lunedì 28 ottobre 2024

Rapporto con gli animali nell'agricoltura biodinamica...

 


Nelle antiche società  contadine dell’India e della Cina  un rapporto etico con gli animali era raccomandato. Abbiamo moltissime storie buddhiste, zen e induiste con bufali, capre, pecore, mucche, asini, cavalli, etc... L’importante è non sfruttare i fratelli animali come non sfrutteremmo indebitamente altri uomini.

Ho vissuto lungamente  in un piccolo villaggio del sud dell'India. La presenza di animali era una caratteristica significativa. Non c'era sfruttamento e schiavitù. Le femmine  di bufali e bovini venivano curate per ottenere un po' di latte non necessario al nutrimento della prole ed i maschi non venivano uccisi, all'occorrenza venivano utilizzati per trainare carri agricoli o svolgere altri lavori di campagna e le loro pelli utilizzate solo dopo la morte naturale. Nel complesso il rapporto con gli animali non era basato sullo sfruttamento ma sul reciproco aiuto.

Il lavoro agricolo condiviso  è necessario per la sopravvivenza e, se l’animale può ricevere vantaggi dalla convivenza con l’uomo, non vedo nulla di male in una condivisione del lavoro. Nel suo sistema dell’agricoltura biodinamica anche  Rudolf Steiner, aveva consigliato alcune pratiche  di convivenza tra uomo ed animali.

Gli effetti della presenza degli animali quali i bovini in un’azienda contadina sono enormemente benefici e cambiano gli equilibri di forze producendo un forte salto di qualità dell’azienda. Basti pensare alla produzione di letame che consente di poter avere a disposizione un prezioso ingrediente per una concimazione che produca humus. Abbiamo visto che l’unico modo per contrastare la desertificazione in atto in tutto il pianeta è quello di produrre humus nei terreni.  Con esso il terreno agrario diviene una “pelle” vera e propria del pianeta.

Uno dei concetti fondamentali della biodinamica è, infatti, quello di azienda a “circolo chiuso” cioè di organizzazione aziendale in cui minimo è l’apporto di materiali ed energia dall’esterno.

Un'azienda agricola completa riesce a ricavare dalla propria organizzazione quasi la totalità dei mezzi di produzione (semi, concimi, sostanze per la difesa delle piante, etc.) riducendo ai minimi termini quello che occorre dall’esterno (energia, aiuto manuale, etc.). Se il contesto socio economico oggi non consente ad un’azienda di poter essere pienamente a circolo chiuso, si può ricorrere ad una collaborazione territoriale tra aziende che nel loro insieme possano anche parzialmente ovviare alla loro singola carenza. Queste alcune indicazioni sullo svolgimento di una agricoltura biodinamica non repressiva.

Paolo D'Arpini - Rete Bioregionale Italiana



domenica 27 ottobre 2024

Terre lontane...

 



scienza coscienza e conoscenza immanenza e trascendenza
vibrazioni cosmiche sulla via della luce, perdersi nei campi sconfinati del nulla nelle giravolte delle effusioni effervescenti sprofondati in un fuori con dentro un dentro. Intreccio groviglio corpo vivente città-macchina sostanza trasparente ariazzurra. radiolina a transistor voce di donna che canta la stessa canzone che sente dalla radio il camionista delle nostre cose "buone": plastica nylon acciaio cromato resine sintetiche plexiglas alluminio vinavil formica zinco asfalto amianto cemento, cocci schegge e frantumi; vecchie cose tra le quali siamo nati e cresciuti superfici di lamiera armature di ferro pavimenti di gomma; una ragnatela di luce che ci cola addosso questa poltiglia: Splash… mentre i granelli di sabbia ci scorrono tra le dita. 
 
stasera luna piena e stelle senza luce elettrica nel suono del silenzio il respiro profondo dell’intenso biancore di luce nella piccola mansarda tatami giapponese, sul pavimento in legno la porta di vetro il telo grezzo del terrazzo un tavolino su cui scrivere il cielo e il mare la in fondo per posare lo sguardo; è qui che si è nascosto l’amore, ci vive una coppia di artisti, fanno vino succhi marmellate pane olio ortaggi, la loro grande casa sempre piena di gente, un pò osteria, un pò locanda, aperta a tutti quelli che vogliono parlare di arte vita e sogni; lenti e solitari lungo la via fiori che sembra di sentirli sbocciare tra ondulazioni di frequenze, suoni, colori, a volte le parole non riescono a leggere e a tradurre l’intangibile; vivono lo spazio della casa immersi in giornate di silenzio, assaporano la fecondità, la leggerezza modellando la terra; uno spazio di ascolto e di grande energia creativa in cui si sentono su un isola solitaria. hanno equilibrato e diluito le emozioni che stanno vivendo nel sole giallo e alto dell’estate. ora nel viaggio bisogno di confronto, colore, incontro, viandanti distanti sui lunghi sentieri dell’antica civiltà mediterranea.
 
