venerdì 23 dicembre 2011

Tradizionalismo satanico e cattolico e le radici spirituali laiche dell'Europa antica.. di Fabio Calabrese

Apollo e Dafne
 

Io credo che il concetto di tradizionalismo serva a molto poco se non si ha la cura di specificare quale sia la tradizione alla quale facciamo riferimento. Una cosa che mi ha sempre colpito come una bizzarria (e una fonte di equivoci pericolosi), è il fatto di sentir parlare di “tradizionalismo cattolico” e “tradizionalismo” “integrale”, “evoliano”, “esoterico” come se esistesse un soggetto, il tradizionalismo, cui possono di volta in volta e a seconda dei casi, convenire diversi attributi, ma questo a mio parere è un vero e proprio abuso del linguaggio, un capovolgimento fra soggetto e attributo.

Diciamo piuttosto che esistono diverse Weltanschauung, pagana o cristiana a cui ci si può accostare in modo “tradizionale” o “tradizionalista” o altrimenti. Non esiste quindi un “tradizionalismo cattolico” ma piuttosto un “cattolicesimo tradizionalista” e sull'altro fronte una paganitas che non potrà essere altro che basata sul recupero di una tradizione che si è cercato in tutti i modi di distruggere e che perlomeno si è dovuta occultare da due millenni in qua.
 
Il raddrizzamento del rapporto soggetto-attributi ha un inconveniente molto tangibile con cui bisogna fare i conti: permette di avvertire a colpo d'occhio che fra la tradizione che si richiama alla più antica spiritualità autoctona europea e la pseudo-tradizione (considerarla tale, infatti, è come scambiare per salute un malanno cronicizzato) che venti-quindici secoli or sono si è cominciata a diffondere in Europa come sovversione distruggendo le religioni e le forme spirituali europee native, non esiste in linea di principio nessuna compatibilità.
 
E' dalla corrosione dell'animo europeo iniziata con la cristianizzazione che, dopo un lungo periodo di latenza, sono scaturite le patologie della modernità, il democraticismo e il marxismo, ed è un discorso che vedremo di sviluppare fra un po'. Per il momento è importante osservare che il discorso si sdoppia su due livelli.
SUL PIANO DEI PRINCIPI, DELLA VISIONE DEL MONDO, diciamo pure che non esiste nessuna possibile compatibilità: non ne può esistere fra chi guarda alla spiritualità indoeuropea e chi basa la sua, “fede” su di un libro mediorientale che è una raccolta di falsità storiche e di infantilismi e sciocchezze in termini spirituali ed etici, e viene venerato come “la parola di Dio”.
 
Tempo fa, una persona di mia conoscenza mi diceva che da questo punto di vista trovava il mio giudizio un po' troppo radicale; infatti nel o attraverso il cristianesimo si sono conservati riti, ricorrenze, feste di origine pagana  superficialmente “battezzate” e cristianizzate, soprattutto nel mondo contadino, che l'occhio esperto del cultore di tradizioni può sempre riconoscere e interpretare nel loro vero significato. Che le cose stiano così è innegabile, ma perché ricorrere a una copia alterata e mutila quando si può fare riferimento all'originale? Perché non togliere la patina di cristianizzazione così come un buon restauratore rimuove l'untume e la sporcizia depositatisi sui capolavori pittorici dei secoli passati?
 Il “tradizionalismo cattolico” o più correttamente il cattolicesimo tradizionalista rimane una forma di cristianesimo, cioè una variante di una religione le cui origini mediorientali, non-europee e i cui effetti dissolutori sulla cultura e sulle istituzioni dell'Europa, dell'impero romano in primis, non hanno bisogno di essere illustrati. Sarà forse la più vicina al bordo, ma rimane al di là dell'abisso che separa “noi” da “loro” figli del Medio Oriente e non dell'Europa – ebrei, cristiani, islamici, democratici, marxisti.
SUL PIANO PRATICO, le cose camminano o potrebbero camminare in maniera un po' diversa.
 
Perlomeno, accade che ci troviamo ad avere in comune una quantità di nemici. Nel 2009, Giovanna Canzano, che mi aveva intervistato per “Caserta Sette” a questo proposito, riportava questa mia affermazione il cui testo è ancora reperibile in internet:
“Quando si deve condividere un ambiente ristretto gomito a gomito, si fa meglio ad andare d'accordo, a rispettarsi reciprocamente; se poi questo ambiente ristretto è una precaria trincea attaccata dai nemici da tutte le parti, e nemici che sopravanzano i difensori in maniera massiccia, allora la reciproca ostilità equivale al suicidio.
 
