lunedì 31 agosto 2015

Ecologia - La biodiversità è vita



La diversità biologica o biodiversità in ecologia è la molteplicità di organismi viventi, nelle loro diverse forme, e dei rispettivi ecosistemi. Essa comprende l'intera variabilità biologica: di geni, specie, nicchie ecologiche ed ecosistemi. Le risorse genetiche sono considerate la componente determinante della biodiversità all'interno di una singola specie.

Le risorse biologiche sono i pilastri su cui è stata costruita la nostra civiltà: i prodotti della natura sono utilizzati in svariati settori, dall’agricoltura a molte branche dell’industria. La perdita di biodiversità minaccia quindi i nostri approvvigionamenti di cibo, energia e medicinali e costituisce un pericolo per l’ambiente come per l’uomo.

Per questo motivo gli organismi internazionali si sono mobilitati per promuovere il ripristino degli habitat e degli ecosistemi: l'Unione Europea ha adottato la strategia Biodiversità 2020.

Il Ministero dell'Ambiente transalpino a sua volta ha adottato una strategia per la salvaguardia della biodiversità a livello nazionale e, recentemente, ha prodotto una bella infografica con la quale si cerca di evidenziare in modo sintetico ed efficace l'importanza della biodiversità.
Fonte notizia: Arpat

domenica 30 agosto 2015

PIL: Pia Illusione Lavorativa, con la crescita - BIL: Benessere Interno Lordo, con la decrescita




Sono diverse le indagini scientifiche che cercano di capire quanto negativamente può incidere l’inquinamento atmosferico sulla salute degli uomini. Quasi tutti gli studi danno risposte inquietanti che dimostrano come la nostra salute è continuamente messa a repentaglio da micro particelle inquinanti e polveri sospese nell’aria ( da PM 10 a PM 2,5 ), da aerosol cancerogeni, gas da scarico delle vetture (SOx - NOx - O3 - CO ) e ancora da tutto ciò che ci regalano i gas di scarico dei motori a combustione interna (Benzene (C6H6) - Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), ecc. Tutto questo mix di sostanze che siamo costretti a respirare ogni giorno, chi in misura minore per chi vive fuori città e in misura maggiore per chi vive in città, determina negli organismi umani una serie di reazioni che possono andare da semplici affezioni respiratorie, ad allergie importanti, da patologie cardiovascolari fino ai tumori ( in particolare polmonari ).

Solo nella megalopoli di Pechino le autorità sanitarie sono costrette ad ammettere che ogni mese sono circa 4.000 le persone che direttamente o indirettamente muoiono a causa dell’inquinamento atmosferico.

Ma non va meglio in Europa: secondo uno studio condotto dall'International Institute for Applied System Analysis, oltre ad indicare le città europee più inquinate atmosfericamente (da noi risulta Milano, in Polonia Varsavia e in Francia Parigi) ci fa sapere che in tutta Europa (Ovest ed Est) i morti che ogni anno debbono essere immolati sull’altare dell’inquinamento atmosferico, sia in maniera diretta che indiretta, sono addirittura: 400.000. Una cifra impressionante che se non altro ci deve far riflettere e interrogarci se in nome di questo “benedetto” PIL dobbiamo ancora sopportare questa ecatombe. PIL vuol dire Prodotto Interno Lordo che per inseguire spasmodicamente parametri economici e finanziari sempre in crescendo sacrifica la salute e la vita delle persone. 


A questo punto per molti economisti e sociologi sarebbe meglio eliminare il PIL e sostituirlo con il BIL, ossia Benessere Interno Lordo. E’ da oltre 10 anni che va facendosi strada questo nuovo concetto economico, sociale e filosofico legato ad un vero sviluppo sostenibile e riguardoso della dignità umana. In effetti lo scopo di una società civile dovrebbe essere quello di offrire sicurezza e felicità ai propri cittadini, ma non è così. Ormai abbiamo capito che felicità, serenità e fiducia nel futuro non appartengono all’acronimo PIL; PIL che invece serve ad aumentare i profitti di pochi e delle grandi lobby internazionali. Forse il BIL potrebbe salvarci, ma non illudiamoci troppo perché oggi, più di ieri, è impensabile riuscire a ridurre i profitti dei big del pianeta e ridistribuire la ricchezza globale anche ai più poveri. Morale della favola: Teniamoci questo inquinamento e continuiamo a contare le vittime immolate in nome del PIL, al massimo sogniamo di dare domani ai nostri figli una società più vicina all’ESSERE che non all’AVERE. Per fortuna i sogni sono ancora liberi ed esenti tasse.

Filippo Mariani

sabato 29 agosto 2015

L'acqua è presente in tutto l'universo



Tra gli elementi base per avviare il processo che porta alla nascita della vita ci sono la luce, il calore di una stella (ad una distanza accettabile, né troppo vicina, né troppo lontana ) e l’acqua. Quest’ultimo elemento rappresenta il “brodo primordiale” da cui possono iniziare a svilupparsi le prime cellule viventi, come già accaduto alcuni miliardi di anni fa sul nostro pianeta. Gli scienziati fino al secolo scorso pensavano che l’acqua presente sulla Terra fosse un unicum del cosmo, un particolare regalo al nostro pianeta originato da qualche fenomeno sconosciuto. Oggi, grazie allo sviluppo della tecnologia, dell’astronomia e dell’astrofisica, sappiamo che l’universo è invece ricco d’acqua. Da tempo gli scienziati si interrogano sul momento in cui apparve l’acqua nell'universo. Dei due elementi che la compongono l'idrogeno fu presente subito dopo il Big Bang, in quanto formato da un protone e da un elettrone ossia dall’atomo più semplice che si formò agli inizi dell’Universo, mentre l'ossigeno si formò solo dopo che le prime stelle esplosero al termine della loro vita. L’ossigeno infatti, è un elemento complesso che si forma solo dall’esplosione delle supernova.