la scrittura è la leva per sollevare il mondo che ci sostiene in una impresa impervia: la costruzione di noi stessi: il processo di liberazione del se attraverso la scrittura della vita: la propria vita come opera per essere letta e amata: un avventura che non ha perso niente della sua forza creatrice e che ha molto da insegnare anche alle generazioni future: imperativo categorico: accompagnarsi della meraviglia: è come varcare la soglia di un altro mondo: sembra di essere in un teatro e subito ci si ritrova in un bosco: poi ancora in una piccola cucina e di nuovo davanti a un paesaggio fatato: il qui ed ora verso il fondale spazio temporale: luna e stelle cuori e casette alberi e piccole scale che conducono chissa dove: incanto e spavento fiaba o incubo: memoria e invenzione del futuro: tutto coesiste nella mente e nella mano dello scrittore che abita il suo paradiso: miti riti magie comprendono anche l’oscurità lo spaesamento il timore: incredibili teatrini e marionette con pezze e vecchi stracci: spettacolo privilegiato di chi si fa guidare dalla meraviglia che incanta e al tempo stesso abitua a stare in sospeso nel mondo delle immagini e delle parole. na’ bir’. 
 
terre lontane 
 
la situazione di emergenza è causata dalla deforestazione imponente perchè l’assenza di evapotraspirazione degli alberi limita le precipitazioni e senza alberi frangivento le tempeste di sabbia seppelliscono i campi. al ritmo attuale di distruzione e con un tasso di deforestazione vicino al 20% in 10 anni si potrebbe raggiungere il punto di non ritorno con l’avvio di un processo di trasformazione della foresta in una savana appena interrotta da piccoli boschi. la foresta è lussureggiante anche se con un suolo povero di humus; non è il suolo che nutre gli alberi, al contrario il suolo è soltanto il supporto fisico di una complicata trama di radici. le piante si intrecciano mediante le radici e si sostengono mutualmente alla base, costituendo un immenso bilanciamento equilibrato e ritmato. tutta la foresta si muove e danza. Per questo motivo quando una pianta viene abbattuta ne trascina molte altre con sé.

Ferdinando Renzetti





 
 

sabato 26 ottobre 2024

Natura, arte e spiritualità...

 


Spesso quel che è rappresentato nella natura trova anche una sua corrispondenza nella coscienza dell’uomo, infatti l’atto creativo, sia esso ascritto a un  Dio od a Madre Natura, è stato spesso paragonato a quello di un artista che produce la sua opera.

Ciò avviene poiché nel Logos del mondo manifesto si riconosce un disegno od uno scopo ed è esattamente quel che avviene con la produzione artistica. Ma potrebbe essere notata una differenza essenziale, infatti nel caso del lavoro artistico, come ad esempio la pittura, vi sono molte cause distinte. La materiale: le tele, il colore, etc.  La formale: la configurazione, etc. L’efficiente: l’artista, il pennello, etc. E la finale: l’onorare qualcuno, guadagnarsi da vivere, etc. Ma nel caso della manifestazione del mondo non vi sono cause distinte, essendo l’originale una sola, sia essa definita Energia naturale o Dio.

“Egli dipinse il quadro dell’esistente in se stesso  e su se stesso, con il pennello della sua volontà, e fu subito lieto” Afferma una antica scrittura indiana riferendosi al Creatore. Ma anche in altri testi filosofici e scientifici spesso la pittura è usata come esempio per significare la progressiva capacità realizzatrice della vita.


Seguendo il concetto dei tre stadi successivi della manifestazione cosmica, osserviamo che all’inizio vi è la “latenza” o “energia causale” poi subentra il “sottile” o “forma pensiero” ed infine il “grossolano” o “materia”. Questi stadi vengono comparati con 1) lo schiarimento delle tele ed il rafforzarle con l’amido; 2) lo schizzo dei contorni delle figure sulla tela; 3) riempitura delle immagini con il colore.

