giovedì 28 maggio 2015

"Oltre il patriarcato, verso una civiltà ecologica..." di Stefano Panzarasa



Cari Caterina e Paolo, ecco l'articolo per il prossimo numero di Quaderni di Vita Bioregionale 2015, che vale anche come mio intervento per l'Incontro Collettivo Ecologista, che si tiene a Montecorone di Zocca il 20 e 21 giugno 2015 (http://www.circolovegetarianocalcata.it/2015/05/11/montecorone-di-zocca-20-e-21-giugno-2015-incontro-collettivo-ecologista/)

Devo confessarvi che è qualcosa di speciale e a cui tengo molto;
discende dalla discussione che abbiamo avuto recentemente in
particolare sull'utilizzo di certe parole, del genere maschile e
infine appunto sulla parola Dio, da cui, secondo il mio parere (e non
solo il mio, ovviamente), discende tutto il patriarcato anche a
livello inconscio. Insomma nominando a qualsiasi titolo la parola Dio,
anche se in "buona fede", si appoggia il patriarcato pur senza volerlo
e così tutte le ingiustizie e le violenze del mondo, contro le donne,
gli animali, il pianeta, a favore del capitalismo, delle guerre, delle
multinazionali... Il mio potrà sembrare un discorso radicale e in un certo senso lo è, bisogna prenderne coscienza e come dico alla fine (anche vedendo la bandiera nera dell'Isis sventolare su Palmira dove sono morti bambini e donne), non c'è tempo da perdere... Comunque radicale è anche chi ha capito queste cose ma nonostante ciò fa finta di niente e così tutto continua (sempre peggio, come prima...  Un saluto, Stefano


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Oltre il patriarcato, verso una civiltà ecologica. Come cancellare certe brutte parole e vivere felici in un mondo migliore…

La più cattiva di tutta la terra
è una parola che odio, la guerra!
Per cancellarla senza pietà
gomma abbastanza si troverà.
(Gianni Rodari, da “La Filastrocca delle parole”)

Premessa: cara lettrice o lettore, il breve articolo che segue racconta alcune verità e un sogno. Se siete curiosi e/o sognatori (come Gianni Rodari) andate pure avanti con la lettura, altrimenti potrebbe essere tempo perso e vi consiglio di fermarvi qui…

