mercoledì 30 novembre 2016

Nasce il primo centro italiano per lo studio, la prevenzione e l'adattamento ai cambiamenti climatici


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I disastri climatici sono ormai e purtroppo una realtà ineluttabile. A causa del riscaldamento globale non solo i ghiacci soprattutto dell’emisfero settentrionale del pianeta vanno rapidamente fondendosi, ma fenomeni estremi di siccità stanno investendo molte aree della Terra, in particolare l’Africa orientale e tutta l’America del Sud. Si inaridiscono le foreste, si prosciugano fiumi e scompaiono i laghi. Il primo fu il lago d’Aral, tra l'Uzbekistan e il Kazakistan, ed ora è toccato al secondo lago più vasto della Bolivia il lago Poopò, ormai diventato un deserto (foto).

La situazione globale è ormai da codice arancione, ad un passo da quello rosso. In particolare in Bolivia il dramma della siccità sta portando il Paese sull’orlo di una guerra civile. A La Paz da mesi l’acqua arriva solo con le autobotti, questo vale anche per le altre città boliviane. In serie difficoltà tutti gli allevamenti di bestiame che giornalmente contano animali morti per mancanza d’acqua. Una situazione che ha indotto il governo Boliviano a chiede aiuto a tutte le nazioni della Terra. Accademia Kronos, che anni fa intraprese rapporti di collaborazione ambientale con il presidente Evo Morales, è stata contattata dall’ambasciatore Antolin Ayaviri Gomez per verificare se al suo interno esistono competenze nel settore delle emergenze idriche e ambientali. Accademia Kronos, tramite l’affiliata “ATENA”, un consorzio di enti e imprese specializzati in questo settore a livello mondiale che già opera in Africa nelle zone aride, ha risposto di si. Presto, quindi, une equipe di idrogeologi e ingegneri ambientali di Accademia Kronos e di ATENA si recherà in Bolivia per valutare la situazione e trovare eventuali soluzioni.

Il centro internazionale sullo studio degli effetti dei cambiamenti climatici sull’ambiente e sull’uomo che presto sorgerà a Vetralla, nella frazione di Tre Croci. Avrà lo scopo proprio di sostenere quei Paesi soprattutto nel Sud del Mondo alle prese con i disastri climatici.

NASCE IN ITALIA IL PRIMO CENTRO EUROPEO PER LA PREVENZIONE E GLI ADATTAMENTI AI CAMBIAMENTI CLIMATICI

Venerdì 25  novembre 2016 Accademia Kronos ha vinto il bando di assegnazione presso il comune di Vetralla di un immobile, ex scuola elementare, che verrà adibito a centro ricerche sugli effetti del clima sulla società umana e sull’ambiente. Oltre a ciò verrà dedicata una sezione al problema della salute dei corsi d’acqua dell’Italia centrale. Questa struttura sarà messa a disposizione di associazioni, enti e aziende che già sono impegnate nel settore della mitigazione climatica. Quindi nessuna preclusione per chi vorrà dare un contributo nel campo dei cambiamenti climatici e dei loro effetti sulla biosfera.

Il comitato scientifico di questa struttura, che dovrebbe diventare operativa nella prossima primavera, è composto da oltre 20 scienziati, tra i quali: prof. Luigi Campanella, esperto a livello internazionale sui problemi connessi alle contaminazioni chimiche; dr. Vincenzo Ferrara, scienziato ENEA profondo studioso del clima; prof. Antonino Galloni, economista e studioso del fenomeno dei cambiamenti climatici sull’economia globale; prof. Massimo Mazzini, docente di microbiologia all’università della Tuscia; prof. Roberto Minervini, docente universitario, studioso delle acque interne e del Mediterraneo; prof. Dario Sonetti dell’università di Modena, studioso degli ecosistemi forestali, dr Carmine Siniscalco, esperto ISPRA sulla funzione dei fungi bioindicatori sull’ambiente.

In questa struttura verranno proposte soluzioni per contrastare l’aumento della temperatura terrestre, soluzioni per l’adattamento ai cambiamenti climatici, messa in sicurezza delle città che saranno anno dopo anno sottoposte a fenomeni climatici sempre più estremi, ecc. nonché consulenze e spedizioni mirate verso quelle nazioni alle prese con i disastri climatici.

Ovviamente sono previsti corsi di specializzazione insieme a diverse università italiane, con le quali abbiamo già stipulato accordi ( Pegaso, Unitelma Sapienza, Tuscia ed altre in fase di chiusura accordi). Si terranno quindi: convegni, stage e giornate ”del clima” a disposizione delle scuole del Lazio. Una particolare attenzione all’agricoltura, alla sanità, dagli aspetti sociali all’economia.

Questa struttura punta sull’assistenza dell’ENEA, di EURISPES, Ministero Ambiente, Regione Lazio e ovviamente delle università citate. La prima operazione che farà il nascente centro sarà quella di mettere a disposizione dei cittadini locali, ma anche degli studenti delle vicine università, una tra le più fornite biblioteche verdi di proprietà di Accademia Kronos, di cui una parte legata al problema clima.

Filippo Mariani

martedì 29 novembre 2016

Mario Pianesi, la macrobiotica, Fidel Castro... e Le Vie dei Canti


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Fidel aveva abbandonato il potere 10 anni fa, ma già qualche anno prima aveva iniziato a curarsi con la dieta macrobiotica. Qualcuno pensa che se ha vissuto tanto a lungo è dovuto alle sue scelte alimentari. A Cuba, grazie anche all’embargo USA terminato solo pochi mesi fa, è molto sviluppata la medicina con le erbe, ma è grazie a Mario Pianesi, fondatore di Un Punto Macrobiotico di Macerata che la medicina cubana ha iniziato a studiare la macrobiotica: riso, miglio e cereali, verdure, alghe, legumi ed erbe selvatiche al posto delle pillole delle multinazionali.

Ripenso agli anni delle rivoluzioni, le lotte studentesche, Che Guevara. Con la morte di Fidel Castro si chiude il ventesimo secolo. 

Ma l’apertura di Fidel alla Macrobiotica mi ha fatto pensare alla nascita di Tra Terra e Cielo dalle ceneri del ‘68. Prima di cambiare il mondo iniziamo a cambiare noi stessi. 40 anni faè nata l’agricoltura biologica, la medicina naturale, le Vacanze Naturali Tra laTerra e il Cielo.

Adesso il bio lo trovi in qualunque negozio, decine di gruppi organizzano Viaggi a Piedi e Vacanze Olistiche. Tra Terra e Cielo ha ancora un senso oppure la sua missione di diffusione di “modelli di vita in sintonia con la natura” è terminata?

Il 1 dicembre 2016 esce l’ultimo numero di WALKEATLOVE, il web-magazine erede del mensile cartaceo Tra Terra e Cielo. Con queste poche righe chiedo consiglio ai lettori, frequentatori o meno delle vacanze Tra Terra e Cielo e dei viaggi a piedi Le Vie dei Canti.