La “coscienza” o volontà creatrice è la causa coefficiente dell’opera, che è come la tela sbiancata;  la “capacità” operativa è la causa sottile, rappresentata dalle sembianze appena  schizzate ma presenti nella fantasia dell’autore, come è presente il feto nell’utero materno; ed infine la forma finale che è come la nascita o apparizione manifesta e si può paragonare alla pittura finita.

Dobbiamo però ricordare che queste funzioni creatrici, nel caso della “creazione dell’universo” appartengono tutte alla medesima Forza o capacità espressiva. L’artista, il materiale, l’opera, il  critico, il cliente.. etc. sono originati tutti dalla stessa Energia primordiale  (o Dio).

“L’immagine di nome e forma, l’osservatore, lo schermo sul quale egli vede, e la luce per la quale egli vede… tutti questi sono Egli stesso” Affermava Ramana Maharshi.


Paolo D'Arpini - Rete Bioregionale Italiana



giovedì 24 ottobre 2024

Venezia: "La Città che vogliamo!"

 


Venezia. 23 associazioni si schierano per "La città che vogliamo!"

Ambiente Bene Comune, Altobello in cammino,  AmicoAlbero, Amici Parco S.Giuliano,   Comitati Ambiente Cipressina, Boulé, Ca’ Solaro,  Cavergnago,   Comit4to, etico S.Erasmo, Ex Umberto I°- bene comune,  Parco Bissuola, Villaggio San Marco, Zelarino e dintorni, Extinction rebellion, Forum per Mestre e Venezia,  Movimento dei Consumatori,   Rete solidale per la casa, Revisione Viabilità, Tutta la Città insieme, VeneziAmbiente, Venezia Cambia.


Il sistema di biglietti d'ingresso, concepito come una soluzione al turismo di massa, è stato

inficiato dalla mancanza di coinvolgimento dei cittadini e di un processo decisionale trasparente.

Con l'obiettivo di scoraggiare il turismo giornaliero, il sistema che ruota attorno il ticket d'ingresso

coincide – ironia della sorte - con le politiche turistiche che prevedono l'aumento degli arrivi con le navi da crociera e con gli aerei nei prossimi anni.


Preoccupazioni principali:


Violazione della legge: il sistema si basa su una tecnologia di sorveglianza ritenuta illegale dalla

legge italiana.


Violazione della privacy: una sala di controllo intelligente monitora i cittadini e i visitatori 24 ore su 24 utilizzando oltre 700 telecamere, anche a riconoscimento facciale, ed estraendo dati dalle celle telefoniche (posizione, attività, percorsi di origine-destinazione).


Sfruttamento dei dati: raccolta di dati personali che alimentano gli algoritmi delle piattaforme di

intelligenza artificiale e vengono trasferiti su server extra-UE e ceduti a terze parti.


Gestione turistica inefficace: non ci sono prove che indichino che la tassa d'ingresso scoraggerebbe i turisti, ma di sicuro incoraggerà i residenti ad andar via dalla città.


Militarizzazione e segregazione: Venezia si sta trasformando in una città sorvegliata, con controlli e “supervisori” che controllano i movimenti, incidendo così sulla vita quotidiana e sui diritti costituzionali dei residenti.


Questione costituzionale: Il sistema viola potenzialmente il diritto costituzionale di circolazione e

può discriminare in base ai mezzi economici.


Divario digitale: Il requisito dell'ID digitale e delle tecnologie correlate non tiene conto della

popolazione anziana della città, di chi non usa la tecnologie, creando così un divario di accessibilità.


Insomma: Il biglietto d'ingresso a Venezia è un caso di studio di politiche in cui la soluzione proposta aggrava il problema.


MIchele Boato - micheleboato14@gmail.com




mercoledì 23 ottobre 2024

La Terra ci presenta il conto...

 


 Nel giro di pochi decenni la temperatura terrestre si è innalzata di un grado e questo porta gradualmente allo sciogliersi dei ghiacciai dei poli che riversano negli oceani microrganismi imprigionati da millenni, probabilmente incompatibili con la vita ora presente nei mari, che saranno a loro volta assorbiti dalla popolazione marina e che entreranno nel circuito alimentare degli umani che se ne nutrono con effetti imprevedibili anche per la loro salute.