In una  immagine, scattata dal telescopio spaziale Hubble, si vedono i “globuli di Bok”. Si tratta di nubi dense e scure di materia dove stanno per nascere nuove stelle. Al loro interno la quantità di vapore acqueo è pressoché costante fin da un miliardo di anni dopo il Big Bang. E questo accadeva anche quando l’ossigeno era migliaia di volte meno abbondante di oggi, ma con una temperatura dell’Universo di almeno 200°C superiore ad oggi.

I ricercatori della Cornell University hanno scoperto che l'acqua era presente in abbondanza già dopo poche centinaia di milioni di anni dal Big Bang. Essa era presente in grandissime quantità nelle nubi molecolari presenti nell'Universo primordiale. Questo ha sorpreso gli scienziati perché, pur sapendo che l'ossigeno doveva già essere presente dopo poche centinaia di milioni di anni non doveva essercene così tanto da poter originare l'acqua. La spiegazione alla realtà dei fatti va ricercata nelle condizioni che vi erano in quel momento nell'Universo: allora infatti, la temperatura generale era di pochi gradi sopra lo zero, una condizione totalmente diversa da quella attuale. Ma quella situazione dava all'ossigeno una grande efficienza nell'unirsi all'idrogeno per produrre acqua. In altre parole, non appena l'ossigeno si formava dalle prime stelle morenti si univa all'idrogeno ad originare acqua.


È vero che le radiazioni ultraviolette delle stelle che nascevano distruggevano in continuazione una notevole quantità di tali molecole, ma il bilancio tra le molecole che venivano distrutte e quelle che si formavano era positivo per queste ultime. Fu così che in poco tempo si venne a creare un enorme quantità d'acqua che venne inglobata nei primi pianeti che si andarono a formare. Più tardi il carbonio che si formava anch’esso all’interno delle stelle iniziò ad unirsi ad altre sostanze a formare le molecole fondamentali per la vita e il “gioco” era fatto.

Morale della favola, se l’acqua, la luce e il calore di una stella sono gli elementi base da cui può scaturisce la vita, allora non c’è da meravigliarci se un giorno scopriremo qualche pianeta in cui esiste una vita complessa come qui sulla Terra, quindi? Basta aspettare!  

(Fonte: A.K.) 

venerdì 28 agosto 2015

Riciclo dei rifiuti urbani - I comuni virtuosi stanno nel nord-est



Legambiente ha pubblicato come ogni anno, ormai da molti anni, il dossier “comuni ricicloni” con le classifiche dei Comuni che hanno partecipato al concorso promosso da una delle più importanti associazioni ambientaliste italiane.

Sono circa 1520 i comuni che si distinguono nella raccolta differenziata (16% dei comuni italiani) attenti a riciclare e differenziare i rifiuti alimentando l’industria del riciclo e del riuso.

I Comuni che hanno risposto al concorso Comuni Ricicloni sono quelli con una percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani uguale o superiore al 65%.
Nello stilare la graduatoria, l'associazione tiene conto della percentuale di raccolta differenziata  ma anche di altri elementi, cd. “indice di buona gestione”, che racchiude una serie di parametri, come la produzione di rifiuti pro capite, la tipologia di raccolta, la presenza di piattaforme ecologiche e altro ancora.

Nel dossier vengono messi in evidenza anche 356 comuni, definiti “rifiuti free” ; si tratta di quei comuni che, di fatto, hanno annullato la necessità di smaltimento di quasi tutti i rifiuti normalmente prodotti in Italia.
Dati legambiente comuni ricicloni 2015 situazione nazionale

Quest’anno dal dossier emerge che:
la maggior parte dei “ comuni ricicloni” si trovano nel Nord Est del Paese: Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, ai primi 10 posti della classifica troviamo, infatti,  tutti comuni che si concentrano nelle province di Belluno, Treviso e Udine.
  • Ponte nelle Alpi (BL)
  • Borso del Grappa (TV)
  • Cesiomaggiore (BL)
  • Verzegnis (UD)
  • Ovaro (UD)
  • Moriago della Battaglia (TV)
  • Cercivento (UD)
  • Taibon Agordino (BL)
  • Treppo Carnico (UD)
  • Povegliano (TV)
Sempre stando ai dati del dossier “Comuni Ricicloni”, notiamo che
  • i risultati dei comuni presenti nelle altre regioni del Nord sono stazionarie,
  • qualcosa sembra essersi mosso in alcuni comuni delle Marche ed in Campania, che raggiungono migliori obiettivi rispetto agli anni precedenti.
Risultano, invece, pressocché stazionari i dati della Toscana che, purtroppo, non brilla per risultati, unica eccezione di rilievo, Empoli, che con i suoi 48.000 abitanti, riesce a raggiungere buone performances nella gestione dei rifiuti, e insieme ad altri comuni, quasi tutti della provincia di Firenze, sono anche comuni rifiuti free.

