Stavolta abbiamo deciso, Caterina ed io, di essere presenti a Treia per assistere allo svolgimento della “Disfida” del Bracciale”, una disputa incruenta tra i rioni, in una specie di gara con il pallone, che somiglia al gioco del tennis, in cui il lancio viene effettuato con un bracciale ligneo con punte ed il pallone è fatto di cuoio con all'interno una camera d'aria. Il palio si svolge dalla fine di luglio e culmina con l'ultimo round della prima domenica di agosto, con accompagnamento di processione storica ed altre cerimonie in costume.
L'ultima volta che abbiamo assistito alla Disfida era il 2010, sentivamo ora il bisogno di rinnovare l'emozione provata. Qualche parola sulla nascita di questa tradizione, che è assurta al rango di massima manifestazione popolare durante l'arco dell'anno, mi sembra opportuna.
Il 2 luglio 2015 mi sono incontrato in piazza con uno dei fondatori di questa importante tradizione a cui egli stesso diede il nome di "disfida". La prima Disfida si disputò nel 1978, realizzata dall'intuizione di un giovane assessore allo sport ed alle politiche giovanili di Treia, il neolaureato Alberto Meriggi, il quale intendeva così mantenere in auge un gioco che per secoli aveva appassionato la gioventù treiese e di tutta l'Italia del centro-nord. Il gioco della palla col bracciale è infatti profondamente radicato nella memoria di Treia che ebbe molta parte nei campionati italiani, vincendone ben 7.
P.S. Le notizie più sopra riportate sono reperibili sul libro: “Il pallone col bracciale a Treja. Lo sport come cultura” (con la j lunga) e sull'opuscolo “10a edizione della Disfida del Bracciale – Treia 6/7 agosto 1988” entrambi redatti dal prof. Alberto Meriggi (nella foto).
L'ultimo campionato nazionale si svolse nel 1963 dopodiché il gioco perse di interesse venendo soppiantato dal foot-ball. Nei primi anni '70 vi fu un ultima partita, di livello locale, giocata a Treia fra varie squadre della provincia maceratese e poi tutto si fermò. Ma, come detto sopra, Alberto Meriggi, nella sua funzione di promotore delle attività sportive, decise nell'estate del 1978 di organizzare un palio fra i rioni cittadini.
Il primo a sostenerlo nell'organizzazione di quella prima edizione fu il concittadino Emo Epiri, con l'aiuto degli ex giocatori Nando Scorcella, Romolo Rusca, Mario Colcerasa, Gustavo Pellicani ed altri, affiancati da alcuni giovani del luogo. Le amministrazioni comunali guidate da Giorgina Morbidelli, Matteo Medei e Fabiano Valenti ovviamente approvarono e santificarono l'iniziativa. Da allora la Disfida del Bracciale divenne un evento annuale, al quale vale senz'altro la pena di partecipare. Quest'anno la manifestazione si svolge dal 24 luglio al 2 agosto 2015.
Paolo D'Arpini
Presidente del Circolo vegetariano VV.TT.
Vicolo Sacchette, 15/a - Treia (Mc) - Tel. 0733/216293
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P.S. Le notizie più sopra riportate sono reperibili sul libro: “Il pallone col bracciale a Treja. Lo sport come cultura” (con la j lunga) e sull'opuscolo “10a edizione della Disfida del Bracciale – Treia 6/7 agosto 1988” entrambi redatti dal prof. Alberto Meriggi (nella foto).
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A UN VINCITORE NEL PALLONE |
Di gloria il viso e la gioconda voce, Garzon bennato, apprendi, E quanto al femminile ozio sovrasti La sudata virtude. Attendi attendi, Magnanimo campion (s'alla veloce Piena degli anni il tuo valor contrasti La spoglia di tuo nome), attendi e il core Movi ad alto desio. Te l'echeggiante Arena e il circo, e te fremendo appella Ai fatti illustri il popolar favore; Te rigoglioso dell'età novella Oggi la patria cara Gli antichi esempi a rinnovar prepara. Del barbarico sangue in Maratona Non colorò la destra Quei che gli atleti ignudi e il campo eleo, Che stupido mirò l'ardua palestra, Né la palma beata e la corona D'emula brama il punse. E nell'Alfeo Forse le chiome polverose e i fianchi Delle cavalle vincitrici asterse Tal che le greche insegne e il greco acciaro Guidò de' Medi fuggitivi e stanchi Nelle pallide torme; onde sonaro Di sconsolato grido L'alto sen dell'Eufrate e il servo lido. Vano dirai quel che disserra e scote Della virtù nativa Le riposte faville? e che del fioco Spirto vital negli egri petti avviva Il caduco fervor? Le meste rote Da poi che Febo instiga, altro che gioco Son l'opre de' mortali? ed è men vano Della menzogna il vero? A noi di lieti Inganni e di felici ombre soccorse Natura stessa: e là dove l'insano Costume ai forti errori esca non porse, Negli ozi oscuri e nudi Mutò la gente i gloriosi studi. Tempo forse verrà ch'alle ruine Delle italiche moli Insultino gli armenti, e che l'aratro Sentano i sette colli; e pochi Soli Forse fien volti, e le città latine Abiterà la cauta volpe, e l'atro Bosco mormorerà fra le alte mura; Se la funesta delle patrie cose Obblivion dalle perverse menti Non isgombrano i fati, e la matura Clade non torce dalle abbiette genti Il ciel fatto cortese Dal rimembrar delle passate imprese. Alla patria infelice, o buon garzone, Sopravviver ti doglia. Chiaro per lei stato saresti allora Che del serto fulgea, di ch'ella è spoglia, Nostra colpa e fatal. Passò stagione; Che nullo di tal madre oggi s'onora: Ma per te stesso al polo ergi la mente. Nostra vita a che val? solo a spregiarla: Beata allor che ne' perigli avvolta, Se stessa obblia, nè delle putri e lente Ore il danno misura e il flutto ascolta; Beata allor che il piede Spinto al varco leteo, più grata riede. Giacomo Leopardi |
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