venerdì 31 dicembre 2021

Bioregionalismo e l'econazionalismo insubre di Domà Nunch

 



"La strada dell'ecologia è una sola" (Saul Arpino)

Noi vogliamo far sì che sempre più persone aprano gli occhi sull'urgenza di salvaguardare la cultura e l’identità degli uomini, la natura e l’ambiente dalla cementificazione della terra e degli animi. In una parola, mettere il nostro ecosistema, ovvero il luogo del nostro essere cui non non dobbiamo più essere estranei, in posizione prioritaria. Ecco cos’è Domà Nunch: un progetto visionario, rivoluzionario, quasi sicuramente impossibile: restituire a noi stessi la coscienza di esistere, la consapevolezza di potere e dovere decidere del proprio destino.

Domà Nunch non è un partito, perché rifiuta le regole della politica parlamentare e del consenso frutto del compromesso. Non propone un'ideologia, ma idee che intendono rappresentare più fedelmente possibile i valori e gli interessi della Comunità in cui viviamo. Domà Nunch promuove quindi una prospettiva econazionalista, la quale non fa distinzione fra tutela dell’ambiente naturale e la cultura che in esso vive, ricordandone sempre l’interdipendenza. 

Gli econazionalisti rappresentano oggi la vitalità e la capacità innovativa di un popolo ingabbiato dalla ruggine delle istituzioni e dei loro servi: quelli che si arricchiscono facendo a pezzi le nostre campagne, o che trasformano i nostri figli e i nostri anziani in miseri e ignoranti consumatori. Dalla Terra nasce un popolo che è la sua Nazione. Tutto ciò che è generato dalla Terra è parte del suo Popolo, si tratti di uomini, animali o piante. Noi tutti siamo fratelli, la Nazione degli uomini come quella dei diversi animali e delle diverse piante, perché tutti partoriti dallo stesso utero, allattati dallo stesso latte. Tale è, dunque, il pensiero alla base dell’econazionalismo.

Ogni abitante d'Insubria ha il dovere di continuare a dare una speranza al proprio Popolo e alla propria Terra. Ciò è possibile facendo crescere la voce e le istanze di Domà Nunch. Ci rivolgiamo a persone di ogni categoria: anche a coloro che non si ritrovano più nelle posizioni contraddittorie dei partiti, soprattutto per ciò che concerne i temi di difesa comunitaria e culturale, o delle grandi organizzazioni sedicenti ambientaliste. 

Domà Nunch rifiuta i compromessi e i giri di parole: denuncia l'impossibilità di uno "sviluppo sostenibile", termine coniato per distrarci dai gravissimi problemi di fondo del nostro territorio, per i quali il limite è già stato abbondantemente superato: la sovrappopolazione, l'opprimente pressione fiscale che ci obbliga a consumare sempre più le nostre risorse, il consumo del territorio agricolo e naturale, la ridicolizzazione del nostro passato e delle tradizioni, nonché l'inutilità di una scuola che non permette ai nostri ragazzi di amare la nostra storia e il nostro ambiente. Questi sono solo alcuni dei fattori che stanno determinando l’annichilimento e l'anestetizzazione della nostra gente, ormai abituata solo al brutto, al traffico, al lavoro.

Domà Nunch
Moviment econazional de l'Insubria - info@domanunch.org





giovedì 30 dicembre 2021

Strenna di buon augurio per il 2022



Stiamo salutando l’inizio di un nuovo anno, questo dal punto di vista astronomico è corretto in quanto il momento corrisponde al solstizio invernale ed alla ripresa dell’allungamento delle giornate.  Tra l’altro, in chiave religiosa, la nascita di Gesù sta a significare l’avvio di una nuova stagione  umana e quindi si può dire che con lui nasce un  “nuovo anno”  morale.

“Il Figlio.   Siedi in silenzio e avvolgi le tue parole nella nebbia di dicembre, ascolta il vento mentre raccoglie le ultime foglie di un autunno fiorito e sposa gli occhi insonni della Madre, sul volto del Figlio. Lui, che ancora tace il fiume immenso del nobile verso a cui il Padre diede voce un tempo e che incontra da sempre l’incenso di umane preci strette nella morsa di lacrime nere, rivolte al cielo di un sacro Presepio, tra umili amanti che scrivono finalmente liberi il nome di Dio nel libro dell’umana storia.” (Antonella Pedicelli)

Ma dal punto di vista della natura il nuovo inizio  si avverte con la primavera ed infatti in tutto il mondo il principio del nuovo anno era coincidente con il mese di marzo ed in questo mese era posta la tradizione della “strenna”. 

Gli antichi romani erano solito regalare un vassoio bianco con fichi e miele,  sul vassoio erano posti anche ramoscelli di alloro chiamati appunto “strenne”. In realtà il nome “strenna” ha origini ancora precedenti, risalenti a quando (prima del 191 A.C.)  il calendario riportava il capodanno al primo marzo. In quella data, davanti alle porte del Rex Sacrorum, delle Curie e del tempio di Vesta,  venivano posti ramoscelli di alloro in sostituzione di quelli ormai secchi dell’anno prima, questi ramoscelli venivano staccati da piante lungo una via consacrata ad  una dea di origine sabina che si chiamava appunto Strenia.   Il termine latino “strena”: presagio fortunato, deriva probabilmente proprio dalla dea Strenia,  portatrice di fortuna e felicità. La leggenda attribuisce l’inizio di questa usanza a Tazio,  sembra infatti sia stato proprio il re dei Sabini ad avere per primo l’idea di questo dono. 

Ed ora  vi offriamo  una strenna poetica,  dedicata agli animali ed alla natura.



FILASTROCCA DI CAPODANNO  di Gianni Rodari 

voglio un gennaio col sole d’aprile,

un luglio fresco, un marzo gentile;

voglio un giorno senza sera,

voglio un mare senza bufera;

voglio un pane sempre fresco,

sul cipresso il fiore del pesco;

che siano amici il gatto e il cane,

che diano latte le fontane.

Se voglio troppo, non darmi niente,

dammi una faccia allegra solamente. 


Ciao a Tutti, Paolo D'Arpini




mercoledì 29 dicembre 2021

Consigli di lettura sull'ambiente, la sostenibilità ambientale e sociale per il 2022





Nessun libro cambia la storia, ma qualche piccola spinta gentile, insieme a tante altre è possibile darla. Da qui l’idea di mettere insieme alcuni titoli che hanno come tema l’ambiente e il cambiamento climatico, a pochi mesi dalla conclusione, a Glasgow, della conferenza sul clima organizzata dalle Nazioni Unite.

Se non cambiamo stile di vita qui e ora, il nostro pianeta rischia di diventare irriconoscibile. Siamo abituati/e a credere che modificare i nostri comportamenti individuali non abbia un impatto significativo sul riscaldamento globale, ma la scienza ci dice esattamente il contrario: azioni semplici fanno la differenza.

Per questo abbiamo selezionato una serie di libri di recente pubblicazione, non si tratta di una   selezione esaustiva, ma di offrire qualche consiglio di buona lettura.

"Spigolatrici d’ambiente, il contributo delle donne alla sfida dei cambiamenti climatici" è il libro curato da Pinuccia Montanari con la prefazione di Amedeo Postiglione, Presidente onorario della Corte Suprema di Cassazione, che segna il cammino, con riflessioni e azioni concrete, verso un‘inversione di rotta, verso la conversione ecologica.

Il volume raccoglie i contributi di molte donne (ricercatrici, artiste, scrittrici, giornaliste, amministratrici, docenti) protagoniste di nuovi percorsi di vita quotidiana, di analisi, studio e ricerca, attraversando saperi (dall'economia circolare alla ricerca ambientale al contributo del pensiero delle donne nella bioetica ambientale) ed esperienze concrete, come le mamme contro gli inceneritori, le prospettive di genere nell’ambito dei cambiamenti ecologici locali, il nesso tra agricoltura pulita e cibo sano.

Sul piano della divulgazione scientifica, Antonello Provenzale, uno degli scienziati che si occupano attivamente di questi argomenti in Italia, in “Coccodrilli al polo nord e ghiacci all’equatore” ci spiega come si comporta la macchina del clima planetario: un sistema complesso e dinamico in cui gli organismi viventi giocano un ruolo cruciale.

