giovedì 30 marzo 2023

Reseda: "Guardiani delle foreste"

 


...vi scrivo come EcoIstituto RESEDA onlus, una piccola organizzazione che però ha avviato numerosi progetti innovativi in Africa e America latina.

Il nostro obiettivo è la creazione di progetti che uniscono la solidarietà con l’ecologia, questo ci ha portato ad avere relazioni con diversi popoli e associazioni locali con cui stiamo cercando di creare una rete di sostegno. In particolare i nostri rapporti ci legano con i popoli delle foreste congolesi e con quelli amazzonici, nonché con quelli delle zone aride del sahel e del sahara.

In questi giorni ospiteremo un rappresentante delle comunità indigene del Chocò (Colombia), sarà l’occasione per organizzare alcuni incontri e conoscere direttamente la realtà di lotta e resistenza delle popolazioni indigene che negli ultimi mesi hanno visto anche l’assassinio di alcuni loro componenti le guardie indigene.

Rimango a disposizione nel caso voleste organizzare un incontro presso la vostra sede tra il 2 e l’8 aprile 2023  in occasione di questo viaggio.

Roberto Salustri - Direttore Ecoistituto RESEDA onlus - Cell. 3400631104 - reseda@resedaweb.org    




mercoledì 29 marzo 2023

La disponibilità idrica è in costante diminuzione...

 


È decisamente un trend in calo quello registrato in Italia a livello di disponibilità di risorsa idrica, secondo l'analisi ISPRA.  

Nell’ultimo trentennio climatologico 1991–2020, con un valore che ammonta a più di 440 mm, la disponibilità di acqua diminuisce del 20% rispetto al valore di riferimento storico di 550 mm., circa 166 km 3 registrato tra il 1921–1950.

Anche le stime sul lungo periodo (1951–2021) evidenziano una riduzione significativa, circa il 16% in meno rispetto al valore annuo medio storico.

Questa riduzione, dovuta in gran parte agli impatti dei cambiamenti climatici, è da attribuire non solo alla diminuzione delle precipitazioni, ma anche all’incremento dell’evaporazione dagli specchi d’acqua e dalla traspirazione dalla vegetazione, per effetto dell’aumento delle temperature.
Sono le stime del BIGBANG, il modello idrologico realizzato dall’ISPRA che analizza la situazione idrologica dal 1951 al 2021 fornendo un quadro quantitativo e qualitativo delle acque in Italia.
Ancora in corso di valutazione l’anno 2022.

Le proiezioni climatiche future evidenziano, sia su scala globale che locale, possibili impatti dei cambiamenti climatici sul ciclo idrologico e sulla disponibilità di risorsa idrica, dal breve al lungo termine. Tale condizione non potrà mutare, se non saranno messe in campo efficaci azioni di riduzione delle pressioni antropiche, sia sul versante delle emissioni dei gas a effetto serra, sia su quello della gestione della risorsa idrica, in un’ottica di adattamento e sostenibilità dei relativi usi.

La siccità 2022, con un deficit di precipitazione, liquida e solida, e la persistenza di elevate temperature, ha di fatto ridotto la disponibilità di risorsa e le riserve idriche per i diversi usi (civile, agricolo, industriale) e per il sostentamento degli ecosistemi e dei servizi che essi erogano, evidenziando ancor più la necessità di affrontare le problematiche connesse alle pressioni antropiche. I nostri studi hanno già da tempo evidenziato un aumento statisticamente significativo della percentuale del territorio italiano soggetto a condizioni di siccità estrema su scala temporale annuale.

Le analisi sul bilancio idrico nazionale, condotte dall’Istituto in collaborazione con l’Istat, hanno inoltre evidenziato il ruolo significativo dei prelievi di acqua dai corpi idrici che, anche in anni non siccitosi e con larga disponibilità di acqua superiore alla norma, possono determinare condizioni di stress idrico. 



Fonte: http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/03/ispra-nellultimo-trentennio-diminuita-del-20-la-disponibilita-idrica-nazionale/

martedì 28 marzo 2023

Il tempo passa e non aspetta... forse è ora di "svegliarsi"?




Il 25 settembre 2022  si svolgevano le elezioni parlamentari.  (...) La chiamata alle urne, seppure nel suo piccolo, era una grande occasione per convogliare lo spirito molteplice di una moltitudine incredula, critica, inferocita, delusa. (...) I partiti e i movimenti (1) che si sono ritrovati davanti a detta opportunità, invece di raccoglierla, l’hanno fatta cadere.

Ogni volta che mi ritorna in mente, mi ritrovo un po’ stranito. All’origine dello sbigottimento personale c’è una domanda tanto banale, quanto appunto sorprendente. Come mai dopo le elezioni, che gli antisistemici hanno pensato bene di condurre separatamente – invece di unirsi attorno al pensiero che avere seggi è meglio che non averli –, nulla è accaduto? Cioè – per abbreviarla –, come mai dopo l’esclusione assoluta dal parlamento non è partito un tentativo di radunare le forze di quella moltitudine insofferente, sull’orlo – almeno nei sentimenti di qualcuno – della guerra civile?

Le compagini politiche, organizzate per poter essere presenti nelle schede elettorali, avrebbero potuto ottenere qualche scrannico successo alle votazioni. A cose fatte, la somma delle loro individuali percentuali ottenute lo ha dimostrato.

Se l’accorpamento non è stato possibile, certamente ognuno avrà avuto le sue rispettabili ragioni. Tuttavia, c’erano argomenti e temi condivisi. Dunque, se l’unione di forze non è avvenuta, la questione è di tipo vanesio-egoico. Esattamente quella in scena sul teatro della politica (in nome del politicamente corretto la si potrebbe chiamare individualismo mascherato) ormai da lunga, pluridecennale, data.