(Fonte: Arpat)

giovedì 27 agosto 2015

Abbassare la produzione dei rifiuti con il ripristino del "vuoto a rendere"


Riconsegnare al fornitore un contenitore ormai vuoto e ricevere, in cambio, una piccola somma di denaro: ecco, in breve, il significato di "vuoto a rendere", una pratica che fino a non molti anni fa permetteva di evitare la produzione di grandi rifiuti da imballaggio.
Questa buona abitudine è tuttora diffusa in molti Paesi dell'Unione europea, dove i cittadini consumatori, anche nei supermercati, possono restituire gli imballaggi nelle apposite macchinette, ritirando la cauzione versata. Non è così in Italia, dove le lobby dell'imballaggio plastico in primis hanno fatto di tutto perché il vuoto a rendere venisse “abrogato", in nome di un "usa e getta” non più giustificabile né sul piano etico né su quello economico.
Mi chiamo Rossano Ercolini e sono un maestro elementare in un piccolo comune della Toscana, in provincia di Lucca. Quando venni a conoscenza dei piani per la costruzione di un inceneritore a pochi chilometri dalla mia scuola, decisi di intervenire: nel 2007 Capannori, il mio comune, fu il primo in Italia a adottare la strategia Rifiuti Zero, diventando in poco tempo il centro di un movimento straordinariamente vitale che, da Napoli a Milano, portò al coinvolgimento di tanti cittadini e di tanti amministratori. Nell'aprile del 2013, per questo mio impegno, ho vinto il Goldman Environmental Prize e sono stato invitato alla Casa Bianca dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Sono fortemente convinto che è solo con l'impegno di tutti a prendere parte al cambiamento che la democrazia respira e, con essa, prende vita la speranza di un futuro migliore.
La reintroduzione del vuoto a rendere (non solo per le bottiglie e il barattolame in vetro, ma anche per i contenitori in plastica PET e per le lattine ferrose e in alluminio) consentirebbe di sottrarre risorse preziose al costoso ciclo dei rifiuti, con significativi risparmiecologici ed economici: tutte spese attualmente a carico dei cittadini. Si pensi che il solo recupero delle bottiglie di vetro, attraverso la sterilizzazione, consente un risparmio di energia 60 volte maggiore rispetto alla produzione di nuove bottiglie.
Siamo certi che reintroducendo il vuoto a rendere (alternativo al cosiddetto "vuoto a perdere") si sensibilizzerebbe non solo a favore di una riduzione a monte degli imballaggi in vetro, ma si imboccherebbe anche la giusta direzione per una graduale riduzione degli imballaggi in plastica e in Tetrapak.
Questa proposta trova già un primo varco nelle normative vigenti, che dal settembre 2014, nell'ambito della legge di stabilità, prevedono - seppure in via sperimentale - formule di ripristino del vuoto a rendere, limitatamente però alle sole bottiglie in vetro di acqua minerale e birra. La normativa in oggetto prevede che passati sei mesi dalla citata approvazione dovranno essere messi in atto i primi progetti pilota. Con la presente petizione chiediamo che questi progetti siano interpretati in modo più estensivo, includendo, oltre al vetro, anche le altre tipologie di imballaggio. In questo modo la riduzione dei rifiuti sarebbe drastica, con grande risparmio di materia ed energia.
Rossano Ercolini
Petizione: 

mercoledì 26 agosto 2015

Riscaldamento marino, tifoni e tempeste




Si è scoperto, grazie agli studi di valenti scienziati francesi della
Université Sorbonne, che una gran parte del calore atmosferico
sottratto dall’Oceano Pacifico si travasa nell’Oceano Indiano. E
questo grazie ad una serie di meccanismi indotti sia dalle correnti
marine che atmosferiche. In questo modo il calore eccessivo assorbito
dal Pacifico si riversa su quello Indiano. Si capisce ora perché
l’Oceano Indiano ha le acque più calde di tutta l’idrosfera.

I ricercatori francesi hanno osservato che nell’Oceano Indiano nei
suoi primi 700 metri di profondità la temperatura in eccesso equivale
al 70% di quella sottratta al calore atmosferico. Tutto questo calore
è stato individuato provenire, grazie alle correnti oceaniche e a
quelle atmosferiche, dall'Oceano Pacifico.

In base a questo studio, l’Oceano Pacifico sottrae gran parte del
calore atmosferico terrestre, trasferendolo poi all’Oceano Indiano.

Acque oceaniche più calde vuol dire più evaporazione e maggiore
energia che attivano fenomeni meteo sempre più estremi. Si capisce ora
perché da qualche anno i tifoni e le tempeste tropicali dell’oceano
Indiano sono sempre più frequenti e violenti verso l’India e il Sudest
Asiatico.

