domenica 30 agosto 2020

Basta veleni! Serve una biodiversità bioregionale per salvare l'umanità e la vita sulla Terra

Bioregionalismo Treia •: Biodiversità vegetale e qualità "psichiche" delle  piante bioregionali…
Nel mondo ancora c’è  chi crede, nel suo delirio di onnipotenza, di essere il padrone del tempo e nessun pensiero lo distoglie dal voler accumulare denaro e con questo impossessarsi del potere di vita e di morte delle persone.
 Ad esempio ancora oggi c’è chi sostiene che le monoculture agricole industriali e gli allevamenti intensivi non siano dannosi  all’uomo ed alla natura.
Infatti le istituzioni fanno poco o nulla per la riconversione delle produzioni alimentari   in ecosostenibili o biologiche e soprattutto  al ritorno ad una agricoltura bioregionale  che garantisca la biodiversità.
Similmente ad Attila, che si vantava dicendo che al suo passaggio non sarebbe rimasto nel terreno nemmeno un filo d’erba,  si lascia che i nuovi distruttori  irrorino i campi con concimi chimici, pesticidi e diserbanti che eliminino tutta l’erba.
Terra Bruciata - Artisti Associati
Nessuno si pone il problema della possibile desertificazione dei terreni, figurarsi se viene preso in considerazione il fatto che l’uso dei pesticidi e dei concimi di sintesi potrebbe procurare danni  irreversibili e forse anche la morte,  in primo luogo degli stessi agricoltori e conseguentemente dei consumatori dei loro prodotti.  Il dio danaro attira di più e fa passare in secondo ordine la salute. O forse si tratta di ignoranza delle conseguenze di un simile sconsiderato agire? 
Così constatiamo i  perniciosi danni alla salute e all’ambiente, alle acque di superficie e di falda, all'aria,  e con l'avanzare  delle  monocolture industriali  non crescerà più erba né fiori selvatici, come piaceva ad Attila.
Le curiosità di "Attila flagello di Dio" - Cinepanettoni.it
Ciò a cui si assiste in questo periodo nel silenzio della stampa e delle istituzioni è di una drammaticità unica.
La gente non fa più danze per la pioggia come nei tempi antichi. Sicuramente però molti hanno pregato perché dal cielo, squarciando le nubi, scendesse la pioggia a mitigare il sollevarsi delle polveri tossiche. I veleni non saranno più nell'aria ma precipiteranno sulla terra ed andranno ad inquinare le acque sotterranee. Dalla padella alla brace... 
Possibile che non ci resti altro che pregare e piangere per l’umanità futura?
AICS Ambiente e Rete Bioregionale Italiana
I principi dell'Ecologia Profonda e l'adesione al movimento del  Bioregionalismo - LtEconomyBlog
 Info: viterbo@aics.it - bioregionalismo.treia@gmail.com  

sabato 29 agosto 2020

Argilla, la prima e l'ultima cura...


L’uomo biblicamente plasmato con l’argilla, proprio nell’umile argilla, ben presto ne scoprì le proprietà terapeutiche, probabilmente dopo avere osservato che gli animali feriti o malati si rotolavano nel fango e se ne spalmavano il corpo conseguendo la guarigione.
Ricerche condotte dalla NASA hanno dimostrato che i minerali argillosi hanno la capacità di concentrare l’energia attirando gli elettroni liberi, per poi sprigionarla in forme tali da consentire l’aggregazione delle prime complesse sequenze di molecole organiche che successivamente, sempre per mezzo dell’argilla, si sarebbero replicate in strutture identiche e ordinate, sino alla costituzione delle prime catene di DNA, un acido presente nel nucleo cellulare.
Infatti secondo una teoria formulata negli anni ottanta da uno chimico scozzese A. G. Cairns Smith, la scintilla della vita sarebbe scaturita da una serie di complicate reazioni biochimiche avvenute in seno alle masse argillose. Antiche testimonianze su tale panacea ci vengono riferite da Galeno, Plinio il Vecchio nella sua “Storia naturale” descrive minuziosamente come veniva impiegata e Dioscoride che cita l’argilla nel suo trattato “Della materia medica”, in particolare, ne sottolinea le caratteristiche e le proprietà astringenti, cicatrizzanti, antinfiammatorie, emostatiche, disintossicanti e non trascura di citarne anche le benefiche applicazioni cosmetologiche.
Fu l’Egitto la culla dell’argilla. Come ci tramandano i papiri, i medici dei Faraoni utilizzavano l’ocra gialla, terra argillosa mescolata con ossido di ferro. Anche gli imbalsamatori ne utilizzavano le proprietà purificatrici ed antisettiche per l’ingrato lavoro che svolgevano.

Curarsi con l'argilla, ecco le proprietà - Idee Green
Nell’antica Roma l’argilla era molto conosciuta e ampiamente utilizzata contro molteplici affezioni. Nel Medio Evo il medico e filosofo persiano Usain Ibn Sina Avicenna, nella sua opera “Canone della Medicina” con grande sapienza di particolari descrive l’utilizzo dell’argilla. Marco Polo ne parla nei suoi appunti di viaggio in terre lontane così come altri etnologi per l’uso delle genti di mangiare la terra in Asia e in Africa come nelle Americhe Con la fine del Medio Evo e l’inizio del Rinascimento, periodo ostile a tutti i rimedi naturali e con l’Illuminismo che rifiutava tutto ciò che non soddisfaceva i lumi della ragione, il retaggio sull’uso dell’argilla rimase prerogativa di pochi testardi eremiti.
L’abate Kneipp, alla fine dell’ottocento, difese con tenacia l’utilizzo dell’argilla per scopi terapeutici e ottenne notevoli successi nella cura dell’afta epizootica; dopo i successi ottenuti sugli animali, Kneipp cominciò ad impiegare l’argilla per curare le persone. Gradualmente l’uso terapeutico dell’argilla è ritornato in auge in tutto il mondo. La terra dalla quale proveniamo, alla quale ritorneremo.
La terra dalla quale nasce tutto quello che vive e a cui ritorna tutto quello che muore alla vita terrena. La terra che riceve la morte e da la vita. Con il sole, l’aria, l’acqua, l’argilla terra di vita, capta i principi vitali eterei del nostro grande Creatore, costituendo così il più potente agente di rigenerazione fisica e spirituale. Nell’argilla si riscontra similitudine d’azione con alcune medicine, gli antisettici in particolare; questa somiglianza è solo apparente perché c’è una differenza fondamentale fra l’azione dell’argilla e quella degli antisettici chimici.
Qualunque prodotto chimico è una forza morta che agisce alla cieca, distruggendo il buono e il cattivo, il sano e il malsano, l’utile e il nocivo. I germi pericolosi sono forse annientati, ma gli elementi rigeneratori non vengono risparmiati e i tessuti delle piaghe trattate si ricostituiscono a un ritmo più lento di quelle non trattate. Con l’argilla il processo è completamente differente perché si tratta di una sostanza viva, provvista di una infallibile intelligenza datale dalla natura che rispetta il bene e ravvede il male con Amore, dolcemente ma con fermezza.
Una piaga purulenta trattata con l’argilla guarisce ad una velocità sorprendente e inoltre l’argilla agisce laddove ce n’è bisogno. Utilizzata per cure interne, ossia per via orale, rettale, vaginale, l’argilla si dirige verso il focolaio dove deve agire fino a fare espellere pus, umori venefici, sangue intossicato.
Antonella Pedicelli


venerdì 28 agosto 2020

Overshoot day 2020. Esaurimento delle risorse ed ultimi avvisi prima del tracollo


L'Overshoot Day 2020 posticipato dalla CoViD-19 - Focus.it


Nel 2020 gran parte dell’umanità forse ha compreso la sua impotenza di fronte ad una reazione decisa della natura: la pandemia generata dal nuovo virus Sars-Cov-2, causata anche e soprattutto a causa dell’erosione degli habitat da parte dell’uomo. 