Hasta la victoria siempre


lunedì 28 novembre 2016

Una nuova App dell'Agenzia europea dell'ambiente per tracciare i rifiuti marini


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E' a disposizione di tutti coloro che ne faranno richiesta un'applicazione sviluppata per monitorare e mappare i rifiuti galleggianti nei fiumi, destinati con ogni probabilità a confluire nei mari.
Nell'ambito della Direttiva quadro dell'UE sulla strategia marina per la protezione dell'ambiente marino e il raggiungimento di un buono stato ecologico delle acque entro il 2020, è infatti stato avviato un osservatorio in rete per l'identificazione dei rifiuti in acqua.
La sempre maggiore presenza di rifiuti nei mari è un fenomeno in continua crescita e la fonte maggiore si ritiene siano gli apporti fluviali, ma la mancanza di dati sulle quantità e le tipologie di tali immissioni non consente di mirare adeguatamente le misure da adottare per ridurne l'ingresso.
Per strutturare azioni mirate e coordinate a livello europeo, è stato costituito un osservatorio in rete  all'interno del Progetto RIMMEL (RIverine and Marine floating macro litter Monitoring and Modelling of Environmental Loading); all'osservatorio, composto da scienziati, organismi governativi e non governativi all'interno e all'esterno dell'UE, possono aggiungersi - attraverso l'applicazione rilasciata per computer e tablet - altri soggetti interessati a partecipare al monitoraggio.
Le attività di monitoraggio, che proseguiranno per circa un anno, dovranno durare dai 30 ai 60 minuti, a seconda della disponibilità delle risorse delle organizzazioni partecipanti.
Attraverso l'osservazione visiva si potrà segnalare la presenza dei rifiuti individuati registrando l'avvistamento in file organizzati secondo parametri concordati per tipologie e dimensioni.
Per aderire alla rete, istituzioni, ricercatori, autorità competenti, ONG e altre parti interessate di qualsiasi paese, anche extra UE, possono registrarsi all'indirizzo: 

Visualizzazione di
(Fonte: Arpat)

domenica 27 novembre 2016

In Europa si muore d'aria - Allarmanti dati EEA dell'impatto dell'inquinamento atmosferico. In Europa 500.000 morti all'anno per inquinamento dell'aria



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L'Agenzia europea per l’ambiente ha diffuso gli allarmanti dati dell'impatto dell'inquinamento atmosferico sulla salute

Il nuovo rapporto dell'Agenzia europea dell'ambiente (EEA) “Qualità dell’aria in Europa – 2016” mostra l’enorme impatto provocato dall’inquinamento atmosferico sulla salute dei cittadini europei, in particolare nelle aree urbane. Se da una parte la qualità dell'aria sta lentamente migliorando, grazie alla riduzione delle emissioni, dall’altra l'inquinamento atmosferico rimane troppo alto e rappresenta il maggior pericolo per la salute delle persone e degli animali che vivono nelle grandi città europee. La relazione parla di 467mila morti premature ogni anno con effetti anche sulla qualità della vita dei cittadini.


Hans Bruyninckx, EEA Executive Director sottolinea che la riduzione delle emissioni ha portato a miglioramenti nella qualità dell'aria in Europa, ma non abbastanza per evitare danni inaccettabili per la salute umana e l'ambiente.

E’ necessario affrontare alla radice le cause di inquinamento atmosferico, attraverso una trasformazione innovativa e radicale dei nostri sistemi di mobilità, del sistema alimentare e dell'energia. Questo processo di cambiamento richiede un intervento da parte di tutti, comprese le autorità pubbliche, le imprese, i cittadini e le comunità di ricerca . Il Rapporto offre una panoramica aggiornata e l'analisi della qualità dell'aria in Europa nel periodo tra il 2000-2014 sulla base di dati provenienti da stazioni di monitoraggio ufficiali tra più di 400 città in tutta Europa.

Quello che emerge è che nel 2014 circa l'85% della popolazione urbana nell'UE è stata esposta a concentrazioni di particolato fine PM10 e PM2,5 a livelli ritenuti dannosi per la salute dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

La relazione mostra anche che la qualità dell'aria è migliorata nel corso degli anni. Il PM10 media annuale è infatti calato nel 75% dei siti monitorati durante il periodo 2000-2014.

Karmenu Vella, commissario europeo per l'Ambiente, Affari marittimi e della pesca, commentando la relazione dell’OMS, ha evidenziato la necessità che la Commissione europea mantenga questo problema in cima all'agenda politica impegnandosi a garantire il miglioramento della qualità dell'aria.

Va in questa direzione la direttiva approvata dal Parlamento europeo che impone limiti più bassi ai principali inquinanti con l'obiettivo di abbassare la quantità di elementi inquinanti nell’atmosfera sotto i livelli del 2005, entro il 2030.

I dati divisi per paese per l’Italia parlano di 66.630 decessi nel 2013 a causa dell’inquinamento attribuibili a particolato fine (PM 2.5), 21.040 al biossido di azoto (NO2) e 3.380 all'ozono (O3).

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(Fonte: A.K.)

sabato 26 novembre 2016

Macerata, 2 dicembre 2016 - Prodotti agroalimentari tradizionali a rischio d'estinzione?


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Valutazione del rischio di estinzione dei prodotti agroalimentari
tradizionali delle Marche. Presentazione dei risultati del Progetto di
Ricerca sul rischio di estinzione dei PAT delle Marche. Macerata,
Istituto Agrario "Giuseppe Garibaldi", venerdì 2 dicembre 2016, ore
9:30

L’economia agricola italiana sul finire del XIX secolo si presentava
come un sistema costellato di realtà economiche, sociali e produttive.
Le tecniche e le produzioni differivano decisamente sia per le varie
condizioni ambientali che sociologiche legate in particolare alla
storia, alla tradizione a rapporti economico e sociale: un mondo
agricolo rappresentato da una miriade di prodotti diversi. Anche per
l’Accademia Georgica di Treia questo secolo è stato tra i periodi più
fecondi, difatti la scia della corrente di pensiero illuminista, che
generò lo scardinamento delle secolari gerarchie nella sfera politica,
sociale, economica e scientifica, indusse la preesistente istituzione
letteraria treiese a mutare il suo impegno verso il campo scientifico
dell’agricoltura.

Oggi che l’economia agricola è inserita in un mondo industrializzato
dove il confronto non è più il mercato locale o nazionale ma europeo e
mondiale, il prodotto tipico, frutto di particolari tradizioni, legato
a luoghi di produzione con caratteristiche del tutto peculiari a
maggior ragione deve sopravvivere.
E’ nata così l’esigenza di varare un progetto di ricerca orientato
alla valutazione del rischio di estinzione dei Prodotti Agroalimentari
Tradizionali delle Marche: promosso dall’Accademia Georgica, con il
sostegno della Camera di Commercio di Macerata, lo studio è stato
affidato al dott. Sergio Salvi – biologo, ricercatore e cultore di
storia dell'agroalimentare – al fine di tutelare quel patrimonio
tradizionale locale che questo particolare momento di globalizzazione
alimentare mina anche nelle conoscenze delle giovani generazioni.

