lunedì 14 ottobre 2024

Zodiaco e solidarietà spirituale al femminile...



Dal paradiso terrestre siamo stati scacciati, almeno così dice la Bibbia, forse però questa è solo una bugia  "religiosa" - magari anche un po' pretenziosa - poiché sulla terra ci siamo ancora e forse potremmo immediatamente ritrovarci in quel paradiso perduto il momento stesso che la nostra esperienza tornasse all'armonia fra natura, animali e società umana.

Prima di tutto quello che è da riequilibrare è il rapporto fra i due generi della nostra specie, il femminile ed il maschile…


Nelle civiltà antiche Terra e Cielo  sono le due forze interconnesse
che creano il mondo…

Ora vediamo che negli studi matriarcali portati avanti da ormai un
ventennio ad opera di numerosi studiosi e studiose  convenuti per la
prima volta al convegno mondiale di Bruxelles nel 2003 la questione
matrismo e matriarcato è un tema oggetto di discussione, con varie
posizioni.

Come afferma Mariagrazia Pelaia, in uno scambio di mail privato: "La
Gimbutas utilizzava il termine matristico per definire le antiche
società neolitiche, Riane Eisler per risolvere il problema ha coniato
addirittura un nuovo termine, gilania, unendo la radice greca di
femminile (gyn) e maschile (an) con una 'l', lettera che evoca il
termine link, 'legame'.

Invece Heide Göttner Abendroth, che possiamo definire la fondatrice di
questa corrente di studi, considera la parola adeguata da usare
matriarcato, e lo spiega dal punto di vista etimologico non come
'potere delle madri', bensì come 'antiche madri', da cui la semplice
evidenza che queste società tengono in alta considerazione la funzione
materna come principio intorno a cui si organizza la società, per cui
essendo il rapporto d'amore e di cura madre-figlio l'aspetto fondante
della società non esistono le gerarchie tipiche del patriarcato.

Nel matriarcato non c'è il dominio, il valore centrale è il rispetto
della vita e delle differenze, per cui non esiste la disparità fra
generi. Esso rappresenta un'alternativa praticabile al patriarcato
poiché storicamente già esistito, vedi il saggio di Riane Eisler sulla
storia umana letta in chiave di società della dominanza e società
della partnership (Il calice e la spada).

Secondo la Abendroth è importante utilizzare il termine 'matriarcato'
anche per ragioni culturali, essendo stato tale termine oggetto di
spietata censura da parte della cultura patriarcale, quindi va difeso
e sostenuto, riabilitato, e non mascherato con neologismi. Dunque, il
dibattito è aperto".

Mariagrazia Pelaia non fa mistero di condividere il punto di vista
della Abendroth, avendo trovato in lei, nella Gimbutas, nella Eisler e
altri studiosi l'ispirazione per le sue ricerche astrologiche sugli
zodiaci alternativi femminili scoperti da Lisa Morpurgo per la quale
ha adottato la definizione di astrologia matriarcale
(vedi anche l'oroscopo da lei fatto alla mia persona
in: http://www.programmiastral.com/ritrattimatriarcali.pdf).

Nel commentare un parere da me espresso, in merito alla capacità
creativa delle donne e degli uomini vissuti nel neolitico, Mariagrazia
Pelaia afferma: "L'arte nel neolitico faceva parte della vita
quotidiana, il vasellame è riccamente decorato e descrive una società
elegante che si modella sulla bellezza della natura e non solo, perché
è anche un'arte molto astratta, simbolica e quindi con livelli di
comprensione molto raffinati e complessi.

L'arte è una componente essenziale della quotidianità, e la
quotidianità da sempre è l'ambito femminile per eccellenza. La cosa
sorprendente di quei tempi è che la quotidianità era condivisa alla
pari e considerata sacra, e dunque era patrimonio comune dei due
sessi.

Astrologicamente invece la situazione è molto chiara: l'arte è
simbolicamente connessa ai pianeti femminili Luna e Venere. Gli uomini
devono avere una parte femminile molto sviluppata per diventare
artisti. E mi pare che non ci siano dubbi al proposito. In età
patriarcale le donne sono state relegate al ruolo di muse, segnalando
comunque una stranezza di fondo: perché mai le custodi e le
ispiratrici delle arti sono donne e non uomini se si tratta di
produzioni del genio maschile?

Paolo D'Arpini   


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Da sinistra: Jim Koller, Mariagrazia Pelaia e Paolo D'Arpini

domenica 13 ottobre 2024

Come foglie morte che fecondano...

 


Considerazioni sotto la superficie della storia.