Si parte dagli eventi catastrofici che hanno segnato la storia della Terra nell’arco di milioni di anni, tra mari di magma, glaciazioni, estinzioni di massa e quelle ere inusuali in cui anche al Polo Nord abitavano i coccodrilli oppure altre in cui l’Equatore era ricoperto di ghiaccio. Da qui, si passa al funzionamento del clima planetario, determinato da fenomeni quali il ciclo dell’acqua, la composizione dell’atmosfera, l’effetto serra, le correnti oceaniche, i cicli degli elementi chimici, l’apporto energetico del Sole o la riflessione della luce da parte dei ghiacciai.

Ancora sul cambiamento climatico: “Effetto serra - effetto guerra. Il clima impazzito, le ondate migratorie, i conflitti. Il riscaldamento globale, i ricchi, i poveri”, il cui pregio è, invece, quello di mostrare perché il cambiamento climatico non è il solito problema ambientale, ma occupa un ruolo centrale in questo mondo interconnesso, in particolare da noi, nel Mediterraneo.

Il diplomatico e il climatologo ci raccontano che “la moderna scienza del clima e l’analisi geopolitica” arrivano alle stesse conclusioni: siccome “siamo sulla stessa barca” e “i problemi sono interconnessi e hanno una dinamica globale”, non ci potremo salvare dal soli.

È un libro per le nuove generazioni in cui si parla delle conseguenze conflittuali e migratorie dell'innalzamento del livello del mare, della fusione dei ghiacciai con conseguente scarsità delle risorse idriche, della siccità e della desertificazione, della maggiore virulenza delle piogge, un’analisi che risponde alla domanda cruciale: è veramente possibile risolvere il problema dei cambiamenti climatici senza risolvere i tanti squilibri economici e sociali che ci sono nel nostro mondo e che appaiono essere le cause principali di guerre e migrazioni?. Oggi sempre più si capisce come tutto ciò possa nascere da condizioni di disagio e difficoltà, per esempio alimentare, entro la quale anche il terrorismo trova terreno fertile.

Il tema delle migrazioni è al centro anche dell’analisi della giornalista Alessandra Santolini: “Profughi del clima. Chi sono, da dove vengono, dove andranno”.

Migranti climatici, rifugiati ambientali, eco profughi, indignados del clima: sono le tante le espressioni per definire la nuova migrazione forzata alle aree più povere del pianeta, popolazioni costrette all’esodo man mano che le condizioni di vita diventano impossibili per catastrofi meteo-climatiche come alluvioni, siccità, desertificazione.

La categoria del migrante ambientale o di rifugiato ambientale, ancora non esiste nel diritto internazionale, ma gli effetti delle migrazioni per mancanza di accesso a terra, acqua, mezzi di sussistenza sono sotto gli occhi di tutti, assisteremo, entro il 2050, alla migrazione di circa 200/250 milioni di rifugiati ambientali e in base all’UNEP (Programma delle Nazioni Unite sull’ambiente), nell’anno 2060 avremo all’incirca 50milioni di profughi climatici soltanto all’interno del territorio africano.

Concludiamo la nostra rassegna con "Laura non c'è. Dialoghi possibili con Laura Conti", sette incontri immaginari tra Laura Conti (che oggi avrebbe 100 anni) e altrettante donne con le quali discutere temi a lei cari: i disastri ambientali e il lavoro, la caccia, la vita e la salute delle donne, l’aborto, la politica e l’ecologia nel senso più ampio.

Attraverso l’analisi dei fenomeni, dall’odierna pandemia ai disastri di Seveso, da Greta Thunberg all’ecologia sociale, le autrici Romagnoli e Turi ripercorrono le ricerche di Laura Conti, una delle più importanti figure dell’ambientalismo italiano, ridandole voce e riportandola al centro della scena come protagonista della nostra epoca.

Nei dialoghi, si incontrano il pensiero di Rachel Carson, Alex Langer, Lyubov Sirotà, Giorgio Nebbia, Barry Commoner. Il Fondo, costituito dalla biblioteca di Laura Conti (circa seimila volumi) e dall’archivio di carte, si trova alla Fondazione Micheletti di Brescia, è proprio lì che Bonomi Romagnoli e Turi hanno effettuato letture e ricerche, trovando infine connessioni originali e ironiche, dando all’incedere della scrittura l’ordito di una storia diversa, facendo emergere la scienziata che è stata profetica su molti avvenimenti che stanno accadendo.

Laura non c’è è una lettura per chiunque ami un po’ questa Terra e voglia impegnarsi per difenderla, tentando così di salvare noi e chi verrà dopo di noi.
(Fonte: Arpat)

martedì 28 dicembre 2021

Stop al consumo di territorio ed allo "smart working"...




...su Radio3 un dibattito surreale. Scienziati dell'antropologia e della società sostengono che la pandemia ha innescato un processo per cui le città si svuoteranno e i "villaggi" e i "borghi" delle aree interne si ripopoleranno di gente che andrà lì a fare lo smart working, perché nei centri delle aree interne le case costano meno e la qualità della vita è migliore. Lascio da parte l'ideologia dello smart working, su cui c'è già tanta letteratura critica che mostra come tale modalità altro non è che uno degli attuali strumenti usati per lo smantellamento dei contratti collettivi, l'abbassamento dei salari, la rottura dei legami e della solidarietà, l'aumento dei carichi e dei ritmi di lavoro, l'aumento dell'individualismo e dello sfruttamento. La cosa che mi ha colpito è un'altra: il messaggio ideologico che passa sotto traccia. 

Secondo questi scienziati, infatti, l'emigrazione dalle aree interne verso le metropoli e da sud verso nord (accelerata prima durante il boom economico e ora, dagli anni 90, con la globalizzazione) sarebbe causata non da una organizzazione produttiva che - con buona pace delle retoriche sulla "società post-industriale" e sulla "società della conoscenza" - continua ad aver bisogno di concentrare in determinati luoghi forza-lavoro migrante impiegata ancora secondo i peggiori canoni del vecchio taylorismo (mansioni sottopagate, ripetitive, alienanti, ecc.), ma dal fatto che gli abitanti dei "villaggi" e dei "borghi" non sarebbero così intelligenti, così evoluti e così kompetenti da scegliere o inventarsi lo smart working, da fare restando in quei posti così tanto belli. 

Ci sarebbe quindi un'umanità "inferiore", costretta dalla sua ignoranza e dalla sua condizione di inferiorità all'emigrazione dalle aree interne, e c'è un'umanità "superiore", evoluta e capace di fare lo smart working che - proprio in quanto tale - potrà lasciarsi alle spalle la situazione di alienazione e invivibilita della metropoli capitalista ripopolando così i centri tanto belli delle aree interne (dove porterà, ovviamente, progresso e civiltà). Questa narrazione è falsa e tossica. Innanzitutto, i nostri non sono "villaggi" o "borghi", e noi non siamo né "villici" né "borghesi". I nostri sono paesi e noi siamo paesani (omaggio a Savino Monterisi) In seconda battuta, non è vero che qui la vita costa meno. 

Costeranno meno le case. Ma provate a vivere solo qualche mese senza scuole, medici e ospedali, senza servizi sociali e pubblici, per gli anziani e l'infanzia, senza uffici amministrativi e personale tecnico, senza servizi postali, senza manutenzione ordinaria di strade, ponti, edifici, viadotti, reti idriche, territorio, ecc., e vi accorgerete che le cose non stanno come vengono raccontate: vivere qui costa proprio perché c'è il deserto. 

Questo duplice flusso migratorio - da e verso "borghi" e "villaggi" - è dunque un tipico fenomeno di classe: chi parte, se ne va perché costretto dall'assenza di lavoro, di servizi, di prospettive e di possibilità di vita; chi arriva, invece, è colui che ha un buon reddito e che può permettersi economicamente di abitare in zone dove tutto ciò che occorre per vivere "normalmente" lo paghi di tasca tua. 

A questo prezzo, ti godi il bello, il buono e il benessere di "borghi" e "villaggi" (che tendono così ad assomigliare sempre più a oasi turistiche per ricchi e benestanti). Lo smart working non c'entra niente. A me sembra un processo classista e razzista di mercificazione e valorizzazione in senso capitalistico delle aree interne (ai "nostri", del resto, continuano a ripetere: andatevene, qui non c'è futuro)" aggiungo che in Francia è uguale uguale e che fenomeni di gentrificazione rurale sono già in corso...argh!