Secondo la XV revisione (anno 2015) dell’elenco nazionale dei prodotti
agroalimentari tradizionali, redatto ed aggiornato periodicamente dal
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, nelle
Marche risultano censiti 151 prodotti agroalimentari tradizionali
(non-DOP, non-IGP) che includono varietà vegetali, razze animali e
prodotti trasformati.
Si tratta di prodotti sui quali regna complessivamente un alone
d’incertezza riguardo il loro stato di “salute esistenziale”, che non
può essere dedotto in automatico dal semplice aggiornamento periodico
di un elenco nominativo. In altre parole, è necessario che accanto
all’aggiornamento dell’elenco debbano essere periodicamente monitorate
anche le condizioni agrobiologiche, produttive, economiche e culturali
in cui versano i prodotti in questione, al fine di porre in evidenza
eventuali criticità che possano compromettere la sopravvivenza,
soprattutto nel breve termine, dei singoli prodotti nei rispettivi
territori di appartenenza e diffusione.


Lo spunto per la realizzazione di questo studio trae origine da alcune
considerazioni espresse nell’ambito di una precedente ricerca del
Dott. Sergio Salvi sulle origini storico-geografiche e genetiche della
varietà tradizionale di frumento “Rieti”, ricerca che ha
inaspettatamente consentito di fare alcune interessanti considerazioni
relativamente alla nascita del moderno concetto di prodotto tipico
databile alla metà del Settecento.


L’attuale concetto di prodotto tipico verte principalmente sulla
soddisfazione di tre requisiti o fattori che un prodotto
agroalimentare deve possedere per essere considerato tale: il fattore
“genetico-biologico” (che include le peculiarità fisiologiche e
nutrizionali del prodotto), il fattore “fisico-ambientale” (che tiene
conto delle caratteristiche del territorio di origine) e il fattore
“antropico-tradizionale” (inerente le conoscenze legate alla
produzione e l’annessa cultura sensu lato).


In aggiunta a questi tre fattori, le considerazioni sviluppate sulle
origini del frumento tradizionale “Rieti” hanno permesso di proporre
un quarto fattore, definito “economico-commerciale”, che il prodotto
tipico dovrebbe soddisfare soprattutto per poter continuare ad essere
sé stesso. In altre parole, un prodotto tipico persiste e conserva la
sua identità se ha anche un’affermazione commerciale.
Generalizzando queste considerazioni ed estendendole a tutti i
prodotti agroalimentari tradizionali – quindi non solo alle varietà
vegetali e alle razze animali, ma anche ai prodotti trasformati – è
nata l’idea di effettuare una valutazione del rischio di estinzione
nella categoria dei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali)
riferibili alla Regione Marche.


La valutazione della stabilità esistenziale dei prodotti
agroalimentari tradizionali effettuata nello studio può essere
riassunta mediante l’assegnazione di un punteggio per ciascun prodotto
dipendente dal grado di soddisfazione del requisito-base di tipicità.
L’assegnazione dei punteggi permette, quindi, di elaborare una sorta
di “graduatoria” della stabilità esistenziale dei prodotti esaminati,
con ai primi posti i prodotti più stabili in termini di possesso dei
requisiti di tipicità e di affermazione commerciale e, agli ultimi
posti, i prodotti meno stabili e, di conseguenza, a maggiore rischio
di estinzione.


Tale classificazione dovrebbe permettere di approfondire aspetti quali
la perdita di biodiversità e l’impoverimento economico e culturale del
territorio di appartenenza per i prodotti che si rivelino a rischio di
estinzione: l’elaborazione e l’attuazione di progetti di recupero e
valorizzazione dei prodotti che risultano maggiormente esposti a
rischio di estinzione costituisce l’obiettivo a medio/lungo termine
che lo studio intende perseguire.

A conclusione del progetto di ricerca l’Accademia ha edito un volume
con i risultati dello studio che sarà distribuito gratuitamente,
grazie anche al contributo di aziende e operatori vicini al settore
quali la Banca di Filottrano, la CNA – Confederazione Nazionale
dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa – di Macerata, la
Copagri – Confederazione Produttori Agricoli – delle Marche e
l’Azienda Agricola Si.Gi. di Macerata.

I risultati saranno ufficialmente presentati nella mattinata di
venerdì 2 dicembre in un evento realizzato presso e in collaborazione
dell’Istituto di Istruzione Superiore “Giuseppe Garibaldi” di Macerata
con il patrocinio della Coldiretti di Macerata, della Città di Treia e
della Regione Marche.  Nell’Aula Magna dell’Istituto Agrario, a
partire dalle ore 9:30, porteranno i saluti i rappresentanti degli
enti promotori dell’iniziativa e si entrerà nel vivo dei lavori con
gli interventi scientifici dell’autore Sergio Salvi, del prof.
Giuseppe Potentini, docente dell’Istituto Agrario, con un intervento
sulla caratterizzazione sensoriale dei prodotti tradizionali e di
Ferruccio Luciani, responsabile della P.O. Qualità, Certificazione e
Sicurezza degli Alimenti della Regione Marche, che tratterà degli
Strumenti per la valorizzazione e la tutela dei prodotti
agroalimentari tradizionali.

Accademia Georgica di Treia


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(Fonte: http://www.accademiageorgica.it/eventi/2016/studioPAT.html)

venerdì 25 novembre 2016

Genova, 5 dicembre 2016 - “Il lato oscuro della filiera alimentare”

Risultati immagini per filiera alimentare”

Lunedì 5 dicembre 2016 alle ore 17,30,  nella sala Camino di Palazzo Ducale, in piazza G. Matteotti a Genova, incontro: “Il lato oscuro della filiera alimentare”.
 
Sarà l’occasione per presentare “Spolpati”, il nuovo rapporto curato da Terra! per la campagna #FilieraSporca, che ricostruisce il percorso dei pomodori in Italia dal campo allo scaffale del supermercato. Questo viaggio lungo la filiera verrà raccontato anche tramite il libro “I signori del cibo”, del giornalista Stefano Liberti, che svela l’attività distruttiva per il pianeta delle grandi multinazionali che controllano il sistema alimentare.

All’incontro, che sarà moderato da Stefano Chellini della Cooperativa Agricola Monte di Capenardo, interverranno il direttore di Terra! Fabio Ciconte e Stefano Liberti, giornalista di Internazionale.

Per partecipare è necessario effettuare la prenotazione scrivendo il proprio nome e cognome a eventi@terraonlus.it entro domenica 4 dicembre alle ore 12.