Come in ogni nostra affermazione metafisica, concettuale, grafica, letteraria, verbale, d’azione, artistica, materiale, e pure quelle astensive riconosciamo noi stessi, cioè la matrice che le ha create e reificate, al pari di un signore supremo, senza il quale, quel mondo di affermazioni non si sarebbe verificato.

È questo lo sfondo identico per tutti gli uomini. Le differenze qualitative e quantitative delle nostre creazioni non contano nulla per intendere l’infinito della vita. Ogni sua misurazione lo pugnala. Dalla ferita cola il sangue della storia, un’arena gladiatoria nella quale, invece, le differenze sono le sole cose che contano.

Nonostante l’evidenza di dove conduca l’accanimento con il quale costantemente cerchiamo di far prevalere la nostra, individuale e collettiva, graduatoria di valori, cioè quella in cui ci riconosciamo, in cui crediamo, ovvero ad una perpetua lotta gladiatoria, come se il solo criterio dell’esistenza fosse mors tua vita mea, con conseguente alimentazione della sofferenza reciproca, seguitiamo a navigare senza tener conto né della Stella polare, né della Croce del sud.

Nonostante il potente magnete dell’importanza personale, solo principio del nostro fare, che raduna a sé la totalità delle energie che ci attraversano, nel corso delle epoche, qualcuno è riuscito a osservare l’inferno che esso implica. Un qualunque telegiornale ce ne può riferire l’aspetto che ne ha oggi.

Ma se possiamo accettare l’idea e l’osservazione che siamo i soli signori del nostro fare, così dovremmo poter fare per riconoscere la nostra responsabilità nella storia con cui abbiamo a che fare, nella quale siamo immersi. Ma, sempre a causa dell’importanza personale che ci attribuiamo, la contiguità tra il personale e il politico ci sfugge, come non sapessimo fare il più semplice tra i due-più-due.

Tale cieca navigazione ci raccoglie tutti su un unico barcone. Il tempo della nostra breve vita viene così consumato sotto il dominio di valori effimeri, strumentali a noi stessi, che ognuno per conto proprio considera sostanzialmente universali. Lo fanno gli individui nel loro cortiletto e le aggregazioni, grandi e piccole. Crociate, guerre sante, colonialismo, rivoluzioni, esportazioni di democrazia, istituzione degli stati canaglia, norimberghe, tribunali internazionali dell’Aja, terrorismo proto-pandemico, controllo della scienza, alimentazione dell’individualismo, formazione tecnicistica e irreggimentativa, sottrazione delle identità comunitarie, di quelle sessuali, uniformizzazione, sanzioni, guerre, terrorismo di stato, due pesi e due misure fanno parte dello specifico campionario del criceto.

La costante attenzione alla difesa del cortiletto passa da un oggetto all’altro per tutta la vita. L’epoca digitale ha esponenzializzato la frenesia già consistente nella modernità analogica. L’accorciamento dell’orizzonte che ciò ha comportato, abbassa il rischio di poter mettere fuori la testa e accorgersi da quale polpo satanico siamo avviluppati. I maghi, notorie figure capaci di indirizzare gli eventi, capaci di vedere e provocare le forze occulte che muovono le persone ben lo sanno. Come per noi tutti, il loro scopo è mantenere il potere sul prossimo, al fine di condurlo di qui e di là secondo esigenza. Il clima, l’ambiente, certi minoritari diritti civili – dai quali i ciechi e i sordi, sono stranamente esclusi – che pretendono di ribaltare il mondo, non sono che raffiche di lacrimogeni, che qualche limone non può bastare a guarire.

Inteso tutto ciò forse possiamo accedere o avvicinarci alla disobbedienza spirituale della storia sanguinante. Forse possiamo prendere in considerazione l’idea che come noi creiamo così siamo stati creati, che le forme della storia non sono che un rebus la cui soluzione è Uno, che le infinite idee a loro volta lo rappresentano, e dunque che solo riconoscendo lo slancio vitale di cui siamo espressione, come una bouganville abbiamo di che far fiorire il nostro piccolo giardino, senza più bisogno di difenderlo.

Come fossimo foglie, organiche emanazioni di una pianta, questa del bosco e la selva della natura, riconoscere di essere emanazioni del divino sarebbe il passaggio necessario per tornare all’Uno, ovvero per ricucire la ferita e cessare di mortificare l’albero e la foresta, di far sanguinare la storia.


Lorenzo Merlo



sabato 12 ottobre 2024

Seminagione e raccolta nella gioia ed in Pace...


