Paolo D'Arpini nel sole di Treia
Proprio in questi giorni stavo parlando con la mia compagna Caterina Regazzi in merito a quelle che sono le mie priorità politiche, sociali ed ambientali per realizzare un mondo migliore. Ancora una volta ho espresso il mio desiderio per l’unione di tutte le genti in un’unica identità umana. Come avrebbe potuto essere l’ONU se non avessero prevalso interessi particolari e veti incrociati sulla sua operatività e consistenza.
L’umanità è una ed anche la Terra è una. In un contesto di consapevolezza universalista un governo mondiale -lungi dal rappresentare interessi economici di potentati finanziari- dovrebbe rappresentare l’interesse di tutto il globo terracqueo, inserendovi non solo gli umani ma anche gli altri viventi. Se vogliamo questa è anche la visione bioregionale, in cui gli ambiti territoriali non sanciscono separazioni ma solo definiscono le variazioni di intensità, di qualità e di presenza vitale e geomorfologica.
Un po’ come avviene per l’organismo umano che è l’insieme inscindibile di tutti i suoi organi, distinguibili nelle reciproche funzioni ma non separabili. Pertanto l’interesse di un organo deve prevedere e integrarsi con l’interesse di tutto l’organismo.
Questo sentire olistico non è solo prerogativa del pensiero bioregionale ma anche la conclusione logica della filosofia non duale. Diceva ad esempio Ramana Maharshi: “Una società è l’organismo; i suoi membri costituenti sono gli arti che svolgono le sue funzioni. Un membro prospera quando è leale nel servizio alla società come un organo ben coordinato funziona nell’organismo. Mentre sta fedelmente servendo la comunità, in pensieri, parole ed opere, un membro di essa dovrebbe promuoverne la causa presso gli altri membri della comunità, rendendoli coscienti ed inducendoli ad essere fedeli alla società, come forma di progresso per quest’ultima.” Ed affermava Nisargadatta Maharaj: “..noi non possiamo essere altro che una parte integrante della manifestazione totale e del totale funzionamento ed in nessuna maniera possiamo esserne separati”
La nostra presenza umana perciò va inserita nel contesto della natura, nel consesso dei viventi, in condivisione olistica e simbiotica.
La prima cosa da fare, a livello politico, è il riconoscimento della appartenenza alla “Casa Comune” e questo, se vogliamo, si può anche fare per gradi. Come siamo stati capaci di riconoscere la nostra identità prima nel nucleo familiare e nella comunità tribale, poi nella città e nel popolo ed avanti ancora nella nazione, saremo in grado di riconoscere le comuni radici europee che tutti ci contraddistinguono.
Certamente non per “separare” l’Europea dal resto del mondo, mettendola in competizione con gli altri raggruppamenti etnici e geografici, ma per imparare ad allargare il nostro senso di identità ed appartenenza. Pertanto l’attuazione dell’Unione Europea è, secondo me, un passo necessario per migliorare la nostra visione olistica. I singoli stati debbono fondersi e rinunciare alla loro prerogativa nazionale. Queste deve avvenire in piena giustizia e con il consenso del popolo e non per avvantaggiare uno stato od una struttura economica rispetto ad un’altra. Quindi la base dell’unione non deve essere quella della supremazia politica ed economica di una o più nazioni né deve rappresentare interessi alieni alla comunità (banche, multinazionali, istituti finanziari internazionali, etc.).
Per questo è importante che -ad esempio- l’emissione dei valori monetari di interscambio comunitario sia direttamente gestita dal governo comunitario e non dalle banche private come avviene oggi con la BCE.
C’è poi l’altro aspetto della valorizzazione e salvaguardia delle culture e delle peculiarità specifiche delle comunità locali, le caratteristiche di queste comunità non possono essere rappresentate da “regioni politiche disomogenee” bensì dovranno essere ristrutturate in ambiti bioregionali omogenei. Queste bioregioni dovranno presentare evidenti affinità di cultura e di forme economiche, per quel che riguarda l’uomo, ed altrettanto dicasi per gli aspetti naturalistici, geomorfologici, botanici, climatici, etc.