 Edoardo Puglielli 











Commento di Filippo Tronca:

Condivido però in parte l'affermazione secondo la quale il ritorno nei paesi sia ad appannaggio "per colui che ha un buon reddito e che può permettersi economicamente di abitare in zone dove tutto ciò che occorre per vivere "normalmente" lo paghi di tasca tua"

Ci sono non pochi braccianti cognitivi del terzo millennio che si sono trasferiti a vivere nei paesi, grazie alla possibilità di lavorare a distanza con un pc, e non per pascolare le pecore o a fare il fabbro e lo scalpellino. Questo perchè se è vero che mancano servizi essenziali, e i problemi in un paese sono tanti e irrisolti da decenni, ci sono anche vantaggi. Solo per per restare nella mia vallata: una coppia ha comprato una casa molto bella a 55mila euro, mesi da parte in anni di sacrifici, con cui in città ci compri giusto un garage, e lei lavora a distanza con l'universìtà, portando in paese bellezza e intelligenza. Un dipendente a 1.300 euro al mese di un agenzia immobiliare lavora ora distanza e va a Roma giusto 3 volte al mese (molto malvolentieri), ed è molto contento della scelta anche dal punto di vista economico. Idem altre due persone di cui so per via indiretta. Ci sono poi fantastici ragazzi, freschi di accademia andati in paese perchè "se devo fare il disoccupato, esercitare l'arte dell'arrangiarsi e campare d'aria, beh' meglio l'aria pura". E qualcuno di loro, ebbene si ha trovato lavoro in paese, in una macelleria, in un vicino teatro, con il comune. Potrei fare molti esempi, il mio compreso. In tutti i casi a pesare sula scelta è il costo molto più basso della casa, sia da comprare che da affittare, ma anche la possibilità di avere un orto, e financo le galline, di scaldarsi con la stufa e camino, e non è poco con il costo del gas che sta raddoppiando facendo piombare il Paese nella stagflazione, nella sostanziale indifferenza. Per fare una cosa nuova. La socialità della città, le opportunità che offre, quello che ti serve, e pure le apericene, se proprio se ne sente l'esigenza, le trovi poi a 30 40 minuti di macchina, visto che non parliamo di villaggi nepalesi a sei giorni di asino e sentieri da Katmandù. In realtà lo smart working sta creando una opportunità in più per l'esercito di lavoratori poveri, per le classi subalterne del tardo capitalesimo, e sono in potenza un fattore di buon ripopolamento, che sarò un romantico ebete, per me resta una ragione di vita. Non saprei dire nemmeno davvero perchè. Le condizioni contrattuali del lavoro a distanza sono un discorso a parte. Ed è importante che ci siano persone residenti, abitanti e non turisti o viaggiatori saltuari che dir si voglia, in un paese, perchè questo pone un freno al trasformare i paesi in villaggi turistici rural chic, (non uso il termine gentrificazione, perché secondo me va predicato alle città dove c'è la polarità centro-periferia, e dove si innescano meccanismi di cacciata dalle parti di città riqualificate, del popolino puzzone e straccione. In paese chi ci è sempre vissuto, è quasi sempre proprietario della sua casa, non si capisce dove lo devi cacciare e come). Si potrebbe ipotizzare in conclusione che la residenzialità non di élite, ma di gente normale, ovvero sfruttata e sottopagata, favorita anche dallo smart working è antagonista al b&b, alla spa, alla casa vacanza, al negozietto di souvenir e alla peste delle seconde case aperte solo una settimana l'anno.


Commento di Ferdinando Renzetti: "infatti vivo al quinto piano di un palazzo nel centro di Pescara e ho tutti i servizi a portata di mano, scuole, ospedale, stazione, mare, negozi, senza usare mai l’auto, mercati rionali, parchi, marciapiedi... mi sento un privilegiato! c'è una lunga strada parco sorta di bosco in citta meravigliosa e a circa un chilometro una enorme pineta riserva naturale….

 Appunti del gruppo di lavoro di qualche anno fa in Salento, a Melpignano, durante il convegno “dia.logos” sull’idea di comunità ideale, per ricostituire tutti assieme uno affianco all’altro un “core” dove trovare senso di protezione comunità e appartenenza.

Capanna urbana: uomo casa ambiente comunicazione, informazione in formazione. habitat abito abitazione abitacolo. Capanna urbana come protezione e punto di vista ideale sulla realtà quotidiana che ci circonda. La vera capanna urbana, abitacolo, navicella è l’automobile dalla quale riusciamo a percepire il vero rapporto tra l’uomo e lo spazio circostante: processi territoriali geografia antropica e antropologia del quotidiano.

Dia.logos: visione d’insieme come nodi e tessere che possono espandersi sul territorio in un percorso di coinvolgimento e partecipazione della collettività, la partecipazione non delega, la decisione rimane nelle mani dei governanti eletti per dare le giuste direttive con piani strutturali quinquennali che portano ad azioni strategiche con verifiche a lavori svolti. verifiche per sicurezza, sostenibilità, partecipazione. laboratorio urbano aperto, processi informativi, percorsi partecipativi per appartenenze innovative ed evolutive. Beni comuni di cittadini e abitanti: acqua e rifiuti, energie rinnovabili, scuole, solare diffuso, turismo consapevole. 

Autodeterminazione delle comunità resistenti disseminazione attraverso percorso di conoscenza e diffusione dei valori territoriali locali: mappe della quotidianità frutto del percorso di riflessione svolto dai ragazzi delle scuole, i giovani cittadini interpretano e amano il territorio locale.

Borgo slow; citta fast; anche se unita di misura che collega borgo e città è il livello dei consumi spesso più alto nei borghi perché gli abitanti si spostano ogni giorno in macchina per raggiungere i luoghi della vita sociale, con consumo di energia tempo e territorio. nello spostamento, se occorre un ora per andare un ora per tornare, sono due ore al giorno, 24 ore ogni dodici giorni, un mese all’anno trascorso in macchina, in una famiglia di 4 persone, sono 4 mesi l’anno, sprecati per cosiddire del proprio tempo, solo per spostarsi, tempo trascorso in macchina o sui mezzi pubblici. spesso nei borghi non ci sono isole pedonali e le auto girano dovunque e le strade strette senza marciapiedi mettono a rischio l’incolumità di chi sceglie di muoversi a piedi.

Criticità: agricoltura tradizionale abbandonata; architettura rurale quasi perduta; vegetazione antropica e migrante senza controllo; muretti a secco sgretolati senza manutenzione ; consumi uguali a quelli della città se non superiori; ingredienti del cibo anche nella cucina tradizionale provengono dalla grossa distribuzione industriale.

cemento zero 
stop al consumo di territorio
bene comune ragionevole follia



lunedì 27 dicembre 2021

Covid 19. Tamponi e vaccini non fermano il contagio e non salvano l'economia e nemmeno l'ecologia...


Ormai é scientificamente accertato (come si può constatare dalla tabella prodotta dall'ISS il 17 novembre 2021) che i vaccinati possono contagiare e diffondere covid19 come i non vaccinati, anzi é probabile che essendo molto più numerosi dei non vaccinati e avendo una falsa sicurezza di immunità siano  i principali diffusori della malattia. Inoltre anche controllando l'andamento della malattia nei più popolosi  Paesi europei (Francia-Spagna-Germania-Italia-Gran Bretagna) tutti con notevole tasso di vaccinazione, la diffusione della malattia e la mortalità variano giornalmente ma sono più o meno uguali indipendentemente dal green pass. 

L'Italia con il green pass ha più morti della Spagna senza green pass. Il green pass che limita in Italia i diritti fondamentali compreso quello al lavoro, e discrimina milioni di cittadini non ha alcuna giustificazione scientifica e può essere addirittura dannoso.      

 Che fare ? Esiste una Commissione Scientifica indipendente, costituita da valenti scienziati, che denuncia l'inutilità e l'incostituzionalità del green pass, ma non riesce a rompere il  muro del silenzio e della propaganda del governo e dei tecnici medici di scelta governativa. Perché non organizza una conferenza stampa ?