Tutto questo non richiede una particolare profondità intellettuale, una perspicacia ideologica, è semplice, elementare buon senso che più non si potrebbe. A chi è impegnato a lottare assieme a noi contro gli stessi nemici, non chiediamo neppure di amarci, ben sapendo che al cuore non si comanda, ma almeno di rispettarci, di astenersi da aggressioni immotivate. E' una richiesta eccessiva?” (“Caserta Sette”, 3 luglio 2009).
 
Il fatto è che molto spesso i cattolici tradizionalisti si sono tirati addosso una marea di attacchi per il fatto di non fare mistero dei loro sentimenti antigiudaici ed antisionisti. Quando qualcuno viene attaccato a motivo del suo antisionismo, io sono dalla sua parte, non da quella dei servi di ZOG, fosse pure un “compagno”. Io mi schiero idealmente accanto al feretro di Vittorio Arrigoni, non dalla parte dei suoi assassini.
Tuttavia che i cattolici tradizionalisti manifestino in genere sentimenti antigiudaici piuttosto vivaci, considerando le evidenti origini ebraiche della loro religione (Ebreo era Gesù Cristo, ebrei gli apostoli, in ebraico è stato scritto l'Antico Testamento; il Nuovo è stato scritto in greco ma da ebrei ellenizzati) risulta una cosa piuttosto curiosa. Naturalmente, distinguiamo l'antigiudaismo come avversione verso la religione ebraica, dall'antisemitismo inteso come ostilità razziale verso gli ebrei.
 
Io vi chiedo scusa, ho fatto il liceo classico come studente or sono quarant'anni e passa, e non posso ricordarmi tutto, mi pare fosse Tacito, ma non ci posso giurare; a ogni modo uno storico latino, parlando dell'imperatore Claudio, riferisce “Expulit iudeos impulsore Chresto tumultuantes”, che parrebbe essere la più antica menzione del cristianesimo da parte di uno storico romano che si conosca, ossia: “(Claudio) allontanò da Roma gli ebrei che facevano gazzarra su istigazione di un certo Cresto (Cristo)”.
Non è chiaro quel che dev'essere avvenuto? A Roma a quel tempo si era già formata una comunità di ebrei immigrati dalla Palestina e, contemporaneamente una comunità di “eretici” cristiani staccatasi dalla prima.
 
Naturalmente, i rapporti fra i due gruppi dovevano essere pessimi, e una qualsiasi occasione deve aver scatenato un bel tafferuglio fra gli uni e gli altri, e l'autorità imperiale pensò bene di risolvere il problema di ordine pubblico espellendo gli uni e gli altri fuori dalle mura dell'Urbe.
Gli ebrei ortodossi sono rimasti più o meno quelli che erano mentre gli ebrei eretici, i cristiani, si sono dilatati a una dimensione ipertrofica perché, a differenza dei primi, non rifiutavano affatto il proselitismo, ma io credo che l'antigiudaismo di matrice cristiana scaturisca sempre da quelle antiche dispute; controversie – ricordiamolo – sorte in seno all'ebraismo e i Romani, a mio parere assolutamente a ragione, identificavano come “iudeos” gli uni e gli altri. 
 
Io ho l'impressione, a giudicare dai cattolici tradizionalisti che ho conosciuto, che queste persone siano sostanzialmente dei conservatori benpensanti che sono cristiani semplicemente perché sono rimasti “imprintati” dalla prima concezione del mondo cui si sono trovati esposti, senza la minima capacità di esercitare un vaglio critico, che se fossero vissuti nell'India del XIX secolo, sarebbero stati dei buoni thung piamente dediti alla devota pratica dello strangolamento. Tradizionalismo è per costoro sinonimo di conformismo, in altre parole il massimo dello squallore.
 
La mia impressione è che costoro siano al di fuori della realtà come pochi: sembra che si immaginino di essere all'indomani del Concilio di Trento e non si rendano conto di essere non solo ridotti a una scheletrica conventicola, ma di trovarsi in una posizione francamente umiliante, dal momento che la Chiesa cattolica, la Chiesa post-Concilio Vaticano II, è la prima a disconoscerli, a emarginarli o a costringerli a vergognose ritrattazioni tutte le volte che aprono bocca. Si veda, per tutte, la maniera penosa in cui è “rientrato” lo scisma di Econe.
 
Solo questa mancanza di senso della realtà e l'erronea convinzione di avere dietro le spalle una Chiesa che li sostenga invece di civettare con il democraticismo, il marxismo, il giudeo-cristianesimo “made in USA”, possono spiegare taluni atteggiamenti che costoro talvolta ostentano, a cominciare da attacchi immotivati a coloro che potrebbero essere i loro unici alleati nella lotta contro il democraticismo, il sionismo e la definitiva giudeo-americanizzazione della nostra cultura, e questo non si può assolutamente tollerare perché, come spiegavo a Giovanna Canzano, perché il rispetto possa esistere, deve essere reciproco.
 