            L’eccezione degli eventi climatici, diventata regola, è dovuta soprattutto all’inquinamento dell’atmosfera, a causa della distruzione delle foreste, degli allevamenti intensivi, delle immense distese di mono colture per gli animali d’allevamento (a loro volta dovute al consumo di carne), alla la cementificazione del suolo, alle costruzioni ai margini fluviali ecc. Un’enorme percentuale di superficie terrestre è stata coperta con le città e le strade.


       E a questo si aggiunge l’indifferenza della gente e la disonestà delle grandi lobby improntate al profitto. E l’umanità cresce, cresce, cresce, divorando il pianeta come un’inarrestabile melanoma.


Durante l’anno zero, cioè la nascita di Cristo, la popolazione mondiale era di circa 350 milioni di anime; nel 1800 era di 700 milioni e nel 1830 raggiunge un miliardo di unità. Un secolo dopo la terra ospita 2 miliardi di esseri umani e nel 1975 raggiunge i 4 miliardi. Oggi, 2024, la popolazione mondiale è di circa 8 miliardi, e la previsione, calcolata secondo l’incremento progressivo, lascia supporre che l’umanità sarà di 100 miliardi entro la fine del secolo.

            

              Ma parlare di carne è come parlare del diavolo in chiesa. Io porrei una domanda a coloro che in televisione dibattono su queste problematiche: se la condizione per far cessare le alluvioni, i  tornati, le bufere, gli tsunami ecc. fosse quella di rinunciare alla bistecca, quanti sarebbero disposti ad aderire? Se la condizione per debellare le malattie che stanno decimando il genere umano fosse quella di rinunciare al pollo, alle fettina di vitella, alle aragoste, quanti  di coloro che in televisione si ubriacano di parole inutili, sarebbero disposti a rinunciare? Pochi o nessuno. Anche le vittime di questa situazione allarmante, se poste davanti alle stesse condizioni difficilmente accetterebbero di rinunciare alle braciole di maiale o alla bistecca di manzo.

            

             Ma questa è la civiltà degli ipocriti; allora occorre che siamo disposti a subirne le conseguenze della natura violentata, vilipesa, oltraggiata per secoli, con il silenzio di santa romana chiesa che nei fatti continua ad aderire ai dettami biblici “soggiogate la terra, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra” (Gen 1,28), come si trovò ad affermare Giovanni Paolo II il 12 ottobre 1981, in un messaggio al popolo brasiliano, trasmesso in cento lingue, nell’Enciclica “Laborem Exercens”: “L’uomo ha la missione, il dovere, la facoltà piena di soggiogare la terra”.

          

          Tutti gli studi e le ricerche effettuate in questo campo sono finanziate da chi le paga, e i risultati mirano a tranquillizzare la popolazione affinché non cambi stile di vita per non danneggiare le multinazionali dell’alimentazione, chimico-farmaceutiche e petrolifere. E ognuno di noi ha contribuito per ignoranza o per disinteresse, con il suo stile di vita, cedendo alle lusinghe delle tendenze propinate subdolamente dalle grandi lobby.          

            

           Quello che sta succedendo oggi, e che succederà anche domani, lo andiamo dicendo da tanti anni, ma naturalmente         era ed è come gridare in un deserto. La storia dell’uomo si ripete senza che mai riesca a vivere di esperienza e acquisire maggiore saggezza. Il nemico viene dalle grandi lobby che falsano le informazioni al cui fascino però la gente comune finisce col farsi condizionare, perché “la gente vuole avere buone notizie sulla sua cattiva condotta”. Ma non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. E quando una persona, per quanto tollerante possa essere, quando viene per molto tempo violentata prima o poi reagisce, e spesso in modo violento, come sta succedendo con i fenomeni naturali. E tutto questo purtroppo è solo l’inizio. Qualche dato.


Ogni giorno si scaricano nell’aria 40 milioni di metri cubi di anidride carbonica.

Ogni mucca ogni anno produce gas quanto un’automobile per 70.000 km.

Gli allevamenti industrali sono responsabili dell’80-90% di emissioni di ammoniaca che provocano le piogge acide.  100 milioni di tonnellate è la quantità di metano prodotta in un anno dagli animali d’allevamento.

            Il 51% delle emissioni dovute ai gas serra sono dovute all’industria della carne.