Grazie

Giorgia Bocca
393/9449734

Treia, 8 dicembre 2016 - Storia della Fierucola delle Eccellenze Bioregionali



Per raccontare questa storia debbo fare diversi passi all'indietro e partire da quando a Verona fondai la prima associazione di cultura “mista” d'Italia, Avvenne sulla scia del '68, a quel tempo le associazioni si “legalizzavano” depositando uno statuto e la lista dei fondatori alla Questura di appartenenza e così feci nel 1970 aprendo quel che si chiamava “Club Ex”, composto non solo di ex sessantottini ma soprattutto di membri della cultura locale, poeti, scrittori, artisti, cantanti, etc. Dall' Ex passarono gruppi come i Gatti di Vicolo Miracoli, artisti come Degani e persino cantautori di “fuori porta” come Francesco Guccini ed altri. A quel tempo io stesso mi fregiavo del titolo di “artista concettuale” ed essendo un alternativo lanciai una contro-biennale (in antitesi a quella borghese e finta di Venezia) definita “itinerante” che si svolgeva lungo le strade di Verona, una specie di “marcia”che al posto dei cartelli di protesta esibiva opere d'arte portate a mano (od in motoretta) in ostensione.

Dopo qualche anno, avendo cambiato genere ed essendomi dedicato alle attività spirituali ed essendo tornato nella mia città natale, Roma, aprii un centro di meditazione che si chiamava “Sri Gurudev Mandir” che ospitava ricercatori d'ogni risma, con cui compartecipai al primo Festival dello yoga italiano, che si tenne a Milano nel 1974.

Alfine nel 1977, dopo un periodo di “prova”, mi trasferii stabilmente nel villaggio abbandonato di Calcata, che doveva essere demolito per rischi sismici, lì fondai nel 1979 con altri amici “mezzo spiritualisti e mezzo artisti” l'associazione teatrale che si chiamava Vecchi Tufi, che operò per le vie di Calcata e dei paesi limitrofi con l'esecuzione di varie pieces dal sapore zen (articolo esemplificativo: https://riciclaggiodellamemoria.blogspot.it/2013/04/il-circolo-vegetariano-vvtt-ed-il-parco.html?m=0). Giunse quindi il tempo in cui sentimmo il bisogno di avere una sede “meno mobile” e così, con buona parte dei soci dei Vecchi Tufi, fondai nel 1984 il Circolo VV.TT. per promuovere oltre alla cultura alternativa ed allo yoga anche la pratica vegetariana ed ecologista e la ricerca di un'armonia fra società e habitat.

Dal corpo del VV.TT. nacquero anche altri movimenti e sigle, come ad esempio il Comitato per la Spiritualità laica, il Punto Verde di formazione bioregionale, etc. , per dare una visibilità esterna alla nostra “cultura” organizzavamo incontri per la promozione del biologico, i primi in Italia, nonché eventi open air, in giardini, nel Parco del Treja, in vecchie strutture, nella nostra sede, ma anche in sedi istituzionali di Calcata, di Roma e di vari altri luoghi del Lazio. L'evento che mi sta più a cuore si svolse nel Palazzo Baronale di Calcata con il titolo evocativo di “Fiera delle Arti Creative” (articolo esemplificativo: http://www.parcotreja.it/public/it/news/2008/archivio_080325.asp) che poi si trasferì anche a Viterbo con il titolo di “Biennale d'arte creativa” (Articolo esemplificativo: http://www.viviviterbo.it/node/38267).

Ma le cose non stanno mai ferme e ad un certo punto, nel 2010, da Calcata mi trasferii armi e bagagli (ovvero compreso il Circolo VV.TT. e tutto l'ambaradam) in quel di Treia, in provincia di Macerata, ospite della mia fedele compagna, Caterina Regazzi.

Disse l'amico Stefano Panzarasa: “Dal Treja a Treia c'è solo una linguetta di differenza..”. In verità trattasi di una linguetta molto lunga, composta da centinaia di aderenti che non mi seguirono affatto, salvo in occasioni particolari come durante le “feste comandate” del Circolo. Treia non avendo a fianco una città come Roma ed essendo poco “propensa” alla cultura alternativa non ha consentito al nostro Circolo di crearsi un entourage pari a quello del passato. Poco male, mi son detto, ripartiamo da dove siamo e vediamo cosa succede.

Non avendo la possibilità di cooptare un numero di affiliati in sintonia con la filosofia vegetariana ecologista e spiritualista laica mi adattai alle consuetudini locali, basate su un forte attaccamento alle tradizioni, e con pochi amici più o meno “convinti” fondai nel 2015 un comitato civico denominato “Treia Comunità Ideale” che organizzò con non poche difficoltà una prima “Fiera delle Eccellenze Bioregionali”, che si tenne sotto l'ex Mercato Coperto sottostante al Palazzo Comunale. Malgrado tutto la cosa ebbe successo, piacque sia agli amministratori, inizialmente un po' scettici, ed anche al popolo treiese che partecipò con interesse (articolo esemplificativo: http://www.comune.treia.mc.it/eventi-cms/1-fiera-delle-eccellenze-bioregionali/). 

Lo scopo della Fiera è quello di valorizzare le produzioni locali in ogni aspetto, dall'agricoltura, all'artigianato, all'arte, alla cultura, alle attività sociali e ricreative, etc.

Per l'edizione di quest'anno subentrò il problema del titolo che non può insignirsi del nome “Fiera” per via di certe limitazioni poste dalla Regione Marche, quindi abbiamo cambiato il nome  in “Fierucola”, anche per dare una connotazione più idonea al luogo ed alla composizione dell'impianto. La manifestazione di quest'anno, chiamata perciò “Fierucola delle Eccellenze Bioregionali” si svolge l'8 dicembre 2016 a Passo di Treia, sotto i portici della Chiesa della Natività e nei locali della Torre Molino ma anche nelle strade ed in vari altri luoghi (vedi programma: http://treiacomunitaideale.blogspot.it/2016/11/passo-di-treia-fierucola-delle.html).

La peculiarità di questa nuova edizione sta nella forma condivisa, ovvero ci sono diverse associazioni che compartecipano all'evento: Ass. ACLI La Torre, Coop. La Talea,  Fotocineclub Il Mulino, AVIS di Treia, Ente Disfida del Bracciale, etc. e confido anche nella partecipazione della Banda e della Truppa dei Tamburini e di altri gruppi locali. 

Un particolare ringraziamento rivolgo alla Parrocchia di Treia per aver messo a disposizione i portici della Chiesa ed al Comune per aver concesso l'uso della Torre Molino e per l'aiuto logistico. Tutti i treiesi ed i vicini sono invitati a partecipare...