Tanto per fare un esempio, nel 2009 Maurizio Blondet, che pure per altri versi è una persona di indubbio spessore, pubblicò sul sito della EffeDiEffe un articolo che era un violento attacco contro la filosofia di Friedrich Nietzsche; l'ex redattore dell' “Avvenire” considerava il filosofo tedesco il precursore di... Marco Pannella e confessava di non riuscire a figurarsi il superuomo altro che come un tenore in calzamaglia color tortora che canta arie wagneriane in cima a montagne di cartapesta.
 
Il limite, probabilmente, non è una mancanza di fantasia da parte di Blondet. Noi possiamo concepire il superuomo come al di là biologico, come superamento della nostra specie perché per noi l'essere umano – noi stessi – è una parte del mondo naturale. A tanto un cristiano non può arrivare, perché ha dell'uomo una visione statica, come “immagine e somiglianza” di una divinità che non è altro che l'espansione a dimensioni universali di un dio totemico mediorientale. Veramente, se l'umanità attuale è il meglio che ci possa essere, verrebbe voglia di dare ragione a Stefano Benni che sosteneva “Dio ci fa una figura migliore se non esiste”.
Un attacco in qualche modo analogo l'aveva portato nel 2005, l'antropologo Mario Polia che nell'articolo Che cos'è la tradizione, pubblicato su “Minas Tirith” (rivista della Società Tolkieniana Italiana) sosteneva:
“Una tradizione, del resto, non può essere definita solo in senso negativo, come opposizione ad un’anti-tradizione, ma richiede di essere definita principalmente in senso positivo nei riguardi del messaggio che essa tramanda e dal quale trae il motivo e la legittimazione della propria esistenza.

Esiste, inoltre, un 'tradizionalismo' in senso lato nel quale si riconoscono appartenenti singoli o gruppi, diversi in quanto a impostazione e tendenze, ma accomunati da un pronunciato antagonismo nei confronti del mondo moderno, delle sue strutture (religiose, sociali, politiche) e della sua cultura (neo-illuminista, edonista, materialista) in quanto ne avvertono fortemente le limitazioni e le aberrazioni. E’ comune alle varie tendenze del 'tradizionalismo' (cultural-politico e/o spiritualista) la tensione verso il recupero di un’identità 'spirituale' dai contorni in genere mal definiti, non-confessionale, caratterizzata dal sincretismo in campo religioso e, spesso, da una componente marcatamente anti-cristiana”. (Mario Polla: Che cos'è la tradizione, "Minas Tirith" n. 13, Società Tolkieniana Italiana, Udine 2005)
 
A fronte della tradizione cattolica “definita in senso positivo nei riguardi del messaggio che essa tramanda” (prescindiamo per un momento dal valore di questo messaggio) c’è il “'tradizionalismo' in senso lato” (se non ricordo male le regole della lingua italiana, si usa porre una parola fra virgolette o quando si fa una citazione, o quando si vuole evidenziare il fatto che se ne sta facendo un uso improprio, per cui l’ulteriore specificazione “in senso lato” è pleonastica e l’insieme della frase ha un tono dispregiativo) che consisterebbe più nell’antagonismo rispetto a ciò che si ritiene sia antitradizione che in un contenuto positivo, che quando lo si cerca di definire, risulta al più una “tensione verso il recupero” (non il possesso!) di “un’identità 'spirituale'” (di nuovo virgolettato!) dai contorni in genere mal definiti”, un “sincretismo” e chi più ne ha più ne metta.
 
Tutte queste però non sono altro che punzecchiature di spillo in confronto ai colpi d'ascia vibrati con foga delirante da un altro cattolico tradizionalista, don Curzio Nitoglia, di cui un amico mi ha recentemente segnalato sul sito dello stesso ecclesiastico un articolo che è un attacco violentissimo contro la figura di Julius Evola e il suo pensiero. Considerando che si tratta appunto di un ecclesiastico, questo mi ha fatto irresistibilmente tornare alla memoria un'altra reminiscenza scolastica, un detto latino medievale: “Cane ante, mulo retro, fratre ante et retro”, ossia: dal cane guardati davanti, dal mulo di dietro, dal prete davanti e di dietro (e tralasciamo per il momento le implicazioni sessuali di questo detto).
 
