Deposito unico delle scorie radioattive: ancora un rinvio della mappa dei siti idonei. Ricordiamo che nella gestione nucleare, tanto per non farsi mancare la ciliegina sulla torta, la magistratura ha messo sotto indagine la "cricca" dell'EXPO - ditte SAIPEM e MALTAURO - per appalti propro a Saluggia, "il posto più pericoloso, in Italia, per gli italiani tutti". Si tratta di CEMEX, il progetto di impianto di cementificazione, nel comprensorio EUREX, delle scorie liquide stoccate a Saluggia (Vercelli). L'appalto da 98 milioni di euro sarebbe stato ottenuto dietro il pagamento di una tangente di 600.000 euro agli ex vertici di SOGIN Alberto Alatri (ex direttore amministrativo) e Giuseppe Nucci (ex direttore generale). I nomi, guarda caso, sono sempre gli stessi dietro TAV, nucleare, EXPO, etc. : ed i metodi "alla greca" non cambiano (cioé l'intreccio politicanti, burocrati di Stato, business men trafficoni, tecnici assoldati, media venduti) ...
Alfonso Navarra - Associazione Energia Felice (www.energiafelice.it)
Corriere della Sera - Domenica 5 luglio 2015
Depositi e vecchie centrali il lento addio al nucleare italiano
La mappa delle aree di stoccaggio potrebbe slittare ancora. Il caso spagnolo di El Cabril
di Stefano Agnoli
L’allarme di un rilevatore di radiazioni all’uscita dall’installazione di El Cabril, in alta Andalusia, è l’unico contrattempo che anima il sopralluogo al deposito spagnolo dei rifiuti nucleari a media e bassa intensità. Ma niente di serio: si tratta solo di una questione di taratura, e il malcapitato tecnico italiano della Sogin può tirare un sospiro di sollievo.
È da un pezzo, ormai, che gli uomini della società pubblica che si occupa dello smantellamento dei vecchi impianti nucleari nazionali bazzicano da queste parti. Hanno il compito di costruire la versione nostrana del deposito delle scorie, ed è normale che vadano a vedere che cosa hanno fatto i colleghi europei.
E il caso spagnolo di El Cabril è da manuale. Situato a 450 metri di altezza nella Sierra Albarrana, e a un’ottantina di chilometri in linea d’aria da Cordova, il deposito spagnolo non ha, soprattutto, problemi di prossimità a grandi centri abitati. Il paese più vicino, Fuente Obejuna, fa meno di 5mila abitanti e dista quasi mezz’ora di auto. Improbabile, però, che le stesse condizioni si possano ritrovare in Italia, anche se i tecnici Sogin sono pronti a giurare sulla bontà del lavoro fatto sulla mappa delle aree che potrebbero ospitare le scorie nucleari. Si vedrà.
Per il momento il problema del deposito italiano è proprio la pubblicazione della famigerata Carta delle aree potenzialmente idonee (saranno meno del 2% del territorio nazionale). Doveva essere pronta ad aprile ma poi è slittata a causa delle elezioni regionali di maggio. Ora l’Ispra ha comunicato che la consegnerà ai ministeri dello Sviluppo e dell’Ambiente entro il 10 luglio. Tecnicamente, quindi, potrebbe essere pubblicata verso fine mese, ma è difficile che i previsti quattro mesi di consultazione pubblica possano partire proprio ad agosto: le accuse alla Sogin e al governo di voler nascondere nell’afa estiva un documento sensibile si sprecherebbero. Non si può escludere, quindi, che si vada dopo l’estate, rallentando il processo che prevede una conclusione entro il 2024.
Ma i dubbi sull'iter del deposito non si fermano qui, e rientrano nel più ampio quadro della situazione dello smantellamento degli impianti della stagione nucleare italiana. Tralasciando il versante giudiziario che pure ha investito la precedente gestione (gli appalti per la Cemex di Saluggia intermediati dalla « cricca » dell’Expo su cui la Procura di Miano sta indagando), i ritardi si stanno accumulando anche dopo che l’amministratore delegato Riccardo Casale ha rivisto al ribasso per due volte gli obiettivi di smantellamento, con i piani di dicembre 2013 e ottobre 2014.
I numeri più recenti parlano da sé: nel primo trimestre 2015 le attività di smantellamento vero e proprio sono state pari a 7 milioni di euro, mentre nel semestre si starà al di sotto di 20 milioni di euro, quando l’obiettivo dell’anno sarebbe invece di arrivare a 80 milioni (e dovevano essere addirittura 137 nel primo dei due piani). Difficile immaginare uno sprint contemporaneo nel secondo semestre dei 108 progetti di smantellamento attivi in casa Sogin. È verosimile che il tema sia di nuovo affrontato nella riunione del consiglio di martedì prossimo, convocata per fugare le perplessità sollevate da parte di alcuni increduli amministratori.
Quanto si legano la questione Deposito e Parco Tecnologico (un investimento di 1,5 miliardi di euro) e decommissioning? Al di là dei passi falsi che minano la credibilità delle mosse del governo (e della Sogin) in tema nucleare, non va dimenticato che ogni anno di ritardo dei lavori costa ai contribuenti italiani all’incirca 100 milioni di euro, una trentina di soli costi generali e gli altri per il mantenimento in sicurezza. E solo poche settimane fa l’Autorità per l’energia (cui compete l’esame dei piani Sogin) ha certificato che con questi ritmi lo smantellamento di Trino Vercellese slitterà di 6 anni sul previsto ( si parla ormai di 2026-2030), quello di Caorso di 5 anni e quello di Saluggia di 7 anni. A carico, s’intende, delle bollette elettriche pagate dei cittadini.
@stefanoagnoli
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