Le grandi città tanto per cominciare debbono essere amministrate, con le loro aree metropolitane, in bioregioni a se stanti, per una corretta gestione autonoma dello svolgimento dei suoi servizi, approvvigionamenti, etc. in modo da non far degradare -come oggi avviene- il contesto generale del territorio circostante, dovuto anche alla diversità di incidenza della rappresentatività percentuale della popolazione e del suo “peso” elettorale. Lo vediamo bene con quel che succede -ad esempio- nella Regione Lazio, sovente succube degli interessi devianti e fagocitanti di Roma: su 6 milioni di abitanti 5 di essi vivono nella città e relativa banlieu.
Nel riordino amministrativo a carattere bioregionale bisogna inoltre privilegiare le piccole comunità ed il mantenimento dei rispettivi habitat e delle culture tradizionali.
Attuando il bioregionalismo su ampia scala l’Europa non sarà più un accrocco disomogeneo di stati bensì l’unione di piccole comunità omogenee ed autonome (negli ordinamenti amministrativi interni) che condividono, nel mantenimento delle diversità culturali, una comune identità ed un comune interesse di sviluppo sociale e spirituale. Parlo di interesse spirituale e non religioso, in quanto le religioni stesse sono elementi separativi che contrappongono l’uomo all’uomo e l’uomo alla natura.
In questa prospettiva sento di voler condividere il documento presentato dal Movimento per la società di giustizia e per la speranza di Arrigo Colombo che scrive: “Cari amici, il Movimento ha preparato questo documento per la ripresa e il rafforzamento dell’Unione Europea; per il quale chiede il vostro aiuto nell’invio e nella diffusione. Il documento può sempre essere fatto proprio o anche modificato”
Paolo D’Arpini
Rete Bioregionale Italiana
Rete Bioregionale Italiana
Via Mazzini, 27 - Treia (Macerata)
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Testo menzionato:
“Pres. François Hollande, webmestre@www.elisee.fr
Cancelliera Angela Merkel, internetpost@bundeskanzlerin.de
Pres. Mario Monti, centromessaggi@governo.it
Reprendre la construction de l’unité européenne La plus grave erreur qu’on ait commise a été l’abandon de la construction de l’unité politique de l’Europe. C’est arrivé après le non au référendum de la France et de la Hollande ;un fait tellement étrange car il s’agissait de deux seules nations de l’Union ; et car l’objet du référendum, la Constitution Européenne, n’était pas connu par le peuple qui a voté ; il s’agissait plutôt de l’opinion de certains partis politiques ou de certains courants dans les partis. On a cherché à raccommoder les choses par le traité de Lisbonne, mais personne n’y a cru: l’individualisme et le chauvinisme de certains états avait prévalu sur le grand processus historique de l’unification. Maintenant la crise économique a montré avec évidence tous les inconvénients d’une Europe divisée, où les états individuels – l’Allemagne par exemple – imposent leur politique ; où l’on parle avec une facilité folle de la sortie de l’Union d’un ou de plusieurs états, de la fin de l’euro pour retourner à la monnaie nationale. Il est évident qu’il y a un esprit destructeur qui veut anéantir la grande entreprise de construction de l’Union Européenne, 500 cents millions d’habitant, une puissance économique et culturelle incomparable, un esprit de solidarité et de paix, un exemple pour l’humanité entière. On doit reprendre avec force la réalisation d’un état fédéral. C’est-à-dire :une charte constitutionnelle ; un parlement qui a le pouvoir de législation et de décret ;un gouvernement véritable ; une politique économique unitaire dans un esprit de solidarité, de soutien du travail, de rédemption de la pauvreté, sur la base du principe de dignité et du droit de la personne humaine, de chaque personne; où l’on pourra développer peu à peu la socialisation de l’entreprise et la redistribution de la richesse ;une véritable politique de paix, avec l’abandon de l’armement nucléaire par la France et la Grande Bretagne, l’abandon de la vente des armes, l’abolition progressive de tout armement et le refus absolu de toute guerre. C’est une politique dans laquelle l’Europe doit traiter et convaincre, elle doit porter à la paix oecuménique l’humanité entière.