Per molti è stato un avvertimento proprio della Madre 4 Terra; un avvertimento che ci dice che lo stile di vita che stiamo portando avanti è pericoloso per noi e per il mondo in cui viviamo. 

Sta di fatto che l’umanità è stata costretta a confrontarsi direttamente con i propri errori, fare un passo indietro e lasciare che la natura si riprendesse. Di conseguenza, l’aria è diventata più pulita, i livelli di smog si sono abbassati e le specie animali e vegetali hanno incominciato a ripopolare aree abbandonate da tempo. 

In questi sette mesi dall’inizio dell’emergenza globale, l’essere umano ha quindi consumato meno risorse degli anni passati, ha inquinato meno, ha distrutto meno habitat, forse ha addirittura ritrovato un po’ di quell’appartenenza al mondo naturale che negli anni aveva perso. 

E per la prima volta dopo molto tempo, l’Overshoot day  quest'anno corrispondeva al 22 agosto, interrompendo – almeno per il momento – una tendenza che negli ultimi anni l’aveva visto arrivare già alla fine del mese di luglio. Ma cos’è l’Overshoot day? In parole povere vuol dire che il nostro pianeta garantisce la sopravvivenza del genere umano grazie alle sue disponibilità fino ad un dato periodo, dopo di che non è più in grado di produrre sostentamento e, quindi, l’uomo deve dar fondo alle proprie riserve e inevitabilmente continuare ad aggredire e distruggere la biosfera planetaria. 

Questo mio breve servizio non deve essere scambiato per uno dei tanti articoli scritti per la difesa della natura e del genere umano, esso vuol essere soprattutto un monito, un avvertimento sul nostro modo di comportarci in maniera irresponsabile su tutto l’ambiente terrestre. 

Con questo non intendo produrre ulteriori turbamenti psicologici nelle persone già stressate dalla pandemia del covid19, tuttavia non è neppure il caso di prendere questa notizia dell’Overshoot day 2020, con il solito sorrisetto idiota, facendo spallucce e ripetendo il solito mantra che dice che il problema infondo non esiste e che, comunque, la scienza umana alla fine risolverà tutto… 

Non siamo solo noi  a manifestare questa seria preoccupazione, ci sono scienziati di fama internazionale, istituti di ricerca affermati che la pensano come noi e, anzi, ci mettono in guardia circa le conseguenze letali in cui tutti noi potremmo trovarci di fronte tra qualche anno se continuiamo a sfruttare Madre Terra con questo ritmo. 

Gli scienziati  hanno addirittura presentato uno scenario futuro terrificante, dando a noi umani un tempo massimo per intervenire e bloccare questa dinamica distruttiva. Si è accennato anche ad una data che per l’umanità rappresenta la linea rossa da non superare: il 2030. 

Non solo i dirigenti dalla Global footprint network (Gfn), l’organizzazione internazionale no-profit, riconosciuta dall’ONU, che si occupa della contabilità ambientale calcolando la nostra impronta ecologica nell’ambiente terrestre, condividono questa data, ma anche gli scienziati del IPCC (Intergovernmental Panel On Climate Change) . 

Fino a qualche anno fa gli scienziati supponevano che questa infausta data, continuando lo sfruttamento di tutte le risorse primaria del pianeta come facciamo oggi, sarebbe arrivata dopo il 2050. 2030!? … Tra appena un decennio! 

A tal proposito alcuni scienziati sulla base di queste reali preoccupazioni, come già nel 2015 ebbe a dire l’astrofisico Stephen William Hawking, ci dicono, anche se in maniera provocatoria, che dovremmo cominciare a pensare ad un secondo pianeta. Ma allora, mi chiedo e ci chiediamo, per evitare questa catastrofe annunciata esisterà pure una cura? 

Gli scienziati a tal proposito ci dicono che per rallentare la paventata catastrofe climatica e di conseguenza ambientale, servirebbe prendere in considerazione da subito almeno 3 questioni capillari: - La rinuncia totale dell’uso dei combustibili fossili. - Il ridimensionamento della presenza degli umani sul pianeta, attraverso politiche intelligenti per la riduzione delle nascite (tra qualche anno raggiungeremo gli 8 miliardi di individui); - Il ridimensionamento serio e deciso nell’uso della carne come cibo. 

Certamente da solo l’uomo non può cambiare le cose, ma almeno non diventare complice di questa continua distruzione dell’ambiente.   

Filippo Mariani - Accademia Kronos 

Overshoot day 22 agosto 2020: sistema-mondo, crisi, pandemia | Contropiano

martedì 25 agosto 2020

SOS Plastica - Monitoraggio della plastica e delle microplastiche in acqua

MICROPLASTICHE Archivi - TECO Milano
Nell’estate 2019 l’Università Politecnica delle Marche  insieme al Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto per lo studio degli Impatti Antropici e Sostenibilità in Ambiente Marino di Genova  ha partecipato alla campagna “Mayday SOS Plastica” promossa da Greenpeace, una campagna di sensibilizzazione e ricerca per lo studio e il monitoraggio della plastica e delle microplastiche in acqua, sedimenti e organismi marini.
L’attività si è svolta dal 18 maggio all’8 giugno 2019 nel Tirreno Centrale e precisamente lungo le coste della Toscana, Lazio, Campania e Sardegna, includendo anche isole dell’Arcipelago Toscano (Elba, Giglio, Pianosa, Capraia) e Ponziano (Ventotene), aree prominenti le foci dei fiumi (Foce dell’Ombrone, del Tevere e del Sarno) e aree marine protette come quella di Tavolara-Punta Coda Cavallo (isola di Tavolara, Molara e Molarotto).
È ora disponibile il report nel quale vengono presentati i risultati relativi alla determinazione delle microplastiche (MPs) e delle microfibre (MFs) in pesci e organismi invertebrati campionati durante il tour.
I risultati ottenuti sono utili per fornire nuove informazioni sui livelli, frequenze di ingestione e sulla caratterizzazione chimica delle microparticelle di plastica e microfibre, in specie differenti campionate da aree sottoposte a diverso impatto antropico.
In totale sono stati analizzati 308 organismi di cui 208 pesci appartenenti a 23 specie diverse e 100 invertebrati appartenenti a 3 specie. Le specie sono state scelte per il loro valore commerciale ed ecologico e il numero di individui per ognuna è stato definito secondo le disponibilità.
La frequenza di ingestione delle microfibre da parte delle specie analizzate risulta molto alta, a prescindere dal sito di indagine, e dimostra ancora una volta l’ampia diffusione di MFs lungo le coste del Tirreno. In totale sono state estratte circa 2.000 microfibre (MFs) dagli organismi, misurando una frequenza di ingestione del 89% e una media di 7,1±5,2 MFs per singolo individuo
Una frequenza di ingestione del 100% è stata evidenziata negli organismi dei siti Elba e Giglio Ctrl, 98% per quelli di Fiumicino, 95% per Ventotene, 94% per Giglio Relitto, 93% per Ombrone, 84% per Napoli, 81% per la Sardegna e 67% per Capraia. Il numero medio di microfibre ingerite dagli organismi campionati nei vari siti è risultato essere pari a 8,7±6,8 a Fiumicino, 11±6 a Ventotene, 6,3±5 a Napoli, 9±4 all’Elba, 5,2±4,8 a Capraia, 5±3,8 a Ombrone, 8,7±5 nel sito di Giglio Relitto, 7,7±5 nell’area Giglio Ctrl e 4±3,6 in Sardegna..