Paolo D'Arpini

Risultati immagini per paolo d'arpini


Programma di massima: 

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8 Dicembre 2016
Passo di Treia

Il Comitato Treia Comunità Ideale con: Ass. ACLI La Torre, Coop La Talea, AVIS di Treia, Cinefotoclub Il Mulino, Ente Disfida Bracciale,  Organizza la II Edizione de
"La Fierucola delle Eccellenze Bioregionali"


Sotto i Portici della Chiesa della Natività

Esposizione di prodotti agricoli locali, trasformazioni agroalimentari, artigianato, bricolage, oggetti natalizi, cucito e merletti, cesti, attrezzi...

Apertura al pubblico dalle ore 10 alle ore 20

Ore 10.30 - Inaugurazione della Fierucola. Benedizione del Parroco e saluto del Sindaco. Svelamento dell'istallazione natalizia “Della Speranza”

Durante l'arco della giornata nella piazza e nella via principale di Passo Treia si tengono degustazioni di prodotti tipici locali, intrattenimenti ludici, giochi per bambini, giri sul cavallo, sfilate di tamburini e di babbi natale, concertino leggero e musica popolare deambulante, stands turistici ed apertura dei negozi



Nei locali della Torre Molino

Esposizione di opere d'arte e d'ingegno, libri, foto, attività olistiche...

Apertura al pubblico dalle ore 15 alle ore 20

Dalle ore 15 alle ore 18 si svolgono diversi eventi, canto sciamanico, poesie, esercizi di rilassamento, danza-terapia, concertini di hang drum e organetto...

Ore 18.30 - Tavola rotonda. Condivisione di saperi, arti e conoscenze, con interventi di rappresentanti della cultura e della produzione locale e brindisi finale


Info. 0733/216293 – 366.1519289 – 336.1552181 - 338.9387061
La manifestazione è libera e gratuita gli organizzatori declinano ogni responsabilità per eventuali danni causati a cose o persone in seguito agli eventi connessi

L'evento si svolge con il Patrocinio morale della Proloco e del Comune di Treia

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giovedì 24 novembre 2016

Ecologia - Salvare gli alberi per salvare la vita

Simbologia e messaggio degli alberi


Mi chiamo Peter Boom e boom, nella mia lingua, l’olandese, significa albero.
Sono un alberello di media statura, molto più basso della maggior parte degli
alberi.


La quercia arriva a 40 metri di altezza, ma viene superata dal frassino e dal
faggio. Nelle nostre zone climatiche l’abete può raggiungere i sessanta metri,
giusto per far notare quanto sono piccolo io.

Un grandissimo problema oggi è la sistematica distruzione dei boschi che sono
parte integrante e di primaria importanza per il nostro ecosistema.
Per questo motivo ho scritto un libro intitolato “2020, il nuovo Messìa”,
pubblicato nel 1994 che parla proprio della mentalità speculativa che sta
distruggendo la Natura, la flora, la fauna, i nostri alberi e … di
conseguenza anche noi.

Alberi chiamati sacri perché una volta queste piante venivano considerate
manifestazione delle divinità, a loro si pregava per chiedere protezione e
aiuto e hanno ispirato miti bellissimi e fantastici.

In quasi tutte le tradizioni troviamo l’albero cosmico, asse dell’universo con
le sue radici affondate negli abissi sotterranei e con i suoi rami che
s’innalzavano fino al cielo. Essendo l’albero verticale esso congiunge
l’universo uraniano con i baratri ctoni, i dei dei cieli con quelli degli
abissi. Un’immagine che troviamo anche nella croce, simbolo delle chiese cristiane adottato dalla religione cristiana soltanto verso la fine del quarto secolo, ancora senza il Cristo crocifisso sopra. Queste immagini le ho riprese dal
libro “La favola di Cristo” di Luigi Cascioli, ricercatore storico di fama
internazionale.

Il nostro corpo è fatto in forma di croce; simbolicamente la croce significa
la completezza, la barra orizzontale è la madre terra, quella verticale il dio
sole, la forza fecondante di ogni vita. Simboli della completezza sono anche il
lingam e lo yoni della tradizione shivaita ed il Ying e Yang cinese.

L’albero è ermafrodita nella maggior parte dei casi e anche l’albero cosmico è
ermafrodita. E’ una pansessualità cosmica che riporta alle origini dell’uomo,
alla sua completezza. Un albero dà appieno questa idea, anche perché abbattuto
può rinascere dalla talea o può rigenerarsi da solo grazie ai germogli che
crescono ai suoi piedi, un po’ come dalla costola di Adamo nasce Eva. I fiori,
in molti alberi, sono maschi e femmine allo stesso tempo, in altri invece
fioriscono sullo stesso albero il pistillo femmina e lo stame maschio.

Dai primordi certi alberi grandi venivano ritenuti sacri come per esempio le
querce, i frassini, i baobab, etcetera, e dall’osservazione della natura che
muore e poi risorge sono nati molti credi e religioni.

San Bernardo di Chiaravalle lasciò scritto: “Troverai più nei boschi che nei
libri. Gli alberi e le rocce t’insegneranno le cose che nessun maestro ti
dirà.”

Infatti, gli dei venivano immaginati prendendo spunto dai fenomeni osservati
nella natura: i vulcani, il fuoco, i fulmini, il tuono, il mare, il cielo, la
terra della dea madre, gli animali, il vento e naturalmente anche gli alberi.
Nella mitologìa nordica, descritta nell’Edda intorno al 1225, vengono
raccontati molti miti di origine antichissima tra i quali quello del gigantesco
frassino Yggdrasill, asse del mondo con i suoi rami che giungono fino ai cieli
e con tre larghissime radici che affondano nei regni sotterranei; da una di
queste radici che porta al regno dei morti sorge una fonte, necessaria a
nutrire l’albero e ad irrigare con la sua acqua tutta la terra. Dall’acqua
scaturisce la vita e traendo origine proprio dal regno dei morti allude
chiaramente al riciclaggio della vita. Vita, morte e nuova vita, come una
risurrezione insegnataci dall’andamento delle stagioni.

Ancora oggi festeggiamo questo naturale fenomeno con l’albero di natale, e la
rinascita ogni anno del bambin Gesù non è altro che la rinascita del sole, il
solstizio, la premessa per far ricrescere la vita.

La stessa rinascita si incontra anche in altre e più antiche religioni. Come
nell’antico Egitto con Osiride fatto a pezzi che poi resuscita o come nei riti
sciamanici che rappresentono lo svolgersi tra morte e rinascita sia dell’uomo
come anche della vegetazione.

Yggdrasill significa corsiero di Ygg, uno dei nomi del dio Odino o Wotan. Ygg
stranamente non significa frassino, ma bensì quercia, in tedesco Eich, in
olandese eik e in inglese oak. Probabilmente uno scambio che sarebbe
interessante verificare meglio.

