Lorenzo Merlo
Antropocentricamente parlando si può forse riconoscere che il criterio di comportamento delle farfalle danzanti sia quello del sentire in sostituzione (in vece) di quello del sapere. Direbbe la farfalla: “Ballo perché sento la risonanza opportuna a me.”
Naturalmente la farfalla non è attraversata da alcuna razionalizzazione, quindi non dice proprio niente. Lo fa e basta. Il farlo e basta significa esserlo. Perciò nell’essere (..) la farfalla si muove, agisce, realizza sopravvivenza e anche quella dimensione della conoscenza utile a sé, alla specie, alla natura. Perché è natura.
In questa misura, in questa prospettiva si sviluppa la ricerca To Feel Not To Know. E’ una ricerca antropocentrica (il baco dell’ecologia profonda non si scioglie razionalisticamente) che vorrebbe valorizzare l’essere attraverso il sentire.
Attraverso le contiguità che ognuno potrà sentire, facilmente, potremo essere farfalla, danza e natura. Cioè potremo riconoscere i limiti e la struttura dell’io. La sua natura e funzione. Il modo per emanciparsene. Perdendosi fino non poter più dire io ho fatto ma potendo poi dire solo ero il fare stesso.
Ma non permanentemente. Le consapevolezze implicate dall’esistenza dell’io ne comportano la sua legittimità. Riconoscendogliela, per altre contiguità, e sempre attraverso il sentire, potremo risalire nella sua biografia fino a trovare il momento in cui è storicamente sorto il suo bisogno. E’ il punto che i green anarchy - se non ho frainteso – ritengono sia possibile (oltre che necessario) riattestare. Cioè ritengono che la mela di Adamo del caso, possa essere rifiutata e che da lì si possa ripartire.
Faccio cenno a questi aspetti perché la questione della permanenza di uno stato non mi pare tanto considerata e perché a me pare aspetto interessante e vincolante. Un fulcro. Anche per l’ecologia profonda. Se le farfalle, senza io, ballano e danzano per natura, può l’uomo essere permanentemente senza io?
Grazie per l’ascolto
Lorenzo Merlo
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Risposta:
L’io è solo un concetto nella mente, un pensiero aggregativo che si forma attraverso il processo di autoconsapevolezza psicofisica. Potremmo definirlo un coordinatore interno alla coscienza che presume di conoscere il “corretto” comportamento da manifestare in determinate situazioni vitali. Ovviamente tale presunzione è arbitraria e basata sulla memoria. Non è altro che una variante istintuale, un pensiero costante e ripetitivo di sé, attraverso il quale la mente ritiene di poter operare delle scelte deliberate. Nel contesto generale della vita umana tale atteggiamento è funzionale a determinare comportamenti e giudizi giustificati, con la finalità di creare “forme pensiero” condivise, nella sfaccettatura di apparenti punti di vista differenziati.Se percepiamo l’insostanzialità dell’io, in quanto spurio coordinatore della coscienza, possiamo anche comprendere che la sua permanenza è del tutto innecesaria al funzionamento. Per cui una mente svuotata del pensiero “io” è decisamente libera e in grado di esprimere risposte adeguate ad ogni situazione ed in ogni condizione della vita. Senza l’identificazione corpo/mente la Coscienza permane nella sua natura impersonale ed universale, infallibile e aldilà di ogni dualismo.
Avendo superato persino la relatività dell’istinto e della ragione.
Paolo D’Arpini
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Domanda:
Condivido molto e per le puntualizzazioni e la relativa condivisione degli ambiti per ridurne gli equivoci non è certo opportuno uno scambio telematico. Prendo comunque un rischio… di equivoco.
L’io per essere percepito e poi sciolto ha bisogno della sua sostanza. O struttura. O pensiero.
La sua permanenza è innecessaria… Ok. Chiedevo coma noi se ne possa fare a meno permanentemente, visto che ne abbiamo consapevolezza. Anche nel caso in cui quest’ultima sia accompagnata dal suo retro che ne “dimostra” l’aleatorietà.