Con queste parole tratte da una famosa poesia di Gianni Rodari, si capisce bene un concetto: cancelliamo la parola guerra dal nostro linguaggio e dalle nostre menti, nessuno così potrà più fare qualcosa che essendo impronunciabile diventerà impossibile anche da immaginare e quindi da fare…
E invece la guerra e tutte le parole di derivazione di un brutto linguaggio militaresco (“strategia”, “obiettivo”, “generale”) hanno ormai da sempre intriso il nostro linguaggio e la nostra psiche di immagini violente e che ci condizionano anche se non ce ne rendiamo conto…
E’ la società patriarcale, violenta e dominatrice che impone un pensiero altrettanto violento e guerrafondaio e questo perché proprio sulla guerra e la violenza (contro le donne, gli animali, il pianeta come terreno di conquista) il patriarcato ha le sue basi fondanti.
Nella civiltà neolitica pacifica e matrifocale dell’Antica Europa la guerra come la conosciamo oggi non esisteva (a conferma di ciò gli studi trentennali dell’archeomitologa Marija Gimbutas). Siamo in pieno neolitico e questa civiltà è durata millenni fino al 4.000 a.C., quando l’arrivo dei guerrieri indoeuropei e le tante invasioni cambiarono tutto sostituendo l’antica civiltà con quella patriarcale…
Ma il patriarcato aveva bisogno di una fede religiosa che lo riconoscesse ed ecco quindi l’adorazione del Dio maschile autoritario contrapposto alla pacifica visione della Madre Terra (che la Gimbutas chiamò la Grande Dea in antitesi al Dio, prima soggiogata con violenza, violentata, poi messa in disparte come consorte delle divinità maschili e infine scomparsa del tutto o quasi…). E’ la nascita delle religioni monoteistiche di cui il patriarcato aveva bisogno per convalidarsi del tutto e che si sono rafforzate sempre di più nel corso dei millenni (tra guerre sempre più imponenti e armi sempre più terribili), fino a ampliarsi ancora (e ancora in modo violento) con l’avvento del capitalismo prima e delle multinazionali ai nostri giorni. E le conseguenze disastrose ormai gli ecologisti e pure la gente comune, le conoscono bene e ancora di più  le donne (sempre loro), gli animali, il pianeta…
Nel 1988 John Carpenter, regista visionario, girò un bel film: “They live” raccontando di una razza aliena di bruttissimo aspetto che aveva invaso la Terra e ormai la dominava con la complicità di molti terrestri che le si erano sottomessi per il loro tornaconto. Gli alieni tramite un raggio a frequenza speciale avevano l’aspetto umano e quindi giravano indisturbati e solo uno scienziato altrettanto speciale riesce a farli riconoscere tramite degli occhiali che annullavano l’effetto del raggio mascheratore…
Con questi occhiali il protagonista del film si oppone agli alieni, e riesce anche a vedere che tutti i cartelloni pubblicitari cittadini contenevano messaggi subliminali nascosti tipo: “Ubbidisci”, “Rispetta l’autorità”, “Conformati”, “Consuma”, Non pensare”, che servivano a controllare le menti dei terrestri…
Così funziona anche oggigiorno con l’utilizzo frequente nel linguaggio comune delle parole patriarcali di derivazione guerresca (o comunque violente specialmente nei confronti degli animali e delle donne: “Crepi il lupo”, “Porca troia” – la scrofa, animale sacro alla Dea Madre per la sua fecondità – e ancora, “Porca puttana”, “Tagliare la testa al toro”). Queste parole condizionano noi e chi ci ascolta, tendono a rendere accettabile, “normale” il patriarcato e la violenza… Non le dovremmo pronunciare più, cancellare dal nostro vocabolario come suggerisce appunto Gianni Rodari (ma d’altronde i poeti la sanno lunga…).
Considerando i disastri, la guerre e le violenze sempre più attuali causate dal patriarcato e dalle religioni monoteistiche, per dirla ancora con il poeta, c’è un’altra parola che andrebbe cancellata “senza pietà” e che ha sempre giustificato e imposto tutte le altre.
E’ la parola “Dio”.
Ogni volta che si pronuncia questa parola (e non importa a cosa la si associ di più o meno nobile), si dà un appoggio implicito ed esplicito al patriarcato e a tutto ciò che ne è disceso, religione, capitalismo, guerre, multinazionali…
Se vogliamo rifondare una nuova civiltà ecologica, basata sull’uguaglianza, la sobrietà, la condivisione, il dono, l’amore per la natura di cui siamo parte, noi europei possiamo ripartire delle bellissime radici dell’Antica Europa, dobbiamo liberarci delle catene del patriarcato, del Dio maschile violento e dominatore (amorevole, dicono alcuni, ma solo con chi si fa dominare, dicono altri…). Sarà questa l’Era ecozoica, l’era della consapevolezza ecologica…
Di religione, patriarcato e Dio ne siamo così intrisi da millenni che non è facile liberarsene, anzi molte persone di questo condizionamento neanche se ne rendono conto. Provate a proporre loro una cosa del genere e vi si rivolteranno contro anche con molto astio (come proporre la cucina vegana e rispettosa degli animali ad un carnivoro…). E purtroppo tra persone così troviamo molto spesso gente apparentemente sana di mente, anche ambientalisti, ecologisti, bioregionalisti, persino ecologisti profondi, a riprova di quanto evidentemente il patriarcato e tutto il resto siano ormai ben radicati nel nostro subcosciente…!
Il protagonista del film alla fine sacrifica la sua vita per riuscire ad annullare il raggio condizionatore e tutti così possono rendersi conto della orrenda realtà in cui vivevano… A noi cosa può servire per vedere “un mondo migliore” (parole care a Gianni Rodari) e da là capire in che mondo invece viviamo e quali sono le forze, le religioni che ci hanno assoggettato?
Non è un compito facile ma credo, cara lettrice o lettore, che se siete arrivati fin qui a leggere questo mio scritto, un piccolo seme ha gettato le sue radici nella vostra psiche, magari incredula ma basterà… Certi semini, certe idee, certe visioni sono dei bellissimi sogni e come disse una volta il filosofo francese Gaston Bachelard: “Il sogno è una forza della natura”.
Auguri! Chiunque possiede in sé la forza di risvegliarsi, è nelle nostre radici più profonde, è nel nostro DNA, nella voce delle nostre antenate e antenati neolitici…
E’ la nostra cara Madre Terra che ci chiama, che urla aiuto dentro di noi, che ci chiede di svegliarci e agire…! Ne saremo capaci?
E subito, non c’è più tempo da perdere…

Stefano Panzarasa (Rete Bioregionale Italiana)


Post Scriptum: ci ho pensato molto prima di scrivere questo articolo, neanche per me, visto che tutti abbiamo dietro una civiltà patriarcale, è facile dimostrare l'assurdità dell'utilizzo della parola Dio e l'importanza di cancellarla dal nostro linguaggio. La pubblicazione dell'articolo ne sancirà l'impellente necessità e dovere personale per tutti quelli come noi che si rifanno all'ecologia profonda e l'era ecozoica che non possono assolutamente avere niente a che fare con il patriarcato...

Per approfondimenti:
-   Claudia von Werlhof, Nell’Età del Boomerang – Contributi alla Teoria critica del patriarcato, Unicopli, Milano 2014.
-   Marija Gimbutas, La Civiltà della Dea (Vol, I e II), a cura di Mariagrazia Pelaia, Stampa Alternativa, Viterbo 2014.
-  Stefano Panzarasa, Un Antico Futuro – le radici del bioregionalismo nella Civiltà dell’Antica Europa – 7.000-3.500 a.C., Gaia Newsletter, Palombara Sabina 2000 (scaricabile gratuitamente dal web).
- La Filastrocca delle parole è diventata una mia canzone rock ecopacifista. Per ascoltarla scrivermi a bassavalledeltevere@alice.it 
-   L’Era ecozoica, l’era della consapevolezza ecologica, è una visione dell’ecoteologo Thomas Berry, e propone le idee e pratiche dell’ecologia profonda e del bioregionalismo: uno stile di vita semplice e sobrio, l’economia del dono e del baratto, l’alimentazione crudista e vegana, la pace, l’ecospiritualità’, l’amore per la natura e l’intima connessione con essa.
-   Una pratica quotidiana dell’Era ecozoica… a tavola! Vedere su: www.cucinaecozoica.com (dove si trova anche il manifesto dell’Era ecozoica di Thomas Berry).


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