Come il da noi meglio conosciuto albero del paradiso, anche presso Yggdrasill
abita un enorme serpente chiamato “Nioggrh”. Anche sotto quest’albero della
vita nasce l’acqua fecondante e della conoscenza dove il dio Ygg, Odino o
Wotan, il padre di tutti gli dei nordici ha dovuto essere iniziato tre volte
per diventare maestro di saggezza e di conoscenza occulta.

Queste iniziazioni, durante le quali il dio, ferito da una lancia e appeso a
testa ingiù per nove notti tra i rami del frassino Yggdrasill, fa pensare a
certe iniziazioni sciamaniche e anche a Gesù inchiodato alla croce col cuore
trafitto dalla lancia di un centurione. Infatti, non c’è niente di nuovo nel
nostro immaginario religioso, tutto proviene dall’umano inconscio collettivo,
dal nostro immaginario archetipico pensato e ben descritto da Carl Gustav Jung,
uno dei padri della psicoanalisi moderna.

Odino invece ferisce sé stesso, non beve, non mangia e si sottopone ad una
morte rituale, iniziatica. Ed è così che ottiene la conoscenza. Odino vede,
anche se è cieco, come lo era Omero, come l’indovino Tiresia accecato dalla dea Atena, come l’Edipo incestuoso che si cavò gli occhi per espiare il suo
tremendo anche se non volontario peccato. Tutti costoro vedono con gli occhi
dello spirito, cosa che fa pensare al terzo occhio indiano, l’occhio divino
della vera e più profonda conoscenza.

Odino resuscita come lo sciamano fatto a pezzi, come Gesù, come il dio egizio
Osiride.

Quando poi, come musicato in modo sublime da Wagner nel Crepuscolo degli dei, die Goetterdaemmerung, anche gli dei vengono colpiti dall’apocalisse e l’enorme lupo Fenrir divora Odino insieme a quasi tutti gli altri dei, solo l’albero primordiale Yggdrasill, benché danneggiato, è rimasto in piedi, allora succede il nuovo miracolo: “La terra uscirà dal mare e sarà verde e bella”.
Ecco il diluvio universale, descritto nel vecchio testamento da una cultura a
noi più conosciuta o comunque più tramandata, oggi si direbbe pubblicizzata.
Un uomo chiamato Ask viene foggiato dal frassino cosmico e una donna chiamata Embla dall’olmo.

Anche Omero e Esiodo parlano di leggende sull’origine degli uomini, uomini
nati dalla quercia e dalla roccia, interessante associazione tra la pietra e
l’albero sacro ricorrente in molte culture antiche. La pietra sacra, il menhir
o bethel, parola che in semitico significa casa di dio, l’omphalos greco,
l’ombelico del mondo, il lingam indiano, tutte dimore dello spirito.
La pietra eterna, ricordiamo anche la Ka’aba alla Mecca, è simbolo di vita
statica, l’albero invece è simbolo di vita dinamica che si rinnova sempre in
una continua rigenerazione, muore e risorge.

Il frassino era consacrato anche a Posìdone, come la quercia a suo fratello
Zeus. Nell’Egitto dei faraoni invece gli dei abitavano il sicomoro sacro.
In Mesopotamia l’albero sacro della vita era il Kiskanu.

In India abbiamo la “ficus religiosa” conosciuta soprattutto perché ai piedi
di quest’albero il Buddha raggiunse l’illuminazione.
In Cina viene venerato il Qian Mu, legno eretto, albero dell’inizio di tutto.
Importante è anche il gelso considerato sacro e ermafrodito, simbolo
antecedente alla divisione tra Ying e Yang, della femmina e del maschio, dello
scuro e del chiaro, della terra e del cielo.

Non possiamo dimenticare l’albero cosmico degli Inca nell’America del Sud, che
scaturisce dal corpo di una dea con accanto Quetzalcoatl, il serpente piumato,
dio della morte e della rinascita; come serpente è ctonio, sotterraneo, ma dal
suo sacrificio sul rogo fa rinascere il sole.

Con tutte queste deità, spiriti, spiritelli dimoranti negli alberi di tutto il
mondo, salvo naturalmente sopra i poli, si può affermare con Mircea Eliade che
“mai l’albero è stato adorato unicamente per sé stesso ma sempre per quel che
si rivelava per suo mezzo”.

L’albero col quale l’uomo in passato viveva in grande simbiosi deve avergli
dato l’impressione di vedere in lui l’origine dell’universo.
Gli uomini della pietra forse si dovrebbero chiamare gli uomini degli alberi o
del legno, di più facile lavorazione dei sassi durissimi, ma di non lunga
conservazione. I legni lavorati, così antichi, sono scomparsi nel tempo.
In provincia di Viterbo nei pressi di Latera troviamo il laghetto di Mezzano
dove sono stati rinvenuti strutture lignee di palafitte dell’età del bronzo di
circa 4000 anni fa. Un altro luogo interessantissimo e direi addirittura
impressionante si trova nei pressi di Avigliano Umbro ed è la foresta fossile
di Dunarobba, dove si possono vedere tronchi d’albero in legno conservati
miracolosamente per circa tre milioni d’anni. Qui si tratta di legno non
fossilizzato in pietra rimasto protetto sotto uno strato di una trentina di
metri di argilla. Alberi, di una specie di conifere che oggi non esistono più
ma simili alla sequoia, che crescevano sulla sponda di un lago vastissimo in un
clima caldo e umido, dove vivevano mammuth e diverse altre razze di animali
preistorici.

Col legno gli uomini costruivano capanne, dimore per adorare gli dei,
palizzate per la loro difesa; l’albero era anche il “Padre del fuoco” e
attraverso l’esempio dei fulmini, l’autocombustione e i vulcani impararono ad
accendere essi stessi il fuoco col quale potevano cucinare, riscaldarsi, vedere
nel buio della notte e difendersi dagli animali feroci. Si otteneva dalle api
che si annidano negli alberi, la cera, il miele, l’idromele, il miele
fermentato, il nettare degli dei creduto utile per ottenere l’immortalità.
Inoltre gli alberi regalavano agli umani diversi frutti, quelli freschi da
mangiare a maturazione o da seccare e quelli indeiscenti nella loro buccia dura
come le noci e le nocchie che essendo a lunga conservazione venivano consumate soprattutto durante l’inverno e che macinati producevano una farina e così  anche il primo pane. Da certi alberi escono resine con le quali produrre catrame, pece, profumi, aromi e incenso. La prima arma dell’uomo, oltre ai sassi che si potevano scagliare, sarà senz’altro stato il bastone, in seguito la lancia e poi l’arco con la freccia.

Esiste nell’immaginario umano un albero che vuole forse dimostrare il
contrario di tutto, l’interscambiabilità tra positivo e negativo, la morte che
crea l’humus per la vita, una connessione tra il basso e l’alto, una energia di
eterno ricambio, un albero sciamanico presente in diverse culture, quelle dei
Lapponi, degli aborigeni australiani, che si ritrova nell’esoterismo ebraico
come anche nella tradizione islamica, descritto da Platone e da Dante, ed è
l’albero rovesciato, in India chiamato Asvatta e precedente almeno di 2000 anni
a Buddha.