La caratterizzazione polimerica ha tuttavia confermato la predominanza di una origine naturale di queste particelle, che non possono quindi essere considerate microplastiche, che per definizione sono costituite da solo materiale di origine sintetica.


Le analisi effettuate su un sub-campione di 287 MF hanno rilevato che l’82,6% di queste erano di origine naturale, a base di cellulosa; il rimanente 17,4% di microfibre sintetiche era costituito per il 90% da poliestere, mentre il 10% era di natura semi-sintetica (viscosa).
I risultati ottenuti in alcuni siti già campionati nelle campagne precedenti del 2014 e 2017 sono stati messi a confronto. Le frequenze di ingestione delle MPs risultano in generale comparabili tra i diversi anni di campionamento, dimostrando che questo tipo di contaminazione ha caratteristiche piuttosto ubiquitarie e costanti nel tempo.
La frequenza generale di ingestione delle microplastiche negli organismi campionati durante la campagna Mayday SOS Plastica nel 2019 risulta del 35%, leggermente superiore a quella già osservata durante la precedente campagna effettuata nel 2017 (30%) e a quella riferita agli organismi del Mar Adriatico (27%).
I risultati ottenuti sul numero di microplastiche ritrovate per individuo avvalora quanto riscontrato in altre aree del Mediterraneo e a livello globale, cioè che il numero delle particelle riscontrate nei tratti gastrointestinali degli organismi è generalmente di 1 o 2 particelle, indipendentemente che siano pesci o invertebrati. Numeri maggiori di particelle ingerite per individuo vengono ritrovati sporadicamente e senza correlazioni con le specie analizzate o i siti di indagine. Più alti sono risultati i valori ottenuti per le microfibre, con una frequenza di ingestione media del 90% ed un numero di MFs mediamente pari a 7,6 ± 5,4 per individuo, confermando i dati già osservati nelle specie campionate in Adriatico.
L’analisi di pesci, rappresentativi di diversi habitat, ha permesso di evidenziare che le specie demersali (es. gallinella, scorfano, pagello fragolino, razza), che hanno una stretta relazione con l’ambiente di fondo dove si alimentano, presentano frequenze di ingestione delle microplastiche maggiori (75-100%) rispetto alle specie pelagiche, in quasi tutti i siti indagati. Questo risultato conferma come i sedimenti e in generale tutta la colonna d’acqua (non solo lo strato superficiale) possano rappresentare un comparto importante di accumulo della plastica e microplastica immessa in mare.
Per quanto riguarda il monitoraggio delle microplastiche in mare, ricordiamo che si tratta di un'attività svolta dalle Agenzie ambientali che compongono il Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, nell'ambito delle attività svolte per la Strategia Marina dell'Unione Europea.
Le microplastiche nell'acqua non sono un pericolo, per ora
Fonte:  Arpat

domenica 23 agosto 2020

Terre demaniali come beni bioregionali inalienabili


Bioregionalismo Treia •: Umbria - Sergio Cabras: "Passi avanti per ...
La terra torni alla Terra

Le terre demaniali e di proprietà di Enti pubblici fanno parte del patrimonio ambientale,  botanico ed archeologico dello Stato che non può e non deve essere venduto.

Quelle terre si possono usare in mille modi producendo occupazione e valorizzando le loro potenzialità.

Si può per esempio  farvi nascere migliaia di imprese di giovani,  per sviluppare la coltivazione del vetiver e della canapa, salvando  così il territorio e contribuendo al risanamento dei terreni inquinati  e  dell’economia nazionale.

Inoltre molti di questi territori sono parchi e boschi per i quali la CE ci riconosce solo il 10% circa della superficie totale (dato da verificare).

L’Appennino Italiano che si estende per tutto lo stivale è il parco dell’Europa e va rivalutato, ristrutturato con percorsi agibili per consentirne il godimento dietro modesti contributi che verrebbero investiti per l’assunzione di personale idoneo.

I pensionati possono salvare l’Italia, utilizzando le loro entrate fisse per la realizzazione di progetti  di permacultura che riportino benessere ambientale e rendano appetibile per i giovani il ritorno alle attività agricole, creando nuove forme di comunità, nuovi modelli di aggregazione per restituire al quotidiano i debiti spazi sociali e di relazione.

retebioregionale | Il Cannocchiale blog

Trasformiamo questo momento di crisi  sanitaria e di distanziamento sociale   in un momento positivo, riportando l'attenzione alle pratiche bioregionali ed un ritorno alla terra. Dobbiamo essere uniti siamo quel 90% che detiene pari ricchezza del 10% di italiani che dalla loro posizione di privilegio ci chiedono, anzi, ci vorrebbero costringere a sacrifici ciclici che portano per fasi successive alla umiliazione dell’intero 90% della popolazione. Qui  si gioca il destino degli italiani la cui sola colpa è quella di non aver capito che non bisogna seguire l’onda che copre la visuale, ma bisogna cavalcarla.

Quanti sono disgustati del comportamento litigioso e del linguaggio scurrile dei nostri politici?

LA POPOLAZIONE,  I SINDACATI, LE ASSOCIAZIONI DEVONO PRETENDERE L’INVENTARIO ATTUALE DELLA SITUAZIONE ECONOMICA E PATRIMONIALE DEL PAESE, QUELLA DELLE RISORSE UMANE, DELLE CONDIZIONI di vita DELLA GENTE CHE LAVORA e soprattutto che nessuna manovra deve prevedere l’impoverimento del Paese con la svendita dei suoi beni.

Si sono venduti l’energia, i trasporti, gli acquedotti, gli immobili, le strade e adesso si vendono pure la Madre. Un paese che vende le terre agricole pubbliche rinuncia definitivamente al proprio autosostentamento.

Non è con la vendita ma con una progettazione sana e lungimirante di valorizzazione del patrimonio che si costruisce un’economia sana e si protegge il territorio da devastanti speculazioni.

Un paese che vende le terre agricole pubbliche è un paese che rinuncia definitivamente alla propria Sovranità Alimentare, è un paese che mette con prepotenza l’interesse privato al di sopra del bene comune, è un paese che non saprà come raccontare ai propri figli che si è venduto la terra in nome del bilancio finanziario.

La vendita delle terre dello stato deve essere fermata!