Nessuno, preso da se stesso, magari “per il nostro bene” – come è facile sentici dire in campagna elettorale –, tirannicamente rapito dalla propria visione delle cose, non è in grado mai di utilizzare l’ascolto. Ovvero di non raccogliere quel tipo di informazioni basilari che viaggiano su onde lunghe e condivise, sempre nascoste da altre, fibrillanti, frenetiche, ossessive e disorientanti.

È sì una giustificazione. Ma meglio vederla in forma di critica e, volendo, anche di discredito. Come possono andare oltre le attuali sataniche modalità dell’individualismo mascherato, usando i medesimi criteri che vorrebbero sostituire?

Ma esprimevano altre idee, antisistemiche! Risposta accettabile, ma anche in questo caso meglio vederla come una o più di quelle frenetiche fibrillazioni ossessive citate. Chi vuole raccogliere accoglie, unisce, rinuncia. Chi vuole guidare ha vista lunga, traguarda oltre a ciò che la impedisce.

Quindi, perché a batosta conclamata nessuno della triplice separazione ha neppure tentato – e se lo ha fatto, pardon, ma io non l’ho visto – di mettersi a un tavolo? Di agire in funzione di radunare la moltitudine spiritualmente – e non solo – disperata? Spero che una possibile risposta non sia: “Troppo presto rispetto alla prossima tornata elettorale”. Ma che c’entra? Non è per noi, quelli che hanno le idee come voi, che esistete? Non ha senso per nessuno di voi radunarsi, studiare, produrre documenti, inchieste, critiche strutturali che vadano al di là degli slogan? Che creino relazione con la moltitudine? Non è per voi opportuno andare oltre i piccoli interventi, più simili ad azioni private, che di partito o movimento (individualismo mascherato)?

Perché nulla del genere è avvenuto? Perché ognuno – e ci metto anche le testate e i blog che hanno e stanno facendo un gran lavoro di controcultura – segue pacifico la propria linea? Sarei e – penso di possa dire – saremmo ansiosi di ascoltare le risposte dai più diretti destinatari di questo lamento, nonché di questa critica.

Ansioso, in quanto la sola risposta che da solo posso fornirmi richiama troppo la matrice individualista, che tutto sta demolendo. O che tutto ha già demolito? È una domanda, prima di essere una considerazione, un dubbio, un’ipotesi, una certezza.

Per buona parte di quella moltitudine, è da tempo il tempo di radunare i pensieri e le forze di chi non si capacita dei marosi della geopazzia, in cui il mondo non è che un barcone in balia dell’insipienza, a causa della quale sarà presto naufrago.

Non abbiamo più l’eros necessario per alzarci dal divano e scendere in piazza? Non serve a nulla scendere in piazza? Non serve nulla di nulla, con la comunicazione detenuta dai soli soddisfatti della situazione?

La situazione è ampia, molte forze sciamano, orientandoci di qua e di là come posidonie nella risacca. Ma dovrebbe essere un motivo in più per rimboccarsi le maniche, non per deporre le armi e darsi per vinti. Ma, se così fosse, arriveremo a tacere, a fuggire, a vaneggiare del tutto. Nessuna battaglia è vinta dall’eroe, l’eroe non esiste senza un plinto di popolo sul quale elevarlo.

Non ci sono i soldi? Dubito, ma può capitare. Ma, se invece così fosse, perché non avviare una campagna di autofinanziamento? Lo fanno diversi emeriti blog e testate web – anch’esse qui ringraziate, ma anche criticate – che vivono appunto di eros, di etica, di dolore, di volontà.

Il popolo somma dei tre schieramenti, unito a quello astensionista e a quello dei furono cani sciolti, dei manifestanti della pace, dei singoli visionari, merita di vedere un minimo frutto del suo scoordinato spingere in opposta direzione al sistema. E non si citi ora l’azione della procura di Bergamo che, spiritualmente parlando, in quanto opera del sistema stesso è un’offesa alla inerte moltitudine citata. Certo, possiamo condividerla e trarne soddisfazione, ma noi? Noi, che si fa? Che si è fatto, oltre a sperare, aspettare, criticare?

L’avvento del Great Reset è in essere. Stiamo morendo soffocati dall’incredulità di ciò che passa come progresso, di quanto ha già attecchito come tale nell’altra immensa moltitudine dei divanisti. 

Il culto della tecnologia, quello della digitalizzazione, l’affermazione dello scientismo, la cancellazione delle culture, l’imposizione dell’identità digitale, della corsa al vaccino, l’abbattimento delle identità comunitarie e individuali, la guerra per l’egemonia del capitalismo occidentale, la censura in nome della democrazia, le bombe in nome della pace, il controllo in nome della sicurezza, il razzismo antirusso come politica e il nazismo ucraino come insistenza, il tribunale infame che vuole perseguire Putin, la corsa ai diritti colorati, alla donna come industria di merce vivente, la repressione civile ucraina come espressione di uno stato democratico sono solo alcuni esempi di sinapsi premiate dal sistema.

Lorenzo Merlo




Note

  1. Italexit, Italia sovrana e popolare, Alternativa per l’Italia, facenti rispettivamente capo a Gianluigi Paragone, Francesco Toscano e Marco Rizzo, Mario Adinolfi e Simone Di Stefano.


lunedì 27 marzo 2023

ISDE: "Inquinamento e morte"

 


Il VI rapporto dello studio Sentieri sulla salute nelle aree di interesse nazionale per le bonifiche (Sin),  conferma uno stato di salute alterato per oltre 6,2 milioni di residenti nei 46 siti studiati. 