(L.M.)
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Risposta:
Se l’io cerca di percepire il suo limite pensando di poterlo superare come può riuscire nell’intento..? Può l’io uccidere l’io? No di sicuro.. a questo punto l’io si arrende .. ma interviene un fattore non considerato.. inatteso. Un qualcosa che sta prima della ragione e persino prima della intuizione, vogliamo chiamarlo “grazia”? Vogliamo chiamarlo “intima natura”? Vedi tu…
Di sicuro una volta percepita e realizzata la tua propria vera natura, il Sè, come puoi tornare a identificarti con l’abito? (mi riferisco al corpo/mente).
(P.D’A.)
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Domanda:
Non alludevo ad un’intenzione ma a una possibilità di permanente emancipazione dall’io.
Il Sé per scrivere una mail utilizza un io.
Non credi?
(L.M.)
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Risposta:
Finchè si resta nel dominio della mente l’idea stessa che possa esserci uno stato aldilà della mente risulta aliena ed inconcepibile.
Il funzionamento sicuramente esiste.. ma non è necessario che avvenga attraverso una specifica “identificazione” (tale è l’io ordinario)
(P.D'A.)
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Domanda:
L’emancipazione non comporta, per me, un al di là di qualcosa.
Per “io” intendo la presenza della volontà. La presenza in noi di un agente, apparentemente oggettivo, nel quale ci riconosciamo. Lui è noi.
Mi pare comunque che molti ambiti avrebbero bisogno di essere definiti, riconosciuti e condivisi – ammesso ci si riesca – per non precipitare in direzioni indesiderate. Per quanto, con progetti diversi da quello in corso, desiderabili. Con le mail è roba da poeti alchemici. (L.M.)
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Risposta:
Giusto! Emancipazione corrisponde a “riconoscimento” parlare di un al di là è solo per significare quello “stato” in cui l’interezza dell’Essere si manifesta ed è coscientemente realizzato (solitamente viviamo in una condizione divisa: io e tu, nero e bianco, etc.). Di fatto nell’Ecologia Profonda si inneggia a questa unitarietà.. che è innegabile. Ma la sentiamo nostra? La pratichiamo? La osserviamo fino al midollo del nostro sé? Diceva un saggio: “..noi non possiamo essere altro che una parte integrante della manifestazione totale e del totale funzionamento ed in nessuna maniera possiamo esserne separati..”.
Ed anche corretta è la tua descrizione dell’io ordinario in quanto volontà. Come abbiamo detto poc’anzi è la capacità cosciente di esprimere il concetto di scelta. Che poi questa scelta appartenga realmente all’io è opinabile e analizzando in profondità appare dubbia, se non una semplice assunzione.
Caro Lorenzo… intanto un’intuizione si è affacciata ai bordi della coscienza, lasciamo che prenda forma, per suo conto, come è giusto che sia, senza rincorrerla oltre.
(P.D'A.)
A sinistra Luisa, al centro Paolo D'Arpini
Mah i dialogo sembra essere senza colori tra due farfalle danzanti , una di Nome (L.M) l'atra (P. d'A). Interessante se vogliamo inserirle sul paradosso che al batter le ali di una corrisponde un terremoto sul Etna al altra e viceversa, invece il dialogo tratta sul insostenibile ebbrezza del io , se io volo esisto e ballo ma se non volo non esisto e se ballo cado, ma credo sia nella natura di tutte le cose se ho i mezzi volo se no ho i mezzi cado, e nel caso la natura non è matrigna ma madre amorevole dare l'inconsapevolezza del io alla farfalla.
RispondiEliminaMa sul nostro IO? Domande , risposte. filosofie, psicologie, biografie e nomi, per dire agli altri perché siamo nati e lasciare alla natura oltre la farfalla l' inconsapevolezza sul motivo della nostra esistenza!