Ridiscutiamo, invece, le modalità di gestione delle terre agricole di proprietà degli enti pubblici!

Occorre ricercare i comportamenti e i modi per progettare una via da percorrere uniti per il bene comune e per la costruzione di una società equa e solidale.  


Benito Castorina e Paolo D'Arpini - Rete Bioregionale Italiana


Benito Castorina - YouTube

Bioregionalismo Treia •: Marche, 31 maggio 2015 - Un voto per l ...

sabato 22 agosto 2020

Situazione dell'inquinamento atmosferico mondiale



È disponibile online una nuova piattaforma che consente di visualizzare la situazione dell'inquinamento atmosferico in tutto il mondo.
Le mappe, che utilizzano i dati del satellite Copernicus Sentinel-5P, mostrano le concentrazioni medie di biossido di azoto utilizzando una media mobile di 14 giorni. Le mappe non solo mostrano cambiamenti nel tempo su scala globale, ma offrono anche la possibilità agli utenti di ingrandire le aree di interesse, ad esempio qualsiasi città o regione in Europa.
Le mappe permettono di vedere anche gli effetti del blocco COVID-19 con riduzioni drastiche delle concentrazioni di biossido di azoto visibili su molte aree. Questi effetti possono ora essere facilmente esplorati in tutto il mondo.
Le concentrazioni di biossido di azoto nella nostra atmosfera variano ampiamente di giorno in giorno a causa delle fluttuazioni delle emissioni, nonché delle variazioni delle condizioni meteorologiche come la luce solare, la temperatura e il vento, che possono influire sulla durata del gas nel atmosfera.
Per questi motivi, è necessario analizzare i dati per un periodo considerevole di tempo - in questo caso 14 giorni - poiché consente la mappatura e l'analisi accurate delle concentrazioni di biossido di azoto in tutto il mondo.
Il biossido di azoto è prodotto dagli impianti di combustione, da veicoli e da altre strutture industriali e, a seconda delle concentrazioni, può avere un impatto significativo sulla salute umana, aumentando la probabilità di sviluppare problemi respiratori.
Il satellite Copernicus Sentinel-5P è stato lanciato nel 2017 per mappare una moltitudine di inquinanti atmosferici in tutto il mondo. Copernicus Sentinel-5P è dotato dello strumento Tropomi, uno strumento all'avanguardia che rileva l'impronta digitale unica dei gas atmosferici per gli inquinanti atmosferici in modo più accurato e con una risoluzione spaziale più elevata che mai.

Copernicus Sentinel-5P mission - ONDA DIAS

venerdì 21 agosto 2020

"L'ecologia profonda" di Guido Dalla Casa - Ovvero: l'altra faccia del bioregionalismo



Vengono distinti due tipi di ecologia: - una “ecologia di superficie” che recepisce le idee correnti in materia, cioè la necessità di evitare gli inquinamenti e salvare le specie animali e vegetali, in quanto utili all’uomo; - una “ecologia profonda” che intacca il concetto di progresso e le idee-guida della civiltà industriale, che hanno portato all’attuale modo di vivere e quindi al dramma ecologico. Solo con il passaggio a una filosofia compatibile con il secondo tipo di ecologia, spesso presente nelle culture tradizionali, si possono ottenere risultati a lunga scadenza. Nel quadro di pensiero dell’ecologia profonda, vengono accennate alcune questioni filosofiche di fondo, come il libero arbitrio, l’evoluzione, la posizione della nostra specie in Natura, la fine delle certezze. Come azione concreta, viene proposta la diffusione dell’ecologia profonda, nella speranza che il mutamento di pensiero sia così rapido da evitare fenomeni gravi e traumatici per tutta la Terra.

Guido Dalla Casa 





(Bologna, 1936), Ingegnere Elettrotecnico, ha svolto l’attività di dirigente dell’ENEL nelle aree tecnica e commerciale della distribuzione. è docente presso la Scuola Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa di Rimini, corso di Ecologia Interculturale. Tra le sue pubblicazioni: L’ultima scimmia, Torino 1975; Ecologia Profonda, Torino 1996; Inversione di rotta, Roma 2008; Guida alla sopravvivenza, Bologna 2010; Ambiente: Codice Rosso, Roma 2011.

giovedì 20 agosto 2020

Selvatico e coltivato. Storie di vita bioregionale - Recensione


Selvatico e coltivato. Storie di vita bioregionale - copertina


"Normalmente non uso seggiole né tavoli. Sul pavimento della cucina, che è anche la stanza principale, c'è un tappeto per sedersi e per mangiare basta una piccola tovaglia per terra su cui appoggiare pentole e ciotola. I popoli che più sono vicini alla madre terra, al selvatico, siedono a terra a gambe incrociate. E così pure andare scalzo il più possibile, con meno vestiti possibili, il corpo a contatto con l'aria, con il vento, la pioggia, offrire il corpo agli elementi, prendere energia dagli elementi". Una raccolta di testimonianze diverse in risposta ad unico obiettivo: difendere la Terra dalla distruzione dei paesaggi e delle culture. Introduce il volume uno scritto di Gary Snyder.



Nota: Contiene anche un mio intervento sull'esperimento da me condotto a Calcata ed a Treia sulla pratica di agricoltura bioregionale. (P.D'A)  - Vedi anche:   http://www.circolovegetarianocalcata.it/alimentazione-ed-ecologia/  

martedì 18 agosto 2020

Le buone notizie bioregionali... di Vincenzo Flora


Biografia Vincenzo Flora

Ciao Paolo, ti seguo molo volentieri con le news-letter alla tua rubrica bioregionale che apprezzo molto, perché ti sento vicino con la tua cultura, il tuo sapere che, in ogni caso, mi arricchisce. Ciò nonostante credo fermamente che la diffusione continua di notizie negative, in cui c’è sempre qualcosa che nuoce alla salute, non siano solo ripetitive, in quanto sono spesso le medesime che si sentono in giro, ma siano molto deleterie. Credo piuttosto che la diffusione di notizie positive faccia molto bene, in quanto diffondono un benefico “elettromagnetismo” che si propaga, riverberandosi di persone in persona. Invece le costanti brutte notizie, già ben diffuse dai mass-media, inculcano SOLO il marcio e lo enfatizzano all’ennesima potenza.

Dopotutto ognuno vede ciò che sa. continuando a diffondere il marcio, e a documentarci su di esso, vedremo solo il peggio del mondo, disegnato nel peggiore dei modi. Questo crea una enorme paura diffusa, che fa distrarre dall’enormi e sconfinate bellezze che ci circondano, dentro e fuori di noi, di cui sarebbe bello parlarne.

Se possibile ti chiedo se puoi lasciarmi uno spazio nella tua rubrica che diffondi regolarmente con le newsletter.
 
Ti auguro un buon inizio settimana e una felice giornata.  I miei Migliori Saluti.

Vincenzo Flora 

Profilo Vincenzo Flora Grafico Pubblicitario

PS:  Mi ricordo ancora i giorni all’eco villaggio in cui ci conoscemmo, ti ringrazio moltissimo di quella bella esperienza, mi insegnasti molto, anche indirettamente, come il rito del “Bastone della Parola” che poi utilizzai agli orti urbani per le riunioni, dato che ero capo-orto. Feci dipingere delle pietre dell’orto dai bimbi figli degli ortolani, che poi a turno una di quelle pietre veniva passata di mano in mano, per dare la parola a tutti durante le riunioni degli orti.