La Rete Italiana dei Villaggi ecologici si è ritrovata questa estate, nel raduno P.A.C.E. al progetto Meraki (Monzuno, BO), a misurarsi coi grandi temi della Pace, Accoglienza, Comunità e Ecologia, attraverso una doppia domanda: come incarnare nella nostra vita quotidiana gli ideali in cui crediamo e come far sì che le nostre scelte abbiano un impatto sulla società tutta, sul cambiamento che vogliamo nel mondo.

Quattro giorni molto nutrienti, di scambi, approfondimento, confronto; anche con realtà affini, che camminano strade diverse con sensibilità e sogni simili ai nostri.

Nel prossimo appuntamento (il raduno autunnale al Giardino della Gioia, San Nicandro Garganico, 24-27 ottobre 2024), la Rive torna ad occuparsi della rete delle comunità, del suo rafforzamento e ampliamento, in una prospettiva di dialogo e sostegno ad un rinnovato fermento di iniziative e progetti nel Sud Italia.

L’obiettivo è quello di dare impulso, al Sud come al Nord, alla diffusione di stili di vita comunitari e sostenibili, socialmente ed economicamente innovativi, forieri di crescita personale e incubatori di cambiamento sociale.

L’incontro al Giardino della Gioia, sarà un primo passo per mettere in contatto le persone che portano avanti progetti e comunità nel Nord Italia con quelle che lo fanno al Sud per conoscersi, scambiare esperienze, condividere pratiche e competenze, confrontarsi sulle visioni, immaginare percorsi di sostegno reciproco e contaminazione. Con l’obiettivo di ritrovarci con nuovi compagni di strada, in questo affascinante, ma non facile, cammino per dare concretezza ai nostri sogni di nuova umanità, consapevole e solidale, in armonia col pianeta.
 
Majid Valcarenghi, co-presidente Rive




venerdì 11 ottobre 2024

Inventarsi una vita comunitaria...

 


Officina di inventiva e ingegno dove il «lavoro in cerchio», non esclude nessuno e infatti ci si trova subito al cospetto di un cosmo copernicano messo per iscritto, dove il centro compare dappertutto e i confini da nessuna parte. Questo cosmo, epicentro perpetuo e sconfinato, è appunto il paese, con i suoi caseggiati, le sue piazzette metafisiche, i vicoli ingolfati dal vento quando al centroc’è la casa dove è accolto colui che sono «io»: una dopo l’altra, anzi, sono tre le case a segnare un decorso formativo; la prima, simbolo classista di distinzione; la seconda, emblema di afflizione e caduta; infine l’ultima stazione della peripezia nel microcosmo cui non è lecito tornare se non nel sentimento e nel ricordo.
 
esplorazione percettiva sensoriale emozionale
 
Brani raccontati nei quaderni della terra. 
 
Blues Apotropaico le voci dei venditori ambulanti ascoltati nella mia infanzia lungo le vie della periferia urbana, cantate per scacciare gli spiriti malevoli della contemporaneità troppopieno, merci, automobili, traffico, asfalto, plastica, cemento, in chiave free jazz e minimal music. ninna mantra gnawa etno punk dedicato al maestro antonio infantino, sting stang, sono nato disperato, pazzo di natura, ji nin ting nind, detim’ na lir’. 
 
Re-Lovetion, re innamoramento attraverso le azioni della gioia: musica danza mimica arte teatro poesia. invito a scoprire che la gioia trasforma la nostra vita semplicemente sintonizzandoci nella sua frequenza; real hippy generation, billa billa boang, rosso cuore, siamo quel che siamo, figli del sud. 
 
Giro di Meditazione… su giro di basso. dalla contro cultura americana alla armonia delle sfere celesti e alla quadratura del cerchio con alcune cover dove il giro di basso è predominante: i wish di stevie wonder, a love supreme di coltrane, pali gap di jimy endrix, gimme some loving, better get hit in your soul di charlie mingus, brani per campana tibetana corpo e voce. 
 
Aborigeno Meridionale, una corrente energetica invisibile, mappa sonora del tempo del sogno sulla via dell’iniziazione al mondo. una lunga sessione di space is the place mantra blues di sun ra, un remix di figli di annibale degli alma megretta e piccola sinfonia in offerta a 0.99 per libero K libera Z brano eseguito con percussioni didigeridoo campanacci zufoli pastorali suoni lazzi per corpo e voce, automobili con vocalismi che imitano le automobili nel traffico di una citta, la tarantella dei baraccati, dal gibberish dello yoga della risata alla onomatopeica gutturale del grammelot della commedia dell’arte fino al movement sound e al flash out del living theatre. 
 
