Carissimi amici. Nel rallegrarci di una crescente attenzione verso le nostre attività ecomuseali e difronte ad alcune richieste di cosa sia in realtà un ecomuseo, vi invio una sintetica ma efficace elaborazione dell'amico Maurizio Tondolo, Coordinatore dell'Ecomuseo delle Acque del Gemonese-Friuli, con il quale, l'Ecomuseo della Via Salutaria, insieme all'Ecomuseo del Casentino-Toscana,intrattiene rapporti fraterni e collaborativi.
Vi ricordo il programma della importante Giornata di Domenica 13 Aprile, al Mulino di Piedicava e ad Umito.
Un abbraccio
Carlo Cruciani
1. “istituzione permanente”, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, “aperta al pubblico”, che compie ricerchesulle testimonianze materiali dell’uomo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva, le comunica e soprattutto le espone a fini di studio, di educazione e di diletto
(ICOM, cfr.Codice di deontologia professionale, adottato dalla 15^ Assemblea generale dell’organizzazione riunita a Buenos Aires il 4 novembre 1986, consultabile sul sito web: www.icomitalia. org);
2. “istituzione culturale permanente accessibile al pubblico”, che “ricerca, acquisisce, conserva, studia, espone e valorizza” testimonianze materiali di civiltà. Svolge, inoltre, funzioni di pubblico interesse attinenti alla tutela, alla ricerca scientifica, alla didattica, alla fruizione e alla valorizzazione relative ai beni di cui si occupa (UNESCO, cfr. documento della Regione Toscana Verifica degli standard museali, Firenze 15 marzo 2005, consultabile alla pagina web: www.cultura.toscana.it/musei/ standard/verifica2005.shtml;ladefinizione in lingua originale è consultabile sul sito web:www.unesco.org);
3. “struttura permanente” che acquisisce, conserva, ordina ed espone beni culturali per finalità di educazione e di studio (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, D.Lgs. n. 42 del 22 gennaio 2004, art. 101, comma 2a).
Al museo è stato chiesto di assumere una dimensione in più (la cosiddetta
quarta dimensione, come da più parti e in modo efficace è stata definita)
ovvero la dimensione sociale, la capacità di raccontare la vita di tutti,
mettendo in relazione tra loro tanti e vari oggetti, anche di utilizzo
quotidiano, e legandoli ai luoghi, al territorio, alla cultura che li aveva
generati. Il museo tradizionale non è stato in grado di far fronte a questa
domanda: occorreva qualcosa di nuovo.
Si è resa dunque necessaria la “formalizzazione” di un nuovo modello
museale che però non può limitarsi a conservare la memoria passata,
minacciata dallo sviluppo; altre finalità si devono affiancare a quelle per
così dire convenzionali: il rafforzamento dell’identità locale senza chiusure
o barriere, la capacità di leggere e interpretare il patrimonio, la creazione
di nuovi strumenti didattici, la capacità di progettare e pianificare
puntando a uno sviluppo solidale e sostenibile. Questo modello ha un
nome: è l’ecomuseo.
L'ECOMUSEO NON DEVE ESSERE
-Un centro- visite,può anche esserlo,ma non può risolversi in questo come avviene nei Parchi naturalistici. Deve invece costituire occasione per estendere al territorio,alla sua complessità,alle sue dinamiche e alla sua morfologia, le attenzioni che il museo tradizionale riserva a reperti ed oggetti. Tutto l’ambiente può essere materiale da esibire.
-Un processo calato dall’alto,il controllo del processo decisionale passa dai tecnici o politici alla comunità locale. Per gli inglesi,il Planning for real si fonda sul principio che chi progetta lo spazio,il tempo e la condizione sociale che vive, ne avrà maggior cura. La maggior parte dei posti più incantevoli della Terra non è stata fatta dagli architetti,ma dagli uomini.
-Un succedaneo delle agenzie di sviluppo o di quelle turisticheanche se può aiutare ad aumentare la sua attrattiva nei confronti di una richiesta di “heritage tourism” che può essere occasione di sviluppo innovativo e di nuova occupazione.
-Una Fattoria didattica legata a criteri di budget privatistici
-Una fonte di reddito per liberi professionisti legati ad apparati politico-amministrativi.
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