L'articolo, di cui vi riporto il link: http://www.doncurzionitoglia/juliusevola.htm , si presenta come una recensione del libro di Marco Fraquelli Il filosofo proibito, Terziaria, Milano 1994. Onestamente, non ho avuto occasione di leggere il libro di Fraquelli, ma mi pare obbiettivamente inverosimile che possa mostrare nei confronti di Julius Evola maggiore accanimento e maggiore velenosit  dello stesso don Nitoglia.
Leggendo l'articolo, la farneticazione, di don Curzio si ha l'impressione di fare un balzo all'indietro nel tempo di oltre un secolo, quanto meno ai tempi del Sillabo di Pio IX se non prima:
 
"Noi sappiamo che esiste una sola vera Tradizione, che Dio consegnò oralmente ad Adamo, che ci è pervenuta tramite i Patriarchi e i Profeti, che Gesù ha completata e resa universale, e che ha consegnata ai suoi Apostoli affinché, tramite il Magistero della Chiesa, arrivasse di giorno in giorno, fino alla fine del mondo, ad ogni uomo. Questa TRADIZIONE VERACE afferma, in sintonia col buon senso e col realismo, che vi è un Dio trascendente il quale ha voluto liberamente creare il mondo, che è finito, contingente e dipendente da Lui e che l’uomo possiede un intelletto il quale per cogliere la verità deve conformarsi alla realtà oggettiva, e che la realtà non dipende da lui, bensì da Dio".
E' chiaro? La premessa di tutto il discorso è l'accettazione incondizionata del dogma cristiano-cattolico, ovviamente indimostrato; se non lo si accetta, esso si affloscia come una ragnatela a cui si toglie il punto di sostegno.
 
Oltre tutto, nello specifico, don Nitoglia si dimostra un discreto ignorante:
“La vera Tradizione per Evola è anticristiana, infatti il Cristianesimo “rappresenta la causa prima della degenerazione del mondo moderno, è la forza eversiva per eccellenza che ha scardinato qualsiasi principio tradizionale... Secondo Evola il Cristianesimo è il principale responsabile della caduta dell’Impero Romano”.
 
Don Curzio ritiene che questa idea sia una specie di bizzarria di Evola, eppure non è precisamente quello che hanno sostenuto TUTTI gli storici e i pensatori dotati di un minimo di probità da Machiavelli in poi?
Possiamo andare oltre a questo: la stessa cosa la ammette perfino un filosofo cattolico di sinistra come Massimo Cacciari in un'intervista rilasciata a Maurizio Blondet che questi ha riportato nel libro Gli “adelphi” della dissoluzione:
 
"Il Cristianesimo è stato dirompente rispetto ad ogni ethos" (...). Il Cristianesimo non ha più radici in costumi tradizionali, in una polis specifica, in un ethos; non ha più nemmeno una lingua sacra (...). Il Cristianesimo si rivela essenzialmente sovversivo dell'Antichità e dei suoi valori; che esso spezza definitivamente i legami fra gli Dei e la società. L'ethos antico era una religione civile (...). Il Cristianesimo, consumando la rottura con gli dei della Città, sradica l'uomo (...). “Tutta la cultura cristiana è un correre ai ripari contro la tragedia che ha provocato, una tensione disperata a riparare il pericolo che viene dalla frattura tra la Città di Dio e la città dell'Uomo (…). La secolarizzazione totale che viviamo [è] figlia della sovversione originaria operata dal Cristianesimo" . (Maurizio Blondet: Gli “adelphi” della dissoluzione, Ares, Milano 2000).
 
Se le cose rimanessero a questo punto, tuttavia, noi saremmo ancora sul piano di un confronto dialettico, per quanto animato, ma don Curzio scivola presto nell'attacco personale nei confronti di Evola, accusandolo di essere un massone, un drogato, un satanista.
 
Quella di ricorrere all'attacco personale, alla denigrazione della figura morale dell'avversario quando non si hanno argomenti da contrapporre sul piano delle idee, è una vecchia, vecchissima tattica cattolica, è lo stile cattolico-clericale che riesce a essere nello stesso tempo perfido e untuoso. Avrete presenti ad esempio le falsità e malignità inventate sul conto di Nietzsche, la bassa insinuazione che la sua filosofia sarebbe stata causa della sua pazzia, che sappiamo tutti essere stata conseguenza di una sifilide trascurata, e pensiamo a tutti gli atei e anticlericali che hanno vissuto benissimo a lungo e in salute, a cominciare da Bertrand Russell che a 84 anni ha contratto e consumato il suo quarto matrimonio.
 