            Com’è noto, i gas serra sono i fattori maggiormente implicati nel fenomeno del riscaldamento globale della terra, con le note ripercussioni climatiche a livello planetario.

Il biossido di carbonio generato per produrre una sola bistecca è pari alla quantità prodotta da un’automobile per 40 km.


Secondo le proiezioni pubblicate dalla Fao l'attuale modello culturale e la diffusione del consolidato stile di vita occidentale porterà la produzione di beni superflui ed alimenti industrali a raddoppiare entro il 2050, con probabili effetti apocalittici.  Ma rassicuriamoci, gli esperti di turno ci dicono che tutto questo è normale, che tutto sommato sono fenomeni eccezionali che rientrano nella norma dei cicli naturali.


Franco Libero Manco




martedì 22 ottobre 2024

Bioregionalismo, ecologia profonda e spiritualità laica ed il Giornaletto di Saul...



Nel 2006 mi lasciai convincere dal caro amico Peter Boom di farmi regalare un computer e di collegarmi su internet. La cosa mi costrinse anche a fare l’allaccio all’Enel poiché in quel periodo stavo facendo un esperimento di sopravvivenza bruta, andavo a candele.

Precedentemente, dagli anni ‘90 al 2000, mi ero occupato moltissimo di comunicazione ed informazione, avendo collaborato con numerosi giornali e radiotelevisioni, infatti per circa un ventennio fui sulla cresta dell’onda ed ogni fax inviato alle agenzie di stampa ed ai quotidiani ed alle emittenti tv veniva prontamente accolto e utilizzato per trarne articoli e servizi. Tra l’altro io stesso mi ero fatto “imprenditore” avendo diretto alcuni giornali locali (fra cui: Etruria, supplemento di Mondo Sabino, ed il Provinciale, supplemento di Notizie Verdi). Ovviamente il giornale che ritenevo più “importante” era il notiziario emesso dal nostro Circolo Vegetariano VV.TT.: “Bullettin”. Si trattava di un trimestrale cartaceo di cui l’ultima edizione risale al 2003.
Dicevo che sino al 2006 non utilizzavo internet ma non è propriamente vero, infatti mio fratello Alessandro aveva aperto un sito a metà degli anni ‘90 del secolo scorso denominato “Calcata.net” in cui comparivano le notizie relative al Circolo. A quel tempo era cosa rara, la Rete appena appena muoveva i primi passi. Ricordo che facemmo anche una presentazione ufficiale del sito, nell’Atelier di Cinzia Modiano, a Roma, con la partecipazione di diversi giornalisti ed amici importanti, la cosa fu riportata anche a livello nazionale.

Il fatto è che nel 2004, esattamente allo scadere dei vent’anni dalla fondazione del Circolo, presi la palla al balzo, pensando che più di un ventennio non si potesse stare in cima… e così mi ritirai in una piccola stamberga a fare l’eremita, abbandonando ogni aspetto di vita mondana e sociale… Solo per l’insistenza di alcuni amici affezionati, come il suddetto compianto Peter Boom, o l’allora vicepresidente del Circolo Roberto Caivano ed altri, mi decisi infine di riprendere ad occuparmi delle “cose del mondo”. Cominciai un po’ impacciato a inviare le prime email e ben presto, dietro la spinta di Cristina De Simone, aprii un nuovo sito: http://www.circolovegetarianocalcata.it/ – questo avvenne nell’anno 2007. A quel tempo già avevo iniziato ad inviare una “lettera collettiva” ai soci e simpatizzanti, prima a firma di Sauro Arpino (da dino-sauro) e quasi subito dopo con lo pseudonimo “migliorato” di Saul Arpino (Saul è il nome ebreo per Paolo). Queste informative, che chiamai il Giornaletto di Saul, furono pubblicate per un breve periodo nella lista di Ecologia Peacelink (http://lists.peacelink.it/ecologia/20...) e subito dopo nel nuovo blog (appositamente aperto): http://saul-arpino.blogspot.it/. Così dal 2009 si può dire che il Giornaletto di Saul, è diventato una News Letter “ufficiale”, per dare informazione politica, sociale, economica, culturale, spirituale, ecologista… etc. a tutti i simpatizzanti del Circolo Vegetariano VV.TT. e della Rete Bioregionale Italiana. Da poco, oltre alla pubblicazione sullo specifico blog menzionato ed all’invio come email all’indirizzario raccolto, pubblico il Giornaletto anche nel sito del Circolo Vegetariano, ed ora con Caterina Regazzi, la mia adorata compagna e preziosa collaboratrice, abbiamo deciso di aprire anche uno specifico gruppo su facebook per la divulgazione “urbi et orbi” del Giornaletto di Saul… E l’avventura continua….   / 171694546355215   Paolo D’Arpini / Saul Arpino

lunedì 21 ottobre 2024

Un centro di equilibrio senza identità è vano...