Filippo Mariani

Una memoria sulla Rete Bioregionale Italiana e preparazione del prossimo Incontro Collettivo Ecologista del 2016

In questi giorni (o mesi) stiamo tentando di individuare e scegliere il luogo in cui si terrà il prossimo incontro collettivo ecologista del 2016.  Intanto è stata decisa la data, che sarà vicina al solstizio estivo, il 25 e 26 giugno 2016. 
Avevamo già pensato di organizzarlo in una zona del Centro Italia, in modo da favorire la partecipazione del più grande numero di ecologisti.   Al momento abbiamo alcune alternative aperte: Montevarchi, Civita Castellana, Sacrofano, Ronciglione e forse anche un paesino nel parco dei Monti Lucretili, etc.  La scelta non è facile, poiché si impone la necessità che il luogo dell'incontro sia in prossimità della natura, facilmente raggiungibile anche con i mezzi pubblici, che i costi del soggiorno siano accessibili a tutti, che la struttura messa a disposizione sia idonea per ospitare un certo numero di persone e che gli ospiti siano in grado di offrire un servizio mensa biologico a  prezzo di costo o ad offerta libera. 
Per me del Circolo Vegetariano VV.TT.  questi incontri, sul tema del bioregionalismo, dell’ecologia e della spiritualità della natura, sono iniziati dal 1984, però dal punto di vista ufficiale la Rete Bioregionale Italiana nacque ad Acquapendente (Vt), nel parco di Monte Rufeno, nella primavera del 1996. Quindi le proposte politiche e sociali relative all’attuazione bioregionale ebbero “inizio” ufficialmente in quell’anno.
Io fui uno dei fondatori del Movimento e sono rimasto nella Rete malgrado le correnti avverse che, come spesso accade, hanno suddiviso il gruppo iniziale in rivoli e rivoletti con varie etichette. Nel frattempo, a mano a mano che qualcuno usciva c’è stato anche qualcuno che entrava e tutto sommato possiamo dire che il movimento ecologista profondo, facente riferimento alla Rete Bioregionale Italiana, è tutt’ora vivo e vegeto e fortemente operativo.
Una chicca storica  sulle azioni bioregionali del passato ve la voglio sottoporre, si tratta di un comunicato stampa ripreso da Antonello Palieri dell’ADNkronos, risalente al 1996. Non so se ricordate che in quell’anno Umberto Bossi aveva iniziato il pattugliamento sul fiume Po, per promuovere il suo federalismo separativo. Noi partimmo da Calcata ed organizzammo un contro-presidio, sulle rive del Po. Potranno testimoniarlo Antonio D’Andrea di Capracotta  ed anche Lina Boner di Verona, che erano presenti, ed altri che ora non ricordo.. Ah, c’era pure Stefano Disegni, il vignettista, che aveva disegnato il logo del nostro Ostello per Erbivori.
Lì sul Po, in provincia di Mantova, vissi una esperienza mista.
Eravamo arrivati al mattino presto, la natura era molto bella, passeggiai in lungo ed in largo sulle sponde del fiume, mentre i navigli della Lega facevano avanti ed indrè sull’acqua limacciosa, A contrastarli c’era una mongolfiera della Lega per l’Ambiente ormeggiata a terra, con tanti bei colori… Ma la lunga giornata al sole mi aveva proprio incocciato.. ed infatti ricordo che dovetti andare a rifugiarmi in un boschetto per sfuggire ai cocenti raggi e perciò non potei intervenire sul palco dove si tenevano gli interventi. Ma Stefano Disegni disse qualcosa su di noi, tanto per stabilire la nostra presenza. Sostanzialmente la proposta da noi portata avanti, di attuazione del bioregionalismo, è sotto riportata dall’Adnkronos. Ah ricordo che finimmo pure in prima pagina su Repubblica….
………..

Storico flash di agenzia: BIOREGIONALISMO LA PROPOSTA SARA’ RILANCIATA SUL PO IL 15SETTEMBRE
Roma, 30 ago. 1996 (Adnkronos)- ”Bossi faccia pure il suo raduno fluviale il 15 settembre, noi ci batteremo per il riconoscimento di un nuovo ordinamento regionale basato sul ”bioregionalismo” (luoghi riconoscibili per le affinità culturali, dialettali, della flora e della fauna) e su effettive automonie locali.”
Lo dichiara il Presidente del Circolo vegetariano VV.TT. di Calcata, Paolo D’Arpini che la settimana scorsa ha lanciato ”con grande successo” la proposta del bioregionalismo. ”Il 15 settembre, giorno dell’imbarazzante ‘uscita fluviale’ di Bossi, noi riproporremo l’Italia dei bioregionalismi e del federalismo effettivo che ci unisca nel nome d’Italia -ma nel rispetto autentico delle autonomie- e non separi quanto e’ stato unito attraverso drammatiche e secolari vicende.”
”Lo riproporremo in tre diverse sedi e manifestazioni: il primo sull’altra sponda del Po, davanti a Ponte di Legno (nell’ambito di una manifestazione dell’Unione italiana ed Europea), il secondo nell’incontro di San Benedetto del Po, organizzato dai verdi della Regione Lombarda ed infine il terzo a Calcata, nella Valle del Treja, per rilanciare il modello etrusco come metodo di aggregazione per una bioregione sperimentale dell’Etruria”.
Intanto ”giungono lettere di adesione alla nostra proposta” precisa Paolo d’Arpini” anche dagli abitanti della cosiddetta ‘Padania’. Dai confini di questa inesistente ‘regione federata’ M.F. di Gorizia ci comunica che chiede asilo politico a Calcata nell’evetualita’, sia pure remota, di una vittoria bossista. Lo chiede in qualita’ di ‘barbaro illirico simpatizzante’ con il bioregionalismo etrusco’”
………….
Purtroppo l’idea bioregionale non ha ancora attecchito, ed il sistema “federalista regionale” ha nel frattempo dimostrato tutte le sue pecche.. Le Regioni sono carrozzoni che appesantiscono il bilancio dello Stato e servono solo a mantenere una massa di corrotti e di scansafatiche. Dividendo inoltre gli ambiti omogenei e le comunità. Per quanto riguarda la visione bioregionale e su quello che dovrebbe essere l’ordinamento e la riorganizzazione territoriale dello stato (secondo la nostra visione), vi rimando agli articoli: https://www.google.com/search?client=gmail&rls=gm&q=no%20regioni%20carrozzoni%20paolo%20d’arpini
Beh, la nostra battaglia bioregionale continua, vi aspettiamo all’Incontro Collettivo Ecologista 2016, aperto a tutti coloro che si riconoscono nell’ecologia profonda e nella biospiritualità.
Paolo D’Arpini - bioregionalismo.treia@gmail.com
Referente della Rete Bioregionale Italiana