I 46 Sin (39 di interessa nazionale e 7 regionale) includono 316 comuni con una distribuzione della popolazione residente in prevalenza nel sud-isole (55,5 per cento), nel Nord-Est (20,3 per cento), nel Centro (12,6 per cento) e nel Nord-Ovest (12 per cento. 

Le stime globali danno un quadro d’insieme che evidenzia in queste popolazioni un eccesso di mortalità e di ospedalizzazione rispetto al resto della popolazione, e mostrano come nei siti con caratteristiche di contaminazione simili si producano effetti comparabili. 

ISDE Medici per l’Ambiente.










Fonte: https://www.isdenews.it/siti-inquinati-cosi-in-italia-si-muore-di-bonifiche-mancate/

domenica 26 marzo 2023

Idrogeno: un'alternativa possibile ai carburanti fossili?



Al dipartimento di Chimica della Sapienza, insieme ad EURISPES e all’associazione ambientalista Ecoitaliasolidale è  nato il progetto di organizzare un convegno legato a formule alternative all’uso dei combustibili fossili. Sono stati considerati studi e ricerche da quelli antichi ai più recenti, il tutto per valutare concretamente l’abbandono dei combustibili fossili a beneficio soprattutto dell’idrogeno. 


Studi recentissimi, che verranno esposti nel convegno che si terrà proprio all’Università La Sapienza di Roma l’8 giugno p.v., parlano anche dell’utilizzo di batteri, scoperti recentemente dagli scienziati australiani, che sono capaci di produrre direttamente l’idrogeno.

L’aspetto più importante di tutta la giornata dedicata al convegno sarà senz’altro l’incontro tra imprenditori e scienziati. I quali hanno interesse a partecipare ad una eventuale “rivoluzione verde”.

Previsti come relatori i proff. Luigi Campanella, precursore della chimica verde in Europa, Ezio Gagliardi, biochimico che studia la via biologica per la produzione dell’ idrogeno, Vincenzo Naso, direttore del CRPS, nonché uno dei maggiori esperti internazionali nella produzione e utilizzazione dell’idrogeno per uso civile, Riccardo Valentini, membro dell’IPCC e uno tra i maggiori esperti internazionali sulla funzione delle foreste per gli equilibri climatici e a seguire altri esperti e tecnici anche della SNAM.

Il convegno ha anche lo scopo di rassicurare il Ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, che ha recentemente parlato in Parlamento, del rischio delle batterie elettriche.   Il convegno previsto per l’8 giugno alla Sapienza, sarà propedeutico per un successivo confronto con le Istituzioni politiche nel prossimo mese di Settembre.

Tutto ciò è quanto dichiarano in una nota da Ennio La Malfa,  fra i padri fondatori dell’ambientalismo nazionale,  e  da Piergiorgio Benvenuti, Presidente Nazionale di Ecoitaliasolidale.




Per info: – Ecoitaliasolidale2020@gmail.com

sabato 25 marzo 2023

Disboscamenti e sbancamenti sulle colline del prosecco...

 


...non c’è siccità che tenga! La monocoltura del prosecco DOCG avanza alla grande con disboscamenti e sbancamenti di intere colline UNESCO a favore di nuovi vigneti e insediamenti, in questo caso da est a ovest della collina proprio sopra all’abitato di Refrontolo...

 

LE COLLINE UNESCO DOCG PROSECCO

Oramai  i nuovi feudatari, che “gestiscono alberghi di lusso e appartamenti a Venezia”, acquistano intere colline e possono fare le cose alla grande soprattutto perchè l’area UNESCO delle colline del prosecco è fuori controllo, dopo che in fase di certificazione è stata eliminata la 15^ raccomandazione di controllo, richiesta dalle procedure UNESCO.


La raccomandazione recitava :

“Garantire che tutti i principali progetti che potrebbero avere un impatto sulla proprietà siano comunicati al Centro del patrimonio mondiale in linea con l'articolo 172 degli Orientamenti operativi per l'attuazione della Convenzione del patrimonio mondiale;”

Eliminare  la 15^ raccomandazione nel Rapporto dell’UNESCO di Parigi (documento “whc19-43com-8B-Add”) deresponsabilizza l’UNESCO di Parigi e impedisce di fatto il controllo dei tempi, dei costi, della qualità delle altre 14 raccomandazioni indicate dalla Commissione ICOMOS UNESCO e offre invece una grande  opportunità a chi vuole agire indisturbato a disboscare, sbancare ed edificare.

 

LA LEGGE REGIONALE VENETA  SULL’ALBERGO DIFFUSO

La Regione Veneto, solo due settimane dopo la certificazione UNESCO Colline del Prosecco Conegliano/Valdobbiadene,  ottenuta a Baku il 7.7.2019, ha approvato  in Consiglio regionale  una legge, la nr.29 del 25.07.2019, che propone per il Veneto il “...riutilizzo di strutture in zona agricola per finalità di locazione turistica o per finalità di classificazione come dipendenza di albergo diffuso”  senza modifiche di destinazione d’uso e di nuove tasse.

 

IL FUTURO

Non condividiamo l’entusiasmo dell’Amministrazione comunale di Refrontolo per questo intervento privato che interessa 20 ettari di terreno con strutture turistiche di altissima qualità circondate da un’azienda agricola monocolturale di vigneti.

Da un lato la monocoltura della vite avrà  bisogno di grosse quantità di acqua per nebulizzare i pesticidi e per bagnare i vigneti e d’altro canto le strutture turistiche prevedono l’allestimento di parecchi appartamenti negli edifici esistenti, di sei o sette casette in legno sulla collina e inoltre di una Spa e di due piscine.