Transurbanze Sonore remix del canto gregoriano kyrie eleison con le vibrazioni sonore di barbara ann dei beach boys e uappapà sta piantà li patane, agri bifolk style di nduccio, transurbanze sonore brani dalla tradizione in chiave contemporanea hip hop blues soul: lu rusciu de lu mare, fimmine fimmine, kali nifta, aquila bianca, sta matina, taragnawa tarantella gnawa,samnium session con tammorre tamburi e tamburelli attorno al fuoco, trasurbanza come transumanza urbana. 
 
Questa Ninna a chi la do brano omonimo, antidotum tarantulae alcuni temi di tarantelle cantati a loop tipo mantra come rirollallerorirollallà, lactalullalerolactalullallà, tarantella del gargano remix, ruba pere, sunette a la traverse, storia all’incontrario, ninna nanna, di antonio piccinino, filastrocca gricadi galliciano eta dio tria. area la mela remix. il bando del podestà, lu bene mio e le chiacchiere de lu paese di matteo salvatore. naima mantra blues, cala sera la luna gira il mondo e noi dormiamo.
 
mi sveglio e trovo il giardino ricoperto di foglie. come un grande riccio mi metto al lavoro, per raccoglierle, mi arrampico su un albero, volo come una coccinella, scavo un tunnel come una talpa, nuoto come una tartaruga e per ritrovare la strada di casa…! la nostra casa più preziosa il pianeta azzurro ridisegnamo il mondo e coltiviamo la fiducia nel cambiamento, ripensando il nostro modo di abitarci. l’estate è finita e l’autunno porta in tavola una grande varietà di frutta matura. è il momento del raccolto, accolto in alcune regioni da feste tradizionali che celebrano i colori i profumi i sapori e l’abbondanza del qui ed ora le giornate si accorciano il paesaggio intorno cambia giorno dopo giorno un periodo che si concilia con il raccoglimento interiore. gettiamo semi che raccontano di fiducia attenzione e cura per l’uomo e la terra. biodiversità significa anche prendersi cura di noi stessi con la consapevolezza che ogni giorno siamo immersi in un flusso circolare fatto di gesti che dati al terreno ci restituiscono fiori e frutti. il maggior raccoglimento in autunno è anche e soprattutto un rinnovato senso di comunità e non solo una questione di introspezione personale. una stagione che ci invita a rallentare a riflettere e a ritrovare il piacere delle relazioni sociali e del vivere comunitario...

Ferdinando Renzetti



 

giovedì 10 ottobre 2024

Destino o libero arbitrio? La risposta è in chi si pone la domanda...