martedì 25 agosto 2015

"La natura è come la libertà: indomabile"



La natura è come la Libertà: se ne parla e straparla tanto che non si sa più che cosa significhi. E l'aggettivo "naturale" segue la sua triste sorte: Naturalmente! Ma quest'ultimo avverbio ha solo il significato di "ovviamente", e, come tale, è tollerabile.


Natura deriva etimologicamente da nascere, e il termine ha cominciato ad usarsi, in latino (come il greco fusis) per designare tutto ciò che è innato, originario, spontaneo, e cioè non "acquisito". I Romani attribuivano a quella "sfera" una dignità e una incidenza maggiore che a quella delle "opere dell'ingegno", alle quali negavano recisamente il potere di sostituire l'innato, e assegnavano solo quello di poterlo integrare, il che sembra sapessero fare egregiamente, senza mai violarlo. 


Dicevano infatti:"Naturam expellas furca, tamen usque recurret", significando che la natura finisce sempre col farsi rispettare. Purtroppo -e lo sappiamo bene- il ripudio di tale religiosa massima da parte di coloro che espropriarono i Romani dall'impero della Terra ha finito col portare quest'ultima, di miglioramento in miglioramento (progresso), all'autentica forma di suicidio collettivo che il genere umano sta ora assaporando, continuando a prestare orecchio alle scempiaggini di cui il libero pensiero, al servizio soltanto del lucro immediato di pochi delinquenti idioti, lo rimbambisce.
Non di meno, si continua ad aver sempre la natura in bocca, come una sorta di passepartout, atto ad aprire tutte le porte che la dialettica del quacquaracquà non è capace di scassinare.
Sia detto questo, soprattutto, per la stucchevole faccenda del diritto naturale, che si da ormai addirittura per scontato ed immanente, sebbene in tutta la natura che abbiamo intorno, per quanto la si rigiri e rivolti come un calzino, non sia riscontrabile la minima traccia di alcunché di definibile ... giuridicamente.
Il perfetto equilibrio ecologico vigente sul pianeta, prima che l'Homo sapiens ci mettesse le sue manacce puzzolenti di "sterco del diavolo", di diritti non aveva alcun bisogno. Vi provvedeva ottimamente la selezione (quella, si !) naturale, con l'eliminazione degli individui meno adatti alla sopravvivenza (fitness), nella quale persino i predatori divenivano i più preziosi alleati delle prede, e quindi i leoni fossero necessari alle zebre quanto le zebre ai leoni.

Macché! Per le categorie fasulle create dal pensiero umano, la natura era in errore, e spettava a lui di correggerla, col diritto a sopravvivere contro natura uguale per tutti per... natura! Vallo a capire, il libero pensiero ! Ti porta addirittura a concepire distinzioni manichee tra animali buoni (detti anche mansueti: alla peggio, si castrano) e animali cattivi (detti anche feroci), che vanno evangelizzati, fino ad ottenere i leoni vegetariani dei Testimoni di Geova, flirtanti con pie pecorelle e altri belanti, e nutrentisi (chissà) di asparagi. E la colpa di simili balordaggini sarebbe niente meno che della solita Natura e dei suoi naturali diritti. In parole povere, con quel giochetto di parole, si è trovato il modo di addossare alla Natura i comportamenti innaturali dell'imbecillità umana.
Non è mica corretto, mi sembra !

Vogliamo smettere di curare il colera, perché anche il vibrione responsabile ha i suoi naturali diritti ?
Mi sembra che già, per cose cento volte più dannose del colera, a conclusioni analoghe ci siamo già arrivati ! O vogliamo finalmente (se non è irremissibilmente troppo tardi) registrare umilmente i chiari e autentici messaggi che la natura vivente ogni ora ci trasmette, senza sospetti intermediari televisivi?
La dea Natura non ce li ha, i mass-media suadenti. Ma ha ben altri mezzi per farla pagar cara a chi la bestemmia.

Naturam expellas furca, tamen usque recurret !