Possibile che non si riesca a confutare la propaganda del prof. Locatelli, coordinatore del CTS, quando dice che siamo quasi al 90% di vaccinati, esclusi i bambini sotto i dodici anni, tutto va bene e bisogna continuare così, mentre a novembre 2020 c'erano 40902 positivi al giorno e non c'erano i vaccini, ed oggi, 25 dicembre 2021, con i vaccini, ce ne sono 54.788 ? Non va bene, la politica sanitaria del governo ha un grosso ed evidente problema. 
       
Capisco che per il singolo lavoratore é impossibile protestare con lo sciopero, ma perché quei lavoratori come quelli delle forze dell'ordine, degli insegnanti o che comunque hanno dei sindacati, non  fanno sentire la loro opposizione al green pass attraverso questi ? Alla fine dell'anno andranno in scadenza milioni di green pass di persone che hanno già fatto le due dosi vaccinali oppure hanno superato la malattia e saranno obbligati, come no-vax, a fare la 3 dose e poi, non é da escludersi, un vaccino annuale. Possibile che ci sia un'accettazione così silente ad una grave limitazione della libertà ? La vaccinazione dei bambini é rischiosa.

Il governo ed i tecnici medici sapevano e sanno molto bene che il green pass é inutile, che non limita la pandemia, ma lo restringono sempre di più. Perché ?

Hanno ragione i filosofi quando avvertono che in Italia c'é un grave deficit di democrazia, che questo governo utilizza la malattia covid19 per introdurre un controllo della libertà individuale in previsione di un probabile peggioramento delle condizioni sociali ed economiche dei lavoratori. L'aumento del Pil del 6% non é andato a favore dei lavoratori, né si é visto un miglioramento delle condizioni di vita. E cosa succederà quanto la Commission europea chiederà gli interessi e la restituzione dei soldi imprestati all'Italia ? 

Altrettanto preoccupante la situazione europea e mondiale. L'UE critica la Polonia e il bielorusso Lukascenko, ma non fa entrare i 4-5000 profughi ammassati ai confini della Bielorussia, lasciandoli morire di freddo e fame. Pone sanzioni alla Bielorussia con il rischio di destabilizzare quel Paese ed avere anche profughi bielorussi, pone sanzioni alla Russia che ci rifornisce di gas, rifiuta il trattato di pace proposta da Putin e organizza in accordo con gli Stati Uniti  e la Nato l'invio di truppe ai confini con la Russia. La situazione nel Donbass e tra Ucraina e Russia é molto pericolosa ma sono gli Stati Uniti e l'UE a voler aggravare la tensione. Lo stesso succede nei rapporti con la Cina. Gli Stati Uniti non vogliono rinunciare all'egemonia mondiale e non rinunciano alla loro divisione del mondo in blocchi, in amici e nemici secondo lo schema di Bush e dei Rumsfeld, Cheney e sodali.

Il rifiuto del  green pass dovrebbe essere il primo passo per mettere in discussione la politica del governo Draghi, del Presidente Draghi messo lì per far ingoiare agli Italiani il green pass e porre fine a quelle modestissime  aperture alla Russia ed alla Cina che il governo Conte aveva appena iniziato. 
         
Ireo Bono


Integrazione di  Matteo Bassetti, primario della Clinica di Malattie Infettive dell'ospedale San Martino di Genova: "Se continuiamo in questo modo a fare tamponi a tutti, anche a chi non sintomi o magari ha un raffreddore, cosa potrebbe accadere il 25 gennaio con magari 1,5 milioni di persone contagiate? Vorrebbe dire avere 10 milioni di persone ferme e in quarantena. In quel caso chi va a fare il pane, chi guida l'autobus, chi va ad insegnare a scuola? Si rischia di avere un Paese ingessato". Il timore è dunque che, con queste regole, "per ogni persona risultata positiva al Covid-19 ci sono 50 persone che devono stare a casa ma ormai, per l'ampia diffusione del virus, il tracciamento non ha più senso"

Video in sintonia: L’Oroscopo coscienziale e gli auguri del professor Corrado Malanga per il 2022 -  https://mepiu.it/oroscopo-coscienziale-e-auguri-professor-corrado-malanga-2022/

sabato 25 dicembre 2021

Nel filone bioregionale: "Anima naturaliter pagana"

 


L'uomo moderno cerca di fondare la propria ricchezza su quanto il mondo gli dispensa fra alti e bassi. Superficialità, senza dubbio, e pertanto criticabile, ma quanto preferibile alla falsa profondità dell'apparente comprensione globale fornita da una credenza zoppicante.

Giacché essere Pagano oggi è, a mio avviso, voler superare sia il dualismo delle religioni monoteiste rivelate - che chiamerò per comodità religioni abramiche (Giudaismo, Cristianesimo Islam) - sia il nichilismo, tipico di una modernità singolarmente distruttiva. Non intendo in nessun modo rappresentare la totalità della corrente neo-pagana contemporanea. Del resto, sono profondamente convinto che esistano tanti approcci al paganesimo quanti sono i Pagani. E questo non è forse nella natura delle cose, dal momento che il tratto caratteristico dei differenti Paganesimi, vecchi o nuovi, europei o no, consiste precisamente in quest'esaltazione dell'infinita pluralità del reale?

Ma vediamo che cos'è in realtà quello che viene chiamato Paganesimo.

Il termine si può prestare a confusioni e malintesi, tanto più che esso è stato forgiato dai suoi avversari. Sono infatti i Cristiani che, nel corso del III e del IV secolo, hanno fatto della parola latina paganus (contadino) una sorta d'insulto.

I Pagani erano allora presentati come degli zoticoni, degli antiquati che rifiutavano - sfrontati! - di convertirsi alla vera fede, quella del Cristo. Ancora ai nostri giorni, il termine "Pagano" è talvolta inteso come sinonimo di "barbaro", di "rozzo", e addirittura, presso certuni, di "ateo". Ora, esso non è niente di tutto questo.

Il Paganesimo che io difendo è agli antipodi della discutibile esaltazione di chissà quale barbarie o quale culto della forza bruta. Lo scrittore ortodosso russo Vladimir Volkoff parla, in uno dei suoi romanzi, di "nietzcheismo da boy-scout vizioso", espressione che mi sembra assai calzante. Se i Pagani hanno sempre reso omaggi alle forze presenti nell'universo, non si tratta per noi Politeisti, né di un culto della violenza e tantomeno d'idolatria.

Quanto alla presunta rozzezza dei Pagani, mi limiterò a ricordare che da millenni questi ultimi hanno sviluppato metafisiche estremamente raffinate (si pensi ai Presocratici greci alle Upanishad dell'India, alle scuole platoniche, pitagoriche o ermetiche...) e mitologie sontuose di cui l'antropologia strutturale e il comparatismo di un Dumézil hanno mostrato l'infinita ricchezza. Infine, l'ateismo – non dimentichiamolo - è pressoché sconosciuto nelle società tradizionali. Non parlo qui dell'ateismo di massa, che prolifera nelle nostre società postcristiane. Per questo rimando al libro di Marcel Gauchet sul Cristianesimo come agente del disincanto del mondo.

Se dovessi definire rapidamente il Paganesimo in quanto coerente visione del mondo, direi che esso è fedeltà alla stirpe - considerata nel quadro di una memoria millenari (quella che ci "re-ligat" [ religio, religione, è appunto l'atto del religare, collegare ], che ci unisce ai nostri antenati lontani) - radicamento in un territorio (termine da prendere lato sensu) e apertura all'infinito. Potrei ugualmente parlare di partecipazione attiva al mondo, d'equilibrio ricercato fra microcosmo e macro cosmo.

È religione naturale, la religione della natura e dei suoi cicli, la più antica del mondo perché "nata" - ammesso e non concesso che il mondo sia mai nato - con lui. Lungi dall'essere una fissazione di qualche tipo un po' bislacco o una nostalgia da letterati fermi a qualche mitica Età dell'Oro, oso affermare che il Paganesimo sta per diventare di nuovo la prima religione del mondo. Infatti, se si considerano gli Induisti, gli Scintoisti, i Taoisti, gli animisti e gli adepti - sempre più numerosi – dei culti precristiani d'Europa o delle Americhe (si pensi alla spettacolare rifioritura dello sciamanesimo nell'ex-URSS), dei culti preislamici (Zoroastriani delle regioni turcofone) e persino pregiudaici (penso in particolare ad un gruppo di Ebrei americani che desidera ritornare ai culti politeisti degli Ebrei), si rischia davvero di arrivare a un totale approssimativo di millecinquecento milioni di persone. Il che ne fa, o ne farà presto, il primo gruppo religioso del pianeta. Due potenze nucleari, l'India e la Cina, sono politeiste - una sotto orpelli modernisti, l'altra sotto orpelli marxisti. In piena Pechino si costruiscono templi taoisti, e l'Induismo è divenuto offensivo, dal momento che missioni indù s'installano ai quattro angoli del mondo.