Mia rispostina: “Caro Vincenzo, il nostro notiziario è "aperto", le tue "buone" notizie sono benvenute...” (P. D'A.)

lunedì 17 agosto 2020

Lo spreco alimentare è una offesa alla Natura

Spreco alimentare, un problema “comune” a tutto il mondo
Lo spreco alimentare è una questione etica, sociale, economica ed ambientale che si inserisce nei grandi temi della sostenibilità e della circolarità delle risorse
Ridurre i rifiuti alimentari entro il 2030
La consapevolezza circa l’importanza di ridurre la quantità di rifiuti alimentari sta crescendo tanto che, nel nostro Paese, per la prima volta nel 2020, le giornate dedicate alla sensibilizzazione dei cittadini al tema sono due: la prima è stata il 5 febbraio e la seconda sarà il 29 settembre. Quest’ultima data è stata voluta dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che ha istituito la Giornata internazionale della Consapevolezza sugli sprechi e le perdite alimentari, International Day of Awareness for Food losses and waste.
costi spreco alimentare in EUSecondo i dati raccolti dall’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market / Swg, per la prima volta in dieci anni, lo spreco alimentare nelle case degli italiani fa registrare un calo di circa il 25%. Lo spreco settimanale in media costa 4,9 euro a nucleo familiare, per un totale di circa 6,5 miliardi euro e un costo complessivo di circa 10 miliardi euro. 
In Europa, i costi dello spreco alimentare sono stati quantificati, nel loro complesso, intorno ai 143 bilioni di euro di cui 98 attribuibili a quello domestico, che rappresenta la parte più consistente dell’intera filiera alimentare, mentre le stime fatte sulla perdita economica del cibo gettato via si aggirano tra i 3,2 e i 6,1 euro per kg di cibo sprecato a settimana per nucleo famigliare.
Quest’anno, nel nostro Paese, il tema della riduzione dei rifiuti alimentari si sviluppa sull’asse cibo – salute, quindi sulla prevenzione dello spreco come un presidio concreto per la salute dell’ambiente e della persona, una consapevolezza, questa, che cresce, sembra, infatti, che il 66% degli italiani ritenga che vi sia una connessione precisa fra spreco alimentare, salute dell’ambiente e dell’uomo.
Il lavoro di sensibilizzazione e promozione di buone pratiche sta producendo effetti positivi fra i cittadini, dobbiamo però rimanere consapevoli che c’è ancora da fare, soprattutto nella direzione di un profondo cambiamento culturale fra i consumatori finali ed in particolare modo tra i più giovani, insegnando loro sin dai primi anni di scuola a ridare valore al cibo e sensibilizzandoli sul problema dello spreco alimentare e sulla necessità di prevenirlo e ridurlo.
Per raggiungere gli obiettivi 2030 dettati all’Agenda ONU, in particolare quelli legati al cibo, alla prevenzione dello spreco e alla lotta ai cambiamenti climatici, dobbiamo puntare al coinvolgimento di tutta la collettività, dagli enti pubblici alle imprese, alle scuole, con la definizione di obiettivi mirati e misurabili in termini di riduzione delle emissioni e diminuzione degli impatti ambientali.
L’UE ha stimato che in Europa, ogni anno, vengono gettati via 88 milioni di tonnellate di cibo, circa il 20% di tutto il cibo prodotto. Al tempo stesso, la FAO nel rapporto "The State of Food and Agriculture 2019. Moving forward on food loss and waste " stima che, lungo la catena di produzione degli alimenti, dal raccolto sino alla vendita, venga perso il 14% del cibo prodotto. Per lo spreco alimentare, particolarmente critiche appaiono le fasi della vendita e del consumo.
Fao_spreco alimentare nel mondo e nelle singole areeConsiderando che sul pianeta ci sono 820 milioni di persone che non hanno cibo, gettare alimenti risulta immorale, senza considerare l’impatto ambientale di questo sprecoemissioni in atmosfera, perdita di suolo e consumo di acqua.
Le Nazioni Unite (NU) hanno inserito questo tema nell’Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030, l’obiettivo 12.3 propone di dimezzare, entro il 2030, il quantitativo di rifiuti alimentari prodotti sia nella fase di produzione che di vendita e consumo. Lo stesso hanno deciso di fare i paesi membri dell'UE in accordo con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle NU.
Ormai è noto come lo spreco alimentare incida sul cambiamento climatico, producendo circa 186 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti, a questo devono aggiungersi gli impatti legati all’acidificazione ed eutrofizzazione, che rappresentano il 15%-16% degli impatti prodotti dalla catena di produzione alimentare.
raccolta domestica rifiuti alimentariNon tutti i rifiuti alimentari producono gli stessi impatti sull’ambiente, per esempio, la carne incide molto, gli avanzi di carne costituiscono una quota che va dal 5% al 12%, ma si stima che questi contribuiscano notevolmente all’impatto sul clima, dal 25% al 55%. Il pane e gli amidi, invece, impattano meno del 10% sull'ambiente.
Vi sono alimenti che incidono ambientalmente di più anche in fase di produzione, la carne favorisce il cambiamento climatico mentre altri, come il caffè, il cacao e certi tipi di frutta hanno un impatto sulla biodiversità.
Sempre nel rapporto della FAO possiamo leggere che gli studi fatti nei diversi paesi, relativamente alla possibilità di ridurre le emissioni in atmosfera attraverso la diminuzione dei rifiuti alimentari, mostrano che si può raggiungere un range di diminuizione delle stesse che va dall’-0,8% al -4,5% di CO 2 per kg di cibo non gettato.
I dati da prendere in considerazione per valutare la produzione di rifiuti alimentari sono svariati e devono essere selezionati con molta attenzione per evitare conteggi doppi e sovrastime. Purtroppo al momento risulta ancora difficile comparare i dati relativi alla produzione di scarti alimentari nei diversi paesi anche appartenenti alla stessa UE perché vengono usate differenti metodologie di calcolo oltre che diverse definizioni tra paese a paese.
Ad oggi quindi non c’è una modalità comune in grado di monitorare i rifiuti alimentari prodotti ma in Europa vi è l’obbligo di raccogliere questi dati e pianificare la loro riduzione, introducendo nei sistemi legislativi programmi che tengano conto di tutti gli elementi correlati allo spreco alimentare, come l’incomprensibilità delle etichette, gli imballaggi inutili, le strategie di vendita che si basano sulle multi-offerte o simili opzioni.
pinpasLe politiche di prevenzione nella produzione di rifiuti anche quelli alimentari sono quindi una priorità per tutti i paesi membri dell’UE, che li contemplano nei loro programmi nazionali o regionali incentrandosi, puntando, per lo più, sulla necessità di aumentare la consapevolezza nei consumatori.
Vi sono poi una serie di manuali e linee guida sia per le amministrazioni pubbliche che per le imprese dove si danno indicazioni su come prevenire questa tipologia di rifiuti, anche gli accordi volontari che vengono firmati tra imprese e amministrazioni o associazioni non governative sono tra le misure previste in molti programmi di prevenzione dei rifiuti.
Purtroppo molti di questi programmi sono stati redatti intorno al 2013, come il piano nazionale italiano contro lo spreco alimentare, che è del 2014, e dovrebbero essere aggiornati, visto che questo tema è al centro sia delle agende locali che internazionali di sviluppo sostenibile; è anche vero che alcuni paesi hanno già introdotto nuove misure di prevenzione anche senza aggiornare i programmi nazionali, tanto che in fase di monitoraggio sono state contate ben 91 nuove misure, tra le più ricorrenti quella relativa alla costruzione di piattaforme per la distribuzione del cibo avanzato o in scadenza.
Tutti concordano sul fatto che la prevenzione è l'unico modo per ridurre gli scarti alimentari, ma questo ha un costo, rappresentato, ad esempio,
  • dalla necessità di avere un numero maggiore di addetti
  • da spese legate agli investimenti per migliorare lo stoccaggio
Tutto questo, almeno in una prima fase, potrebbe comportare un aumento dei costi anche dei prodotti alimentari e questo potrebbe costituire un disincentivo, infatti, se un attore privato, sia un consumatore o un produttore, percepisce che il costo da sostenere è superiore al beneficio, l'incentivo a investire nella riduzione della perdita e degli sprechi alimentari potrebbe risultare più debole.
Non bisogna dimenticare nell'operazione di sensibilizzazione a questo tema che la riduzione degli scarti alimentari apporta benefici alla società nel suo insieme, in grado di giustificare anche un investimento di risorse pubbliche. Per questo è importante il ruolo che giocheranno gli interventi pubblici nell'attivare e migliorare gli incentivi privati in questo ambito.
Le strategie pubbliche per ridurre la perdita e lo spreco alimentare devono quindi essere progettate attentamente, al fine di fornire efficaci benefici pubblici, come il miglioramento
  • della sicurezza alimentare
  • della sostenibilità ambientale.
Nel mondo i Paesi avranno priorità diverse che guideranno le loro scelte e l’uso delle risorse finanziarie per implementare la riduzione dei rifiuti alimentari.
sicurezza alimentareNei paesi a basso reddito, le strategie andranno probabilmente a concentrarsi sul miglioramento della sicurezza alimentare, della nutrizione e sulla riduzione delle pressioni ambientali sulle risorse idriche e sul suolo. Questo richiede di ridurre la perdita di cibo e gli sprechi nelle prime fasi della catena di approvvigionamento alimentare, che significa anche migliorare le infrastrutture, come le strade, che possono aiutare i piccoli agricoltori ad accedere con facilità e velocità al mercato e ridurre le perdite nelle aziende agricole.
I paesi a reddito più elevato, invece, si impegneranno a rispettare gli impegni presi con l'accordo di Parigi, concentrandosi sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.
L'attuazione di questa strategia richiede anche una riduzione dei rifiuti a livello di vendita al dettaglio e nel momento del consumo. In questo caso, le campagne di informazione sulla prevenzione degli sprechi alimentari e la promozione della ridistribuzione degli alimenti possono svolgere un ruolo significativo.
Fao_benefici privati e pubbllici dalla riduzione rifiuti alimentariAvere chiaro l’obiettivo è essenziale per identificare le politiche e le azioni più appropriate per ridurre la perdita e lo spreco di cibo. Saranno imprescindibili gli investimenti pubblici in formazione, tecnologia e innovazione, si potranno poi anche prevedere incentivi per i singoli fornitori e consumatori tesi a ridurre la perdita e lo spreco di cibo a cui affiancare politiche che incidono sui prezzi dei prodotti alimentari o sui costi di gestione dei rifiuti.
Interventi efficaci richiedono informazioni migliori di quelle attualmente disponibili sia sul quanto che sul dove il cibo viene perso o sprecato, colmare questa lacuna di informazioni è quindi una priorità. Lo sviluppo delle capacità di adozione di metodi di calcolo comuni, l'elaborazione di linee guida da parte dei singoli Paesi, i partenariati tra le parti interessate sia private che pubbliche, sia nazionale che internazionale, aiuteranno a generare dati migliori e facilitare interventi strategici mirati per i singoli Paesi.
(Fonte: Arpat)

