio Russo: “La Rivoluzione dimenticata”.
 
In epoca moderna troviamo elementi idealistici anche in filosofi considerati “razionalsti” come Cartesio. Pur avendo scritto un’opera importantissima come “Il Discorso sul Metodo” (che è in realtà solo l’introduzione di un’opera più vasta), Cartesio poi dice che la nostra conoscenza sarebbe basata su una serie di fantomatiche “idee chiare e distinte” presenti nella nostra mente, e che la garanzia della correttezza delle nostre stesse sensazioni ci verrebbe direttamente dalla bontà di Dio. Cartesio divide poi drasticamente la realtà in due sfere non comunicanti: la “res extensa”, cioè le cose materiali e la “res cogitans” ovvero il pensiero, fatto rifiutato dalla moderna neurobiologia per cui il pensiero, la coscienza e la memoria, sono un fatto materiale sorretto dalla rete dei nostri neuroni cerebrali. Molte delle opinioni di Cartesio furono contestate dal prete materialista Gassendi, amico di Galilei. Anche in Kant sono evidenti elementi idealistici, quando sostiene che tutta l’esperienza è incanalata in forme “a priori” innate ed immodificabili della nostra mente, antecedenti ogni esperienza sensibile. 

(l’articolo è liberamente tratto dal libro “Conoscenza, scienza e filosofia” di Vincenzo Brandi)



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