 


Senza un aggiornamento del linguaggio, tendenzialmente, tutto rimarrà così com’è.

La tensione a voler cambiare il registro della cultura, affinché l’assolutismo materialista e razionalista smorzi il suo potere per lasciare spazio a un’educazione capace di formare più persone compiute, cioè creative, e meno individui dipendenti, cioè replicanti, passa anche sui cavalcavia emozionali del linguaggio.

Persona compiuta, sta per emancipata dal potere dell’io, dalle ideologie, dall’individualismo, dalle consuetudini, cioè in grado di fare riferimento al proprio sé per distinguere il bene e il male, nelle piccole e grandi circostanze della vita. Ciò implica l’accettazione della realtà, l’astensione dall’interpretarla, quale enorme riduzione della dispersione energetico-creativa di cui possiamo disporre quando disinquinati dall’atteggiamento egocentrico e dai saperi cognitivi. È anche l’assunzione di responsabilità di tutto, a sua volta base e centro di benessere materiale e spirituale, cioè di miglior salute fisica e serenità. Prodromo necessario per la realizzazione di comunità organiche, non affette da patologie cancerogene, consapevole che il bene comune sgorga dall’individuo, che la tolleranza nei confronti del prossimo non sta in una legge ma in un sentimento, in una visione del mondo destinata a creare bellezza, cioè nell’amore. Uomini compiuti, sta anche per persone all’altezza di riconoscere l’origine delle proprie emozioni e dei propri sentimenti, tanto nella pena, quanto nella gioia. Uomini che hanno incarnato – non solo capito, saputo o legiferato – e che quindi possono esprimere nel loro vivere, che le loro emozioni e i loro sentimenti non costituiscono diritto alcuno sull’altro. Cosa che non vuol dire non possano esserci più soprusi, ma che di questi l’autore se ne può assumere serenamente la responsabilità.

Il meccanicismo, figlio del materialismo e del razionalismo ha impregnato di sé la cultura in cui siamo immersi dalla nascita. Essa non è funesta di per sé, anzi, ha reso e continua a rendere una molteplicità di servizi di cui tutti godono. Tutto il mondo fisico, per essere organizzato, ne richiede i servigi. Il problema insorge – ed è insorto – quando la sua longa manus si è estesa alla dimensione umanistico-relazionale. Non a caso la psicoanalisi degli albori ne è campione esemplare. Sta di fatto che tutti ne abbiamo subito il dominio a partire dai pensieri che formuliamo anche, appunto, in circostanze relazionali umane, dove il principio causa-effetto, proprio del meccanicismo, quando è inconsapevolmente affermato, fa più danni che bene. L’ubriacatura ha comportato che è ordinario per chiunque adottare un linguaggio che ne esprime l’immanenza, fino al punto di sentir dire che la scienza – fortificazione intorno al meccanicismo – ha dimostrato che il cane ha un olfatto più raffinato di quello umano; che riteniamo che il linguaggio razionalmente affermato, contenga sempre comunicazione; che la meritocrazia sia democratica; che non esiste o non è vero quanto non può essere dimostrato; che il criterio di valutazione debba essere uno per tutti.

Da queste considerazioni, penso possa emergere anche il potere del linguaggio e della parola. Del resto i miracoli avvengono attraverso le parole. Esse creano in chi crede e accredita la fonte. Sono innocue e vuote nel miscredente. E altrettanto fanno per gli oracoli, in cui, sempre ad accredito dato ed esigenza personale, non sono che catalizzatori di realtà, alla stregua di un campo quantico che diviene una cosa o un’altra in funzione dell’interlocutore/osservatore. Mentre le parole hanno potere oracolare, le immagini sono un modello. Hollywood lo sa, e cosi la lobby delle armi, del tabacco prima, degli alcolici ancora. È un potere che non agisce intellettualmente su noi, ma emozionalmente. E, come sappiamo, dentro un’emozione, si fa quello che dice lei. Non si può giocare la carta del nuovo paradigma inconsapevoli della dimensione emozionale, energetico-magnetica e alchemico-quantica del linguaggio. Chiunque, nella propria biografia, può trovare più momenti in cui ha cambiato il registro personale delle cose. In ognuno di quei frangenti di scoperta c’erano di mezzo parole che ci hanno interrotto uno stato, che ci hanno infranto l’emozione in cui eravamo incapsulati, creando intorno a noi una nuova navicella entro la quale vagolare nell’oceano infinito del mondo.