Noi bioregionalisti diciamo no al consumo di suolo per installarvi impianti di pannelli fotovoltaici a terra

IMPIANTO FOTOVOLTAICO - Treia 7 (MC) - ITALIA - ERGONBLUENERGY
Energia, sindaci contro il mega impianto fotovoltaico - QdS

In merito al problema relativo alla  creazione di un mega-impianto di fotovoltaico a terra che la srl  Ecomarche2 chiede di installare in zona agricola nel territorio di Treia (34 ettari in Loc. Berta) abbiamo preso contatto con il gruppo Suolo Europa, che combatte nell'ambito UE contro il consumo di suolo,  e ne abbiamo  ricevuto conforto e  collaborazione. Anche altri gruppi per la tutela del paesaggio e dell'ambiente ci hanno scritto dandoci consigli etc.

Il  motivo fondamentale per cui noi ecologisti e bioregionalisti ci poniamo  in una posizione nettamente contraria  agli impianti di produzione energetica con il   sistema fotovoltaico a terra, sia per l'impatto paesaggistico che per la sottrazione di terreno agricolo,    il fatto è  che ovviamente  la creazione dei “parchi fotovoltaici” comporta consumo di suolo (non così semplicemente restituibile alla natura o all’agricoltura ad esaurimento dell’impianto…), consumo di spazio (bene preziosissimo nei nostri territori),  che in definitiva presenta una contraddizione di fondo: quella di ricorrere ad una fonte energetica rinnovabile consumando però un’altra risorsa non riproducibile, il suolo!  Non solo il suolo occupato dai pannelli fotovoltaici, anche il "suolo" depauperato in varie forme degli elementi utilizzati  per la costruzione dei pannelli (silicio, metalli, plastica, etc.)

Ci sono poi altre considerazioni da fare:

– L’impatto sul paesaggio determinato da ettari di filari di pannelli al di sotto dei  quali la biodiversità sarà sicuramente ridotta, dal momento che si crea un microclima sfavorevole ed un  impoverimento biosistemico, nonché erosione dovuta allo scorrimento veloce delle acque piovane.

– I contributi che vengono elargiti per promuovere giustamente la diffusione delle energie rinnovabili provengono da una quota che tutti paghiamo sulla bolletta elettrica (CIP6): sarebbe più giusto che venissero ripartiti in piccole quote per finanziare piccoli impianti famigliari piuttosto che assorbiti da grandi impianti costruiti a scopo speculativo.

– La creazione di grandi impianti su suoli agricoli  non può che determinare un grave squilibrio nel mercato degli affitti agrari, dal momento che già ora l’affitto di un terreno per impianti fotovoltaici è circa il triplo di quello normale.

- La produzione energetica ottenuta dai pannelli fotovoltaici a terra va  convogliata in centraline  e,  attraverso condotte ed elettrodotti, riversata nel sistema di grande distribuzione elettrica. Il che aumenta i rischi di inquinamento elettromagnetico sul territorio.