Le sue radici si affondano nel cielo e con le fronde copre la terra.
Un’energia spirituale, primordiale discende dalle radici verso i rami che si
estendono verso la terra per illuminare l’uomo.

Un altro albero della vita con i suoi sette bracci che corrispondono ai sette
pianeti è quello mesopotamico che si ritrova riprodotto nel candelabro a sette
bracci ebraico, la menorah, modello consegnato da Dio a Mosé.

Anticamente gli alberi sacri servivano anche da oracolo come la quercia di
Dodona sul luogo dove una volta si ergeva il santuario dedicato a Zeus ai piedi
del monte Tamaro. Nel quinto secolo questo tempio diventò chiesa cristiana e
sede vescovile. Una religione sopra un’altra e dove una volta sacerdotesse
dicevano le profezie interpretando il fruscio del fogliame ora regnano i
preti.
La vera divinità dell’albero era sempre rappresentativa della Grande Dea
Madre, la Terra, creatrice di tutta la vita.
Le querce venivano chiamate dagli Elleni antichi “prime madri”.

Siccome le querce in quanto onorate come sacre non venivano abbattute potevano anche superare i duemila anni e infatti nelle torbiere si sono ritrovati
tronchi giganteschi e nel 1690 circa un celebre botanico riferisce di una
quercia con un tronco del diametro di dieci metri e si parla anche di una
quercia che poteva dar riparo a trecento uomini e i loro cavalli.
Gli alberi più grandi e più vecchi si sono trovati nelle Montagne Rocciose,
come la sequoia gigante che supera i centotrenta metri di altezza e i trentasei
metri di circonferenza e che può vivere fino a quattromila anni, nella stessa
regione si trovano dei pini di alta montagna che addirittura possono arrivare a
cinquemila anni. In Giappone fu scoperto un Ginkgo Biloba, che sopravvisse
inalterato per centocinquanta milioni di anni. Questo mitico albero fu trovato
in un bosco sacro vicino ad un tempi.

Non posso fare a meno di nominare il famoso libro “Il ramo d’oro” di Frazer.
Il ramo d’oro è simbolo della luce iniziatica, riesce a trionfare sulle ombre
infernali del regno di Plutone e di far resuscitare. L’albero del quale fu
colto questo ramo da Enea era un leccio, una quercia verde considerato un
albero infernale, ma anche albero della resurrezione.

Il dio della rinascita, cioè quello che fa ribollire la linfa alla vita
dormiente con i suoi culti orgiastici, figlio di Zeus e protettore degli
alberi, era il dio della vite Dioniso, colui che muore e rinasce, un vero dio
della natura chiamato “colui che vive ed opera negli alberi” o anche “colui che
è nell’albero”.

Un dio dal carattere androgino, adolescente, effeminato, secondo quanto hanno
scritto Eschilo ed Euripide.

Il pino è l’albero di Dioniso, ma le sue piante predilette sono l’edera e la
vite, che servono per raggiungere il delirio dionisiaco e l’orgia menadica. Le
celebrazioni dei cosiddetti misteri dionisiaci venivano condotte da sacerdoti
eunuchi oltre che nei paesi del vicino oriente anche nella Roma antica
all’inizio della primavera. I celebranti si autoflagellarono, alcuni neofiti
addirittura si castrarono allo scopo di rianimare il dio morto e con lui tutta
la natura che in quel periodo inizia a germogliare. Il giorno dell’equinozio,
dopo due giorni di lamenti funebri, ebbe inizio l’Hilaria, la sfrenata,
licenziosa festa della resurrezione divina, i cosiddetti baccanali. Oggi da noi
esiste ancora la tradizione del Carnevale, pallida imitazione delle feste di
allora.

Un altro mito riguarda invece l’albero della mirra, che era anche il nome
della figlia di un re dell’Assiria. Questa signorina innamoratasi pazzamente
del padre riuscì con l’inganno a giacere con lui per dodici notti di seguito.
Quando il re si accorse del rapporto incestuoso con la figlia la volle uccidere
con un pugnale, ma Mirra pregò gli dei di renderla invisibile ed essi per pietà
la trasformarono in un albero, l’albero della mirra. Nove mesi dopo nacque da
quel albero il più bello di tutti “Adone”, nato da quel atto proibito,
l’incesto tra il re e sua figlia.

Probabilmente il primo albero piantato e coltivato dagli uomini, cioè dai
Sumeri circa seimila anni fa è la Phoenix dactilifera, la palma da datteri,
conosciuta anche per essere servita da riparo alla nascita di Apollo, dio
guerriero e figlio di Latona e di Zeus, che aveva fatto una volta di più le
corna a sua moglie Era.

Apollo era anche il dio della divinazione, della musica e della pastorizia,
ebbe, così padre così figlio, numerosi amori con ninfe e giovani uomini poi
tramutatisi in fiori o alberi, tra i quali Giacinto e Ciparisso (cipresso) e la
ninfa Dafne che per sfuggire alle sue brame si tramutò in un albero di lauro,
chiara allusione alla sua stretta unione con la vegetazione, con la natura.

Gli alberi hanno un’anima. E’ stato dimostrato che una qualunque cellula è
autonoma e possiede un sistema che ne regola l’equilibrio e la difesa, in
potenza un principio di vita psichica. Esperimenti hanno dimostrato che le
piante reagiscono a certi input e che possono sentire benessere, paura, dolore
e inoltre che sono capaci di memorizzare.

Io ritengo che tutto ha un’anima, basta toccare, vedere anche una pietra, ma
un albero, soprattutto quando è grande e maestoso irradia qualcosa di magico
che in tempi antichi veniva percepito come se ci fosse al suo interno una
deità.

Allora quel albero veniva adorato e protetto, ai suoi piedi veniva eretto un
altare, come ancora oggi vien fatto in India.

L’albero, in questo modo, poteva arrivare ad un’età avanzatissima lasciando
crescere intorno ad esso un bosco sacro come per esempio ad Uppsala in Svezia e  anche più vicino a noi a Nemi a sud di Roma o come i boschi sacri che
protessero la nascita, l’illuminazione e il trapasso di Buddha.

I boschi sacri, chiamati “nemeton” sono esistiti presso molti popoli ed in
tutti i continenti. Purtroppo a causa dello sfruttamento dei legni, per ragioni
belliche e religiose molti di questi “nemeton” sono andati distrutti.
La prima e la seconda guerra mondiale hanno causato un disboscamento
sistematico, ma molto prima ancora con l’avvento del cristianesimo i missionari
cristiani per rendere impossibile il culto pagano degli alberi li hanno fatti
distruggere e di questo esistono purtroppo numerose testimonianze ben
documentate.