Se così è, diviene conseguente condividere che per cambiare il mondo è necessario cambiare il linguaggio, il verbo, il soffio vitale.

Tutto ciò, significa che ogni aspirante rivoluzionario che non vede l’ora di immolarsi sull’altare del cosiddetto nuovo paradigma, dovrebbe, prioritariamente a tutta la sua probabile erudizione a sostegno del nobile intento, prendere coscienza di quanto il linguaggio sia una specie di laterizio con il quale costruiamo il mondo. Non avere consapevolezza del dominio culturale del meccanicismo, non riconoscerne la matrice nel linguaggio logico-razionalista, fiore del principio del causa-effetto, quale sola spiegazione della realtà, avrebbe una sola conseguenza, quella di perpetuare, in forma nuova, quanto voleva superare.

I nuovi paladini, come tutte le rivoluzioni ci dimostrano, realizzeranno la loro ideologia e replicheranno quanto ripugnavano. Così accadrebbe anche in contesto evolutivo, quello tendenzialmente opportuno per generare società composte da uomini compiuti, consapevoli di sé, capaci di assumersi la responsabilità di tutto. Da avanguardia, diverrebbero bigotti della propria ideologia e vanità, incapaci di maieutica nei confronti dei miscredenti radicali materialisti, ma pronti a mettere in campo la garrota, autoreferenzialmente legalizzata, per ogni non convertito al nuovo paradigma.

Senza un’emancipazione dal linguaggio a sfondo meccanicista, che sia più assertivo, non più proiettivo, giudicativo, separatorio, misurativo, antropocentrico, non definitivo, in quando la realtà non è oggettiva in campo aperto relazionale, ne carico di pretese di comunicazione e tronfio della propria logica stringente, nonché predisposto a rimodulare se stesso in funzione della risposta che ottiene, nessun cambiamento di paradigma potrà tenere fede alle proprie nobili intenzioni. Un linguaggio che, in ambito relazionale-umanistico, non impieghi – e se lo fa, lo faccia consapevolmente – formule deterministe e meccaniciste, che invece esprima tendenza e contenga la parzialità del proprio punto di vista, piuttosto che certezza e assoluti.

Per un aggiornamento del linguaggio è necessario vedere dove si annida il determinismo ordinariamente e inconsapevolmente impiegato, né mai messo in discussione, la concezione meccanicistica dell’altro e della realtà, la convinzione di comunicazione nel linguaggio logico-razionale, valido solo in ambito chiuso, cioè in quelle circostanze tecnico-specialistico- amministrative dove tutti i partecipanti allo scambio sanno tutto, sono pari grado o di pari competenza, esperienza ed erudizione. Un linguaggio perciò, che esprima la consapevolezza che capire non conta nulla se non per un voto in pagella, che ricreare è necessario, che l’altro è tendenzialmente sempre in un universo emozionale differente dal nostro, che senza realizzare nei confronti del prossimo il rispetto e la dignità che chiediamo per noi, nessuno nuovo paradigma può compiersi.

Il linguaggio è il medium della comunicazione. Se esso si esprime a mezzo di modi meccanicistici, come se il prossimo fosse l’elemento di un meccanismo o un oggetto che ci ascolta, subliminalmente passerà la comunicazione che quel modo di impiegare le parole, sia il mondo da imitare, da replicare.

Per alcuni si tratta di banalità note e stranote. In particolare per i potentati del mondo che attraverso l’introduzione nel linguaggio delle loro emittenti e dei loro politicanti, di parole e concetti ex novo, fanno esistere quanto prima non c’era. Così oggi c’è realmente un popolo che si crede risvegliato e un altro che pensa serva la guerra per ottenere la pace e che pensa si possa avere un centro d’equilibrio senza identità.

Lorenzo Merlo