Bioregionalismo Treia •: Treia. Obbrobrio ambientale e ...
Treia. Alcuni impianti fotovoltaici a terra già esistenti 

Presentiamo queste nostre osservazioni all’amministrazione del Comune di  Treia ed alla Provincia di Macerata, chiedendo che si esprimano con un netto no alla costruzione di qualsiasi parco fotovoltaico a terra che vada ad occupare suolo agricolo,  mentre suggeriamo che siano indivuduate le forme adatte a favorire da una parte la creazione di piccoli impianti famigliari, dall’altra la realizzazione di impianti  su superfici già sfruttate per altri scopi, come tetti di capannoni industriali, supermercati e centri commerciali, plessi scolastici, parcheggi e altri terreni già sottratti all’uso agricolo e impermeabilizzati  (in vari stati europei i pannelli fotovoltaici vengono posizionati come  barriere antirumore lungo le autostrade, ecc. ). In tal caso  l’impatto visivo   è minimo e quello ambientale  quasi nullo (essendo -purtroppo- le aree interessate già soggette a degrado ambientale).  

Suggeriamo infine che sia il Comune stesso a realizzare impianti fotovoltaici sui tetti degli edifici pubblici, magari con sistemi di raccolta di finanziamenti tra i cittadini: sarebbe un’interessante forma di partecipazione collettiva alla produzione di energia!  

Paolo D'Arpini - Rete Bioregionale Italiana

Circolo Vegetariano VV.TT. Treia | il blog del Circolo Vegetariano ...

Articolo collegato con l'intervento  del sindaco di Treia, Franco Capponi:  https://bioregionalismo-treia.blogspot.com/2020/08/treia-obbrobrio-ambientale-e.html

domenica 16 agosto 2020

Treia. Obbrobrio ambientale e fotovoltaico a terra


Vista da Pitino - Pre-esistenti pannelli a terra

 Ferragosto infuocato a Treia, non tanto per il caldo, che bene o male ognuno se l'aspetta, bensì per la notizia apparsa su entrambi i quotidiani cartacei della provincia  di Macerata in cui  si annuncia il progetto di ricoprire ben 34 ettari di terreno agricolo con invadenti pannelli solari a terra.  

La progettata installazione di un mega impianto fotovoltaico avverrebbe  in località Berta, proprio sotto la rocca di Pitino, un luogo storico e magico già abbondantemente impestato da chiazze nere traslucide  di pannelli fotovoltaici. La Provincia di Macerata, nella figura del presidente Antonio Pettinari, sta cercando di bloccare il progetto chiedendo l'applicazione della VIA (Valutazione Impatto Ambientale).

La notizia  dell'ulteriore devastazione  territoriale e paesaggistica, progettata dalla ditta Ecomarche2, per una potenza di 28 MWp  (in verità di ecologico ha ben poco se non il nome) ha lasciato quasi  tutti gli abitanti di Treia e  di San Severino (paese adiacente all'area interessata)  basiti e silenti. 

La giornata  del 15 agosto 2020 non verrà dimenticata facilmente per le notizie ferali che ha portato. Anche se la voce del presidente della Provincia di Macerata, Antonio Pettinari, ha rasserenato l'aria con le parole "il fotovoltaico è una importante risorsa energetica ma va realizzato nei luoghi idonei, come ad esempio le aree commerciali e sui capannoni industriali. Le fonti rinnovabili dobbiamo usarle senza andare a svantaggio del paesaggio, dell'agricoltura e dell'ambiente e dell'ulteriore consumo del suolo". 

Soddisfazione a Treia per la conferma di Antonio Pettinari alla ...

Infatti, a riprova di quanto affermato da Pettinari, i   34 ettari interessati al progetto  (la stessa estensione di 34 campi da calcio) di località Berta e le adiacenze sono caratterizzati dalla produzione di eccellenze agricole bioregionali.

Purtroppo Treia ha il primato di ospitare   il 40% di impianti fotovoltaici esistenti su tutta la provincia di Macerata (e non osiamo calcolare a che percentuale arriverà se  il mega impianto di Ecomarche2  sarà realizzato),   un primato poco invidiabile dal punto di vista della devastazione paesaggistica ed idrogeologica. Infatti è stato dimostrato  che la presenza di pannelli fotovoltaici a terra procura inaridimento e smottamento dei suoli e modifica  il microclima e l'ecosistema.

I pannelli solari a terra sono una iattura  a lungo termine per l'ambiente, non solo durante gli anni del funzionamento (circa una dozzina o poco più) ma anche per il successivo problema di smaltimento. In realtà tali pannelli iniziano ad inquinare sin dalla loro costruzione per il consumo di risorse minerarie  ed uso di materie plastiche ed altri inquinanti.


L'immagine può contenere: Franco Capponi
Franco Capponi, sindaco di Treia 

A questo punto ci si chiede quale sia  la posizione dell'amministrazione comunale di Treia riguardo al progetto di Berta.   Cosa ne pensano  il sindaco, Franco Capponi, e la sua giunta di questo "scempio"?

Paolo D'Arpini

D'Arpini: "Alle provinciali riconfermato il risultato della ...