Risultati immagini per paolo d'arpini Destino o libero arbitrio?
Ci si pone una domanda, da dove sorge? Diamo una risposta da dove è venuta? Ora, ad esempio, son qui che mi interrogo sulla realtà del manifestarsi della nostra vita. Essa è compiuta da un insieme di forze ed elementi congiunti che si combinano secondo loro leggi, o dettami del caso, oppure è il risultato di un agire volontario che cerca in tutti i modi di forgiarne forma e contenuti? Questo investigare è alla base di ogni concettualizzazione ed azione fisica o metafisica… Nel tentativo di capire la natura del nostro pensare ed agire si sono già interrogati gli uomini che ci hanno preceduto e sarà così per quelli a venire…. E la risposta?
Questo testo, ad esempio, che io sto scrivendo e che tu leggi (presupponendo che qualcuno lo legga..) da dove nasce? Le idee in esso contenute come hanno potuto affiorate nella mente, come sono condivise e comprese dall’ipotetico lettore? Il lettore comprende la tematica quindi significa che egualmente si è posto il dilemma… In ogni caso è codesto scritto il risultato di una libera scelta, un elaborato con un intento preciso, derivante da un processo volontario, da una decisione di mettere in atto l’azione del pensare e dello scrivere? O piuttosto è conseguenza di una serie di impulsi auto-generati che si uniscono sino a formulare quest’articolo?
Seguendo un ipotetico processo razionale, di primo acchito, sarei portato a rispondere che sì, questo scritto è frutto della mia decisione, è il risultato di un mio personale ingegno compositorio che prende questa forma descrittiva, impiegando le figure di un ragionamento filosofico…
No, non ne sono sicuro… Non ne sono sicuro perché “capisco” od intuisco che il mio ragionamento è definibile solo dopo che spontaneamente e senza alcuna intenzione da parte mia è apparso nella mia mente. E’ “apparso” e da dove? Il meccanismo della comparsa dei pensieri è un aspetto sconosciuto ed in conoscibile, essi sorgono da un non si sa dove…. Solo in seguito al loro presentarsi dinnanzi alla nostra coscienza possiamo affermare “ho pensato a questo…”. Insomma facciamo nostri i pensieri dopo che ci son venuti incontro dal nulla, li possediamo come qualsiasi altro oggetto che chiamiamo nostro (pur essendo in realtà della terra)… ed allora il senso del possesso è solo indicazione continuata d’uso, un uso comunque limitato nel tempo e nella qualità del suo godimento… 
Ogni cosa che definiamo “nostra” o nella quale ci identifichiamo, come “il mio corpo” -ad esempio- o “la mia mente” è in verità nostra solo per una consuetudine di impiego e di presenza. Quando sogniamo siamo avvezzi ad identificarci con uno dei personaggi del sogno e percepiamo questo personaggio come un “me” che si rapporta con altri personaggi operanti in un mondo, tutto il sogno in realtà si presenta davanti alla nostra coscienza e su di esso non abbiamo alcun controllo operativo, anche se, come nello stato di veglia, riteniamo di agire con uno scopo, ottenendo risultati oppure fallendo nell’ottenerli.
Dico “come nella stato di veglia” per inserire una rapida analogia comparativa con la realtà del nostro operare da svegli…. Chiamiamo il nostro agire nel mondo il risultato di un libero arbitrio e ce ne facciamo, di fronte a noi stessi ed agli altri (esattamente come nel sogno), responsabili, accettiamo lo sforzo del tentativo di raggiungere uno scopo, ci sentiamo frustrati se falliamo nel conseguimento, consideriamo che le nostre azioni sono legate ad un processo di causa ed effetto, ci arabattiamo nel cercare di prefigurarci un fine, per poi eventualmente pentirci e cercare il suo contrario.
Le religioni hanno utilizzato questo processo del divenire e dell’instabilità della mente e del desiderio di un risultato (immaginato come stabile e definitivo ma vano) per ordinare la vita di ognuno in termini di “responsabilità diretta” con successivo premio finale in veste d’inferno o di paradiso.
Nel dualismo religioso, sociale, o ideologico, nella separazione dal Tutto, l’unica cosa che si può fare è cercare di ottenere buoni risultati utilizzando la propria volontà, da noi definita libera scelta, illudendoci così di pervenire a qualche esito che ingenuamente definiamo la “risposta” alla nostra ricerca materiale e spirituale. Premio e castigo sono nelle nostre mani… e con questo peso sul groppone “commerciamo” e “speculiamo” con e su Dio –se crediamo il lui- oppure con la Natura e le leggi della giungla –se siamo atei materialisti- oppure facciamo come i superstiziosi che dicono “non è vero … ma ci credo!” finendo un po’ di qua ed un po’ di là della barricata immaginaria, o magari, come spesso avviene alla maggioranza di noi, cercando tout court di dimenticare il problema immergendoci nella soddisfazione delle esigenze e necessità quotidiane.
Ma l’enigma ritorna…. È un qualcosa di sconosciuto ed in conoscibile che torna a perseguitarci… Alla fine diamo la colpa agli Dei ed alla forza del destino! Infatti noi osserviamo per esperienza diretta che alcune cose che abbiamo intenzione di raggiungere ci sfuggono, mentre altre che aborriamo accadono.
“Possiamo definire questa forza che fa accadere ogni cosa Dio oppure “swabava”, che significa l’inerente natura di ognuno – diceva Anasuya Devi quando mi trovavo a Jillellamudi – aggiungendo che “questa forza si manifesta non solo negli eventi naturali e ciclici ma anche nell’inaspettato e persino nel tentativo dell’uomo di controllare l’inaspettato, e persino nel senso di aver noi deciso di compiere un determinata azione o corso di azioni”.
Come dire che questa “forza” assume la forma di compulsione interiore e che noi, facendo nostra la formulazione, definiamo “libera scelta”… Insomma la libera scelta non è altro che lo svolgimento mentale consequenziale allo stimolo interiore ricevuto, il modo banale attraverso il quale quella “forza” o “swabava” ci fa compiere l’azione “volontariamente”.
Ciò non toglie che nel nostro io, almeno quel riflesso mentale della coscienza che definiamo “io”, siamo perfettamente convinti che l’azione compiuta è frutto di una nostra decisione, che il pensiero osservato è nostro proprio, che questo scritto è da me arbitrariamente redatto, che tu stai leggendo di tua propria opzione.
“Ma i frutti del nostro agire non sono permanenti – diceva Ramana Maharshi – ed il rincorrerne i risultati ci rende prigionieri dell’oceano del “karma” (il divenire attraverso l’azione), impedendo la comprensione della vera natura dell’Essere”
Ciò significa che le azioni da noi compiute con uno scopo, e con appropriazione identitaria del compimento, ci portano ad esperimentare piaceri e dolori. Essi sono in verità limitati nel tempo ma lasciano dei semi nella mente, causa di una successiva fatica nell’evitare o perseguire certe azioni. Questi semi (detti in sanscrito “vasana”) ci spingono in una serie apparentemente infinita di coinvolgimenti ed atti, legando la nostra attenzione al mondo esteriore ed impedendo la scoperta della nostra vera natura interiore. Perciò nell’intendimento dato all’azione non può esserci affrancamento dall’io (ego), che è limitato al corpo mente.
Si potrebbe obiettare che se non c’è intendimento nemmeno l’evoluzione è possibile, né il miglioramento della propria condizione… Eppure accettando la crescita spontanea alla quale la vita spontaneamente tende (come è nei fatti comprenderlo) saremo “liberi” di portare a termine tutte quelle azioni che naturalmente vanno nella direzione della crescita, ad adempimento dell’ispirazione interiore, senza assumercene l’onere….
Chiamarlo “arrendersi” alla propria inerente natura o svolgimento del proprio dovere karmico (dharma) a questo punto non importa, succede e basta!