Anche il Presidente Zaia poco tempo fa ha annunciato i rischi di razionamento dell’acqua per ovviare all’incalzante e annosa siccità.

Il notevole aumento delle presenze turistiche, da lui più volte auspicato, sommerà i consumi d’acqua a quelli agricoli proprio nei mesi critici più caldi.

Ancora una volta si privilegeranno gli interessi economici dei nuovi feudatari e verranno trascurati i bisogni della popolazione residente e la tutela della sostenibilità ambientale.


Gianluigi Salvador - gianlu.cali@libero.it



venerdì 24 marzo 2023

"Il pacifismo utilitaristico è solo ipocrisia..." - Mini rassegna stampa del 23 marzo 2023



Alla Camera il match incrociato dei partiti 

Questo il titolo del pezzo de “Il Manifesto”, del 23 marzo 2023, a firma di Andrea Colombo, dedicato alla premier che comunica alla Camera, dopo il Senato, in vista del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo.

Il giornalista osserva: “L’Ucraina è un nodo reale, il più intricato che ci sia oggi, ma è anche uno strumento da adoperare (per la contesa sulle nomine- ndr). Matteo Salvini la usa per tenere la premier sulla corda”. E questo si manifesta attraverso la simbologia dei ministri leghisti non presenti sul banco del governo.

Nell’evento però non è infondato vedere una certa insofferenza del partito di Salvini per la posizione espressa in Senato da Giorgia Meloni sull’invio di armi a Kiev.

(Già il 21 marzo al Senato il capogruppo leghista Massimiliano Romeo aveva frenato sulle armi a Kiev facendo riferimento a "rischi dalla corsa alle armi").

Al netto di questo teatrino sul vuoto, alla fine rattoppato, dei leghisti tra i banchi del governo, al momento del voto sulle risoluzioni non si è registrata nessuna sorpresa, col documento di maggioranza approvato senza problemi e quello del Terzo Polo di AZIONE+IV parzialmente sostenuto anche dal centro-destra (il documento si è votato per parti separate).

Ettore Rosati di IV: “Lei, signora Meloni, si può permettere la sua posizione netta perché c’è un pezzo di opposizione che condivide questa linea”.

Le opposizioni, come al Senato, si sono schierate in ordine sparso alla Camera. Ma con intenzioni presuntamente pungenti nelle loro accuse. Si è già citata la disponibilità di Calenda-Renzi a fare da sponda militarista. Ma anche il PD di Elly Schlein, che si è fatta notare per la sua assenza, si è buttato a giocare sulle crepe del centrodestra. Ricorda Enrico Borghi che “Meloni dice in aula che dobbiamo arrivare al 2 per cento delle spese militari sul PIL e il capogruppo della Lega Romeo dice l’opposto”.

Marianna Madia: “Tenga d’occhio i suoi alleati, noi faremo altrettanto dalla nostra parte”.

Ma è evidente che il PD su questo punto delle armi a Kiev sconta le difficoltà e l’imbarazzo della sua neosegretaria.

Commenta Andrea Colombo: “Scegliere (da parte della Schlein – ndr) di non parlare non è una gran bella figura. (La sua controfigura Madia-ndr) non spiega perché, essendo del tutto d’accordo, il PD non vota la parte della mozione di maggioranza sulla guerra, come fa invece il Terzo Polo. È un autogol e un passo falso da parte della nuova segretaria dem che di fatto ha lasciato ieri la bandiera di speaker dell’opposizione a un Conte in ottima forma”.

Ma come è possibile coprire con spiegazioni posticce una incoerenza palese, caro Colombo?

È il Fatto quotidiano che, come al solito, fa da cassa di risonanza all’intervento di Giuseppe Conte.

Titolo dell’articolo a firma di Luca De Carolis: “Conte attacca: L’Italia in guerra, la premier è una faccia di bronzo”.

Il 1° marzo 2022 il Parlamento approvò un decreto che autorizzava Draghi a inviare forniture militari all’Ucraina, ma con precisi limiti. Noi, 5 Stelle, non senza tormenti di coscienza, decidemmo di non abbandonare un Paese aggredito, nella convinzione che alle armi si affiancasse una forte iniziativa diplomatica. Ma oggi possiamo dire che quei limiti e quelle premesse sono stati traditi, prima da Draghi e adesso dal suo esecutivo, che è la brutta copia del governo Draghi”.

Conte insiste: “Ci state trascinando in guerra, per inseguire una vittoria militare sulla Russia”. Osserva De Carolis: sono parole rivolte anche al PD, che non cita.

Giorgia Meloni replica con delle domande da rivolgere a chi parla di pace “facendo propaganda sulla pelle di una popolazione sovrana”.

Quali sono le condizioni per aprire un tavolo di trattativa? Ritenete che si debbano rivedere i confini dell’Ucraina oppure no?

Condizioni non ce ne devono essere, a parte il cessate il fuoco delle parti belligeranti. È questa una convinzione dei pacifisti, almeno dei pacifisti “esigenti” (quelli del presidio in piazza dell’Esquilino), ma anche di una strana corrente di pensiero “trasversale” che si sta profilando.

Potremmo chiamarla del “pacifismo utilitaristico”.

La può esprimere, ad esempio, un convegno tenuto nei pressi di Montecitorio organizzato da “Avvocatura in missione”, che ha riunito uno schieramento trasversale – Romeo (Lega), Delrio (PD), Patuanelli (M5S), Gasparri (FI) e Alemanno - per ribadire l’esigenza di andare oltre la ricerca della soluzione armata.