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Intervento di Franco Capponi, sindaco di Treia, in merito alla vicenda dell'impianto fotovoltaico a terra proposto dalla ditta Ecomarche2 in loc. Berta del comune di Treia - Intervengo per chiarire, anche sollecitato da alcuni articoli di stampa, la posizione assunta dal Comune di Treia in merito alla paventata realizzazione di un impianto Fotovoltaico di 28 MWp. a terra in Loc. Berta Nel nostro Comune.
Il Comune di Treia concorda con gli Uffici Tecnici della Provincia di Macerata sul grave impatto che potrebbe causare l’istallazione di 28 Megawatt di superficie fotovoltaica in Loc. Berta e che la stessa vada assoggettata a VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale) considerato il notevole impatto che la stessa apporterà soprattutto al Paesaggio Agrario Storico e alle emergenze storico-culturali presenti nelle immediate vicinanze a partire dal famoso Castello Piceno di Pitino, dal castello di rocchetta e molto altro ancora.
In tal senso, il Comune di Treia si è già espresso con la trasmissione del certificato di destinazione Urbanistica dell’area interessata e inviato alla Provincia (unico atto che deve rilasciare il Comune in quanto il
procedimento autorizzatorio degli impianti fotovoltaici sono in capo alla Provincia), accompagnandolo
anche con una relazione in merito all’impatto della proposta e quindi a motivi di contrarietà all’impianto stesso.
In quella sede il Comune di Treia ha evidenziato come alcune porzioni dell’area coinvolta sono interessate da ambiti di tutela del PPAR (specificatamente per alcuni aspetti geologico - geomorfologico); altre porzioni sono soggette a tutela integrale e norme di tutela specifiche riguardanti l’area sub-appenninica (specificatamente i vincoli interessano le fasce di rispetto dei fiumi e la presenza di edifici e manufatti di interesse storico documentario). Ulteriori vincoli individuati dal Comune riguardano le prescrizioni del PTC per quanto attiene alla presenza di Piane Alluvionali ed in quanto una parte dell’area ricade quindi parzialmente in una delle aree NON IDONEE cosi come specificato nella Deliberazione n. 13 del 30/09/2010 della Regione Marche.
Nel parere inviato alla Provincia inoltre il Comune di Treia ha segnalato come la proposta di impianto fotovoltaico di Berta ricada anche in ulteriori vincoli e produca rischi ulteriori al territorio circostante e all’attività agricola in generale.
In particolare i vincoli cartografati evidenziano un impatto del progetto su vari aspetti di cui sotto :
a) Vincolo derivante dalla fascia di protezione sia dalla attuale che dalla nuova linea metanodotto
Recanati- Foligno D.N. 650 (26”) DP 75 bar e di collegamento con Tolentino come da Procedimento
di V.I.A. di competenza statale di cui al procedimento amministrativo [ID_VIP:4966];
b) Vincolo derivante dalla fascia di protezione della linea di adduzione acquedotto D 150 Rocchetta
-Santa Maria in Piana;
c) Vincolo derivante dalla fascia di protezione ipotesi strada intervalliva Quadrilatero San Severino-
Tolentino;
d) Vincolo derivante dalla fascia di protezione fognatura consorzio Berta Vallonica collegata al
depuratore Berta;
e) Vincoli derivanti dalle indicazioni tecniche allegate alla deliberazione Regionale n. 13/2010 in ordine al
rispetto delle distanze dai confini e dalle strade a valenza pubblica o di uso pubblico;
Il Comune ha evidenziato quindi una grave carenza della proposta soprattutto per il mancato rispetto di vincoli preesistenti e ha segnalato le CONDIZIONI minime per una valutazione del progetto:
1) Dovranno essere stralciate dall’intervento le aree interessate dai vincoli di cui ai punti a), b) c), d), ed e), anzidetti;
2) Le aree individuate con le part. 70 porz., 17 porz. e 131 porz. del foglio catastale n. 103 vanno
stralciate dal progetto in quanto costituenti area di cava per la quale non è seguito l’accertamento sulla rispondenza dell’ultimazione dei lavori con particolare riferimento alla ricomposizione ambientale ai sensi dell’art. 18 della L.R. 71/97;
3) Dovranno essere stralciate le aree ricadenti zona di rispetto ambientale di P.R.G. interferenti con la fascia di ml. 200 parallela alle sponde del Fiume Potenza nelle quali per espressa disposizione della
Delibera di G.M. n. 146 del 29/11/2010 sono vietati impianti a terra di potenza superiore a 3 Kwp;
4) Dovranno essere stralciate le aree ricadenti nell’ambito della zona di tutela ambientale del fosso Ascia
nella cui fascia di ml. 50,00 per lato parallela alle sponde è inibita la realizzazione di impianti fotovolatici a terra di potenzialità superiore a 3 Kwp;
5) Dovranno essere stralciate le aree perimetrali gli edifici di classe a) e b) con raggio ml. 100 come disposto nell’allegato A alla Delibera G.M. n. 146 del 29/11/2010 nel cui ambito sono solo ammessi impianti fotovoltaici di potenza non superiore a 3 Kwp;
Per tutti questi motivi riteniamo doveroso che la Provincia abbia sottoposto a VIA il progetto, assolutamente non approvabile e deleterio così come proposto.
La Valutazione di Impatto Ambientale è una procedura che ha lo scopo di individuare, descrivere e valutare, in via preventiva alla realizzazione delle opere, gli effetti sull’ambiente, sulla salute e benessere umano di
determinati progetti pubblici o privati, nonché di identificare le misure atte a prevenire, eliminare o rendere minimi gli impatti negativi sull’ambiente, prima che questi si verifichino effettivamente.
I concetti fondamentali alla base della procedura di VIA (già definiti nella Direttiva 85/337/CEE del Consiglio delle Comunità europee del 27 giugno 1985 ), che dovrà prendere in considerazione, eventualmente, il nuovo progetto con l’esclusione di molte aree soggette a vincolo, sono:
1) Prevenzione: analisi di tutti i possibili impatti derivati dalla realizzazione dell’opera/progetto, al fine non solo di salvaguardare ma anche di migliorare la qualità dell’ambiente e della vita;
2) Integrazione: analisi di tutte le componenti ambientali e delle interazioni fra i diversi effetti possibili (effetti cumulativi);
3) Confronto: dialogo e riscontro tra chi progetta e chi autorizza nelle fasi di raccolta, analisi ed impiego di dati scientifici e tecnici;
4) Partecipazione: apertura del processo di valutazione all’attivo contributo dei cittadini in un’ottica di maggiore trasparenza (pubblicazione della domanda di autorizzazione e possibilità di consultazione).
In particolare la valutazione di impatto ambientale (VIA) dei progetti, così come la VAS, è concepita per assicurare che l’attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo sostenibile, pertanto comporta la individuazione, la descrizione e la stima degli impatti diretti ed indiretti che un progetto può avere su:
• uomo, fauna e flora;
• suolo, acqua, aria e clima;
• beni materiali e patrimonio culturale;
• economia insediata e possibili effetti distorsivi;
valutando anche l’interazione tra tali fattori, in modo da poter individuare la soluzione progettuale più idonea al perseguimento degli obiettivi di cui al co. 3 dell’art. 4 del D.L.vo n. 152/2006.
In pratica ora tutti i portatori di interesse (compresi i cittadini e loro Associazioni) potranno esprimersi in merito, a partire proprio dalla partecipazione e al contributo di qualsiasi cittadino onde assicurare totale trasparenza nella decisione, in modo da individuare, oltre i vincoli esistenti e segnalati dal Comune di Treia ( in via preventiva alla realizzazione delle opere) i possibili effetti negativi sull’ambiente, sulla salute e il benessere umano, sull’impatto economico sui territori, nonché di identificare le misure atte a prevenire, eliminare o rendere minimi gli impatti negativi sull’ambiente, sul Paesaggio, sull’economia insediata prima che questi si verifichino effettivamente.
Altro aspetto è invece il fatto che l’amministrazione sia favorevole alla produzione di energia da fonti rinnovabili ma tale obiettivo, definito a livello europeo al 2030 per accrescere la quota dei consumi coperti da fonti rinnovabili, va’ perseguito nei limiti di quanto possibile.
Va considerato che nel settore elettrico, la natura intermittente delle fonti con maggiore potenziale di sviluppo (eolico e fotovoltaico) e, nei settori termico, (occorre stabilire un limite all’uso delle biomasse), conseguenti ai contestuali obiettivi di qualità dell’aria e della strategicità delle produzioni agroalimentari, sono perseguibili anche nei nostri territori attraverso l’utilizzo però di aree degradate come le aree delle ex cave, le aree industriali dismesse, i tetti degli impianti produttivi ed alcune aree di scarso pregio e senza impatto sul paesaggio che la programmazione urbanistica potrebbe individuare con specifici atti programmatori.
Ma sono altre le politiche che il nostro Paese dovrà mettere in atto, o ltre il super eco bonus per gli
edifici abitativi privati, di recente emanazione.
Dovremmo estendere questa misura agevolativa alle imprese di tutti i settori unitamente ad agevolazioni per consentire l’efficientamento energetico teso a migliorare la capacità del sistema della ricerca di presidiare e sviluppare le tecnologie di prodotto e di processo essenziali per la transizione energetica e a favorire l'introduzione di tecnologie, sistemi e modelli organizzativi e gestionali funzionali alla stessa transizione energetica e alla sicurezza.
Franco Capponi (Sindaco di TREIA)