Per concludere questa breve illustrazione della reale importanza e del carattere non aneddotico del Paganesimo moderno, ricordiamo che il Paganesimo è religione ufficiale dell'Islanda dal 1973, che esso è in parte riconosciuto in Gran Bretagna (ospedali, prigioni eccetera) e negli Stati baltici. In Russia, correnti pagane si sviluppano a velocità vertiginosa, nel bene e nel male, visto e considerato il disastro sociale di questo Paese. Interessarsi al Paganesimo mi sembra dunque pertinente.

Quello che più spesso si rimprovera ai Pagani, antichi e moderni, è il passatismo. E lo stesso rimprovero che veniva mosso dai marxisti a quei poveri pazzi che non consideravano Marx e Lenin come gli orizzonti insuperabili del pensiero. Questo rimprovero - di non essere "nel senso della storia - è del tutto insensato, dal momento che il Paganesimo non ha una visione lineare del tempo, un tempo visto come avanzata costante verso il Progresso (la Parusìa) a partire da un momento ben definito (la nascita del Cristo etc.). Questa concezione segmentata e lineare del tempo c'è estranea.

Noi Pagani concepiamo il tempo come ciclico, proprio come i cicli cosmici (quello solare, per esempio, con equinozi e solstizi). In realtà il Paganesimo è una religione dell'anno, e dunque della verità. Il tempo dei Pagani è quello dell'Eterno Ritorno, simile alla grande Ruota che gira e gira senza posa.

Noi non crediamo né alla creazione né alla fine del mondo. Per noi, non ci sarà apocalisse, bensì innumerevoli fini di cicli, eternamente ricominciati. Una successione senza inizio né fine di nascite, crescite e declini, di crepuscoli seguiti da rinnovamenti, di cataclismi seguiti da rinascite, in seno a un Ordine (in greco: kosmos) intemporale, in cui uomini e Dei, mortali e Immortali, hanno il loro posto e la loro funzione.

Il mito del Progresso non ci appartiene. Noi non crediamo al senso della storia (concetto totalitario, a mio avviso), alla "fine" del Paganesimo, alla "morte" degli Dèi. Di conseguenza, il rimprovero di adorare divinità morte ci lascia indifferenti.

I nostri Dei, le nostre Dee non sono morti, per la semplice ragione che non sono mai nati. Apollo e Dioniso, Cernunno ed Epona, Mithra e Perkunas sono eternamente presenti al nostro fianco. Citiamo Eraclito (framm. 30): "Il mondo di fronte a noi - il medesimo per tutti - non lo fece nessuno degli Dèi né degli uomini, ma fu sempre, ed è, e sarà, fuoco vivente, che divampa secondo misure e si estingue secondo misure". Questo breve frammento vecchio di venticinque secoli traduce le linee di fondo del pensiero pagano: eternità del mondo, ciclicità del tempo, comunità dei mortali e degli Immortali...

Se il tempo è lineare, come vorrebbero le teologie giudeo-cristiana e razionalista, il Paganesimo è impensabile, perché "morto", e scandaloso, perché si muove in direzione contraria al sacrosanto senso della storia.

Ma se, come tutti noi avvertiamo, il tempo è ciclico, la prospettiva muta radicalmente. Il Paganesimo non è mai potuto morire: perché, a immagine e somiglianza delle innumerevoli divinità che popolano i suoi innumerevoli pantheon, esso non è mai nato. Se le sue forme antiche (liturgie, templi...) hanno ceduto il passo ad altre che pure vi si sono largamente ispirate, tuttavia restano gli archetipi, che sono essi stessi eterni. Un bell'esempio è quello del Cattolicesimo medioevale, rimasto molto pagano: è quello che personalmente chiamerei il Pagano-Cristianesimo (fuochi di san Giovanni, e tutta la mitologia cristiana).

Per meglio comprendere questa visione pagana del mondo, è indispensabile superare i blocchi mentali - i famosi "ostacoli epistemologici" di Bachelard - indotti dal modo di pensare giudeo-cristiano. Marcel Détienne (uno dei maggiori ellenisti contemporanei), puntualizza nella sua illuminante prefazione al bel libro del professor W.F. Otto dedicato agli Dei della Grecia: "Dietro il falso sapere dell'intellettuale e dell'universitario, spunta il grande avversario (...): il cristianesimo, che fa da schermo fra gli Dei greci e noi, e che ci ha imposto in maniera insidiosa un certo modo di pensare la religione. Dapprima inoculandoci il virus dell'interiorità: in base al quale la religione è inseparabile da una relazione personale col Dio, che l'unico contatto possibile con la divinità deve avvenire attraverso un soggetto individuale - un Io che apprenderebbe il sacro grazie a una sorta di protesi dell'anima, l'anima inquieta e pavida delle civiltà malate. Altro male, non meno virulento: che il sentimento religioso nascerebbe da un bisogno di salvezza che va di pari passo con la trascendenza: che la finalità degli Dèi consiste nel liberare gli uomini da questo mondo, nel farli salire accanto a sé, nello strapparli a una natura dalla quale sono essi stessi totalmente disgiunti. Con la sua angoscia di salvezza, Le sue gioie segrete di anima peccatrice, il cristianesimo è soprattutto un ostacolo epistemologico: una malattia, uno stato di languore al quale bisogna strapparsi e dal quale bisogna guarire se si vuole riscoprire la figura autentica degli Dei della Grecia".

La citazione è lunga, ma notevole come perfetto esempio di teologia negativa del Paganesimo. Marcel Detienne ha colto benissimo le differenze fondamentali tra Paganesimo e rivelazioni abramiche. Qualcuno potrebbe obiettare che, nell'Antichità, esisterono delle correnti, minoritarie ma privilegiate dalla ricerca moderna, come l'Orfismo o i Misteri, che conoscono questa ricerca di salvezza personale. Semplicemente, noi non ci abbeveriamo a questa fonte, alla quale preferiamo la religione civile arcaica.

Un altro ellenista, Jean-Pierre Vernant, professore al Collegio di Francia, si è già posto la questione di sapere in quale modo noi potremmo vedere la Luna, Selene, con gli occhi di un Greco, cioè di un Pagano: "Ho potuto provarci in gioventù, durante il mio primo viaggio in Grecia. Navigavo di notte, d'isola in isola; sdraiato sul ponte guardavo, sopra di me, il cielo in cui brillava la luna, luminoso volto notturno, che diffondeva il suo riverbero chiaro, immobile o danzante, sulla cupa distesa del mare. Ero ammirato, affascinato da quel chiarore dolce e strano che bagnava le onde addormentate; ero commosso come davanti ad una presenza femminile, vicinissima e remota ad un tempo, familiare e tuttavia inaccessibile, il cui splendore fosse venuto a visitare l'oscurità della notte. Ecco Selene, mi dicevo, notturna, misteriosa e brillante - è Selene che io vedo".

Il professor Vernant ha ragione, in questa poetica rievocazione della sua gioventù, a parlare di "visione". Il Paganesimo è soprattutto una conversione dello sguardo, quello che si rivolge su di un universo del quale noi siamo, insieme alle Dee e agli Dèi, una parte integrante. Per meglio assimilare questa visione pagana, questo sguardo pagano, dobbiamo liberarci dal modello del "credente" delle religioni abramiche. Questo termine è realmente privo di senso per un Pagano: egli non crede, aderisce. Allo stesso modo, egli non si converte ad un'altra religione, che sarebbe l'unica vera (e che negherebbe ipso facto tutte le altre perché false, barbare o rozze). Semplicemente, il Pagano ridiviene quello che è sempre stato, perché l'anima è naturalmente pagana. Anima naturaliter pagana.