Rutilio Sermonti

lunedì 24 agosto 2015

Piante: cibo e veleno - Bisogna conoscere bene le erbe prima di farne uso



Gli uomini hanno imparato a  riconoscere le piante velenose, quelle mangerecce e quelle curative osservando prima gli animali selvatici e poi quelli domestici che istintivamente ricorrevano alle piante per nutrirsi, disintossicarsi, per favorire il parto, per rimarginare ferite, ecc. 

Con il riavvicinamento alla natura, caratteristica del nostro tempo, è aumentata la sana voglia di passare più tempo a contatto con essa e di riscoprire quelle piante che i nostri antenati conoscevano bene e usavano quotidianamente per i loro scopi. 

Purtroppo non tutto quello che deriva dalle piante è innocuo, diversi principi attivi sono velenosi e possono procurare anche la morte.


Alcune piante, quando vengono toccate, causano fastidiose irritazioni sulla pelle con forte prurito e comparsa di bollicine, altre invece sono dannose solo se vengono ingerite e, con l’esperienza diretta, abbiamo imparato così ad evitarle o a manipolarle con guanti.


I Greci conoscevano parecchie piante velenose, ma quella che usavano maggiormente era la cicuta, utilizzata anche per eseguire condanne capitali.
I Romani conoscevano bene la cicuta, il giusquiamo, l’aconito e la belladonna. 
Lo storico Plutarco, in una sua opera in cui raccontò la vita di molti Greci e Romani, riferisce che le armate romane, sotto il comando di Marc’Antonio, furono avvelenate dalla belladonna mentre cercavano cibo durante la guerra contro i Parti: “Quelli che andavano in cerca di erbe, ne trovarono ben poche di quelle che erano abituati a mangiare e, assaggiando le erbe sconosciute, ne trovarono una che li fece uscir di senno e morire”.


Tutte le parti della belladonna sono velenose, i suoi principi attivi provocano l’innalzamento della temperatura corporea, la pelle diventa calda, secca e si arrossa, la vista si annebbia e cominciano le allucinazioni.


Fin dall’antichità l’uomo ha sempre cercato di difendersi dalle piante velenose. Mitridate VI Eupatore Dionisio detto il Grande (132ca - 63a.C.), re del Ponto (antica regione dell’Asia Minore settentrionale), è rimasto famoso per la sua cultura sui veleni di origine vegetale, provandone molti su di sé ingerendone piccole dosi, elaborando così una miscela complicatissima con circa 500 ingredienti che doveva proteggere l’uomo da qualsiasi veleno. Questo procedimento ha preso poi il nome di mitridatizzazione; il precursore della “moderna” omeopatia.


La leggenda narra che, quando fu sconfitto in battaglia dai Romani, Mitridate cercò di avvelenarsi ma invano, nessun veleno lo poteva far morire perché si era immunizzato con il composto da lui preparato.


Questo composto divenne noto con il nome di “mitridatico” e fu considerato come il miglior contravveleno conosciuto a Roma. Negli ingredienti venne fatto poi qualche cambiamento ma la formula base fu usata per più di un millennio; infatti gli imperatori, i re e gli uomini che occupavano alte cariche facevano un grande uso di contravveleni, in quanto esposti a tentativi d’avvelenamento fatti dai loro nemici per eliminarli. 


Oggi forse non tutti sanno che i più potenti veleni derivano dal mondo vegetale, basta pensare agli strofanti dell’Africa, al curaro dell’America, alle nostre cicute, aconiti, belladonna, digitali, ecc., acido cianidrico, a tutte le piante ornamentali tossiche che adornano i nostri terrazzi/balconi, interni, parchi e che fanno registrare frequenti casi di avvelenamento specialmente nei bambini. Allora che fare? Senza dubbio la cura migliore rimane la prevenzione, l’attenzione verso i bambini e verso se stessi, tutto sommato cose che richiedono soltanto un piccolo gradevole sforzo, quello di conoscere e/o approfondire le superficiali conoscenze delle piante che ci circondano, compito che questo gruppo, ogni qualvolta se ne presenta l’occasione, svolge egregiamente.


Enzo Presutti

domenica 23 agosto 2015

Baba Ganush ed il naturalismo poetico bioregionale moderno





cibi aromi storie

radici contadine

riti millenari

volti scavati dal sole

ritmi di un mondo antico

cerimonie pagane

tradizioni religiose

attraversano

campi e piccoli borghi

foreste di emozioni


riassunto delle puntate precedenti


baba ganush cantante turco con il cugino inglese empowering e la fidanzata americana la dolcissima marshmallow incontrano a sognamondo la notte di san lorenzo glutine panettiere pazzo chetichella ortolano stanco e la spirituale e magrissima panacea


sono lento retrogrado arcaico meridionale, non ho uotzap tuitter fesbuc, preferisco l incontro e la trasmissione orale delle conoscenze.

sono d'accordo , niente può sostituire una stretta di mano la comunicazione verbale e non… la velocità per stare a ritmo…con che cosa…con il tempo…che e’ una nostra invenzione. l unico ritmo che conviene seguire e’ quello della nostra vita con l'universo che e’ la nostra vita stessa accanto alla tua e a quella degli altri…che poi ci lasciamo prendere la mano da tablet pc ecc sono sperimentazioni illusorie…per curiosi come me…

ricorda che ho anche la coda, doppio caratteristica doppio nome segno doppio. per quanto riguarda il bene, quando si incontrano anime belle spesso ferite e’ tutta una altalena di emozioni paure gioie e malinconia

gargano, carpinofolkfestival dedicato questanno allantica dea madre damatira, festival interamente coniugato al femminile con musiciste del mondo


il rumore cupo

del suono della vita

a sud del mondo



meraviglioso!!