Paolo D’Arpini
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Rete Liberi di lottare – Fermiamo insieme il DDL 1660...

 


Da molti anni, con i più svariati pretesti, i governi di diverso colore hanno introdotto leggi per limitare l’agibilità di scioperare, lottare, manifestare.

Il governo Meloni è deciso a proseguire questa operazione facendo un salto sia qualitativo che quantitativo rispetto ai precedenti governi attraverso il disegno di legge 1660, che è stato approvato il 18 settembre 2024 dalla Camera dei Deputati e ora passa all’esame del Senato.

Con questa “legge-manganello” il governo vuole “regolare i conti” con tutte le realtà ed esperienze di lotta in corso e creare gli strumenti giuridici necessari per stroncare sul nascere i futuri, inevitabili conflitti sociali. La sempre più marcata tendenza alla guerra sul fronte esterno richiede sul fronte interno un contesto sociale pacificato, e a questo “lavorano” tutti gli apparati dello stato.

Il DDL 1660, introducendo nuovi reati e nuove aggravanti di pena, colpisce insieme le manifestazioni contro le guerre, a cominciare da quelle contro il genocidio di Gaza, e quelle contro la costruzione di nuovi insediamenti militari; i picchetti operai; le proteste contro le “grandi opere”, la catastrofe ecologica, la speculazione energetica; le forme di lotta di cui questi movimenti si dotano per aumentare la propria efficacia come i blocchi stradali e ferroviari; le occupazioni di case sfitte. E contiene norme durissime contro qualsiasi forma di protesta e di resistenza, anche passiva, nelle carceri e nei Centri di reclusione degli immigrati senza permesso di soggiorno, perfino contro le proteste di familiari e solidali a loro supporto.

Il DDL 1660 arriva a punire anche il “terrorismo della parola”, cioè la detenzione di scritti che inneggiano alla lotta – dal momento che, gratta gratta, dietro il ricorso alla categoria “terrorismo”, usato apposta per creare paura, non c’è altro che la lotta di classe e le lotte sociali ed ecologiste.

Il DDL 1660, mentre criminalizza ogni forma di dissenso, prevede la totale impunità per le forze dell’ordine, le quali saranno ulteriormente tutelate nei casi sempre più frequenti di “abuso in divisa” e potranno portare armi anche fuori servizio : massima restrizione della libertà di lottare per tutti/e da un lato, massimo ampliamento della potestà di reprimere, picchiare e punire per le “forze dell’ordine”, messe al riparo da ogni responsabilità per i loro comportamenti.

Questo disegno di legge è parte del più generale programma reazionario del governo Meloni  ed è funzionale all’economia di guerra, alla corsa al riarmo e verso una nuova guerra globale; è scritto sotto dettatura dei comandi militari italiani, europei, NATO, e in linea con il restringimento delle libertà politiche che prende corpo in tutti i paesi del vecchio continente: lo firmano insieme, non a caso, i tre ministri dell’interno, della “difesa” e della “giustizia” (Piantedosi, Crosetto, Nordio).

Una legge liberticida, schiavista, da stato di polizia, che va assolutamente fermata!

Vogliamo unire le nostre forze per respingere questo disegno politico, e affermare che ci riterremo liberi/e di continuare a lottare.

Questo DDL va fermato: ma non saranno certo le opposizioni parlamentari a fermarlo, quelle che negli anni passati hanno varato i decreti Minniti e i decreti Salvini; quelle che sostengono fanaticamente la guerra tra NATO e Russia in Ucraina; quelle che non hanno alzato un dito contro il genocidio in Palestina perché da sempre schierate a favore dell’oppressione coloniale e razzista del sionismo contro le masse palestinesi.