Liberarsi, dicevo, dal modello del credente. Uno che crede di potersi assicurare la salvezza individuale ed eterna quaggiù e nell'aldilà, in seno ad una Chiesa che, di fronte agli "infedeli" e ad altri eretici, deterrebbe essa sola il monopolio del Vero e del Bene, e che sarebbe l'unica abilitata a conferire al credente i sacramenti che fanno di lui un "fedele" in opposizione agli infedeli", gli altri.

La nostra visione non è dualista, e noi respingiamo come prive di senso le opposizioni artificiali fra Dio creatore e creature, cielo e terra, anima e corpo, credenti e non credenti, ortodossi ed eretici etc. Il Paganesimo è olistico, non dualista, e il nostro cammino è soprattutto ricerca di legami più che di rotture. Ancora una volta, noi non neghiamo l'esistenza, nel Paganesimo antico, di correnti dualiste, alle quali però non facciamo riferimento.

Gli Dei e le Dee del Paganesimo non sono né unici né onniscienti. Essi non hanno creato questo mondo, ma sono nati in esso e attraverso esso. A mano a mano che l'universo, ciclo dopo ciclo, si organizzava a partire da entità primordiali (Urano e Gaia, per esempio), essi sono scaturiti per generazioni successive. I nostri Dei non sono persone, con le quali stabilire relazioni personali, ma Potenze. Essi incarnano la pienezza dei valori positivi: bellezza, splendore, forza, giovinezza...

Nel Paganesimo, esiste una comunità d'uomini e Dei, di mortali e Immortali. Nel Simposio Platone parla appunto di "comunanza reciproca d'uomini e Dei". Nel Gorgia, egli precisa: "i dotti affermano che il cielo e la terra, gli Dei e gli uomini sono legati insieme dall'amicizia, il rispetto dell'ordine, la moderazione e la giustizia, e per questa ragione essi chiamano mondo l'insieme delle cose e non disordine e sregolatezza". Molti secoli più tardi, Heidegger dirà: "La terra e il cielo, gli esseri divini e quelli mortali formano un tutto unico".

Gli Dèi non sono dunque creatori del mondo ex nihilo: come creare qualcosa a partire dal nulla? Essi sono emanazioni del mondo, nel quale si manifestano. Questo concetto di manifestazione è fondamentale nella nostra religione naturale, e si oppone a quello di rivelazione, che per definizione è soprannaturale. Allo stesso modo, noi ignoriamo dogmi e profeti, papi e curati, ortodossi ed eretici, sette e guru.

Il Pagano è nel mondo, che si sforza, in tutta umiltà, di decifrare per meglio cogliere le innumerevoli manifestazioni del divino. E' Schiller, mi pare ne "Gli Dei della Grecia", che diceva: "agli sguardi iniziati, ogni cosa indica la traccia di un. Dio" - ancora questa idea dello sguardo!

Il Paganesimo non lascia mai che l'uomo si ripieghi su se stesso, sotto il peso del peccato originale. Al contrario, essere pagano consiste precisamente nell'aprirsi all'esperienza del mondo. Vorrei soffermarmi per un momento sull'importanza dello sguardo, che i Greci chiamavano theorìa, osservazione delle manifestazioni del divino. Essa ci riporta all'antica concezione dell'èn tò pàn, che si ritrova sia presso i Presocratici che nelle Upanishad: la dottrina non dualista dell'unità. In questa visione, il mondo non è visto come intimamente malvagio ("Il quaggiù", termine quasi peggiorativo in francese), incline al peccato, valle di lacrime da attraversare in tutta fretta prima di potere accedere ad un qualche ipotetico "retromondo". Non bisogna fuggire il mondo, ma affrontarlo, senza Illusioni né speranze di salvezza.

C'è dunque una reale accettazione del mondo, con tutte le sue infinite imperfezioni, ma considerato pur sempre come manifestazione del genio divino. La sua contemplazione attiva non può che rafforzare il nostro sentimento d'identità col grande Tutto. Queste concezioni intimamente pagane sono sopravvissute in seno alla cristianità europea. Le si ritrova, soffocate, in Scoto Eriugena, Meister Eckhart, Nicola Cusano... Il dogma cristiano del Dio creatore esterno al mondo, sua creazione, è sempre stato contestato. E la famosa tentazione panteista, tanto vilipesa dai teologi ufficiali, gelosi custodi del Vero.

Già Cicerone, nel De divinatione, precisa: "tutto è pieno di spirito divino e di senso eterno, di conseguenza le anime degli uomini sono mosse dalla loro comunità d'essenza con le anime degli Dei". Ricordate la citazione di Platone, poco più sopra? Ippocrate diceva, secoli prima di Cicerone: "pànta thèia kàt anthròpina" [ le cose sono divine e umane al tempo stesso - N.d.T.]. C'è del divino nel mondano e del mondano nel divino...

Ho citato prima W.F. Otto, professore all'Università di Tubinga, oppositore del nazionalsocialismo e seguace di Zeus Olimpio. Nel suo notevole saggio sugli Dei della Grecia, dice: "Non è a partire da un aldilà che la divinità opera nel foro interiore dell'uomo, o nella sua anima, misteriosamente unita ad essa. Essa è tutt'uno col mondo. Essa si para dinanzi all'uomo a partire dalle cose del mondo, quando egli è in cammino e partecipa al fermento vitale del mondo. L'uomo fa l'esperienza del divino non attraverso un ripiegamento su di sé, bensì attraverso un movimento verso l'esterno".

Il Paganesimo ignora dogmi e catechismi. Nessun libro sacro ci prescrive in modo autoritario quello che dovremmo "credere". La nostra libertà di pensiero resta intatta. Soltanto, il nostro compito consiste nell'onorare Dei e Dee per mezzo di riti, giacché il Paganesimo è una religione d'opere più che di fede. Si tratta, è vero, di una religione vissuta nei gesti: il saluto al Sole e alla Luna, i solstizi e gli equinozi, l'offerta di un grano d'incenso o di qualche fiore...

Si pensi con attenzione quanto ci sia di degenerativo nelle accezioni moderne di: “fato”, “fatale” e “fatalismo”. Anteponiamo quindi l'antica concezione di tali parole: il “fato” è la «legge dello sviluppo del mondo», una legge «piena di senso e come procedente da una volontà intelligente, soprattutto da quella delle potenze olimpiche» (e non cieca, irrazionale e automatica come nel senso moderno). Il fatum romano rimanda al rta indoeuropeo, alla concezione del mondo come cosmos e ordine, e a quella della storia come sviluppo di cause ed eventi, i quali riflettono significati superiori. Proprio a tutto ciò si rivolgeva il significato di fatum. L'espressione deriva dal verbo fari (da cui discende anche fas, il diritto come legge divina), ed allude pertanto alla «parola». La parola «rivelata», quella della divinità olimpica che fa conoscere la giusta norma – fas – e allo stesso tempo annuncia ciò che sta per avvenire. L'idea di fatum non annullava per questo la libertà umana: il pagano si cura pertanto di formare la sua azione e la sua vita in modo che esse continuassero l'ordine generale, ne fossero in un certo senso il prolungamento ed uno sviluppo ulteriore. Egli pertanto cercava, e cerca di presentire la direzione delle forze divine nella storia, così da potervi connettere in modo opportuno l'azione, da armonizzarla con essa, rendendola massimamente efficace e carica di significato. Ciò consegna alla magia del rito un'importanza molto rilevante: le peggiori sciagure per il pagano nascono dall'aver trascurato gli auspici, dall'aver agito disordinatamente e arbitrariamente, rompendo i contatti con il mondo superiore, il mondo dell'invisibile.

Gli Dèi sono Potenze, mai particolari in sé - si tratta sempre dell'Essere del mondo tutto intero, nella manifestazione che gli è propria. Noi Pagani non ci attendiamo alcun soccorso, alcuna salvezza dai nostri Dèi. La loro sola esistenza, la sola presenza di queste entità inaccessibili e tuttavia familiari basta a riempirci di gioia, a consolarci dei soprusi dell'esistenza. Se noi non ci aspettiamo nulla dai nostri Dèi, anch'essi dal canto loro sono indifferenti alla nostra sorte, ed è giusto così. La morale della retribuzione ci è dunque estranea. Venticinque secoli fa - ieri - Euripide ha espresso perfettamente questo modo di sentire nella sua tragedia Ippolito. Ecco il dialogo che si svolge fra Artemide e il protagonista al momento della sua morte:

" - Artemide: Addio, non mi è permesso di vedere i morti, né di lasciare che il mio sguardo sta offuscato dall'ultimo respiro di un moribondo. E già ti vedo vicino a questo passo doloroso.