Naturalmente il cristianesimo ci mise secoli per convertire i pagani e mano
mano dei monaci si stabilirono nelle foreste sacre e vi fondarono monasteri.
Sul monte Cassino, Benedetto da Norcia, in mezzo alla folta foresta dove
sorgeva un tempio dedicato ad Apollo costruì la chiesa del Dio unico; il
monastero di Castel Sant’Elia qui in provincia era un tempio di Venere e vale
la pena di andare a farci una visita.

Ogni albero ha la sua storia ed impersonava spesso delle ninfe come per
esempio il tiglio, il pino nero, il pioppo bianco, il noce e il mandorlo.

L’albero più significativo delle tre religioni monoteistiche, cioè quella
degli ebrei, dei cristiani e dei musulmani, è senz’altro l’ulivo che con il suo
olio “crea la luce”, che è “l’asse immobile della terra”, che rappresenta
Abramo l’antenato comune degli ebrei, dei cristiani e dei musulmani. Il
ramoscello d’ulivo portato dalla colomba a Noé é anche qui il segnale di nuova
luce e la ripresa della vita sulla terra.

Il fico invece è servito con le sue foglie a coprire le vergogne di Adamo ed
Eva, ma è anche l’albero dedicato a Dioniso ed a Priapo, il dio fallico per
eccellenza ed i falli portati in processione venivano appunto scolpiti con il
legno di questo albero. Il fico, frutto succulento e ricolmo di semi quando è
maturo simbolizza sia il maschio che la femmina, un significato ancora oggi
molto vivo e talvolta anche volgare.

Atlante, colui che sostiene la terra, era il guardiano del giardino della dea
Era, moglie di Zeus, dove cresceva un melo dai frutti d’oro, che lei aveva
avuto in dono dalla madre terra. Un giorno Era si era accorta che le rubavano
le mele e perciò ordinò al drago Ladon di attorcigliarsi intorno al tronco
dell’albero in modo che nessuno potesse avvicinarsi. 
Il serpente con l’albero ci ricorda chiaramente l’Eden di Adamo ed Eva e anche l’albero cosmico nordico con il suo gigantesco serpente Nioggrh.

Ad Adamo un pezzo del frutto proibito è rimasto nella strozza e a tutt’oggi si
vede chiaramente il nostro pomo d’Adamo. Adamo viene spesso rappresentato come androgino, infatti viene creato “maschio e femmina”, viene creato al plurale e solo dopo ha luogo la divisione in due, cioè nel maschio e la femmina. L’albero ermafrodito era il simbolo più adatto per rappresentare l’uomo primordiale proprio perché capace di moltiplicarsi in maniera asessuata
attraverso i rametti che nascono ai suoi piedi. Un albero tagliato può rigenerarsi rispuntando dalla terra.

Con l’affermazione del Cristianesimo veniva adorato soltanto un pezzo di legno
morto, cioè la croce e l’adorazione degli alberi vivi e sacri veniva vietata.
In conseguenza da ciò nacque un monoteismo dogmatico ed intollerante. L’anima e  il corpo vengono separati in un dualismo spesso atroce e causa di grandi sofferenze e frustrazioni.

Claude Lévi-Strauss ha scritto: “Da aperta che era un tempo, l’umanità si è sempre più rinchiusa in sé stessa. 
Tale antropocentrismo non riesce più a vedere, al di fuori dell’uomo, altro che oggetti. La natura nel suo complesso ne risulta sminuita. Un tempo, in lei tutto era un segno, la natura stessa aveva un significato che ognuno nel suo intimo percepiva. Avendolo perso, l’uomo di oggi la distrugge e con ciò si condanna.”

Spero che d’ora in poi possiate guardare agli alberi ed alla Natura tutta con
occhi e sentimento diversi.

Peter Boom

mercoledì 23 novembre 2016

Anche il sistema sanitario può essere fonte di inquinamento


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Uno studio dell'OMS illustra sia i potenziali vantaggi della promozione della sostenibilità ambientale nei sistemi sanitari che gli ostacoli e gli incentivi per raggiungerla
Sistemi sanitari eco-sostenibili in Europa
Secondo il report dell’OMS "Verso sistemi sanitari eco-sostenibili in Europa", i sistemi sanitari hanno un impatto notevole sull'ambiente perché sono forti consumatori di energia e di risorse, contribuiscono alle emissioni di gas a effetto serra e producono grandi quantità di rifiuti, anche pericolosi. Nondimeno, hanno anche un impatto positivo sull'ambiente quando fanno attività di promozione della salute umana e ambientale.
Il rapporto è stato presentato in occasione del Convegno CleanMed Europe 2016, svoltosi a Copenaghen il 19-21 Ottobre 2016, e basa le sue evidenze su rapporti governativi, casi studio, letteratura grigia e articoli scientifici.
Nello studio, che si configura come un documento programmatico, sono riportati diversi esempi di misure che si sono dimostrate utili sia nel settore della salute che dell'ambiente, fra cui:
  • nella maggior parte delle regioni d'Europa e Nord America, a partire dagli anni ’90, le misure normative sulla qualità dell'aria hanno ridotto l'acidificazione del suolo e delle riserve di acque dolci;
  • ino studio pubblicato nel 2012, condotto negli Stati Uniti, ha stimato che se fosse attuato, a livello nazionale, un pacchetto di interventi mirati a ridurre l'impatto ambientale negativo degli ospedali, si potrebbero generare risparmi superiori a 5.4 miliardi di dollari in 5 anni e di 15 miliardi in 10 anni;
  • un altro studio del 2009 ha stimato che, se nel Regno Unito si promuovesse il trasporto attivo combinato con una dieta povera di carne, si potrebbe contribuire a ridurre l'impatto delle malattie cardiovascolari e contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici;
  • una ricerca condotta in Canada, Germania, Svezia, Regno Unito ha dimostrato che la telemedicina, riducendo la necessità di spostamenti del paziente, facilita l'accesso alle cure, ad esempio, nelle aree rurali; un altro studio del 2009 ha dimostrato che l'utilizzo di cliniche mobili per lo screening del seno ha ridotto le emissioni di gas a effetto serra, migliorando l'esperienza del paziente;
  • nel Regno Unito, una ricerca condotta in 6 siti ospedalieri dal Global action plan ha evidenziato che alcuni cambiamenti apportati all'illuminazione nei reparti di degenza hanno migliorato il sonno dei pazienti e portato ad un risparmio di 650.000 dollari in 2 anni.
I risultati di questo report saranno presentati alla Sesta conferenza ministeriale su ambiente e salute che si terrà a giugno 2017 nella Repubblica Ceca e dove gli Stati membri sono chiamati ad adottare una dichiarazione ministeriale ed un piano d’azione mirante ad eliminare le minacce ambientali più significative per la salute umana.
(Fonte: Arpat)
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