E' uno stile nel quale si può riconoscere un'intima, profonda, atavica vigliaccheria. Sapete ad esempio che l'indice dei libri proibiti, abolito come tale nel 1964 esiste ancora sotto forma di indice dei libri sconsigliati: in esso si trovano persino i "Promessi sposi" di Manzoni, ma non le opere di Marx, perché - è ovvio - il socialismo-comunismo-sinistra ha rappresentato e rappresenta ancora una forza, un sistema di potere di cui occorre tenere conto. E' questo lo stile cattolico: pecore coi forti e vipere con chi non può difendersi o si ritiene non possa difendersi.
 
Riguardo all'accusa rivolta a Evola di essere stato un massone, l'unico elemento concreto è che fra i maestri di Evola vi fu il matematico Arturo Reghini che probabilmente aveva dei contatti con la massoneria, ma data la statura morale di Reghini, ben difficilmente la cosa potrebbe essere considerata disonorevole.
Reghini si chiedeva: “Quando si smetterà di inchinarsi al genio distruttore del cristianesimo per rendere finalmente omaggio al genio creatore di Roma?”
Bene, ce lo chiediamo anche noi.
 
Più che un satanista in senso stretto, per don Nitoglia Evola sarebbe stato un assatanato, un posseduto:
“Evola non crede al diavolo ma parla esattamente come un posseduto, vittima incosciente, può darsi, ma certa, di colui di cui nega l'esistenza”.
 
Ci mettiamo a ridere o a piangere? Se non possiamo accettare un Dio che, appena si gratta un po' sotto la facciata universalista, lascia scorgere tutte le stimmate della sua origine tribale, totemica mediorientale, potremmo forse credere nella sua controfigura negativa?
 
Il massimo del ridicolo però don Nitoglia lo raggiunge probabilmente quando cerca di accreditare un'ascendenza ebraica a Evola in quanto di origine siciliana.
[Evola] “essendo siciliano, avrà avuto al novanta per cento, un po' di sangue arabo, ossia semita, nelle sue vene e magari anche ebraico, dato che la Sicilia ha accolto molti ebrei, sia nel medioevo sia dopo l'espulsione dalla Spagna nel 1492”.
A parte il totale delirio, siamo all'offesa gratuita di qualcosa come un sesto dei nostri connazionali. Forse Borghezio arriverebbe a tanto, forse nemmeno lui.
 
Che simpatici questi preti cattolici che tirano fuori un razzismo biologico a cui non sarebbe arrivato neppure Lombroso!
 
Dunque, secondo Don Nitoglia, Julius Evola era un massone, un drogato, un satanista o meglio ancora un
posseduto, e per soprammercato pure un ebreo, strano, davvero strano che non lo abbia accusato anche di omosessualità.
 
Forse don Nitoglia avrebbe fatto meglio a guardare cosa ha in casa Santa "Romana" Chiesa (romana, s'intende, nello stesso preciso senso in cui io e voi siamo esquimesi), dai preti pedofili ai contatti dello IOR con la mafia, la massoneria (in questo caso si, altro che essere stati allievi del povero Reghini, la banca vaticana ha fatto intrallazzi con figuri come Michele Sindona e Licio Gelli), la banda della Magliana.
Ma soprattutto don Nitoglia e quelli come lui si nascondono dietro un dito. Non esiste, non può esistere cosa più ridicola di un antisemitismo, antigiudaismo, antisionismo o quel che volete, di matrice cristiana, quando è evidente che il cristianesimo non è altro che un'eresia dell'ebraismo che si è espansa in maniera ipertrofica, ma le sue radici ebraiche sono sempre lì, chiare ed evidenti. Cosa invocano tutte le domeniche a messa i buoni cattolici? Sapete cosa significa “alleluia”? E' un'abbreviazione dell'espressione ebraica “hallelujavhé”, lode a Javhé, il dio di Israele, non è altri che questi che i buoni cristiani invocano. Guardate lo zucchetto che preti e frati portano sulla testa, e ditemi cos'altro è se non la kippah ebraica.
 
Ma se ancora non vi bastasse, ricordatevi che l'ha riconosciuto un papa, Pio XI: i cristiani sono "spiritualmente semiti", l'ha ribadito un altro papa, Giovanni Paolo II: i cristiani sono "fratelli minori" dell'ebraismo.
 
Se questi sono i fatti, e lo sono, allora don Nitoglia e quelli come lui sono delle contraddizioni viventi.
Tuttavia, a dispetto di tutto, io mi auguro che quello di don Nitoglia sia un caso isolato. Abbiamo bisogno, c'è bisogno di tutte le forze che è possibile mobilitare per contrastare la giudeoamericanizzazione dell'Europa e preparare la rinascita del nostro continente.
 
Fabio Calabrese
 
 

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