- Ippolito - Vai pure. E addio dunque, te felice! Possa tu rompere senza soffrire una lunga amicizia".Superbo esempio di superiorità e di distanza, agli antipodi d'ogni sentimentalismo. E qui, indubbiamente, il grande merito di questa filosofia, di questo atteggiamento: mai esitare a dire le cose come stanno, senza abbellirle né lamentarsi, senza lusingarsi, senza nascondere nulla e senza cercare la minima illusione consolatrice."

Ed eccoci ad un elemento centrale nella concezione pagana del mondo: il Senso del Tragico. Gli Dei non sono onnipotenti, per quanto siano simboli di pienezza. Essi non possono tutto, perché la loro potenza è limitata dal Destino - Virgilio lo chiamava "inexorabile Fatum". Esiste dunque un limite impossibile da superare. Presso i Greci sono le Moire, presso i Romani le Parche, presso gli Scandinavi, le Nome - che filano il destino proprio a ciascuno. Queste potenze impersonali e inflessibili sono l'Ordine inviolabile del mondo. Esse sono al di sopra degli Dei, come ricorda Omero: "nemmeno gli Dei, dice Atena, possono allontanare la morte dall'uomo che prediligono quando la fatale Moira colpisce".

Il senso del Tragico consiste appunto nell'accettazione del Destino: amor Fati. Esso è, del pari, coscienza acuta dei propri limiti e lucido rifiuto di ogni consolazione, considerata cosa indegna di un uomo libero. Un bell'esempio di personaggio tragico è presentato da Jacqueline de Romily nel suo ultimo libro dedicato all'eroe omerico Ettore.

Gli Dei del Politeismo contemporaneo non concedono alcuna ricompensa. E la nostra etica dell'onore che ci comanda di trasmettere un nome senza macchia, di essere fedeli alla parola data e di rispettare i contratti. Il Mithra degli Indo-Iraniani è proprio il Dio amico, quello del contratto. Il Paganesimo è una religione non del peccato, ma dell'errore. L'errore supremo è quello che i Greci, nostri maestri, chiamavano hybris: la mancanza di moderazione, dettata dall'orgoglio, che spinge l'uomo accecato a scagliarsi contro l'ordine cosmico. Il più terribile esempio di hybris contemporanea è dato dai totalitarismi moderni, i quali, a furia di voler "cambiare l'uomo" in realtà lo avviliscono.

Il Paganesimo non postula alcun riscatto. Si tratta, è vero, di una religiosità di questo mondo, una religiosità dell'immanenza: il mondo è sacralizzato. La cosa sembrerà strana per quanti continuano a credere che la sola vera religione sia quella dell'aldilà. Ma essere Pagano oggi vuol dire anche liberarsi da questo genere di cascami. Il Paganesimo non è una religione del terrore, del disprezzo di sé, bensì della piena salute, fisica e psichica: mens sana in corpore sano, diceva Giovenale ( Satire, X, 356).

Inoltre il Paganesimo si caratterizza, idealmente parlando, per il suo gusto dell'equilibrio. Sono ancora una volta i Greci a tracciare per noi la via da seguire, col concetto delfìco di Méden Agan, (nulla di troppo), illustrato dall'eccezionale senso delle proporzioni dell'arte ellenica.

Il Paganesimo non è una religione di salvezza (anche se certi culti misterici che assicurano la salvezza agli adepti vi trovano un posto): si tratta invece di una religione terrena, mirante ad assicurare la pienezza ottimale in questo mondo, hic et nunc. Vi si cercherà invano la minima ossessione dell'aldilà. La morte non vi è considerata come elemento centrale (col corollario di un moralismo soffocante, e l'ipocrisia che ne scaturisce). La morte è una tappa nel processo eterno di trasmissione: come diceva Nietzsche - il filosofo col martello - "la Ruota gira" e la danza degli elementi continua, senza inizio né fine. Alla domanda angosciosa "che c'è dopo la morte?", noi aggiungeremo l'altra - "e prima della nascita?". Per noi, i cicli sono cominciati ben prima della nostra nascita e continueranno ancora per molto dopo la nostra scomparsa, a maggior gloria degli Dei. Taliesin, poeta gallese del Medio Evo, ha ben illustrato quest'intuizione:

Sono stato rivestito di un'altra forma

Sono stato salmone azzurro

Sono stato cane. Sono stato cervo

Sono stato daino sulla montagna

Sono stato palo. Sono stato vanga

Sono stato scure salda in mano

Sono stato gallo variopinto

Signore di galline schiamazzanti

Sono stato stallone nella scuderia

Sono stato toro nella fattoria

Sono stato setaccio del mugnaio

Aia del coltivatore

Sono stato seme nel solco

Sono cresciuto sulla collina

Chi mi aveva seminato mi ha raccolto



Questo bel testo è più che sufficiente per concludere questa rapida presentazione del Paganesimo. Ho voluto citare qui tutta una serie di testi - da Eraclito a Vernant, da Cicerone a Romilly, non per pedanteria ma per meglio mostrare che io sono soltanto una maglia di una catena plurimillenaria. In realtà, io mi considero "parlato" da queste testimonianze di una fede secolare, angariata, perseguitata, soffocata - ma sempre rinascente e indomita.


venerdì 24 dicembre 2021

il problema irrisolvibile delle scorie nucleari...

 


La "magica" soluzione delle scorie nucleari made in Cingolani.

Nel suo Dataroom sul tg di Enrico Mentana, Milena Gabanelli ha illustrato la gestione altamente pericolosa, per non dire criminale, delle scorie radioattive. Il cui smaltimento è di competenza della Sogin, società di Stato che in vent’anni ha speso 4 miliardi (versati dal contribuente in bolletta), 2,2 dei quali serviti a pagare gli stipendi del personale e i generosi bonus dei dirigenti. E tutto per concludere appena il 30% dei lavori. Una vicenda molto italiana con in sovrappiù la bomba chiamata Saluggia. Si tratta, ha spiegato Gabanelli, del sito in provincia di Vercelli che contiene 270mila litri di rifiuti radioattivi liquidi e acidi, stoccati in serbatoi di acciaio, costruiti negli anni 60. Stato di conservazione ignoto, perché inaccessibili a causa dell’alta radioattività. Rifiuti che andavano solidificati entro 5 anni: ne sono trascorsi 40 e sono ancora lì. Mentre ai telespettatori andava il boccone di traverso, abbiamo immaginato il ministro Cingolani subito impegnato a rassicurare i cittadini sulla minaccia nucleare stagnante nel sottosuolo. Infatti, egli ha dichiarato che “l’unica soluzione per Sogin è un commissariamento sul modello Ponte Morandi”. Be’, allora siamo a cavallo. Con calma e senza fretta, è la transizione bellezza. (Antonio Padellaro).

 

Scorie radioattive in Francia stoccate nel sottosuolo.

Via libera della Commissione d’inchiesta costituita ad hoc per sotterrare 85.000 metri cubi di scorie radioattive a medio-alta attività, in 200 mila contenitori, a 500 metri di profondità nei pressi di Bure, un comune del dipartimento della Meuse, regione Grand Est, nel bel mezzo di una zona rurale e agricola e tra le proteste degli abitanti. Inutile il parere contrario dell’Autorità di sicurezza nucleare.


Fonte: Rete Ambientalista 




martedì 21 dicembre 2021

Eco-etica. “Natura naturans” e “Natura naturata”

 


Tornare alla natura tramite il pensiero classico:

“Prima il Nulla, poi una parvenza, poi quel grido  della forma che si fa inseguire da aquile bianche  immortali, e pretende dedizione totale” -  Dante Maffia, la Biblioteca di Alessandria

“La perfezione umana ed il perfezionamento tecnico Non sono conciliabili. Se vogliamo l’una bisogna sacrificare l’altra. A questo punto le strade si separano. Il perfezionamento mira al calcolabile ed il perfetto all’incalcolabile” -  Ernst Junger

“Qualsiasi cosa desideriamo in questo nostro mondo ipersofisticato e terrorizzato, alla fine è un fenomeno o prodotto memetico, un grumo di Memi materializzato in un oggetto Hi-tech, un indumento di tendenze, un cosmetico indispensabile, un corpo nuovo, snello e accattivante, un’immagine memetica di noi stessi, che conquisti un posto e un ruolo a sua volta memetico e vincente” -  Francesco Ianneo, Memetica, Genetica e Virologia di idee, credenze, mode. Castelvecchi.