Ne riferisce il quotidiano Avvenire in un articolo a firma di Alessia Guerrieri. Titolo: “Nasce il fronte trasversale che chiede una mozione per favorire la pace

L’idea è quella di una mozione parlamentare unica “che chieda al governo un’azione diplomatica forte a livello europeo, prima per il cessate il fuoco e poi per la fine definitiva della guerra, “costringendo” le parti a trattare”.

Ecco quanto Romeo “preoccupato” chiede alla premier Meloni: “approfittando di questo momento di stallo del conflitto, cerchiamo una via diplomatica per chiedere uno sforzo europeo almeno per la tregua”.

Graziano Del Rio: “Un anno fa era comprensibile inviare armi per sostenere il diritto alla resistenza. Ma ora è necessario che la grande assente – l’Europa – prenda la sua iniziativa di pace. Su questo tema deve esserci un dialogo trasversale”.

Patuanelli dei Cinque Stelle, propone gli stessi toni. “Oggi si deve lavorare per una tregua e poi fare sedere gli attori intorno a un tavolo”.  A suo parere, la fine dell’invio di armi può rappresentare l’unico elemento di discontinuità per iniziare a ragionare di pace”.

Maurizio Gasparri: “Va evitato che la Russia finisca nelle braccia della Cina. Spero si torni allo spirito di Pratica di Mare, cioè leali nel posizionamento, ma non ottusi nel ragionamento”.

Don Stefano Caprio: “Bisogna rimettere al centro l’idea di una trattativa di pace, magari utilizzando la via proposta dal Papa, con la Chiesa come mediatore”.

Gianni Alemanno, portavoce del Comitato “Fermare la guerra”: “Se l’Italia non agirà nel senso di chiedere il cessate il fuoco, offrendo la sospensione dell’invio di armi, il Comitato “Fermare la guerra” è pronto a raccogliere le firme e ad aderire al quesito referendario “ripudia la guerra”.

Il pacifismo si fa vivo con Milex che mostra la sua natura professionale e fa i suoi calcoli tecnici.

Luca Liverani intervista su Avvenire Francesco Vignarca: “Gli aiuti militari sono già costati all’Italia quasi un miliardo di euro”.

Articolo interessante per chi ricerca stime economiche da ragioniere dei conti pubblici. Ma da “persuasi”, attivisti guidati intelletto, passione e volontà concordanti, può e deve bastare la dichiarazione fornita all’inizio del 2023 dal ministro degli esteri Antonio Taviani: “L’aiuto che abbiamo dato all’Ucraina ammonta a circa 1 miliardo di euro di controvalore in armamenti

Il pacifismo esigente è raccontato, da Luca Liverani, sempre su Avvenire del 23 marzo, quando si riferisce del “presidio pacifista contro il decreto sulle armi a Kiev”.


Nota del Redattore - Inviare armi è utile solo a esasperare il conflitto  e danneggia il popolo ucraino, gettando benzina sul fuoco della guerra. Siamo contro l’escalation e per la difesa nonviolenta. L’Italia  dovrebbe ripudiare la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali, come dice l’articolo 11 della Costituzione. E papa Francesco ci ricorda che “non esistono guerre giuste”. Al presidio  del 23 marzo u.s. è stata annunciata la promozione di un referendum popolare contro l’invio di armi all’Ucraina, con una raccolta dopo Pasqua.

Alfonso Navarra  - Disarmisti Esigenti
















giovedì 23 marzo 2023

Opposta fazione... - Ultima chiamata per salvare la Terra

 


Rispetto a dove ci sta portando la politica, dovremmo andare in direzione opposta. Ma la sveglia non ha suonato. Siamo in netto ritardo sullo svolgersi della giornata. Le scelte sono già state prese. Non solo senza di noi, ma molto tempo prima che ci svegliassimo. È un’osservazione distribuibile a tutte le circostanze politiche di quest’epoca che vogliono resettare. Il cui scopo è realizzare il necessario per controllare le persone, in quello che pensano e fanno.


Sirene per un esiziale sortilegio

Uno degli espedienti impiegati allo scopo dell’avanzamento della politica del resettaggio è il diversivo. Così, mentre ci si danna su quisquiglie, vengono portate avanti leggi e scelte che ci riguardano e delle quali non ci avvediamo se non in ritardo.

Tuttavia, anche le quisquiglie sono funzionali allo scopo del controllo.

La questione del genere e, più in generale, del politicamente corretto ne sono campioni degni di encomio.

Non si può dire nano, frocio e spazzino. È un divieto sostanziale per proteggere i deboli, che sono magari felicemente grassi o vanitosamente smilzi. Non si può neanche più dire bruto al violentatore, perché sennò si offende e poi non bisogna escluderlo. Quindi suppongo che non si possa neppure dire che il politicamente corretto sia ripugnante, nonostante lo sia. Non tanto per il culmine di ipocrisia da record del mondo che implica; non tanto per la sua virulenza nei confronti del sistema immunitario della cultura e delle identità, quantomeno pari a quella raggiunta con l’ideologia dell’esportazione della democrazia; ma per la sostanzialità della questione di sostegno ai cosiddetti deboli. Il massimo danno della cancellazione delle culture, della proibizione delle parole, della riscrittura della storia, della ossessiva digitalizzazione e in particolare quella relativa all’id e al denaro, è proprio su di loro che ricade, come una mannaia imposta e voluta da chi crede di poter governare secondo politiche che nulla hanno più a che fare con noi.

Se così non fosse, tra le innumerevoli opzioni disponibili, si può osservare quella delle crescenti stragi di compagni classe, dei mitra scaricati a scuola e al lavoro, delle psicopatologie e delle patologie gravi in endemico crescente numero. Sulla carta bastanti a ripensare dove siamo arrivati, e invece mercato farmaceutico di arricchimento. Emblemi della deriva dell’opulenza, dell’edonismo, dell’individualismo, del positivismo, del liberismo, del materialismo, nei confronti dei quali ulteriori diversivi vengono buttati nella mischia della somma di poveracci che fanno coincidere la vita e la verità con quella che vedono dal divano. O, peggio, con quella che considerano scienza.