buon viaggio nel mondo femminile a 360 gradi.

un caso che scrivi proprio l 8 del 8

sei sempre in giro! che madre terra ti sostenga e ti nutra sempre!


un idea ad occhi aperti

il caffè e’ pronto!


fai anche un altra idea ad occhi aperti…il cornetto!

altra idea…un bel letto…ma subito qui in questo momento

sul letto sto!

beato te!

dalla finestra venticello dal mare di ulivi, il lago di varano, qui cibi straordinari legumi di tutti i tipi olio buono, pani fragranti e profumati colorate pizze alle verdure e tanta frutta

damatira la madre terra incontra spiritus mundi lo spirito del mondo davanti a un bar nella piazza del paese. dice damatira, idea ad occhi aperti, un caffè!

spiritus risponde, ehm.. altra idea ad occhi aperti, il cornetto!

ascendo nella materia bruta grezza e maleodorante

i pensieri volano liberi sogno un mondo più vicino alla terra e ai suoi ritmi!


nuvoloso

spiaggia di torre milito

anche gli attimi

hanno bisogno di spazio

la grande poesia del cosmo

musica che accompagna l anima


problemi di connessione

le montagne giocano

con le nuvole

notte di buone stelle

che solcano

cieli infiniti


afa estiva

si impossessa

dei corpi

e delle menti

calda giornata


buon cammino con i cicli della vita!

vorrei essere distesa su un prato, ti metti con la pancia a terra e guardi. bisogna che ci sia anche una siepe con delle pietre e degli alberi contorti e tante foglioline. e’ una cosa che ti fa sentire notevolmente bene!

si respira bellezza!

mi sono permesso di portare della rugiada mattutina, e’ stata caricata di energia positiva al sole


… e

non riconosciamo

neanche quando

ci emozioniamo!



Secondo Tempo:

Baba Ganush alla festa di luna d'argento

baba ganush cantante turco, con la fidanzata americana la dolcissima marshmallow, il cugino inglese empowering, il panettiere pazzo glutine, l'ortolano stanco chetichella e la spirituale e magrissima panacea, incontratitisi la notte di san lorenzo sono partiti dal paese di sognamondo.

dice baba ganush lungo la strada:

avrei bisogno dei fiori di bach!

gli risponde panacea:

preludio numero uno per clavicembalo,

due volte al giorno lontano dai pasti!

marshmallow intanto se la canta:

cielo blu,

un pezzo abbastanza grande,

del quale per anni ho supposto l esistenza

ed ho creduto fermamente

che continuasse ad esserci

al di sopra delle nuvole!

baba ganush:

ogni volta che apro gli occhi

rimango sempre sorpreso

dalla sua bellezza.

fa eco glutine:

potremmo avere delle sorprese!

chetichella dissociato esclama:

non riesco a specchiarmi!

cosi attraversato il deserto di lucania giungono dalle parti di ballamondo dove si sta svolgendo un rave party di dieci giorni. al centro dell enorme cratere di argilla un grande tendone da circo a strisce gialle e rosse.

allinterno un muro alto di casse e amplificatori,

impossibile quasi descrivere la fauna locale:

creste di tutti i colori

teste rasate per meta

dreads lunghissimi

tattos di ogni genere

pearcing un po dappertutto

abbigliamento turchesco

colorato e fantasmagorico.

baba ganush marshmallow panacea ed empowering si buttano subito nella mischia. numerosi ragazzi stanno attaccati alle casse per assorbire meglio le grezze vibrazioni dei suoni tecno.

glutine e chetichella con una bottiglia di vino in mano si appropinquano quando sulla orlo della follia vengono bloccati da un gruppo di ragazzi che dicono:

come siete antiquati!

tenete prendete queste!

e si ritrovano nelle mani una manciata di colorate pasticche gialle rosse blu verdi bianche a puntini rossi,

che sono? chiedono:

non vi preoccupate sbloccano l'ego sciolgono il corpo e danno euforia!

lasciata ballamondo attraversato il deserto di ferdinandina dopo la citta di zanzaropoli arrivano a guardamondo. si sta svolgendo un festival dedicato alla luna e ai calanchi. nel paese di guardamondo letterati poeti musicisti astrologi astronomi e ragazzi di tutte le eta parlano,

nel chiacchiericcio vacuo indistinto e vario.

tutti sorseggiano allegramente del vino rosso.

dice allora glutine panettiere pazzo a chetichella ortolano stanco: guarda come sono tutti antiquati, aggiorniamoli!

e così rovesciano tutte le colorate pasticche dalla scatolina nelle norme damigiana di vino rosso.

poco dopo la luna inizia a sorridere,

i pinnacoli e le guglie dei calanchi a ballare

e tutti si abbracciano liberi e contenti

nella luce candida del mattino!

ripreso il cammino, attraversate le montagne di calitrano arrivano al paese di sponz alla festa della luna d argento. zingari mariachi tzigani rebetici lunatici asiatici morigerati filantropi e altri compresa la banda della posta.