Solo il rilancio delle lotte proletarie, sociali, ecologiste, e contro le guerre in corso, solo un grande movimento unitario contro questo DDL nei luoghi di lavoro, di studio e nelle piazze, potrà impedire l’approvazione della legge e, se questa verrà approvata, contrastarne l’applicazione e fare da argine alla repressione padronale e di stato: è in questa ottica che le nostre assemblee hanno avviato un dialogo tra movimenti ed esperienze che negli anni passati si sono quasi sempre reciprocamente ignorate pur cadendo tutte, in una forma o nell’altra, sotto i colpi di magistratura, polizia e carabinieri.

Per questo abbiamo messo all’ordine del giorno la costituzione di un coordinamento permanente tra i movimenti, i collettivi, gli organismi, le organizzazioni sindacali, politiche, le singole e i singoli attivisti che condividono l’obiettivo di una mobilitazione unitaria contro il DDL 1660 e il disegno militarista e guerrafondaio che esso esprime, con l’invito a costituire dei nodi locali di questa Rete per promuovere iniziative diffuse di lotta e di sensibilizzazione.

Questo coordinamento prende il nome di Rete Liberi/e di lottare – Fermiamo insieme il DDL 1660 proprio perché in gioco c’è la possibilità stessa di mobilitarsi contro le guerre in corso, contro lo sfruttamento del lavoro, il saccheggio della natura, la speculazione edilizia ed energetica, il razzismo di stato che discrimina le popolazioni immigrate, gli attacchi ai diritti acquisiti delle donne, la possibilità di resistere e lottare per i reclusi nei CPR e nelle carceri, dove ogni giorno si muore di violenza, di torture e di disperazione.

La Rete è aperta ad accogliere chi ne condivida gli obbiettivi, con tre sole (ma imprescindibili) discriminanti: essere per il totale rigetto del DDL, che non è riformabile né emendabile; essere in modo inequivoco contro le guerre in corso e l’economia di guerra, da cui il DDL nasce; impegnare le proprie forze per lo sviluppo di una mobilitazione unitaria, in autunno e oltre l’autunno, con il ricorso a tutti i mezzi di lotta necessari, inclusi quelli che il DDL vuole a tutti i costi interdire.

La vera sfida che ci attende è quella di raggiungere con la nostra informazione e agitazione un’area della società  più ampia di quella abitualmente coinvolta nelle proteste e nelle lotte, composta di lavoratori/lavoratrici, disoccupati/e, studenti/studentesse e persone comuni che intuiscono i pericoli da noi denunciati, ma ancora non si sono mossi.

Per adesioni fermiamoidecretisicurezza@gmail.com


RETE LIBERI/E DI LOTTARE – FERMIAMO INSIEME IL DDL 1660

mercoledì 9 ottobre 2024

Politica ed economia ecologica...

 