Disastri umani e sociali, con un costo che gli stessi poveracci sono obbligati a sostenere, nei confronti dei quali il nulla di valido potrà essere realizzato per il loro bene e tutto sarà fatto per incrementare gli incassi degli speculatori. Rispettabili persone che, protette dalle leggi e dal senso comune, diranno “stavo solo lavorando”. Mi chiedo se anche per questi esisterà, come per i loro originali, una Norimberga che processi e condanni il capitalismo.

Non si tratta di essere contro la protezione dei deboli. Si tratta di ritenere la modalità legale, impositiva e punitiva, del tutto inidonea, sconsiderata e inutile. Di considerarla una ideologia buona per imbambolare, per riempire la saccoccia di autostima fondata sul buonismo e su un altruismo di superficie.

Riferire la responsabilità ad una parte soltanto, sottrarla del tutto all’altra, è cosa spiritualmente vuota, che una volta di più riduce la realtà e l’uomo alle regole del meccanicismo. Assolutamente inadeguate per gestire le dinamiche relazionali.


L’opportuna direzione per prendersi cura delle persone va in senso diametralmente opposto. Come la diffusa azione vittimistica ha generato il diritto per legge del presunto debole, così in direzione opposta, nella consapevolezza che la nostra azione ha un potere immenso di creazione della realtà, operando per la forza interiore, genereremmo un contesto sociale più genuino e sereno. Ci emanciperemmo dal considerare l’altro alla stregua di una terra rappresentabile dalla mappa che usiamo noi per muoverci nella vita.

In direzione opposta

Qual è lo scopo della prima educazione?

Tra i molti, uno è da eleggere. Quello che intenta lo sviluppo creativo, la forza d’animo, l’indipendenza di pensiero, l’autonomia critica. Quello che conduce a credere in sé stessi, la sola modalità per sfruttare al meglio tutti i gradienti di talento che abbiamo in noi. La miglior via per discernere in funzione della propria natura. Il maggior rischio di realizzare una vita storica ricca e serena. La condizione ideale per prevenire incidenti, sofferenze e malattie.


La miglior educazione tende ad affermare l’abitudine prima, e le relative consapevolezze poi, per non cercare fuori, ma dentro di noi le ragioni dello stato delle cose. Per disporre del massimo rischio di arrivare a illuminarle e a trasformare in oro quel piombo che ci aveva afflitti. A non chiedere, ma a dare. A donare e non pretendere. A trarre spunto dagli altri, per scoprire in quali termini a nostra volta abbiamo identicamente fatto. Ovvero a mutare l’esperienza in scuola evolutiva. L’educazione dovrebbe provvedere a formare in noi il necessario per riconoscere la verità della reciprocità e della pari dignità, ovvero l’idea di essere identici a parità di circostanze. A riconoscere che giudicare separa e che la separazione è all’origine di ogni conflitto. Infine, a prendere coscienza della struttura dell’io, della sua logica coercitiva. Un passo che contemporaneamente comporta giungere a riconoscere il proprio sé, plinto dell’armonia.


È una concezione educativa che va in opposta direzione a quella in essere nell’attuale cultura globalista. Sostanzialmente basata nella protezione dei cosiddetti deboli, diversi, esclusi. Nell’interpretazione delle loro istanze, allo scopo di elaborare leggi che sanciscano i loro diritti ad essere, ma che di fatto non sono che imposizioni e condanne nei confronti di un linguaggio voluto offensivo nei loro confronti.

Ma affermare la supremazia della logica del diritto del cosiddetto debole è una consuetudine alla cura che non cura, ma mantiene, cioè alimenta il diritto di restare cosiddetto debole e quindi di mantenere la dipendenza dalla richiesta di aiuto. Nessun debole troverà in questa modalità meccanicistico-fittizia il necessario per un’evoluzione esistenziale che lo renda forte, che renda ridicolo offendersi per un frocio. Se lo sei, lo sei. Se non lo sei, non lo sei. L’offesa non sta nella parola, sta nell’interpretazione. Chi la pronuncia per offendere ottiene il suo scopo per ragioni di dominio sull’altro, non per la parola impiegata.

Per quanto il linguaggio, come i pensieri, facciano la realtà, resta vero che questa, quando è fenomenologicamente vissuta, perde il potere che ha su di noi. Solo in questo modo diviene possibile ridurre la portata di sofferenza di vessazioni, violenze, abusi, lutti, dolori. Gli insulti solo tali in chi reagisce. Ma se reagisci, vuol dire che sei sotto il dominio dell’io, di quell’entità a cui dai tutto te stesso senza avvederti che è all’origine del male che senti e che fai. Se reagisci, dai potere a chi non l’avrebbe senza una stupida reazione.

Nessun regno della storia dei poteri si è mai occupato dei deboli e delle minoranze in quanto tali. Lo hanno fatto altre minoranze, altre congreghe senza portafoglio. Se ora se ne occupano nientemeno che i fuochisti del mondo, come non pensare che il loro interesse di controllo – che implica quello economico e politico – non passi attraverso i luccichini lanciati negli occhi delle masse?

L’educazione è nella forza. Che altro è la fiducia in sé? In che altro modo allenarla? Come altrimenti riconoscere le vie per raggiungerla? Che altro dovrebbe fare l’educazione, se non operare per questo progetto di bellezza?