finalmente baba ganush libera il suo canto:


franati detriti di mondi

mescolati in lucenti frantumi

caciotte imbottite di burro

fichi secchi con le mandorle

noci e uva passa

avvoltolati a palla

nelle foglie di cedro.

umili e schietti richiami

per una folla densa

mobile e vivace

paesaggi lunari

di crete nude

d un bianco grigio

somigliante al colore

di un astro spento!


il cielo sopra la terra

la terra sopra le nuvole



Ferdinando Renzetti

sabato 22 agosto 2015

L'orto urbano bioregionale ci salverà dalla fame - L'esempio del Prinzessinnengarten di Berlino



"Possiamo riconvertire quasi tutta l'Italia al Biologico. Oggi, non domani."
Prof. Giuseppe Altieri, Agroecologo, Fitopatologo

"Una società cresce e diventa grande quando uomini vecchi piantano alberi alla cui ombra sanno di non potersi mai sedere." (Proverbio greco)

Il Prinzessinnengarten è un orto urbano di circa 6.000 metri quadrati in pieno centro a Berlino, nel cuore di Kreuzberg (a Moritz Platz), nato nel 2009 dal progetto dell’associazione Nomadisch Grün (Verde Nomade) che ha riconvertito un luogo abbandonato in un polmone verde all’interno della città. (Vedi: http://www.designplayground.it/2013/12/prinzessinnengarten-lorto-urbano-piu-bello-al-mondo/) 
La zona dove è sorto il giardino era di proprietà pubblica ed è stata inizialmente noleggiata dal Fondo Immobiliare Berlino. Nel giugno 2012, l’area doveva essere venduta al miglior offerente ma una lettera aperta al Senato e il sostegno di più di 30.000 persone hanno impedito la privatizzazione. Attualmente il Prinzessinnengarten ha ottenuto l’estensione dell’utilizzo per ulteriori 5 anni.
Il nome dell’associazione (Verde Nomade) racchiude il concept del progetto: l’agricoltura mobile. Infatti le piante ornamentali, gli ortaggi e le erbe aromatiche vengono coltivati in cassette di plastica, in cartoni del latte o in sacchi di riso in modo tale che tutto sia facilmente trasportabile in altri angoli della città e le eventuali contaminazioni degli inquinanti con il suolo vengano evitate. In questo modo da un primo orto urbano si possono creare altre aree di coltivazione urbana.
Come organizzazione no-profit, la Nomadisch Grün ha iniziato con la “guerrilla gardening” trasformando terreni inutilizzati in giardini dove coltivare biodiversità come strumento di interazione sociale. L’obiettivo dell’associazione era quello di creare un luogo di scambio e di apprendimento sui temi della coltivazione locale e biologica degli alimenti, sulla biodiversità (oggi nel Prinzessinnengarten sono state impiantate 500 differenti tipi di colture), sul consumo sostenibile e sullo sviluppo urbano.
L’idea del giardino si è espansa diventando qualcosa di più complesso: all’interno di questo ampio giardino sono stati aperti infatti una caffetteria che propone bevande biologiche e un ristorante dove alla base delle ricette ci sono i prodotti freschi coltivati nell’orto stesso. Ci sono inoltre un’area per le api, una zona gioco sugli alberi, un piccolo circo, un mercatino delle pulci (Kreuzboerg Flowmarkt) e una biblioteca sulla sostenibilità ricavata all’interno di un container (per restare in linea con il concept di agricoltura dinamica).

Chiunque può diventare giardiniere a Prinzessinnengarten (il giovedì dalle 15 alle 18 e il sabato dalle 11 alle 14) e per gli inesperti sono numerosi anche i workshop a cui partecipare per saperne di più. Altrimenti sarete i benvenuti ai festival, i concerti e le mostre che soprattuto in estate animano l’orto urbano considerato il più bello al mondo.
Il funzionamento del giardino dipende esclusivamente dal volontariato e dalle donazioni.  Oggi la storia di questo felice progetto è racchiusa in un libro che ben racconta tutti gli sforzi che sono stati necessari alla realizzazione di questo sogno.

In Italia ... segnali positivi.
Orti urbani. Prendono sempre più campo nelle nostre città. Secondo l'Istat insieme alle aree destinate alla forestazione, gli orti sono quelli che stanno facendo registrare la maggiore diffusione. I piccoli appezzamenti di terra di proprietà comunale sono sempre più utilizzati per la coltivazione ad uso domestico e il giardinaggio ricreativo. Vengono assegnati in comodato ai cittadini richiedenti e hanno numerosi aspetti positivi. Oltre al valore ambientale, sociale e didattico, contribuiscono a preservare dall'abbandono e dal degrado le aree verdi intercluse tra le aree edificate.
Essi hanno ritagliato lo 0,6% del verde urbano. La maggiore diffusione si ha a Torino con quasi 2 milioni di mq complessivamente. In generale, sono 57 le amministrazioni comunali che nel 2013 hanno scelto gli orti urbani per gestire il verde. I numeri però variano da regione a regione. Gli orti si trovano nell'81% delle città del Nord (dopo Torino, anche Bologna e Parma vantano una vasta superficie pari a 155 mila mq), nel 60% circa delle città del Centro, mentre al Sud si trovano solo a Napoli, Andria, Barletta, Palermo e Nuoro.

Domenico D'Ambrosio