venerdì 17 agosto 2018

L’antropogenesi, ovvero l’evoluzione di Homo sapiens e del suo genoma metabolicamente identificativo


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Ogni organismo vivente, quindi anche l’uomo, è una “macchina” composta da innumerevoli parti, ognuna delle quali svolge una funzione convergente al corretto sviluppo e funzionamento dell’organismo in tutte le sue parti, in tutte le sue fasi di vita e nella sua riproduzione a favore della specie. Ogni organismo vive in stretta connessione e dipendenza dall’ambiente naturale e da questo è condizionato nello sviluppare i propri organi, attraverso una serie di fenomeni che durano intere ere, cioè centinaia di migliaia di anni. Ogni organo, e quindi anche l’intero organismo è, pertanto, forgiato e modellato in risposta alle condizioni ambientali perduranti tutto il tempo della sua strutturazione e funzionamento e solo per quelle specifiche condizioni ambientali. 

E’ l’evoluzione delle specie, fenomeno che modella il DNA, e quindi l’organismo e tutte le sue parti, per essere in grado di realizzare il proprio ciclo vitale, cioè concepimento, nascita, sviluppo, riproduzione e morte, in risposta e in sintonia con le condizioni ambientali. Se queste tendono a modificarsi, l’organismo è costretto a modificare il proprio genoma, cui consegue o la modificazione dei propri organi, che sono adattati alle nuove condizioni o, in mancanza di tale adattamento, la scomparsa di quella specie nel nuovo ambiente. 

Per l’uomo questo processo evolutivo, che lo ha portato da scimmione arboricolo all’attuale mirabile struttura psichica, fisica ed emotiva, è durata ben 3 milioni di anni. In questo lungo periodo di tempo (solo apparentemente lungo secondo l’orizzonte temporale biologico dell’uomo ma insignificativamente breve per i tempi dell’evoluzione biologica) (si consideri che la vita sulla terra è iniziata più di 3,5 miliardi di anni fa) l’organismo di Homo sapiens si è costruito “pezzo per pezzo” cioè organo per organo, funzione fisiologica per funzione fisiologica, in risposta e in armonia con le condizioni ambientali a contorno. 

Le più pressanti condizioni ambientali che indirizzavano le caratteristiche di ogni organo e del risultante intero organismo, erano proprio quelle alimentari e di stile di vita, poiché l’introduzione di un certo tipo di cibo e di comportamento condiziona il funzionamento di tutti gli organi corporei, i quali durante millenni di evoluzione si strutturano anatomicamente (organicamente) e fisiologicamente (funzionalmente) in risposta a tale stile di vita e a tali nutrialimenti e solo a questi. Pertanto, per capire le patologiche divergenze, sia fisiche, sia funzionali sia emotive, tra lo stile di vita paleolitico e quello attuale, dovremmo riscoprire lo stile di vita con cui relazionarci correttamente con il nostro genoma, che è ancora identico a quello ancestrale. 

Ciò vuol significare che se vogliamo capire perché l’attuale stile di vita ci sta facendo tanto soffrire psicofisicamente e sta lentamente uccidendoci dobbiamo conoscere la nostra storia evolutiva, cioè tutto il percorso antropogenetico. L’antropogenesi, cioè il processo di strutturazione definitiva e permanente dei singoli organi e dell’intero organismo umano, si è realizzato nel periodo da circa 3 milioni di anni fa fino a circa 180mila anni fa, allorquando homo sapiens acquisì il genoma che ancor contraddistingue l’uomo moderno. 

Dalle Driopitecine ancora a vita arboricola vissute circa 20 milioni discesero le Ramapitecine, vissute da 14 a 8 milioni di anni fa, le quali furono costrette a conquistare e ad evolversi nella savana, allorquando un lungo periodo di clima più fresco e secco causò la contrazione della foresta tropicale africana. Una lenta evoluzione portò intorno a 4-5 milioni di annifa alla selezione dei primi ominidi, gli Australopitheci. Molti sono i loro resti il più famoso e completo dei quali è Lucy, un Australopithecus afarensis, vissuto 3,2 milioni di anni fa. 

Essendo bipede, Lucy ebbe la possibilità di far sviluppare quel potente strumento somatico, la mano, con la quale effettuare movimenti ed azioni molto fini, costruire, afferrare ed utilizzare preziosi strumenti esosomatici, quali ossa, legni, pietre ecc. a fini difensivi, di raccolta di cibo e di costruzione di rifugi. L’uso di un arto tanto sofisticato accelerò di molto l’ulteriore evoluzione degli ominidi fino a giungere a circa 2 milioni di anni fa al genere homo. Per citarne solo alcuni, Homo habilis, capace di produrre rudimentali utensili in pietra scheggiata, Homo ergaster (1,8 milioni di anni fa), che affinò la costruzione di utensili ed ebbe un ulteriore evoluzione psicofisica, tanto da poter trasmigrare dalle originarie terre africane in Eurasia (Out of Africa 1). 

Nel Vecchio continente si selezionarono, occupandolo interamente, altre specie di homo tra i quali Homo erectus; Homo heidelbergensis e Homo neanderthalensi, Da un gruppo di H. ergaster, rimosto in Africa, forse nell'attuale Etiopia, si selezionò un'altra specie, Homo sapiens, dall'aspetto molto diverso e dalle caratteristiche psicofisiche più evolute, il quale trasmigrò dall'Africa (Out of Africa 2) verso l'Eurasia e poi verso l'estremo oriente, l'Oceania e, attraverso 10 lo stretto di Bering che per un periodo di tempo era collegato con il Nuovo continente, verso le Americhe. Homo sapiens imparò ad accendere il fuoco per scaldarsi e per difendersi, a costruire armi rudimentali ma capaci di cacciare grandi animali e a stabilirsi in accampamenti. Sviluppò il linguaggio, che favorì l'organizzazione degli uomini in tribù. Ma... da quel momento ogni altra specie di homo sparì.... Io mi son chiesto perché e mi astengo dall'affermare il mio giudizio perché troppo severo. Uomini insigni hanno riflettuto prima di me e più autorevolmente di me sulla natura umana. 

Il commediografo latino, Plauto, nella sua opera del 200 a.C. "Asinaria" (II, 4, 88) scrisse "homo homini lupus", locuzione poi ripresa nel XVII secolo dal filosofo inglese Thomas Hobbes, argomentandola così. "La natura umana è fondamentalmente egoistica, e a determinare le azioni dell'uomo sono soltanto l'istinto di sopravvivenza e quello di sopraffazione. Egli nega che l'uomo possa sentirsi spinto ad avvicinarsi al suo simile in virtù di un amore naturale. Se gli uomini si legano tra loro in amicizie o società, regolando i loro rapporti con le leggi, ciò è dovuto soltanto al timore reciproco". Lascio al lettore il suo giudizio se "homo homini lupus". anche alla luce del modello socioeconomico e culturale di Homo sapiens del XXI secolo...

Prof. Antonello Senni 

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(Fonte: A.K. Informa N.33)

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