Delegare la gestione della propria esistenza ad un “governo” o ad una “chiesa” equivale ad abbandonare le proprie responsabilità basandosi sul fatto che vi sono persone altre da noi stessi che veramente sanno come fare a mandare avanti le cose.
Questo ovviamente vale in ogni campo dell’esistenza umana ma per il momento lasciamo da parte l’aspetto “religioso” di questo atteggiamento “rinunciatario” e di delega all’altrui e rivolgiamo la nostra attenzione all’aspetto politico.
Un partito politico, e di conseguenza un governo, viene apparentemente fondato per il bene del popolo ma in realtà diviene una corporazione che serve solo  se stessa.
Una amministrazione tiene le cose sotto il suo controllo e prolifera leggi di una sempre crescente complessità ed incomprensibilità. In effetti ostacola il lavoro produttivo domandando tanti rendiconti sicché il registrare quanto è stato fatto diventa più importante di quel che è stato realmente fatto. In questo modo, incrementando la burocrazia ed i cavilli, si può andare sempre più in là nell’astrazione… tuttavia nella crescente angoscia riguardante la sovrappopolazione, la massificazione culturale, la mistificazione negli interessi economici occulti, l’inquinamento e lo squilibrio ecologico, i disastri potenziali dell’incremento tecnologico militaresco, etc. soltanto di rado siamo in grado di riconoscere che i nostri governi sono diventati auto-distruttori delle istituzioni umanitarie.
I governi -come affermava Alan W. Watts- restano impantanati nel tentativo di soddisfare una sempre crescente alienazione dalla vita pratica e dalle esigenze primarie dell’uomo, soffocati e paralizzati, come sono, sotto montagne di complicazioni di bilanci e di scartoffie.
La considerazione successiva, per non dover ripetere gli errori del passato, è che né l’individuo né la società possono tirarsi fuori dalla situazione attuale in modo autonomo e facendo uso della forza. Pur che ancora oggi assistiamo ad uno svolgimento in tal senso della spinta al cambiamento sociale… Sino a quando faremo uso della forza, sia fisica che morale o religiosa, nel tentativo di migliorare noi stessi ed il mondo.. andremo in verità sprecando energia che potrebbe essere altrimenti usata per cose che realmente possono essere fatte..
Occorre cambiare il nostro approccio di vita e la considerazione della nostra partecipazione all’insieme delle cose. Nell’ecologia profonda e nella spiritualità laica c’è l’indicazione verso il recupero della fiducia in se stessi e negli altri. La nuova visione, il nuovo metodo, non può essere aggressivo e nemmeno passivo, non è un atteggiamento sentimentale. Occorre riconoscere che in alcuni casi l’uso della violenza può essere necessario.. ma sarà una violenza mite, educativa... somigliante alla severità della madre che intende educare il figlio e non reprimerlo.
Ecologia profonda e spiritualità laica, attuate nel campo della politica e dell’amministrazione della cosa pubblica, conducono non alla soddisfazione di cieche rivalse popolari, non all’attuazione di una “giustizia livellatrice”, bensì a favore della “generosità umana”. Che non è semplice benevolenza e perdono, come si potrebbe supporre, ma il mantenimento dell’onestà e delle qualità “umane” nella loro pienezza. Come diceva Ezra Pound: “L’onestà è la ricchezza di una nazione”.
L’equilibrata severità e correttezza, che potremmo definire in termini matristici “intelligenza minervina”, richiede una grande capacità discriminativa e la strada verso di essa è difficile da raggiungere, abituati come siamo a delegare alla giustizia esterna (governativa e religiosa) ogni funzione emendatrice.
Perciò se un uomo integro cerca di raggiungere la maturazione spirituale e politica dovrà necessariamente riscattarsi da ogni modello coercitivo attualmente presente nella società… Non possiamo però chiamare questo processo “anarchia” in quanto si presuppone un indirizzo definito rivolto al “bene comune”. Non più misurando le cose attraverso il modello della giustizia “dei codicilli” ma portando l’umano al suo massimo livello di responsabilità. In cui le azioni non sono conseguenti a corsi precostituiti o tabù, le contingenze e la saggezza ed onestà acquisita indicano al momento quale sia la cosa giusta da fare….
In altre parole un essere umano consapevole di appartenere ad un contesto vitale e spirituale inscindibile non ha bisogno di incarnare modelli prefissati di “rettitudine”, non è un “buonista”, e nemmeno un presuntuoso, un pedante, ma riconosce che possono avvenire alcuni errori nel perseguimento della genuina natura umana. Gli errori -se non ripetuti- sono il sale della vita. Sono l’indicazione del retto percorso da seguire.
Infatti che si maschera da ligio osservante delle leggi è un ipocrita ed un falso uomo pubblico (sia in senso politico che religioso), invero è completamente privo di “umorismo”, non sa ridere di se stesso e degli altri ed allo stesso modo, e non lascia che la sua natura umana possa completarsi e giungere a maturazione. Egli, meschinello, si ferma alla “forma” e di conseguenza è condannato a trasgredire anche quella (forse in segreto) restando inconsciamente legato alle proprie ombre. Un legalista sarà semplicemente un ficcanaso ed un acquisitore di “meriti presunti”, sulla base della sua adesione ad una fede politica o religiosa. 
Chi basa la giustizia sulla rigorosa sottomissione a regolamentazioni lineari non sarà mai in grado di percepire la verità dietro le forme. Questi ipotetici buoni governanti, così seri e riguardosi dei loro giusti principi (o peggio ancora dei loro sordidi interessi) giustificano ogni iniquità con la forza dalle ragioni politiche o religiose. Poveretti, non saranno mai in grado di godere di un sano “spirito” libero e laico, assai meno nocivo della loro sudditanza all’ideologia (o peggio ancora all’interesse).
Ed una una delle peggiori ideologie, in questo momento storico, è quella relativa al concetto di “utile” e di “guadagno”, che persino supera ogni altra convinzione politica e religiosa.. ed è in nome dell’utile e del guadagno che la società umana va sprofondando verso la perdita dell’anima e della capacità d’intendere e di volere. Questa ideologia, chiamiamola pure “bancaria”, così amata dai ragionieri della vita, rischia di forzare sempre più l’uomo in direzione della rinuncia ad ogni umanità e capacità discriminante. E con la perdita dell’intelligenza subentra anche la perdita della capacità di sopravvivenza della specie umana. 
Paolo D’Arpini - Rete Bioregionale Italiana