Le reazioni.  Reazioni consistenti a questi assunti sono state prese in ambito cattolico e protestante, nonché in ambito laico.  Dai laici si è opportunamente obiettato che non è possibile ignorare le conquiste operate dal pensiero critico e dalla coscienza proprio grazie all’ affermazione del principio del relativismo gnoseologico ed antropologico.  Il pensiero moderno, sia pure fra errori e svarioni concettuali è però riuscito a restituire all’individuo ed al suo progredire storico la responsabilità della formazione dei valori, che nel travaglio del dubbio e dello spirito critico riescono a rendere omaggio al principio della responsabilità personale quale fondamento della verità e del bene. 

Non è questa la sede nella quale impiantare una querelle filosofica, ma ci sembra utile a questo punto sottolineare che la totalità del contendere è racchiusa in una manifestazione della modernità, e non dell’intero trascorrere del pensiero filosofico e scientifico. In questo scontro fra dogmatismo religioso e pensiero “laico” non è presente per nulla la grande stagione del pensiero classico, che viene negati aprioristicamente dal Ratzinger per il quale la Storia comincerebbe con la nascita, peraltro del tutto ipotetica, di Gesù, personaggio preso come manifestazione del divino sulla Terra (come se l’Umanità non avesse fino ad allora avuto a che fare con tante altre “incarnazioni” divine!)

Mentre per i “laici”, che fanno riferimento al pensiero “razionale”, è come se non fosse esistita una storia del pensiero prima dell’affermazione seicentesca della “razionalità” e della “scienza” presa come unica forma di conoscenza proprio perché proiettata nella misurazione del “sensibile”. Va aggiunto che siamo appena usciti dal conflitto fra il Razionalismo e la Scienza positiva. Il Razionalismo proclama l’eguaglianza naturale degli uomini, e l’identità della ragione in ciascuno di loro, la storia della scienza c’insegna invece che le verità razionali dichiarate a priori , necessarie ed eterne, sono delle astrazioni empiriche tardivamente conquistate nel corso dell’evoluzione umana. 

Per nostra fortuna, stiamo assistendo non solo ad un progredire delle conoscenze scientifiche che annullano qualsiasi presupposto scientista e positivista, ci riferiamo alla Fisica Post-Quantistica, alla Matrix Divina alla Sincronicità di Jung, Plank, Chopra, scienziati che hanno elevato la ricerca scientifica alle vette del pensiero creatore, alle Neuroscienze che, al di là delle necessarie concessioni ad una visione meccanicistica del funzionamento della Mente, hanno colto l’interconnessione pensiero/emozione/corporeità, e con esse sono giunte alla dimensione transpersonale della società e della vita quale era il principio uniformatore della Classicità.



Secondo il pensiero più evoluto dei nostri tempi, non può esistere separazione fra scienza e spirito.

La conoscenza scientifica della materia inanimata non è un sottoprodotto della conoscenza che attinge alle dimensioni metafisiche, come vorrebbero gli eredi del processo a Galileo dell’una e dell’altra fazione. La conoscenza è una e consiste nell’identificazione, e quindi nella morale che è ineludibile. Al contrario, gli scienziati razionalisti contemporanei parlano come se la metodologia della scienza sperimentale fosse la chiave unica per risolvere anche i problemi filosofici e morali. Infatti, non può esservi conoscenza senza Etica, perché se una conoscenza non determina un comportamento non può trattarsi di Vera Conoscenza. Ecco la ragione per la quale oggi si parla di Eco-etica.

La Cosmologia Quantistica parla, infatti, di 10 Dimensioni + 1, dove quell’uno è la Consapevolezza Umana.  Siamo in piena visione panteistica della natura.

Un pensiero di Giulio Cesare Vanini, martire del Pensiero, della Natura e di Italianità, morì sul rogo a fuoco lento il 9 febbraio 1619.  Egli scriveva: “La natura è il potere di Dio diretto a tutti gli ordinari movimenti; apparisce adunque come la stessa cosa della provvidenza. Però gli effetti di quest’ultima hanno un’ampiezza minore appartenendo allo stesso potere l’aver disteso il Cielo, creato l’Intelligenza, generata la zanzara dalla zanzara uscita dall’atto creativo. Aristotele… afferma come la natura nulla faccia con temerità, ragione per cui, giusta Aristotele, la natura è l’energia di Dio…”

Giorgio Vitali



lunedì 20 dicembre 2021

Spilamberto: “La notte senza tempo…” - Tra il 31.12.2021 ed il 1.1.2022



“La mattina del 19 dicembre 2021, Caterina ed io, abbiamo compiuto una esplorazione lungo il fiume Panaro per studiare il percorso della Notte senza tempo del 31 dicembre. La giornata era favorevole con un sole splendente e l'aria più mite del solito, così abbiamo potuto, chiacchierando o restando in silenzio, percepire le vibrazione del posto adatto per compiere il rito del focherello acceso nella notte di capodanno. Alla fine abbiamo deciso per un muraglione frangiflutti che si incunea  sulla riva del fiume. 

Mentre stavamo lì a goderci la vista ed il tepore è  passata di là  una coppia di  amici, anche loro avventurosi esploratori della natura, Gé e Ré, con i quali Caterina si è dilungata in piacevoli conversari, mentre io me ne stavo in contemplazione dell'acqua che scorre. 

Insomma il luogo adatto per trascorrere la Notte senza Tempo di quest'anno l'abbiamo trovato. Ed Il rito continua!

Ricordo, quando questa tradizione, lanciata dal Circolo vegetariano VV.TT., era ancora ai primordi, a quel tempo eravamo a Calcata, nella valle del Treja e sentivamo il bisogno di portare il messaggio dell’ecologia anche in forme ludiche, nelle ricorrenze festaiole ormai consolidate, com’è appunto il  Capodanno.

Così pensammo di organizzare  un capodanno alternativo, senza festoni né mortaretti, né brindisi, né cenoni, né luminarie… insomma una nottata all’insegna della riscoperta del nostro habitat e del momento in cui ci si trova. E l’idea maturò in una passeggiata notturna nel territorio, in qualsiasi condizione atmosferica, con la pioggia, la neve, il vento, il ghiaccio che scricchiola sotto i piedi, oppure con la luna piena, con la luce  di un focherello acceso nella notte, con le lacrime e la gioia per aver compreso il messaggio: “Siamo vivi, siamo presenti!”

Ma la Notte senza Tempo è anche uno scherzo, un imbroglio, un modo per attirare quelli che solitamente si fermano al guado, ma che vengono  coinvolti dal messaggio di una nuova dimensione magica, aldilà della realtà virtuale e della società dei consumi. L’uomo ha bisogno ancora di magia di poesia di trasgressione. Ma non la trasgressione delle pasticche strizza cervelli o del sesso sbrigativo, non la magia del mago Otelma e delle figurine new age, non lo scaricamento isterico della tensione e la finta condivisione di facebook, non lo stappamento di bottiglie di champagne ammuffite dalla consuetudine…

Ci vuole una vera magia, una vera trasgressione, una vera presenza, la presenza nella natura che ci è madre, che tutti ci accomuna, la consapevolezza di essere vivi.

Paolo D’Arpini e Caterina Regazzi



Avviso: Per partecipare alla passeggiata notturna della Notte senza Tempo, che si svolge a Spilamberto, lungo il fiume Panaro, occorre prenotare scrivendo a: circolovegetariano@gmail.com o  chiamando il 333.6023090. La manifestazione si svolge in qualsiasi condizione atmosferica, venire muniti di abiti comodi e caldi, di scarpe adatte alle camminate in campagna, di torcia elettrica a dinamo, di una candela con  fiammiferi o quant'altro si ritenga necessario... L'evento è a svolgimento volontario, ognuno è responsabile per sé!