Quando la direzione educativa si dedica al protezionismo senza occuparsi di ciò che genera il problema, quindi anche dell’educazione di coloro che non sono considerati deboli, ovvero della maggioranza delle persone, non fa altro che dare acqua alla pianta del vittimismo e al suo fiore mai passito della continua richiesta di aiuto, capace di arruolare soltanto insetti felici di trarne linfa.


La strada verso la migliore invulnerabilità va in opposta direzione. Passa attraverso la ricapitolazione di quanto ci ha coinvolto e ferito, al fine di una rivisitazione che ci permetta di osservare come avevamo attribuito la responsabilità del nostro male e la sua sostanziale arbitrarietà, spesso travestita da occulto moralismo, ideologia, dogmi, scientismo, autoreferenzialità. Per poi giungere a chiudere la ferita, ad andare oltre, a tornare liberi e creativi, quando riconosciamo come assumerci la responsabilità che prima senza incertezze attribuivamo all’altro.

Non è una responsabilità limitata al diritto e ai suoi succedanei da proboviri del buon senso, geniale idea per organizzare il sociale, ma anche per impedirne l’evoluzione spirituale. È quella estesa al punto da rendere chiaro che senza noi il mondo non esiste e che, quindi, tutto quello che vi accade è a causa nostra. Quella capace di smantellare l’identificazione con l’io, causa di tutte le interpretazioni guarda caso sempre rispettose della biografia che le esprime.

Un’educazione contiene un’iniziazione. Contiene cioè il necessario affinché si possa fare piena esperienza del fatto che rialzarsi dalle cadute è possibile a chi cerca in sé, ed è difficile a chi cerca fuori da sé le ragioni di quanto accaduto.

Vale lo stesso per la capacità di sofferenza, resilienza, lotta, dedizione, impegno, essenziali per la fiducia in sé, per sapere di potercela fare, per riconoscere il potere della fede, miglior motore per arrivare ovunque. Resilienza, non come lotta con se stesso, o contro gli altri, ma realizzabile a mezzo della contemplazione, la sola modalità che può liberarsi dal chiacchiericcio massacrante dell’io, capace di emettere solo forza momentanea, sterile, slegata dal profondo.

Non abbattersi, o ridurre al minimo l’urto di evento indesiderato, è mantenere o recuperare al più presto la disponibilità della creatività. Al contrario, abbattersi è mortificarla, è mantenere il necessario per non uscire dalla situazione sconveniente. Come si spiega sennò l’handicappato di successo e il ricco, bello e bravo finito suicida?

“I pensieri di ansia e di paura sono spaventose forze che dimorano in noi e che con il loro esiziale effetto, avvelenano alla radice le energie vitali, distruggendo l’armonia, la normale efficienza, la vitalità ed il vigore. Mentre i pensieri di tutt’altra natura, quali i pensieri di contentezza, di gioia e di coraggio recano forti e soavi virtù che accrescono immediatamente la capacità di moltiplicare all’infinito i poteri della mente.” (1).

Di questa direzione si occupa certa psicoterapia e certa pedagogia. E, sebbene modulata per altri scopi ben lontani dal bene comune, se ne occupa con considerevole successo certa modalità formativa di venditori e funzionari.

È di questa educazione ad uso sociale e non privato che dovrebbe occuparsi la politica, se il suo scopo fosse la cura della cittadinanza, se in sé avesse la lungimiranza. In questa direzione è implicata la capacità dell’accettazione, della rinuncia, della sconfitta. Che in nessun modo allude alla remissività. L’accettazione è uno strumento potentissimo per mantenere l’equilibrio, per evitare di precipitare, per scacciare le sirene della falsa autostima fondata sul vincere sempre. L’accettazione è uno strumento per creare il potere dell’assunzione di responsabilità. A sua volta mezzo per trasformare in scuola gli eventi che ci hanno colpito, per cessare di investirli con nostre proiezioni, per perdonare e diffondere la miglior educazione, ovvero il bene e l’amore. Il suo contrario, cioè il rifiuto dell’accettazione e di conseguenza il mantenimento dell’attribuzione di responsabilità, non è invece altro che strumento utile a ripetere quanto ci ha colpiti, a mantenere le premesse per la sofferenza.

E invece no. Niente di tutto questo. Tutto ridotto a un buonismo d’origine ideologica e moralista, fondato su istanze razionali, le meno adatte alla conoscenza.

Conoscere sé, i propri sentimenti, osservare il legame che implicano o sentirne l’indipendenza. Riconoscere le emozioni e la loro forza, aver chiaro cosa comportano in noi e negli altri, non sono temi sul tavolo della politica. Ma sono su quelli delle psicopatologie. Un settore in incremento costante dall’epoca della modernità, quella dell’alienazione sociale. Incremento prevedibilmente da esponenzializzare nell’attuale epoca della digitalizzazione ossessiva. La migliore per diffondere la pandemia di un virus esistenziale, destinato a sottrarre da sotto i piedi il punto di appoggio delle identità individuali, sociali, culturali.

Crescere persone in grado di amare, distinguerlo dal possedere richiede a gran voce di seguire una direzione opposta a quella dei diritti civili. Solo tra persone compiute si può realizzare la giustizia e l’inclusione. Solo con il contrario dell’affermazione, ovvero con l’ascolto come elemento costitutivo dell’educazione, si può pensare di ridurre i contrasti sociali, si può vedere la pena e l’assurdità di soluzioni quali le quote rosa, il politicamente corretto, l’utero in affitto, le famiglie secondo diritto, il femminismo limitato alla divisione dei poteri e dimentico che il suo vero potere sta nella celebrazione del femminino, non nella colpevolizzazione del mascolino, e il divieto di dire “ciao bella” senza il rischio di essere perseguiti. Arriveremo alle quote azzurre da parte di qualche stupido maschio finito dentro al torbido ciclone del femminismo quantitativo.

