Non è la divisa, l’ornamento, il posto a sedere a rendere grande un uomo, ma i suoi valori interiori, la sua saggezza, il suo equilibrio, la sua bontà d’animo, ma soprattutto la volontà di superare i propri limiti ed uniformarsi a ciò che è giusto, positivo e armonico nella vita. Non è la ricchezza, il titolo di studio, la posizione sociale a rendere unico nell’universo un essere vivente, ma il suo far parte, in modo insostituibile, del tutto nel piano dell’esistenza. Ma questo non deve farci dimenticare la relatività delle cose, di ognuno: se la specie umana si estinguesse non si distruggerebbe l’ordine naturale dei sistemi; allo stesso modo se il pianeta terra si dissolvesse nel nulla questo non causerebbe una crepa nell'infinito cosmico.
Eppure in natura non c’è nulla di superfluo, di meno importante ai fini della manifestazione della Vita. Il Tutto funziona in virtù della differenza formale e funzionale delle diverse realtà che lo compongono. Senza voler ridurre ad un esagerato appiattimento di valore, la realizzazione di un concerto sinfonico richiede la presenza di tutti i differenti componenti dell’orchestra e il violino, ai fini del concerto, non è meno determinante del musicista.
L’uomo non dovrebbe mai umiliarsi, genuflettersi, piegarsi davanti ad un altro uomo; non dovrebbe mai accettare di essere servo di qualcuno, né mai dovrebbe accettare che un suo simile si manifesti in modo servile. Ogni essere umano, e non solo umano, ha dignità regali per il semplice fatto di appartenere alla folla dei viventi, di essere portatore del miracolo strabiliante della vita, per essere portatore di pensiero, sentimento, spirito. Ogni essere nasce per essere libero, non servo o sottomesso a qualcuno. Ma senza umiltà non c’è vera grandezza.
Mai umiliarsi nel chiedere la concessione di un diritto, che ci sia elargito come dono ciò che possiamo conquistare con la volontà e il sacrificio: la dignità è la sola vera ricchezza, il mezzo attraverso cui l’essere umano dimostra il suo valore e per questo non dovrebbe mai cadere in errore per non doversi poi umiliare nel pentimento. Né mai l’uomo dovrebbe degradare se stesso fino di essere succube dei propri impulsi, schiavo dei propri vizi, vittima dei propri piaceri.
Ma quando le esigenze vitali dipendono dagli altri l’uomo diviene debole e lo spirito di sopravvivenza lo costringe a soffocare la parte migliore di se stesso. Le contingenze estreme non dovrebbero mai costringerlo ad umiliarsi per mancanza di risorse, di lavoro, e su questo pesa inesorabilmente la responsabilità dello Stato, della comunità che non cura capillarmente i bisogni dei suoi cittadini.
Forte e libero è chi ha la possibilità e la volontà di essere artefice del proprio destino; chi non affida passivamente a terzi il bene supremo della propria salute, della propria anima; chi cerca la propria realizzazione con l’impegno e il sacrificio di se stesso attraverso le potenzialità che Madre Natura ha elargito ad ogni suo componente e che aspettano di emergere nell’impulso evolutivo della vita.
Franco Libero Manco
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