Prof. Arrigo Colombo Arrigo Colombo, Centro interdipartimentale di ricerca sull’utopia, Università di Lecce, Via Monte S.Michele 49, 73100 Lecce, tel/fax 0832-314160E-mail arribo@libero.it/ Pag web http://digilander.libero.it/ColomboUtopia
(testo italiano)
Riprendere la costruzione dell’unità europea Il più grave errore è stato qui l’abbandono della costruzione dell’unità politica europea; che è giunto dopo il no di Francia e Olanda nel referendum sulla proposta costituzionale: un fatto talmente strano in quanto si trattava di due soli stati dell’Unione: e anche perché l’oggetto del referendum, la Costituzione Europea, non era conosciuto dal popolo che ha votato; si trattava piuttosto dell’opinione di certi partiti politici o di certe correnti di partito. Si è cercato di riaccomodare le cose col trattato di Lisbona, ma nessuno ci ha creduto: l’individualismo e lo sciovinismo di certi stati era in realtà prevalso sul grande processo storico dell’unificazione. Ora la crisi economica ha mostrato con evidenza tutti gli inconvenienti di un’Europa divisa, dove i singoli strati – la Germania ad esempio – impongono la loro politica; dove si parla con una folle facilità della possibile uscita dall’Unione di uno o più stati, della fine dell’euro per tornare per tornare alla moneta nazionale. È evidente che qui uno spirito distruttore vuole annientare la grande impresa di costruzione dell’Unione Europea, 500 milioni di abitanti, una potenza economica e culturale incomparabile, uno spirito di solidarietà e di pace, un esempio per l’umanità intera. Dev’essere ripresa con forza la realizzazione di uno stato federale, ciò è a dire:una carta costituzionale;un parlamento che ha il potere della legge e del decreto; un vero governo;una politica economica unitaria in uno spirito di solidarietà, di sostegno del lavoro, di redenzione della povertà; sulla base del principio di dignità e diritto della persona umana, di ogni persona; dove a poco a poco si potrà sviluppare la socializzazione dell’impresa e la ridistribuzione della ricchezza;una vera politica di pace, con l’abbandono dell’arma nucleare da parte di Francia e Gran Bretagna, l’abbandono di ogni vendita delle armi, l’abbandono progressivo di ogni armamento e il rifiuto totale della guerra. Una politica in cui l’Europa deve trattare a convincere, deve portare alla pace ecumenica l’umanità intera”
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Di questo e simili temi se ne parlerà durante l’incontro collettivo ecologista del Solstizio Estivo, che si tiene ad Aprilia (Latina) dal 22 al 24 giugno 2012. Vedi anche: http://www.circolovegetarianocalcata.it/?s=incontro+collettivo+ecologista+programma
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Commento di Marco Bracci:
"Caro Paolo, ho letto con piacere il tuo articolo e sono pienamente d'accordo con quanto esponi, con parole chiare e semplici. Riflettendo meglio, ho notato che anche tu esponi la meta e le ragioni, ma non il modus operandi. A mio parere, per raggiungere una mèta comune occorre sì un ideale comune, una motivazione comune, ma finché ci considereremo cittadini italiani o tedeschi o francesi (e prima ancora toscani o lombardi o ancora milanesi o romani o pescaresi) non raggiungeremo mai l'obiettivo e qualunque idea di integrazione dei popoli sarà frustrata dagli interessi particolari di ogni cittadino e quindi dei singoli popoli che vorrebbero comporre l'unità. Questo ideale comune, secondo me, non può essere una persona o un simbolo umano, ma qualcosa al di fuori (apparentemente) del contesto terreno e quindi super-partes: il Cristo e i Suoi insegnamenti. Come ho già avuto modo di dire, l'unica via possibile per la fratellanza e l'armonia fra i popoli è la Via del Cristo, che, essendo il mondo in mano alle tenebre, è stata definita utopia, mentre invece è l'unica che possa portare a risultati concreti, come dimostrano molte persone che già stanno creando comunità, in continua espansione, basate sui 10 Comandamenti e il Discorso della Montagna. Comunità dove si lavora, si compra e si vende, si rispettano gli animali e la Natura, aiutandoli nello stesso tempo a risollevarsi dalla situazione spesso disastrosa in cui l'uomo li ha ridotti."
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