La concezione del progresso in essere ci ha portato in uno stato sociale e politico drammatico. La linea da seguire per tentare di sottrarsi a tanta imbecillità va esattamente in opposta direzione.

Il rispetto dell’altro basato sull’imposizione del diritto colpevolizza chi non lo esegue, ma non ha spessore. È quello fondato sull’ascolto che lo prevede, come suo frutto che dovrebbe essere ricercato, promosso, diffuso, fatto cultura. Ma si tratta di una linea contraria all’individualismo, al mors tua vita mea, a gli affari sono affari, formulette bastarde nascoste sotto strati di diritti, in cui l’educazione all’ascolto è esattamente il contrario del cinismo sul quale sono eretti. L’ascolto corrisponde alla conoscenza dell’altro e di sé. Tutti i titoli di giornali, tutte le forme, tutto il cincischiare e il dibattere lo imbrattano. L’ascolto è un’antenna e quell’antenna siamo noi. Puri recettori della verità delle cose, quando appunto non invischiati in misere lotte. L’ascolto permette alla madre di relazionarsi al bimbo senza l’aiuto di dottrine, senza doverlo imparare. L’ascolto è in noi e dedicarsi alla verità del diritto ne è l’assassinio.

C’è un registro di potenza interiore in cui nessuno, se dici frocio, si offenderà. Perché non lo è o perché lo è. L’insulto è in noi, non nel “frocio” che qualcuno può dirci.

Semmai, possiamo essere insultati soltanto da una politica mercantile lontana anni luce dalle ragioni per le quali abbiamo dato il nostro voto. Lontana dalle aspirazioni di un contesto sociale creativo e sereno. Mancare di parola è un insulto, e la politica lo ha fatto. Mancare di rispettare la natura dell’uomo è un insulto, e la politica lo ha fatto.


La trama della debolezza

Ma si tratta di note vuote. Che si uniscono alla considerevole quantità di interventi di filosofi, di psicoanalisti, di giornalisti a-regimici, di intellettuali senza portafoglio, che da anni vanno urlando, criticando, piangendo, pregando, insultando la politica. Entità senza più neppure uno straccio di cordone ombelicale con le persone, con i loro interessi, con la loro cura. Votata alla corta misura dell’interesse personale, genuflessione all’altare del nuovo ordine della vita a punti.

Ma come siamo arrivati a tanto? Una risposta è nell’aver creduto negli uomini, nella democrazia, nel positivismo di fondo della cultura materialista in cui nasce e cresce anche il più spiritualista. Una fede che ha comportato che anche la più lungimirante e critica avanguardia si rivelasse sempre e molto inconsapevolmente in ritardo rispetto a chi detiene le leve del comando. I potentati commerciali, i neocon e loro sodali hanno ben chiaro in quale condizione d’incantesimo le loro fandonie hanno rinchiuso i nostri pensieri. La loro pasturazione arriva da molto lontano, da molto prima che i critici la denunciassero. Ma, nel frattempo, avevano già comprato la libertà di pensiero della maggioranza, quando non acquisita per libera scelta di quelli convinti con un benefit qualunque.

Esattamente così come era successo con l’islamismo, ideologicamente aizzato dall’impurità dei miscredenti d’Occidente e dalla loro blasfema invasività nella cultura musulmana, che aveva imbrattato di pornografia varia i pilastri della loro civiltà. Il conflitto terroristico con l’Occidente, a parole, era un tentativo per esonerare l’Islam dalla purulenta contaminazione. Di fatto, quell’odio si scatenava in ritardo. Ed era dovuto proprio dalla constatazione che l’infezione aveva già attecchito, che anche l’Islam o il suo ideale erano già stati infettati.

Il potere era avanti, e di un bel pezzo. È avanti di un bel pezzo. La digitalizzazione e la questione dei diritti civili non sono un allarmante segno dei tempi che verranno, ma un’esiziale attestazione che il dominio del pensiero è già stato compiuto.

Il multipolarismo, la riduzione di egemonia atlantica fanno paura agli zerbini europei. Come spiegarsi sennò il razzismo vantato a petto in fuori, come un motto d’orgoglioso dovere, nei confronti di inermi lavoratori e semplici cittadini russi, nei confronti della cultura russa? Hanno paura, fino a emettere sentenze che vanno oltre un’ipotetica moltiplicazione della già orrenda distopia orwelliana in essere. Hanno emesso una condanna contro Putin, come se la Corte penale internazionale dell’Aia fosse un organo super partes. Al quale, tra l’altro, per evitare autogol, Stati Uniti e Ucraina non aderiscono (2).

Siamo nella geopazzia. C’è da sperare in un Tribunale internazionale di San Pietroburgo o Novosibirsk che dir si voglia, che metta in pari le nefandezze della storia americana e quelle di questi anni alla deriva della salubrità umanistica. Lo spessore d’inquinamento politico-culturale con cui l’Occidente ricopre il mondo impedisce alla maggioranza di noi di vedere la natura monda della realtà. Ma non è opera da stupidi, come direbbe certa avanguardia sprovveduta. È un’azione studiata, una strategia, un ultimo appello e tentativo di impedire l’avvento dell’Eurasia, e la conseguente possibile autarchia americana.

Lorenzo Merlo



Note

  1. Swami Sivananda, La potenza del pensiero, Produzione Babaji, 1973, p. 33.

  2. https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/03/20/travaglio-arresto-di-putin-zelensky-e-biden-esultano-ma-non-riconoscono-la-corte-penale-dellaja-perche-temono-di-finirci-davanti-su-la7/7102728/.